Entro gli estremi del pontificato del papa domenicano Benedetto XI, Remigio consegue il magistero in teologia. «[Sententiis Parisius] gratiose perlectis, a summo pontifice domino Benedicto in romana curia fuit ad magìsterii honorem honorifice sublimatus» (Cr SMN n° 220, 10-12). «Post hunc [scil. Bonifatium], presul Predicator / huius est licentiator, / cardo Minor magistrator / in pape palatio» (ritmo Ad Urbem vocat § 8). La praesentatio (atto legale che avviava la procedura universitaria del conferimento della licenza) al magistero era di competenza del maestro dell’ordine e rispettava la successione della lettura sentenziaria, CG 1303: «Iniungimus districte et ordinamus inviolabiliter observari quod in presentacione bacallariorum et eorum expedicione ille ordo servetur qui hactenus extitit observatus, ita quod posterior in lectura Sentenciarum nullatenus preponatur, nec licenciam recipere nec recepta uti valeat, nec in hoc possit usque ad generale capitulum per aliquem dispensari» (ACG I, 321/1-6). Trascorrono d’ordinario 4-6 anni dalla lettura sentenziaria alla presentazione alla licentia ubique docendi (cf. CUP II, 698 § 10, 700 § 39, 706 § 24).
Benedetto XI in Roma dall’elezione, 22.X.1303, fino all’8 aprile 1304 (Reg. Bened. XI, pp. 1014 ss), quando muove verso Perugia. Da Roma il papa comunica all’università parigina, rispettivamente il 29.XI.1303 e il 17.I.1304, d’aver concesso il magistero ad Alessandro d’Alessandria OFM e a Iacopo da Orte OESA; il 2.IV.1304 sollecita il cancelliere della medesima università a concedere entro il 31 luglio il magistero a due frati domenicani (innominati). Da Viterbo, 18.IV.1304, restituisce alle università del regno di Francia la facoltà di rilasciare la licentia ubique docendi, ritirata da Bonifacio VIII il 15.VIII.1303 (CUP II, 104, 105-06, 112-14).
Un cardinale francescano («cardo Minor») presiede l’atto del conferimento del magistero «in pape palatio». Due possibilità: Gentile da Montefiore († 1312), cardinale dal 2.III.1300; Giovanni Minio da Morrovalle († 1312), cardinale dal 15.XII.1302, ministro generale dal 1296, continua a reggere l’ordine dei Mìnori anche dopo il cardinalato fino alla Pentecoste del 1304 (Chronica XXIV generalium, «Anal. Franc.» III, 432, 453-54; R. Ritzler, I cardinali e i papi dei frati Minori Conventuiali, «Miscellanea francescana» 71 [1971] 18-22). Benedetto XI a Iacopo da Orte OESA (17.I.1304): «Tuque postmodum de mandato nostro sub venerabili fratre nostro Egidio archiepiscopo Bituricensi in aula nostri palatii Lateranensis in facultate predicta incepisti, prestitis a te in manibus dilecti filii nostri fratris G(entilis) tit. S. Martini in Montibus presb. cardinalís pro nobis et ecclesia romana recipientis corporaliter iuramentis que in Universitate Parisiensi solenniter incipientes in facultate predicta soliti sunt prestare» (CUP II, 106; e così, ib., per Alessandro d’Alessandria, 29.XI.1303).
Il francese Bernardo di Guido OP apprende la notizia del magistero di Remigio con qualche anno di ritardo; la integra nel De quattuor in quibus tra 1304 e 1308 (cf. MOPH XXII, 131, apparato critico; descrizione dei codd. nell’introduzione e in MOPH XXIV); oltreché errare nell’anno - il «1302» non può esser salvato neppure con lo stile dell’Incarnazione o della Pasqua usato dall’autore - mostra titubanza nelle differenti redazioni con cui aggiorna man mano la propria opera. Nel testimone C, d’origine bolognese e che tramanda la redazione del 1307 con integrazioni autografe di Bernardo relative all’anno 1308, un’altra mano coeva inserisce Rome come luogo del conferimento del magistero.
