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Il "De subiecto theologie" (1297-1299)
Massimo-Milano (Studia Universitatis S. Thomae in Urbe 14) 1982, pp. 91. | ||
Introduzione, pp. 7-34 | |||
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Baccellierato parigino di Remigio e datazione del «De subiecto theologie». | ||
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Genere letterario e interesse storico-dottrinale del «De subiecto theologie» | ||
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Tempo di teologia, tempo di fiorino | Omnes lucrant | Militia est vita | ӿ | ||
De subiecto theologie, pp. 37-71 | |||
Appendice a) Prologus in fine Sententiarum, pp. 73-75 Appendice b) Prologus XII: Sicut protegit sapientia, pp. 76-82 Appendice c) Sermone Unum scio, pp. 83-84 | ӿ Fonti e indice, pp. 85-89 omesse | |||
Avvertenza (p. 5). Questo lavoro, chiuso in redazione in autunno 1980, era stato composto come contributo al volume commemorativo «Miscellanea L.-B. Gillon» promosso dall’Università San Tommaso d’Aquino (Roma).
Per ragioni editoriali e iniziativa della medesima Università esce come quaderno della collana «Studia»; della primitiva stesura conserva misure e forme redazionali. Unica integrazione l’Indice dei nomi.
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La questione De subiecto theologie del domenicano fiorentino fra Remigio dei Girolami è legata - per attestazione diretta dell’autore - al baccellierato sentenziario in Parigi:
Et si dicatur quod íste modus iam a longo tempore in bachelariis incipientibus Sententias est observatus Parysius, responderi posset quod ista puerilitas quanto est diucius observata tanto est magis reprobanda (rr. 509-12).
Altrove è stato ampiamente dibattuto il problema cronologico del baccellierato parigino di Remigio (Studio 193-98). Ne riprendo le conclusioni.
A fine insegnamento delle Sentenze, nel licenziarsi dagli studenti il lettore usava presentare il prossimo sentenziarío. Ce lo ricorda anche Giovanni di mr Coppo da San Gimignano OP (estremi conosciuti 1299-1333), in un sermone di Pentecoste, Paraclitus autem Spiritus sanctus:
«Consuetudo est in aliquibus generalibus studiis quod quando magister qui legit debet dimictere scolas et alíus sibi magister succedere in eisdem, quod licentiando se a discipulis commendat eis et laudat suum successorem qui eis legere debet. Et hunc modum tenuit etiam ipse Christus qui volens a discipulis suis corporaliter discedere et in celum ascendere, commendavit eis et laudavit quam plurimum successorem qui debebat ad eos venire loco sui scilicet Spiritus sanctus» (BNF, Conv. soppr. J.2.40, f. 177rb-va).
Nel Prologus in fine Sententiarum Remigio fa le scuse agli studenti e introduce il prossimo lettore delle Sententie Bernardo da Clermont (dal nome del convento d’origine) o d’Auvergne OP.
■ Priore del convento parigino 1301-03, Bernardo firma (26.VI.1303) con altri frati l’appello al concilio contro Bonifacio VIII (AFP 1952, pp. 403, 409); eletto vescovo nel 1304, l’elezione è cassata da Clemente V nel 1307, ultima data conosciuta. La lettura sentenziaria di Bernardo seguì immediatamente - come vuole il nostro Prologus - quella di Remigio. SOPMÆ I, 198-201; IV, 49.
Nel sermone Confide filia di domenica XXIV dopo la Trinità, Remigio evoca fr. Pierre de Condet novizio in Saint-Jacques di Parigi e il seppellimento di fr. Laurent d’Orléans, il celebre autore in volgare della Somme le roi (1280 ca.), ancora in vita nel 1294. Bonifacio VIII in data 27.VI.1295 commuta a Pierre de Condet, arcidiacono di Soissons, il voto di pellegrinaggio in Terrasanta; e in data 24.VI.1299 trasferisce a Riccardo da Ferentino il beneficio del canonicato e arcidiaconato di Soissons, di cui era titolare Pierre ora novizio domenicano. Il sermone Confide filia, che suppone il noviziato di Pierre de Condet (1299), cade certamente di domenica entro l’ottava di San Martino (11-18 novembre) tra gli estremi 1297 e 1299. Ma se è lecito supporre che un beneficio non giacesse a lungo vacante, il sermone Confide filia ha molte probabilità di restar confinato negli anni 1298-1299. Tale sermone - come è detto nel testo - è una collatio seròtina, atto proprio del baccelliere, mentre in mattinata era stato tenuto il sermo magistralis. Per Laurent d’Orléans Remigio ha lasciato anche versi funebri che a tutt’oggi costituiscono quasi l’unica fonte biografica di Laurent. Il sermone Confide filia porta l’estremo contributo storico all’autore della Somme le roi: l’anno di morte.
