Per lo studio..., Pistoia 1979 | |
I |
Alcuni problemi del corpus remigiano, pp. 29-42 |
I.1 |
I codici BNF, G 4.936, C 4.940, D 1.937 |
I.2 |
Tempo di composizione dei codici |
I.3 |
I trattati del codice C 4.940 |
I.4 |
Il Contra falsos ecclesie professores nel codice C |
BNF, D 1.937, f. 278v | |
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cod. C | = |
BNF, Conv. soppr. C 4.940 |
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cod. D | = |
BNF, Conv. soppr. D 1.937 |
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cod. G | = |
BNF, Conv. soppr. G 4.936 |
I codici menzionati nel nostro testo vanno sempre intesi, quando non detto altrimenti, del fondo Conventi soppressi della Biblioteca Nazionale di Firenze (BNF) o della Biblioteca Medicca Laurenziana (BL). Rimandi alle opere edite nel presente lavoro: titolo (e capitolo, secondo il caso) e numero dei righi.
Lo studio dei codici contenenti le opere di frater Remigius Florentinus o fra Remigio di ser Chiaro dei Girolami, domenicano del convento di Santa Maria Novella, è stato avviato da Vincenzo Federici ai primi del '900 (SALVADORI-FEDERICI 19-23). L'attenzione era principalmente rivolta al cod. G; ma la forma peculiare del problema della trasmissione del testo nel caso di fra Remigio (composizione dei codici sotto la supervisione dell'autore e correzione autografa) apriva fruttuosi sviluppi a motivo delle strette relazioni compositive dei codici e dei frequenti rimandi - come si vedrà - da un codice all'altro.
Sempre a proposito di cod. G, intervenne nel 1912 Francesco Salvatore (Due sermoni inediti 8-11) con brevi ma acute note sul problema della pluralità della scrittura e supposta autografia dell'intero codice. Recenternente il prof. Ovidio Capitani [†Bologna 17.III.2012] è tornato a più riprese sulla questione ed ha ampliato la ricerca ad altri codici, in particolare al cod. C (L'incompiuto 95-110; Il De peccato usure 545-56. Ma vedi anche DAVIS, An early 665 n. 32). Questo contiene, oltre a numerosi altri trattati di fra Remigio Fiorentino, il Contra falsos ecclesie professores. Partiamo dunque dalle conclusioni cui sono pervenuti i sostanziosi contributi del Capitani.
Membranaceo; cm. 21,8x30,6; ff. 410. Contiene Sermones de tempore (ff. 1r‑242v), Sermones de diversis materiis (ff. 243r-404v), un'Expositio sulle monitiones dei capitoli generali (ff. 405r406v), Rithmi... (ff. 406v-410v). L'explicit di f. 242va, l'incipit di f. 243r, l'indice di f. 409rb attribuiscono tutto il contenuto del codice a frater Remigius Florentinus ordinis Predicatorum. Provenienza SMN (f. 409ra).
La littera textualis a due colonne, di carattere gotico tondeggiante di fine XIII e inizio XIV secolo, è di un'unica mano, convenzionalmente designata - dal Federici in poi - con la lettera A. Moltissimi gl'interventi, correzioni, note, addirittura sermoni interi in margine alle carte del codice. Quest'ultima sezione di scrittura - designata conenzionalmente mano B - aveva indotto il Federici ad attribuire il testo base di A e le glosse di B ad una medesima mano, poi a identificare quest'unica mano con quella dell'autore, concludendo così all'autografia dell'intero codice.