La lettura raccordata tra ritmo Ad Urbem vocat e dati qui presentati fa ritenere più probabile il conferimento del magistero durante il periodo della residenza romana di papa Benedetto. Il magistero di Remigio non può esser equiparato a quelli cosiddetti bullati, concessi cioè dal papa con dispensa dagli obblighi accademici; perché di tali magisteri abbiamo notizia soltanto a partire da periodi successivi (cf. W. A. Hinnebusch, The history of the dominican order II, New York 1973, 66), e soprattutto perché i codici remigiani documentano tutte le attività accademiche (lettura sentenziaria, disputazione «de subiecto», predicazione) cui il baccelliere era tenuto in forza degli statuti universitari (cf. CUP II, 691-97, 697-703). La presentazione di Remigio baccelliere formato (che ha assolto cioè agli obblighi accademici in ordine al magistero), di competenza del maestro dell’ordine, deve aver coinciso col periodo dell’ultimo conflitto tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello, dopo il 15.VIII.1303 quando il papa priva l’università parigina del diritto di conferire la licenza.
Cf. Studio 219-20; Il De sub. theol. 11-14.
■ su Benedetto XI (= Niccolò di Boccasio da Treviso, n. 1240, OP 1257, MO 1296-98, † Perugia 7.VII.1304):
T. BIGANTI, Luoghi e oggetti della memoria di Benedetto XI nella chiesa "vecchia" di San Domenico, AA. VV., Indulgenza, città, pellegrini. Il caso della perdonanza di San Domenico di Perugia, Perugia 2001, 39-51.
DHN 13 (2004) 129-30. Vito Sibilio, Benedetto XI: il papa tra Roma e Avignone, Roma (Ist. Hist. OP, Dissert. hist. 30) 2004.
C. Longo, Benedetto XI (1240-1304). Il frate e il papa, «Rivista di ascetica e mistica» 31 (2006) 29-91: pregevole sintesi bio-bibliografica. Importante testimonianza sul ceppo familiare e sul padre Boccasio notaio (Boccasino si chiamava uno zio prete): pp. 43 ss.
AA. VV., I domenicani a Brescia e la presenza di Niccolò Boccasino, Treviso (Ed. S. Liberale) 2006. DHN 15 (2006) 89-90; 16 (2007) 86-87. «Dominican history newsletter» 18-19 (2009-2010) pp. 130-31 n° 624-26.
DHN 20 (2011) p. 159.
Dante Alighieri, Ep. I, 8: «Sane, cum per sancte religionis virum fratrem L. civilitatis persuasorem et pacis premoniti atque requisiti sumus instanter pro vobis, quemadmodum et ipse vestre littere continebant, ut ab omni guerrarum insultu cessaremus et usu, et nos ipsos in paternas manus vestras exhiberemus in totum, nos filii devotissimi vobis et pacis amatores et iusti, exuti iam gladiis, arbitrio vestro spontanea et sincera voluntate subimus, ceu relatu prefati vestri nuntii fratris L. narrabitur, et per publica instrumenta solempniter celebrata liquebit».
Dante Alighieri, Opere minori, a c. di AA.VV., Milano-Napoli (Ricciardi) 1979, II, 522 n. I: «marzo-aprile 1304»; II, 525 n. 8: «virum fratrem L.: un personaggio, domenicano?, che non è mai stato identificato». M. Pastore Stocchi, Epistole, ED II, 703-10. G. Petrocchi, Vita di Dante, Bari 1984, 94-96; «lettera sicuramente databile alla metà dell’aprile del 1304» (p. 95); «Niccolò da Prato manda con lettere un confratello presso il Consiglio bianco» (ib., "confratello" anonimo). F. Bruni, La città divisa. Le parti e il bene comune da Dante a Guicciardini, Bologna 2003, 53 ss, 56-57 ("un frate L."). E. Brilli, Firenze e il profeta. Dante fra teologia e politica, Roma (Carocci editore) 2012.
Chi è il frate, messaggero del legato papale Níccolò da Prato OP presso il conte di Romena (Aghinolfo?), Dante Alighieri e consiglio di parte bianca fuorusciti?
