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Appendice II: Contributi alla biografia remigiana, pp. 183-241 |
Premessa | |
II.a |
L’articolo biografico di fra Remigio dei Girolami |
tradizione | testimonianza originale | 1319/1320? | testo CrSMN f. 20r | integra con Remigiana 11 12 |
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II.b | Remigio uditore di Tommaso d’Aquino? |
II.c | Quando a Parigi come baccelliere sentenziarío? | 2 |
Bernard d'Auvergne | Lorenzo d'Orléans | Pietro da Condet | Rinaldo da Concorezzo | conclusioni |
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II.d | Remigio parla di se stesso | sermoni De prioratu 1, 2; De fratribus 1, 2, 3 |
II.e | Cronologia remigiana →Nuova cronologia sostituisce la precedente |
II.f | Il sermone «Litera occidit» | testo 2 | ӿ |
Per quanto abbondante possa apparire la messe di dati cronologici raccolti dall'Orlandi (Necr. I, 276-85; MD 1966, 146-51. 206-219), la lunga carriera accademica e oratoria di Remigio è ancora scoperta per quel che è la datazione del notevole corpus delle opere. Salvo alcuni trattati e pochi sermoni d'occasione, la cronologia degli scritti remigiani è tuttora pressoché nulla. Eccellenti fonti, quali la Cronica fratrum di SMN e gli Atti dei capitoli provinciali della provincia Romana (MOPH XX), fissano alcuni punti saldi per la biografia del frate fiorentino ma nulla per le sue opere. Cosicché nella letteratura dedicata a Remígio ci s'imbatte in dati cronologicí certi intricati con dati appena probabili o termini di congettura.
Nel medesimo tempo, in un personaggio eminentemente pubblico quale Remigio dei Girolami, gli scritti - e l'interpretazione degli scritti -fanno più che mai corpo con i fatti storici con cui s'intessono. Di qui il bisogno di raccogliere date certe - cronologiche e topiche - da fonti esterne come dagli stessi scritti, soprattutto i sermonari, man mano che procede lo spoglio sistematico dei codici remigiani. E questo anche a costo - nella fase attuale degli studi - di dover espungere o tener fuori dalle schede cronologiche dati che risultassero sospetti o non sufficientemente documentati.
Un esempio. Un ricco manipolo di sermoni è dedicato alla casa reale di Francia, ai re Angioini e a figure di primo piano della politica guelfo-angioina in Toscana, nel Patrimonium sancti Petri, e nel regno di Napoli. L'intreccio dell'alterna politica papale, da Niccolò III a Bonifacio VIII a Clemente V, con gli Angiò di Napoli e il governo guelfo di Firenze, sopprende non poche volte Remigio in primo piano. Ma l'identificazione e datazíone proposta per molti sermoni è tutt'altro che soddisfacente. Mantenere dati sospetti potrebbe sviare ulteriori ricerche e viziare la valutazione storica dei fatti e del ruolo delle persone. Il sermone De rege, I: Honor regis iudicium diligit (Sermoni X) è veramente per Carlo I d'Angiò? dell'anno 1279, del 1281, del 1283? tenuto a Firenze? Il presupposto «lettorato perpetuo» di Remígio a Firenze ha teleguidato molte datazioni. Sull'assunto della continua permanenza di Remigio a Firenze si è proceduto a rintracciare le coincidenze con le visite di Carlo I a Firenze. Dal contenuto del sermone non risulta né che il re debba essere Carlo I (e perché non Carlo II?) d'Angiò né che il luogo debba essere Firenze: «ecclesia in isto mense fundata est nova, in festo scilicet Purificationis... » (Sermoni X). Le fonti fiorentine sono formali: SMN è stata fundata nella festa di San Luca 18 ottobre 1279 (Orlandi, Necr. I, 20, 248), mentre Remígio parla d'una chiesa fundata nella festa della Purificazione 2 febbraío. Prima dunque di costringere i dati a concordarsi in Firenze (luogo non postulato dal sermone) la ricerca deve orientarsi altrove. Trovo che la chiesa dei domenicaní di Santa Maria in Gradi di Viterbo fu fondata «mense februari in Purificatione beate Marie Virginis» (cf. Bullarium OP I, 142-43). Nient'altro.
Finché dunque non si arrivi a un'identificazione e datazione soddisfacenti sarà più prudente tener fuori dalla cronologia dati dubbi.