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Sermone per |
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cod. G, f. |
fr. Giovanni Tornaquinci |
A |
396v | |
1313 dic. 6 | Vieri di Consiglio dei Cerchi | A | 392v |
1314 apr. 14 | Clemente V | A | 379v |
1314 lug. 3 | fr. Ubertino degli Ardinghi | A | 397v |
1314 nov. 29 | Filippo IV il Bello | A | 387v |
1315 ag. 6-11 | Filippo principe di Taranto | B | 353v |
1315 ag. 29 | Carlo figlio del precedente | B | 387v |
1316 giug. 5 | re Luigi X | B | 388r |
1316 ag. 7 | Giovanni XXII | B | 347v |
1316 ag.14 | Ruggeri dei Buondelmonti | B | 390v |
Consideriamo in sequenza cronologica (vedi Cronologia remigiana alle rispettive date) gli ultimi sermoni nel testo in colonna (mano A) e i susseguenti sermoni aggiunti in margine (mano B):
Il confronto tra testi A e testi B porta a escludere che la scrittura B sia forma senile di A (come sosteneva Federici per appoggiare l'ipotesi dell'unica mano): il cambiamento occorre tutto e repentinamente tra l'ultimo sermone A e il primo B (distanza di nove mesi), mentre non v'è traccia alcuna di lento e progressivo deterioramento d'una medesima scrittura, come pure richiederebbe il caso di senescenza.
Si prospettano dunque altre ipotesi:
a) i testi B appartengono a mano diversa da A;
b) mentre l'attività dello scrittore del testo base in colonna (A) si arresta al di qua d'agosto 1315 (termine ante quem), i sermoni scritti integralmente da B non oltrepassano il 1319, anno di morte di fra Remigio;
c) sulla base di taluni rimandi da cod. G ai codd. C e D, e della successione delle mani A e B, il cod. G «deve essere stato scritto tra gli ultimi codici delle opere di Remigio», tra la fine del 1314 e i primi d'agosto 1315 (CAPITANI, L'incompiuto 108);
d) mano B è autografa di fra Remigio: infatti la mano che inserisce i sermoni databili dopo il 1314, è la medesima che ha abbondamente glossato cod. G (ma anche codd. C, D e altri codici contenenti le opere di Remigio); si tratta di glosse di correzione, rimandi, integrazioni, aggiunte spesso di notevole ampiezza, d'interi sermoni. «Quale mano, se non quella di Remigio poteva essere?» (CAPITANI, L'incompiuto 106).
e) Come per gli altri codici, Remigio - cessata per vecchiaia l'attività lettorale - ha fatto opera di supervisione e di correzione nel corso del riordinamento, raccolta e trascrizione delle sue opere. Si ricordi la Cr SMN :
«predicationis ac doctrine onera pre nimia senectute corporisque debilitate ulterius sustinere non valens, ad salubria consilia danda (...) nec non scriptitationi ac compositioni librorum sacrorum, quorum plurima ac perutilia edidit volumina, se totum conferens...» (cf. Append. II-a).
Membranaceo; cm. 22 x 31; ff. 352. Littera textualis a due colonne della medesima mano di quella di cod. G, eccetto ff. 1r-74r. Provenienza SMN (ff. 1r, 352v). Contiene opere di schola e trattati, che incipit ed explicit delle singole composizioni attribuiscono a frater Remigius Florentinus ordinis Predicatorum.
«Stante la trascrizione del De nomine usure [cod. G, ff. 409v410v, mano B] tra 1314 e 1318-19, possiamo affermare che prima di quel periodo o almeno ai primi anni di quel periodo va datata la trascrizione del De peccato usure nel C 4.940, in considerazione del fatto che la mano (= A), che aveva trascritto in G 4.936 i sermoni, ha scritto anche una parte cospicua dei trattati di C 4.940. Appare egualmente plausibile porre la trascrizione di tutti i trattati di C 4.940 o prima del 1314‑1319 o ai primi anni di quel periodo, dati i rimandi interni relativi ai trattati, di C 4.940, della stessa mano... : ne consegue che la trascrizione dei trattati contenuti nei primi settantaquattro fogli si deve collocare in un tempo precedente, anche se non di molto» (CAPITANI, Il De peccato usure 549-550).
■ L'argomentazione dell'autore sottintende, se non vado errato, il fatto che De nomine usure in cod. G rimanda a De peccato usure in cod. C. Cf. CAPITANI, L'incompiuto 95 n. 1. Con le conclusioni del Capitani, circa i rapporti tra mano A e mano B, concordano SALVATORE 8-11; DAVIS, An early 665 n. 32.
Che cosa pensare delle conclusioni proposte dal Capitani?