«Sarebbe, a questo punto, estremamente tentante ipotizzare un nome per quel frate non meglio identificato che, stando alla testimonianza della lettera di Dante, già citata, avrebbe coadiuvato nella missione Niccolò da Prato. Remigio vicino a Benedetto XI, Remigio di famiglia di parte bianca, Remigio impegnato nello sforzo di ideologizzare una pace che è un compromesso, potrebbe essere il nome sconosciuto. Ipotesi tentante che non sopravvalutiamo, ma che riteniamo di proporre per la prima volta come la più naturale nel contesto politico culturale del momento» (M.C. De Matteis, La teologia politica comunale di Remigio de’ Girolami, Bologna 1977, CXXII-CXXIII).
Una proposta d’identificazione esce dal campo della pura possibilità e diventa verosimile se soddisfa congiuntamente due condizioni: a) che il nome del frate cominci con la lettera L; b) che il frate si muova nella cerchia del cardinal Niccolò, del cui messaggio - orale e scritto - è soltanto latore.
Fra Lapo da Prato OP (il suo nome non compare in ED): studente di logica nuova in Pistoia 1291 (ACP 101/16), lettore in Prato 1299 (131/22), visitatore dei conventi romani e di Viterbo Tivoli Anagni, 1301 (141/26-28), predicatore generale 1303 (148/4); assolti dalla carica i predicatori generali istituiti dal CP Todi 1301 in poi (MOPH IV, 6/5-6), Lapo viene rinominato predicatore generale nel 1305 (ACP 160/28); definitore al CG Parigi 1306 (Cr Ro 118). Morto il cardinal Giovanni Boccamazza (10.VIII.1309), fr. Lapo da Prato sollecita dall’esecutore testamentario card. Niccolò da Prato soluzione del lascito a favore del monastero domenicano San Sisto di Roma (Paravicini 78, Niccolò esecutore testamentario: ib. 380). Negli anni 1308-12 Lapo è procuratore dell’ordine (ACP 171/30; 183/10; MOPH V, 202; AGOP XIV A 1, f. 314r; Bullarium OP II, Roma 1730, 109, 112). Definitore al CG Saragozza 1309 (ACP 171/30; Cr Ro 118) e al CG Carcassona 1312 (ACP 183/10), priore provinciale 1313-18 ca. (Cr Pg 20v; Cr Ov 42b; ASPg, CRS, S. Domenico n. 66, Liber privilegiorum f. 11r) e vicario della provincia 1318 (ACP 214/17), definitore al CG Rouen 1320 (218/33). Il card. Niccolò da Prato lo nomina esecutore nel proprio testamento del 1.III.1321 (Paravicini 430, «fr. Lapus Cerlichi de Prato», 435-36). AA. VV., Niccolò da Prato e i frati Predicatori tra Roma e Avignone, «Memorie domenicane» 44 (2013) 595b.
De allocutione vel receptione, De papa, sermo VI, in ricevimento di Benedetto XI:
Benedictus dominus Deus Israel quia visitavit. Luc. 1[,68]. Benedictus nomine gratie, dominus culmine presidentie, Deus munere influentie, a do das; Israel lumine intelligentie vel sapientie; quia visitavit nos vimine benivolentie. Certe sit benedictus ab omnibus famine glorie |348vb| quia benedictus visitavit benedicentes, dominus visitavit servientes, Deus visitavit indigentes, Israel visitavit scientes, benivolus visitavit artissime degentes. Dicitur Soph. 2[,7] «Visitabit eos dominus Deus eorum et avertet captivitatem eorum». Ita enim, pater sancte, arti degimus ut quasi in captivitate et carcere quodam simus, bini in uno lecto iacendo. Sed impleta est prophetia pro parte prima, quia visitavit nos dominus Deus noster humiliter; et speramus et obsecramus quod impleatur pro parte ultima, et avertatis a nobis istam captivitatem concedentes nobis Sanctum Stephanum "regulam et coronam", ut magis regulariter vivere valeamus in coronam et gloriam vestre sanctitatis. Amen»(cod. G4 348va-b).