Nel sermone Induamur arma lucis di domenica I d’Avvento, Remigio fa menzione del vescovo di Vicenza, legato papale «ad partes istas». Identificazione: un vescovo di Vicenza che fosse legato papale entro gli estremi cronologici dell’attività di Remigio è Rinaldo da Concorezzo: vescovo vicentino dal 13.X.1296 al 19.XI.1303, inviato in legazione in Francia da Bonifacio VIII tra il 1298 e il 1301 (Studio 194-96, 216).
Quanto sappiamo della biografia remigiana sul finire del ’200 e inizio del ’300 ben si accorda con i dati surriferiti. Nel capitolo provinciale Perugia 1297, Remigio è nominato definitore al seguente capitolo generale dell’ordine dei frati Predicatori convocato a Metz in maggio 1298. Nel capitolo generale elettivo di Colonia, maggio 1301, Remigio è di nuovo capitolare. La provincia Romana aveva già un frate residente a Parigi, e per di più qualificato. Non era la cosa più conveniente utilizzarlo come delegato di provincia ai due capitoli di Metz e Colonia? (Studio 215-17). Nel 1299 lettore in Santa Maria Novella è fra Nicola di Brunaccio da Perugia; la Cronica perugina dice che occupò tale carica «annis tribus». Dai documenti di cui disponiamo, la residenza di Remigio in Firenze è testimoniata negli anni ’90 fino alla legazione papale del cardinale Pietro Valeriano Duraguerra (giugno 1296 - marzo 1297) per riprendere in agosto e ottobre 1301 (Studio 217-18).
Remigio dei Girolami ha letto (= tenuto lezioni su) le Sentenze di Pietro Lombardo in Saint-Jacques di Parigi tra 1297 e 1301; con molta verosimiglianza negli anni 1298-1300. La questione De subiecto theologie è frutto d’attività accademica coincidente - come detto - con l’inizio del lettorato sentenziario. Il riallaccio di quest’ultimo ai dati biografici positivi di cui abbiamo detto, potrebbe esser così interpretato: il capitolo provinciale Perugia 1297 nomina Remigio definitore al capitolo generale, quando era maturata la decisione d’inviarlo a Parigi per la lettura in ordine al magistero; in maggio 1298 Remigio di fatto partecipa al capitolo generale di Metz; dopo di che si trasferisce a Parigi dove, a inizio dell’anno accademico, intraprende la lettura delle Sentenze (ma non ci sono elementi per escludere che la lettura parigina iniziasse nell’autunno 1297). Dato che il genere letterario di questione collativa, che è - come vedremo - il De subiecto theologie, fa parte degli obblighi accademici dei principia dei baccellieri sentenziari, il De subiecto theologie fu disputato nel periodo delle tre settimane circa che gli statuti universitari riservano ai principia: dall’Esaltazione della Croce (14 settembre) a San Dionigi (9 ottobre) (P. Glorieux, L'enseignement au moyen âge. Techniques et méthodes en usage à la Faculté de Théologie de Paris au XIIIe siècle, «Archives d’histoire doctr. et litt. du moyen âge» 35 (1968) 65-186). Databile dunque autunno 1298. In ogni modo, il De subiecto theologie è certamente databile tra gli estremi massimi 1297-1299.
■ Nel XIII secolo i quattro libri delle Sentenze erano commentati nel corso di quattro anni, poi di due anni scolastici, nel secondo quarto del XIV secolo è positivamente attestata la lettura sentenziaria in un solo anno. Cf. Glorieux, L'enseignement 116-17, 138-39. ID., in «Dict. Théol. Cath.» 14/2, col. 1862. J.A. Weisheipl, Friar Thomas d'Aquino, New York 1974, 19832, 71. Torrell, Initiation 66. A. De Guimaraes in AFP 8 (1938) 30-32 mostra che ai primi del ‘300, almeno presso i domenicani di Saint-Jacques, la lettura era molto probabilmente ancora biennale. Nota il brano di Remigio dal Prologus super IV Sententiarum: «Quartus angelus tuba cecinit. Apoc. 8[,12]. Liber iste Sententiarum qui secundum consuetudinem antiquam debet a nobis exponi post primum librum... Et propter hoc lectura quarti libri Sententiarum premicti videtur lecture secundi et tertii, tum quia est magis (…) plana propter minorem questionum difficultatem tum quia est magis oportuna propter minorem clericorum in isto tempore occupationem. Clerici enim in quadragesima non ita possent audire quia tunc magis circa sacrorum exercitium occupantur ... cum potentia magna et maiestate» (BNF, Conv. soppr. G 4.936, f. 337ra e 337rb). Remigio dunque legge i libri nell’ordine: I-IV-II-III. Così anche Bonaventura, AFH 1977, 369-70. Il commento alle Sentenze (1310-13) di Pietro de la Palu OP è compilato nell’ordine: I-III-II-IV: cf. G. Groppo, «Salesianum» 23 (1961) 236. Ma la redazione rispecchia l’ordine della lettura scolastica? Giovanni Duns Scoto legge in un anno scolastico libri I e IV: Glorieux, «Dict. Théol. Cath.» 14/2, col. 1864. Remigio, in ogni modo, si appella a una «consuetudo aniqua» e intende palesemente l’ordine della lettura scolastica. Quanto al tempo, la temuta coincidenza del prologo al libro IV con la quaresima potrebbe stare a favore d’una lettura biennale?