In altri casi, raddrizzare una data elimina sì un dubbio ma solleva questioni ínsospettate. La minuta di lettera dei priori e gonfaloníere di giustizia di Firenze alla repubblica di Siena non è datata 9 giugno 1313 (FINEScHi 410-11) né 9 gennaio 1314 (Necr. II, 421) ma 9 gennaio 1313 (computo moderno), L'interesse della lettera, allora, più che l'anpellativo di «protorètore fiorentino» riferito a Remigio, potrebb'essere la coincidenza coi fatti di Toscana di gennaio 1313, quando l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo, nell'avventura imperiale in Italia, minacciava Siena alle porte. Perché la repubblica di Siena (questa volta con Firenze contro Pisa, roccaforte di Enrico VII) chiede informazioni su Remigio? dov'era costui in quei mesi? Certo Firenze rassicura Siena della fedeltà di Remigio «in vestris et nostris et amicorum negotiis»; ma quali circostanze avevano indotto le autorità di Siena sollecitare in Firenze informazioni su Remigio?
Come si può intravedere, la cronologia di Remigio dei Girolamí nasconde problemi di non poco conto per chi voglia proporre interpretazioni del ruolo intellettuale e politico del frate fiorentino, così come dei suoi scritti. Ed essendo gli studi remigiani in una fase tutt'altro che di sintesi, sarà più opportuno isolare e insistere nella raccolta di dati certi o sufficientemente documentati. La congettura sarà più plausibile quando inserita in una rete ragionevolmente ricca di riferimenti guida.
Stando così le cose, ogni contributo - per quanto modesto - risulta utile.
Fino a Vincenzo Fineschi OP (1790) l’articolo della Cronica fratrum di SMN su Remigio è stato pressoché unica fonte biografica del frate fiorentino. Ma le vicende letterarie del testo non sono state tanto fortunate quanto importante ne è la testimonianza. Lo pubblicò la prima volta nel 1752 G.M. BROCCHI 392 nella Vita del beato Remigio domenicano, poi il FINESCHI 180‑81 nel 1790, F. SALVATORE 26 nel 1912, I. TAURISANO, Discepoli 25‑26, nel 1924, M. GRABMANN nel 1924 (Remigii 258) e 1925 (Frà Remigio 278), infine Orlandi, Necr. I, 35‑36, nel 1955, testo prevalentemente in circolazione dall’edizione del “necrologio” [= intendi Cronica fratrum] di SMN.
Perché dunque ripubblicarlo? L’apparato critico all’edizione qui riproposta risponde da sé. Notiamo semmai che le lezioni varianti sotto i nomi dei rispettivi autori (seconda serie di note d’apparato nell’edizione a stampa pp. 189-90) non hanno nulla a che vedere con la restituzione del testo; sono aggiunte per documentare lo stato di testo trasmesso alla letteratura remigiana.
Menzioniamo anzitutto due copie manoscritte della Cronica fratrum fiorentina: BNF, Magliabechiano XXXVII, 198 (= Magl. in apparato) della secondo '400 (ultima notizia biografica trascritta è del 1450); e BNF, Conv. soppr. B 3.788 (= FEDINI) trascritto per SMN da fra Teofilo di Rosso dei Fedini OP († 1576) nel 1574. Non si può asserire con certezza che il servita Michele Poccianti (ed. 1589; vedi Append. III note 7, 10) leggesse l’articolo biografico di Remigio nella copia magliabechiana anziché nell’originale; colpisce la comune omissione di filius tra Remigius e Clari Ieronimi, da cui il persistente equivoco del patronimico: Remigius clarus o Remigius clari Ieronimi «figlio dell’illustre Girolamo»!: vedi App. III nota 9). In entrambe le copie della Cronica ‑ che sembrano tratte indipendentemente dall’originale ‑ assente è il numero XI dopo Benedicto; il che può ragionevolmente rimettere la giunta interlineare XI ad anni posteriori alla copia Fedini (1574).
E prima di passare ad alcune annotazioni critiche al testo, diciamo una parola sulla prima Vita di Remigio (Vita del Beato Fra Remigio di Firenze, manoscritto inedito conservato in ASMN I.A.22) del domenicano di SMN Domenico Sandrini. Il Sandrini, maestro dei novizi, scrive e dedica ai novizi le Vite dei frati di S. Maria Novella celebri in santità con evidenti intenti parenetico-devozionali da una parte e apologetici dall’altra. Dedica datata 25.IV.1731. Unica fonte di cui il Sandrini dispone ‑ oltre a uso frammentario degli atti dei capitoli provinciali - è la Cronica fratrum del convento (la chiamavano “necrologio”). Troppo poco per gl’intenti dell’autore. Il quale riempie i vuoti lavorando di fantasia. Al Sandrini s’ispira in parte ASMN I.A.28 Cronica annalistica (1757‑60) di Vincenzo Borghigiani, anch’egli di SMN; in tutto ne dipende la prima Vita edita (1752), quella di BROCCHI 389‑92. E vista la natura della Vita del Sandrini, se ne poteva qui omettere la menzione, se l’autorevole Vincenzo Fineschi (1790) non avesse accolto e trasmesso ‑ là dove gli facevano difetto prove documentarie ‑ le congetture del Sandrini.