La medesima donazione è sollecitata dal priore del convento domenicano perugino fr. Nicola di Brunaccio da Perugia, come si ricava da Cr Pg f. 38r: «Cuius [scil. fr. Nicolai] sollicita procuratione conventus perusinus meruit habere gratiam a summo pontifice papa Benedicto XI ecclesiam scilicet et parrochiam Sancti Stephani tempore quo ipse prior actu in Perusio erat» (→ testo integrale in 8331.htm#biografia). La donazione di Santo Stefano in Castellare (integrata poi nel complesso di San Domenico "Nuovo") fu effettuata da papa Benedetto il 3 e 31 maggio 1304.
Benedetto risiede in Roma dall’elezione, 22.X.1303, fino all’8.1V.1304; sulla via per Perugia, dove fissa la sede della curia romana, sosta in Viterbo 13-18 aprile, Montefiascone 21 aprile, Bolsena 22-29 aprile; il primo documento dato da Perugia è del 2 maggio (Reg. Bened. XI, pp. 1014 ss).
■ Note di biografia 236. →7 luglio 1304. AA. VV., Indulgenza, città, pellegrini..., Perugia 2001, 25. A. SARTORE, La fabbrica di San Domenico da Benedetto XI a Pio II, «Rivista di ascetica e mistica» 31 (2006) 131-40.
Per recente bibliografia su Benedetto XI, v. in calce alla scheda 22 ott. 1303 - 7 luglio 1304
De allocutione vel receptione, De ministro Minorum, sermo I: Sapiens in verbis amabilem se ipsum facit (Eccli. 20, 13; cod. G4 354rb-vb): Dominus iste vel frater, cui placuit ex magna dilectione et humilitate fratres visitare et ipsis sermonem facere, locutus est de sapientia, de verbis, de amore, de se ipso et de factione; que quinque tanguntur in verbo proposito, et ideo in laudem ipsius dicatur Sapiens etc. In quo quidem verbo tria tanguntur de ipso, scilicet ipsius sapientia quia Sapiens, sapientie redundantia quia in verbis et redundantie efficacia quia amabilem se ipsum facit. Circa primura notandum quod sapientia convincitur esse in ipso ex duplici parte, scilicet ex parte sui status et ex parte sui actus; habuit namque duplicem vel triplicem statum ad presens, scilicet prelati et magistri, vel primo religiosi mendici (354rb). Quia autem prelatus et tantus prelatus est et a tantis factus, procul dubio sapiens esse probatur, iuxta illud Deuter. 1 [,17] «Date ex vobis viros sapientes et gnaros etcetera et ponam eos vobis principes»; et in III [,2: 117a 29-30] Topicorum «Nemo eligit iuvenes in duces eo quod non constet eos esse prudentes»; et Prov. 1 [,5] «Intelligens gubernacula possidebit». Habet etiam statum magistri in theologia, qui non sine magna examinatione sapientie promovetur (ib.). Actum autem exercuit duplicem, scilicet visitandi et docendi (ib.). Quia enim sapiens prelatus est, locutus est auctoriçabilíter..., quia magister locutus est magisterialiter..., item quia humilis locutus est humiliter..., item quia diligens locutus est amicabiliter (354va).
Un ministro generale (prelatus) dei frati Minori, che aveva conseguito il magistero in teologia; recentemente eletto ministro, come insinuano «a tantis factus» e le tre successive citazioni. A Matteo d’Acquasparta eletto nel CG Montpellier 1287, e a Giovanni da Morrovalle eletto nel CG Anagni 1296, va preferito Gonsalvo di Spagna eletto nel CG Assisi maggio (Pentecoste 17 maggio) 1304. Nulla di più normale che dopo il capitolo elettivo d’Assisi, il neoeletto Gonsalvo si recasse alla curia papale nella vicina Perugia. «Statim post cius [scil. Gonsalvi] electionem, Perusii Benedicto XI officium ecclesiasticum de S. Francisci Stigmatibus, sub ritu duplici, postulavit, quod Summus Pontifex benigne indulsit» (L. Amorós in Gonsalvi Hispani, Quaestiones disputatae et de quolibet, Firenze-Quaracchi 1935, XXXIV). Lettere del ministro Gonsalvo sono date da La Verna (Arezzo) 26.VII.1304, Ascoli Piceno 19.X1.1304. Muore in Parigi il 13.IV.1313. Maestro reggente in Parigi negli anni 1302-03, disputa questioni ordinarie e quodlibetali, nella più rigorosa fedeltà alla tradizione teologica neoagostiniana, dalle soluzioni nettamente discordanti dalle tesi sostenute da Remigio negli scritti scolastici. Biografia e opere nel citato volume di L. Amorós.