Il baccellierato parigino e il magistero in teologia di Remigio sono stati dibattuti con interesse dagli studiosi remigiani a motivo dei molteplici legami che potrebbero stabilire tra vita intellettuale di Parigi e politica papale alla curia di Bonifacio VIII e Benedetto XI: che ruolo vi ha svolto Remigio dei Girolami? La questione è decisiva ai fini d’un’interpretazione dell’opera letteraria e politica del frate fiorentino. Non è inutile dunque attirarvi l’attenzione.
La data tradizionalmente accettata, ad eccezione di Pierre Mandonnet, per l’insegnamento parigino delle Sentenze era finora 1284-85. Come mostrato in altra occasione, essa risultava da errore di lettura dell’articolo biografico di fra Remigio (Studio 187, 189, 193). Ma la datazione 1284-85 era stata accompagnata anche da un argomento di supporto: Remigio sarebbe stato troppo avanti negli anni qualora il baccellierato sentenziario fosse caduto negli ultimi anni del ’200. Per altro verso, si constatava che dal 1285 al conseguimento del magistero (1303-04) corrono una ventina d’anni. Di qui una serie di domande, ipotesi, proposte d’interpretazione delle vicende del magistero di Remigio: perché non ottenne subito il magistero dall’università parigina? la lettura sentenziaria non ebbe successo ai fini della promozione? Remigio entrò in conflitto con i suoi «professori»? con i regnanti di Francia? fu richiamato in Italia da Bonifacio VIII? per quali speciali benemerenze il magistero, non conseguito a Parigi, gli fu promesso da Bonifacio VIII, il quale peraltro prevenuto dalla morte non poté concederglielo?
Alla questione dell’età porta luce lo stesso De subiecto theologie. Di fatto Remigio, entrato nell’ordine nel 1267-68 già licenziato in arti, doveva essere sulla cinquantina al tempo della lettura delle Sentenze in ordine al magistero. Nessuna obiezione da parte degli statuti universitari. Mentre un importante brano del De subiecto theologie - una vera esplosione di stizza - conferma il divario d’età tra il baccelliere Remigio e gli opponentes della disputa. Remigio anzi costruisce la carica d’ironia proprio sull’opposizione tra «senex» e «pueri». Premesso che talune obiezioni sapevano «di garlandico e di puerile», Remigio si sfoga:
Et si dicatur quod iste modus iam a longo tempore in bachelariis incipientibus Sententias est observatus Parysius, responderi posset quod ista puerilitas quanto est díucius observata tanto est magís reprobanda, quia ut dicitur Ysa. 65[,20] «Puer centum annorum erit maledictus». Verum quia velle videri sapiens inter insipientes interdum non reputatur sapientie, iuxta illud Boetii, De duabus naturis et una persona Christi, «Oppressus doctorum grege conticui metuens ne iure viderer insanus si inter furiosos sapiens videri contenderem», ideo more aliorum contra opposita alíquid dicam ne de iure viderer puer si inter pueros videri senex contenderem (rr. 509-19).
Per l’altra questione - rapporto tra baccellierato e conseguimento del magistero - bisogna dire che le interpretazioni finora proposte partivano da due premesse tutt’altro che solide: che il magistero seguisse immediatamente la lettura delle Sentenze; che Remigio fosse stato lettore nello studium della curia papale. Ecco i dati, invece, entro i quali è necessario ricondurre l’interpretazìone delle vicende del magistero di Remigio dei Girolami.