Di questi tralascio particolari di secondo ordine e segnalo invece alcuni punti più importanti arrivati ‑ tramite il Fineschi ‑ agli studiosi contemporanei e che pesano negativamente sulle ricerche remigiane.
Dopo 15 o 16 anni del primo insegnamento a SMN, Remigio fu mandato a Parigi a leggere le Sentenze nel 1286 circa (SANDRINI 187, 190).
Nessuna fonte appoggia l’affermazione. Il Sandrini dev’essere incorso nel medesimo errore di lettura (XV invece di XL) raccolto poi dal Fineschi (vedi testo in App. II‑c).
Remigio, incaricato da Tommaso d’Aquino dello studium di SMN (SANDRINI 188‑89), ne fu poi costituito «dottore» o «lettore perpetuo» (SANDRINI 193). Si cita il capitolo provinciale di Rieti «1306» (= 1305: MOPH XX, 154/18‑22).
A parte l’inesistenza di “lettorati perpetui” nel XIII‑XIV secolo sulla base legislativa e sulla prassi dell’ordine dei Predicatori nei capitoli generali e provinciali, l’affermazione ‑ passata fino agli studiosi contemporanei ‑ è positivamente contraddetta da evidenze documentarie (vedi in →Nuova cronologia i lettorati fiorentini).
Sul precedente assunto, si è tacitamente postulata un’ininterrotta residenza di Remigio in Firenze, salvi gl’intervalli parigino, conosciuto anche da SANDRINI 199, e perugino. Di conseguenza tutti i sermoni d’occasione vengono orientati a identificazioni e datazioni fiorentine. A Firenze il Sandrini fa morire il conte Tommaso di Sanseverino (cf. Sermoni XX, che è soltanto “in ricevimento di”) e perfino fr. Laurent d’Orléans (SANDRINI 199, 201; vedi App. II‑c).
E veniamo al testo dell’articolo biografico. A parte varianti minori di lettura e interpunzione, tre dati notevoli per la biografia remigiana sono affiorati dal riscontro del codice manoscritto della Cronica fratrum di SMN:
- 40, non 42, anni di lettorato;
- data di morte di Remigio;
- scrittura su rasura (Bonifacio?) di <B>enedicto, cui mano posteriore aggiunge in interlinea XI. Contro l’attestazione della Cronica (Crorologia 1303, ott. 22) Remigio, secondo Bernardo Gui († 1331), fu «licentiatus per Bonifacium papam VIII anno Domini MCCCII» (MOPH XXII, 131; vedi in apparato critico l’incertezza del testo). Ma la lezione Benedicto è autorevolmente confermata da Remigio stesso nel ritmo Ad Urbem vocat.
Un breve commento sui primi due punti. «In quo quidem officio [lectoris] multo tempore, XL videlicet annis et amplius... ». Si dia una scorsa alle peripezie del testo annotate nel secondo apparato. Perché tante divergenze di lettura su uno dei pochi dati della Cronica?
Dallo studio dell’originale (Tav.V) così dovrebbero esser andate le cose:
a) Il cronista di turno aveva scritto in un primo tempo: multo tempore, XL duobus annis et amplius.
b) Il cronista si corregge: sopprime duobus con tratto orizzontale di penna (alquanto sbiadito nel codice ma pur sempre visibile) e aggiunge videlicet dopo XL. Lo si deduce: dall’improbabile originale lezione «XL videlicet duobus annis» con un videlicet tra le due parti del numero; e soprattutto dalla collocazione di videlicet scritto a fine rigo oltre la linea destra d’incolonnamento.
Brocchi (c’informa egli stesso che usa trascrizione fornitagli da Domenico Maria Manni: BROCCHI 392) e Fineschi hanno ben visto la soppressione di duobus. Ma quest’ultimo ha letto XV invece di XL (eventuali dubbi sono sciolti dal confronto col ductus di V e L della medesima mano nell’articolo fr. Accursus a f. 19v). Salvatore e Taurisano hanno mal sofferto l’asperità di videlicet tra le due parti del numero, e l’hanno arbitrariamente trasferito: videlicet XL duobus annis. SALVATORE 26 n. 1 annota sì che videlicet «è aggiunto a margine dalla stessa mano», ma mantiene duobus nel testo perché «è cancellato da altra mano». Grabmann trasferisce videlicet annis. Orlandi tutto trascrive, sommando correzione a lezione primitiva.