Il sermone successivo, De ministro Minorum, sermo II: Acceptus est regi minister intelligens (Prov. 14, 35; cod. G4 354vb-355rb), non rilascia alcun’utile informazione oltre alle parole d’avvio «Tria tanguntur de generali ministro fratrum Minorum cui ex humilitate magna et affectione placuit fratres visitare» (354vb). I1 successore di Golsalvo alla guida dei Minori, fr. Alessandro d’Alessandria (1313-14) era in FI, 13.XI.1313 (H. Finke, Acta Aragonensia, Berlino-Lipsia 1908, II, 666-68; in Napoli, 1.VIII.1314: ib. II, 670). De ministro Minorum [sermo III], Ecce quam bonuin et quam iocundum (Ps. 132, 1; cod. G4 354r-355r, marg., tutto di mano B), dove si dice che il ministro generale era stato maestro di teologia in Parigi, andrà messo in relazione con Michele da Cesena, immediato successore d’Alessandro d’Alessandria; eletto nel CG Napoli maggio 1316, se ne conosce la presenza in Assisi e Bologna nell’estate 1316; poi in Francia; deposto nel 1328. M. Bihl, Formulae et documenta e cancellaria fr. Michaelis de Cesena O.F.M. ministri generalis 1316-1328, «Arch. Franc. Hist.» 23 (1930) 106-71; CUP II, 79n, 217. Giovanni da Napoli OP in ricevimento di Michele da Cesena, in Avignone, Michael unus de principibus (Dan. 10, 13): «Inter omnes status ecclesie Dei ordo Predicatorum debet, pater reverende, multum gaudere de adventu vestro ad romanam curiam propter adiutorium quod potest et debet sperare de vestro adventu... Ubi considera primo magnitudinem vestre persone: estìs enim Michael nomine et re, hoc est “quis ut Deus?” (Napoli, Bibl. Naz. VIII.AA.11, f. 67ra). Unus de principibus idest prelatus scilicet ecclesie Dei utpote minister generalis ordinis sacri beati Francisci scilicet ordinis fratrum Minorum » (f. 67ra-b).
Dopo il 12 maggio e verosimilmente prima del 21 giugno 1304, durante la legazione fiorentina del cardinal Niccolò da Prato, Remigio compone il De bono pacis (Tratt. pol. 6-14, ed. 169-83).
In De bono pacis c. 5 si risponde, a chi obietta dalla Clericis laicos (1296) di Bonifacio VIII, che tale decretale è stata modificata dalla susseguente Quod olim (12.V.1304) di Benedetto XI. La Quod olim modifica la decretale bonifaciana nel dispositivo riguardante ecclesiastici costretti dalle autorità laiche, senza loro consenso, a pagare taglie su beni della chiesa; costoro, a differenza di quanto disponeva la Clericis laicos, non incorrono nel caso specifico nella scomunica.