Ricordiamo anzitutto che il magistero in teologia è una funzione pubblica nelle istituzioni culturali degli ordini mendicanti ed è regolata dai capitoli generali e dai superiori dell’ordine. Nella provincia Romana dei frati Predicatori si succedono i magistri: Tommaso d’Aquino, Annibaldo degli Annibaldi da Roma, Romano degli Orsini da Roma, Giovanni di Giordano (de Insula) dei Savelli da Roma, Gentile degli Stefaneschi da Roma, Remigio dei Girolami. Le vicende del magistero di Gentile da Roma non sono irrilevanti per intendere la congiuntura da cui matura la decisione dei superiori d’inviare Remigio a leggere le Sentenze. Gentile consegue la licenza a Parigi nel 1292-93 senza il mandato del maestro dell’ordine, cosicché il capitolo generale 1293 lo destituisce dal grado accademico. L’anno successivo Gentile fa atto d’ubbidienza e rimette nelle mani del maestro dell’ordine il sigillum magisterii. Nel 1296 il capitolo generale accetta la sottomissione di Gentile e lo reintegra nel magistero. Ma dopo maggio 1296 Gentile è nominato vescovo di Catania (MOPH III, 269, 282; XX, 106, 113, 134; XXII, 94, 130, 184. SOPMÆ II, 21). La provincia Romana restava così senza magister, per di più negli anni in cui era in corso il progetto della creazione della «provincia Regni» dalla provincia Romana. Nel 1297-98 Remigio dei Girolami è inviato a Parigi a leggere le Sentenze in ordine al magistero.
■ Il sermone d’addio ai frati (Fas est et decet meminisse fratrum) prima della partenza per Parigi fa ben intuire la funzione pubblica del baccellierato sentenziario e del magistero in teologia all’interno delle istituzioni dell’ordine. Nella decisione intervengono consiglio di provincia e in ultima istanza maestro dell’ordine. Ed. Studio 204-05.
La licentia non era di regola conseguita immediatamente dopo la lettura delle Sentenze. Così almeno a cavallo del XIII e XIV secolo. Il baccelliere diventava, a lettura completata, baccelliere formato, e doveva svolgere attività accademica per un discreto spazio di tempo che andava dai 3 ai 6 anni (Glorieux, L'enseignement 80, 97-98, 148; AFP 8 (1938) 32-34; vedi anche caso di Guglielmo d’Ockham e d’altri francescani inglesi in G. de Ockham, Opera philosophica II, New York 1978, p. 14*, n. 30).
La seconda fase del conflitto tra Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo IV il Bello si riapre, dopo quattro anni di buone relazioni, in dicembre 1301. Il 15.VIII.1303 papa Bonifacio ritira alle università del regno di Francia la facoltà di concedere la licentia. Remigio era rientrato in Italia già in agosto 1301.
Dal ritmo Ad Urbem vocat si apprende che Remigio è chiamato a Roma per ricevere il magistero (la presentazione alla licentia era competenza del maestro dell’ordine e rispettava l’ordine di precedenza della lettura delle Sentenze). Ma papa Bonifacio, prevenuto dalla morte 11.X.1303, di fatto non può concedere a Remigio il «repromissum magisterium». Il che fa ragionevolmente supporre che l’iniziativa di presentare Remigio alla licentia non era di molto anteriore all’inattesa fine di Bonifacio VIII, e dunque posteriore al ritiro della facoltà della licentia all’università parigina. Certo è che sarà il successore di Bonifacio, Benedetto XI, a conferire il magistero a Remigio; prima che il medesimo papa reintegrasse le università di Francia nel diritto di concedere la licentia (18.VI.1304). Lo vuole il fatto che mentre nei primi mesi del suo pontificato papa Benedetto «annuncia» al cancelliere parigino d’aver concesso il magistero ad Alessandro d’Alessandria (29.XI.1303) e a Giacomo «de Orto» (17.I.1304), in seguito (24.IV.1304) solleciterà il cancelliere a concedere il magistero a due frati (innominati nel regesto). In conclusione Remigio conseguì il magistero entro gli estremi del breve pontificato di Benedetto XI: 22.X.1303 - 7.VII.1304. Non v’è traccia alcuna né di “richiamo” del frate fiorentino da parte di Bonifacio VIII, né di benemerenze presso la curia romana, né infine di lettorato o insegnamento di Remigio nello studium della curia romana (lector romanae curiae) di cui il magistero sarebbe stato o la ricompensa o la condizione - come ancora si sostiene nella letteratura remigiana. Il tutto poggia sull’explicit del secondo quodlibeto, disputato «apud Perusium in curia» (BNF, Conv. soppr. C 4.940, f. 90vb). La formula "conventus curiae, studium curiae" ecc. presso gli ordini mendicanti sta per "convento, studium (del convento) della città dove risiede la curia romana". L’explicit testimonia che il quodlibeto fu disputato nello studium del convento perugino quando Benedetto XI aveva già trasferito a Perugia la curia romana (marzo-aprile 1304). Le autorità dell’ordine - come loro consuetudine - mostravano particolare interesse nel provvedere personale qualificato per lo studium e convento della città dove risiedeva la curia romana.