Remigio morto nel 1319 o 1320? Ovviamente dall’anno di morte e durata del lettorato si argomenta per fissare i capisaldi della cronologia remigiana: entrata nell’ordine, prima permanenza a Parigi e coincidenza con l’insegnamento di Tommaso d’Aquino, inizio del lettorato, ecc.
Notiamo subito che la prima aggiunta molto sbiadita Obiit anno Domini M°ccc°xix° è coeva, e della medesima mano della notizia biografica. Il 1319 assegnato all’articolo fr. Remigius non è soggetto a dubbi, sia a motivo della notazione seriale coeva 1319 e CCXVus al margine superiore destro della carta, sia per l’inserimento dell’articolo nella serie cronologica che precede e segue. Ma 1319 computo moderno o stile fiorentino?
La Cronica fratrum di SMN segue di regola lo stile fiorentino. Si vedano, a mo’ d’esempio, le serie degli articoli biografici nn. 197-201, 246-249, 262-273 (secondo ed. ORLANDI). Ma in taluni casi permane il dubbio, specie quando la morte occorre fuori della repubblica fiorentina, quando registrata in ritardo, cronologicamente trasferita o con la sola data annuale, o quando la registrazione è integrazione tardiva.
Prendiamo ora gli estremi della sequenza di Remigio, ff. 19v-21r del codice (nn. 217-224 dell’edizione):
Cronica fratrum SMN |
||
fol. |
frater |
obiit |
19v | Accursus | 1.II.1318 |
Philippus | 14.III.1319 | |
Albertinus | 1319 | |
20r | Remigius | 1319 |
20v | Scolarius | 8.X.1320 |
Riculdus | 31.X.1320 | |
21r | Iandonatus | 29.III.1320 |
Iohannes | 23.VIII.1322 |
La serie 217-222, Accursus-Riculdus, è di mano d’uno stesso anonimo cronista (N1). Dopo Riculdus, subentra a carta 21r altra mano (N2) con fr. Iandonatus filius olim Banchelli (n° 223) morto «M°CCC°20, 4° ydus aprilis, scilicet sabbato sancto», e fr. Iohannes de Ultra Arnum † 23.VIII.1322. Per Iandonatus N2 porta verosimilmente rimedio a lacuna di N1; ma i dati cronici del decesso discordano. Supposto meno probabile l’errore su anno e Sabato Santo, N2 avrebbe scritto quarto ydus aprilis (= 10.IV) in luogo di quarto kalendas aprilis (= 29.III), giorno in cui effettivamente cadeva Sabato Santo nel 1320 (nel 1321 cadeva il 18.IV, decimo quarto kalendas maii). N2 inoltre inizia a stendere articolo Iandonatus a fine carta 19v dopo Albertinus e prima di Remigius, l’interrompe al solo prenome e patronimico per registrarlo a carta 21r dopo Riculdus. Perché il ripensamento? Temeva insufficiente lo spazio disponibile a carta 19v? Oppure riteneva il luogo fuori ordine cronologico?
Resta che il 1319 d’Albertino e Remigio è stretto tra 14.III.1319 (1320 computo moderno) di Philippus e 8.X.1320 di Scolarius. Ma l’articolo Iandonatus tradisce disturbo nella concatenazione cronologica perché si possa perentoriamente concludere a favore dei mesi 1319 stile fiorentino che coincidono col 1320 computo moderno.
Un’ultima nota. Orlandi scrive che Remigio è morto «tra il mese di marzo ed il novembre del 1319» (Necr. I, 276). Prende dunque per sicura la corrispondenza tra successione dei decessi e successione di registrazione. Ma allora doveva concludere all’anno 1320 computo moderno.
Che cosa concludere?
L’articolo biografico di Remigio presenta sorprese e suggerisce domande che le edizioni hanno coperte ma che lo studioso del frate fiorentino deve registrare nel proprio schedario:
<B>enedicto riscritto su rasura: dalla medesima mano? e quando?
Perché la lacuna nel giorno e mese (inizialmente perfino nell’anno!) della morte d’un personaggio cui pure si dedica un lungo elogio?
L’autorità della Cronica fratrum non obietta se altre fonti documentassero la morte di Remigio dei Girolami per l’anno 1320.