Lucca 5.XII.1303: i titolari di chiese, monasteri e ospedali della diocesi di Lucca (che sottoscrivono in un lunghissimo elenco su più pergamene cucite l’una all’altra) nominano procuratori «religiosos et discretos viros fratres Ugonem [dei Borgognoni da Lucca] priorem provincialem de ordine Predicatorum, Tholomeum priorem lucanum et Banduccium de Pistorio de dicto ordine et Iacobum Alfei notarium absentes tamquam presentes et Lambertum Sornachi de Luca notarium presentem et mandatum recipientem» presso il papa per sollecitare l’assoluzione dalla scomunica o sospensione nelle quali protrebbero essere incorsi «occasione illicite et improvide solutionis et mut[u]ationis quam fecerunt seu consenserunt vel aliquis eorum, licet convicti et per timorem qui potuit cadere in constantem, de imposita seu tallia cuiuscumque mut[u]ationis seu solutionis vel subventionis quocumque nomine censeri posset eis imposite per lucanum comune et ab eis exacte cum effectu contra constitutiones bone memorie sanctissimi d. Bonifatii pape VIII; et ad impetrandum dispensationem super irregularitatibus contractis, a domino papa vel eius vicario seu penitentiario...» (ASL, Dipl. Tarpea 5.XII.1303).
De mortuis, De prelatis inferioribus episcopo, sermo III: Iustus si morte preoccupatus fuerit in refrigerio erit (Sap. 4, 7; cod. G4 389va-390rb): Iste vir admodum generosus, literata multum et famosa persona dominus archidiaconus bisuntinus qui repente ex hac luce migravit occulto Dei iudicio tamen iusto, describitur nobis in verbo proposito quantum ad tria, scilicet quantum ad habitum, quantum ad exitum et quantum ad introitum (389va). De primo potest exponi illud Prov. 28 [,1] «Iustus quasi leo confidens absque terrore erit». Iustus scilicet... (389va). Quasi leo confidens: similitudo ista non currit quatuor pedibus quia leo confidit in virtute propria, iuxta illud Prov. 30 [,30] «Leo fortissimus bestiarum ad nullius pavebit occursum», sed iustus confidit in virtute divina (389vb). De secundo potest exponi illud Ps. [17,6] «Preoccupaverunt» etcetera. Mors dicitur esse laquei in plurali quia propter peccata illaqueati sumus ut uno modo vel altero mortem evadere non possimus; sed iste dicit preoccupatus propter inopinatum modum moriendi (389vb).
In morte di Leone di Francesco di Napoleone degli Orsini arcidiacono di Besançon. Vaticano 7.III.1298: stante la lite tra maestro Tommaso «de Sernaco» chierico del re di Francia e «d. Leonem d. Francisci Napoleonis de filiis Ursi» circa il titolo del canonicato di Soissons, questo viene conferito a maestro Tommaso, e si promette a Leone un canonicato appena si sia reso vacante, come da compromesso raggiunto con la mediazione di Francesco cardinale di Santa Lucia in Silice (Reg. Bonif. VIII, n. 2435). Benedetto XI, Laterano 6.XI.1303, concede «Leoni Francisci de filiis Ursi» arcidiaconato, canonicato e prebenda della chiesa di Besançon, con dispensa dall’onere di residenza (il giuramento sarà prestato tramite procuratore), dal difetto d’età (il candidato ha 20 anni) e degli ordini sacri (ha ricevuto soltanto gli ordini minori), nonostante già goda d’un canonicato con prebenda (contestati) nella chiesa di Ferrara (Reg. Bened. XI, n. 43; cf. «Analecta pomposiana» 9 [1984] 156-57). Il medesimo papa, Perugia 6.VI.1304, concede a Ubaldino di Tano degli Ubaldini, cappellano di Francesco card. di Santa Lucia in Silice, arcidiaconato, canonicato e prebende della chiesa di Besançon, resisi vacanti in seguito alla morte di Leone di Francesco degli Orsini (ib. n. 1068). Il card. Francesco di Napoleone degli Orsini, dal titolo di Santa Lucia in Silice, testa in Perugia nel 1304 indizione 2a (Paravicini 340-51).
Ritmo Hic Benedictus in morte di papa Benedetto XI, il papa domenicano deceduto in Perugia il 7 luglio 1304 e sepolto davanti all'altar maggiore di San Domenico di Perugia. Ritmo seguìto da parafrasi esplicativa dei raccordi retorici.
Hic Benedictus |
■ Hic Benedictus sit benedictus quem benedictus nomine famine numine Christus sic benedixit ordine lumine culmine summus sic bene vixit predicat est gratus super et sub papa beatus tantis dotatus donis iacet hic tumulatus. Intima scrutatus Deus eius solve reatus que tamen in totum pandunt miracula lotum. |
■ Benedictus nomine, sit benedictus famine, quem Christus benedictus numine sic benedixit; quia scilicet ipse summus ordine quia de ordine Predicatorum, et summus lumine scilicet gratie per quod fuit gratus superiori Deo, et lumine sapientie per quod scilicet fuit gratus subditis hominibus, et summus culmine quia beatus papa semper bonam vitam duxit. |
cod. G4 408va |
■ MOPH XXII, 38-48. Note di biografia 237. →in ricevimento.
■ Il primo sermone in morte d’un papa, Pater noster Abraham mortuus est (Io. 8, 39.52; cod. G4 377va-b), non contiene indizi utili a identificare con certezza il papa commemorato. I versetti tematici scelti per i sermoni sono sempre allusivi; il Pater noster vuole alludere ad un papa «nostro», del medesimo ordine religioso del predicatore? Vi dice «dives, honoratus et coniugatus», che si riferisce non al papa commemorato bensì ad Abramo.
Benedetto XI (= Niccolò di Boccasio da Treviso OP) fu tumulato in San Domenico di Perugia, in terra, davanti all'altar maggiore, secondo le sue stesse disposizioni. «Abraham» significa «pater multitudinis», secondo le Interpretationes nominum hebraicorum di Stefano Langton (BL, Conv. soppr. 593, f. 391rc) utilizzate da Remigio.
Per recente bibliografia su Benedetto XI, v. in calce alla scheda 22 ott. 1303 - 7 luglio 1304
De mortuis, De episcopo, sermo II: Medium parietum macerie solvens (Eph. 2, 14; cod. G4 383vb-384va): Religiosus fuit scilicet de ordine beati Dominici de ordine Predicatorum; fuit enim Dominicus nomine, origine quia hyspanus, ordine quia frater Predicator, imitatione quia bonus frater Predicator (384rb). Item medius inter summum pontificem et penitentem, quia plusquam sedecim annis laudabiliter admodum usus est officio penitentiarie (384rb). Item medius inter terram nativitatis sue et terram prelationis sue, idest inter Hispaniam et Siracusam, ad quem quidem terminum antequam perveniret transiit per mortem (384va).
In morte di fr. Domenico OP penitenziere papale, vescovo eletto siracusano. «Ispano», secondo Remigio e Bernardo di Guido (MOPH XXII, 58, 94; Note di biografia 241-42: qui e in HC I, 471 sopprimi toponimo d'origine "da Saragozza", tardiva confusione in luogo di "<vescovo di> Siracusa"). L’aggetivo «hyspanus» lo si usava in senso inclusivo della penisola iberica. Sarà stato meglio informato l’ambasciatore aragonese Garsias, che da Perugia 16.I.304 scriveva al re Giacomo II: Benedetto XI «contulit [10.I.1304] episcopatum Siracusanum fratri Dominico penitenciario de ordine Predicatorum qui est Portugalensis» (H. Finke, Acta Aragonensia, Berlino-Lipsia 1908, I, 161).
Roma 15.I.1300: procuratori della società degli Ammannati di Pistoia confessano d’aver ricevuto in deposito «a religioso viro fr. Dominico Vincentii de Portugalia ordinis Predicatorum, qui moratur in romana curia, quadringentas quinquaginta libras turonensium parvorum in grossis turonensium argenti, viginti grossis turonensium argenti pro libra qualibet computatis»; in caso di morte di fr. Domenico, il deposito sarà restituito al convento dei Predicatori di Oporto. «Actum Rome apud Lateranum presentibus Petro Delgardi clerico Burdegalensis diocesis, Paulo Amadoris sensale pistoriensi et Pino Ristorii aurifice aretino testibus. Ego Iacobus Melii Benencase de Pistorio... notarius» (ASS, Patrim. resti eccles., S. Domenico 15.I.1300).
Roma 18.IV.1301: procuratori della medesima società confessano d’aver ricevuto in deposito «a religioso viro domino fr. Dominico Yspano domini pape penitentiario presente, et huiusmodi depositum faciente vice et nomine conventus fratrum Predicatorum de Portu regni Portugalie, quingentas libras... turonensium parvorum in grossis..., que quidem pecunia a quadam fuit persona eidem conventui assignata et relicta ut ex ea quedam cappella fieri debeat ibidem ad honorem et laudem beate Marthe virginis hospite domini nostri Iesu Christi (...). Actum Rome apud Lateranum in hospitio dictorum mercatorum, presentibus discretis viris magistris Pino Ristorii de Aretio et Ceccho Iacobi de Senis aurificibus et Iohanne Guidonis Briccaldi de Pistorio hospitatore in curia romana, degentibus testibus. Ego Iacobus Melii Benencase de Pistorio... notarius» (ASS, ib. 18.IV.1301).
De mortuis, De notario pape: Ingredere, benedicte Domini (Gen. 24, 31; cod. G4 387ra-b): De isto autem potest verificari illud Iob 5 [,26] «Ingredieris in habundantia sepulcrum», scilicet in habundantia bonorum corporalium quia senissimus, quia usque ad decrepitam senectutem pervenit et in ipsa vitam finivit ... ; quia ditissimus bonorum intellectualium quia dictator pulcherimus, spiritualium quia bone vite reputatus semper; in habundantia laborum quia diutissime laboravit in curia in diversis officiis (387ra). Fuit benedictus non solum nomine sed etiam re (...). Habuit autem materiam timendi tum ratione dignitatis quia notarius summi pontificis - omnia enim notantur a summo pontifice Christo - tum ratione originis quia de Aquino ab aquis; sicut enim dicitur II Reg. 14 [,141 «Omnes morimur et quasi aque dilabimur» (387rb).
Benedetto d’Aquino, familiare del cardinal Giordano Pironti da Terracina fin dal 1263, scrittore e notaio della curia papale, beneficiario del canonicato di Beauvais dal 1281. Cf. Paravicini 125; G.F. Nüske, Untersuchungen über das Personal der päpstlichen Kanzlei 1254-1304, «Archiv für Diplomatik» 20 (1974) 96-98; p. 98: «Ob er sein Arnt als Notar noch an der päpstlichen Kurie zu Avignon wahrgenommen bat, bleit zweifelhaft. Denn in einer - allerdings undatierten - Urkunde vergibt Klemens V. bereits die freigewordenen Pfründen des Benedictus de Aquino». Il 6.IV.1304 Benedetto d’Aquino è ancora in vita, arcidiacono di Beauvais e «notarius noster» (Reg. Bened. XI, n. 682); il 20.V1.1304 ottiene dal papa licenza dì «condere testamentum» (ib. n. 1023), ultima volta che appare nei registri di Benedetto XI. In quelli di Clemente V c’è il trasferimento ad altra persona del canonicato di Beauvais con relative prebende «quas quondam magister B. obtinebat» (Reg. Clem. V, vol. I n. 73; senza data, tra atti del 31.VII.1305). Liber anniversariorum della Basilica Vaticana, al 10 agosto: «Ob(iit) d. Benedictus de Aquino ap(ostolice) sed(is) notarius» (P. Egidi, Necrologi e libri affini della Provincia Romana I, Roma 1908, 238-39).
«Dictator pulcherimus», dice il sermone. Sarà stato il notaio Benedetto d’Aquino a redigere (dictare) le lettere di Benedetto XI concernenti la legazione toscana di Niccolò da Prato? Subordinazione degl’interessi di parte al supremo bene della pace, invito al più ampio ceto politico a isolare il gruppo d’intransigenti che monopolizza il potere in FI, costernazione sul miserevole stato della città, amor patriae sostenuto da autorità bibliche ed esempi della Roma repubblicana alimentano una scrittura vibrante; mossa qua e là da una qualche abilità retorica (v. brani in Tratt. pol. 11-16, 18). Remigio vi si poteva rispecchiare compiaciuto.