Nelle linee di massima, esse ci sono sembrate ben fondate e si venivano confermando man mano che prendevamo familiarità con i codd. G (Sermones de tempore e de diversis materiis), C (tractatus varii), D (Sermones de sanctis). E a questi codici si riferiscono prevalentemente le nostre considerazioni. Le quali, se pure orientate a illustrare il Contra falsos ecclesie professores, non potevano eludere le questioni critiche dell'unico codice che ce lo ha trasmesso.
Si possono fare ulteriori passi avanti circa le questioni sollevate dalla peculiare forma della traditio textus nel caso di fra Remigio?
Va anzitutto premesso che l'indice di mano B in cod. G, è quanto mai esplicito sulla questione dell'autenticità:
In isto volumine continentur ista opuscola secundum fratrem Remigium Florentinum ordinis Predicatorum (G, f. 409r).
Dei cinque sermoni prologali non di Remigio - i due principia di fratris Tbome [de Aquino], i due di fratris Ani(bal)di (non Amandi come legge GRABMANN, Ungedruckte 215) e uno d'anonimo fratris cuiusdam nomine - si annota coscienziosamente la paternità, sia da A che da B (cod. G, ff, 268v‑276v).
La natura e peculiarità delle correzioni in margine, delle integrazioni, i numerosi rimandi da opera a opera, da sermone a sermone, denotano in B una perfetta conoscenza dei contenuti delle opere di Remigio, dei luoghi degli argomenti trattati, delle fonti utilizzate dall'autore. Ma vediamo, più da vicino, i rapporti tra testi B e testi A.
B soprintende al lavoro di A.
Difatti B si rivela la mente che ordina il complesso materiale di cod. G, come del sermonario D: rubrica le sezioni, numera al margine i sermoni, stabilisce raccordi, rinvia a luogo debito, interviene sulle distrazioni di A. Nel caso di cod. G, al tutto fa da guida e da riscontro l'elaborato indice che la stessa mano B scrive a f. 409r. Il sermone Aliud cecidit super petram in morte del cardinale Pietro Ispano è trascritto per errore da A tra i sermoni de tempore, Feria IV in capite ieiunii (cod. G, f. 50r-v); B interviene, espunge il sermone con v a - c a t , annota il rinvio «inter sermones de mortuis (f. 50rb; marg. d.) e fa riscrivere per intero il sermone nel blocco de diversis materiis nella sezione De mortuis in speciali, rubrica De cardinali (ff. 382v‑383r). Un caso simile, tra i tanti, per cod. D. Nella serie dei 17 sermoni su Tutti i Santi si trova questa sequenza:
[sermoni I-VIII]
IX: Aperiens os suum... Math. 5[,2] (f. 338rb)
XVI: Beati pacifici... Math. 5[,9] (f. 338vb)
X: Beati pauperes spiritu... Math. 5[,3] (f. 339rb)
XI: Beati mites... Math. 5[,4]...
A lato di sermone XVI mano B scrive: «iste sermo ponatur in loco suo» (f. 338vb; marg. d.), cui di fatto fa da richiamo la nota a f. 346r (marg. destro) dopo sermone XV: «Require supra eodem post nonum sermonem». Dal che si deduce: che B soprintende al lavoro di A e decide della corretta numerazione seriale dei sermoni nonostante l'errata collocazione; che B ha una chiara idea del criterio d'ordinamento di più sermoni per una medesima celebrazione liturgica: i 17 sermoni per Tutti i Santi risultano rigorosamente ordinati secondo la successione del testo biblico delle beatitudini come in Math. c. 5. Quando il lavoro di A è terminato e B inizia ad aggiungere al margine sermoni interi, questi sono inseriti secondo l'ordine e le rubriche che B aveva fissate per il lavoro di A. Per il cod. C annotiamo il caso dell'indice dei quodlibeti. O che l'amanuense A avesse dimenticato di trascrivere l'indice a fine quodlibeti o che l'indice fosse stato redatto a trascrizione avvenuta del De subiecto theologie, sta il fatto che il codice presenta questa sequenza: Quolibet I (ff. 71r‑81v), Quolibet II (ff. 81v-90v), De subiecto theologie (ff. 91r‑95v), indice degli articoli dei quodlibeti (ff. 95vb‑96ra). Ma mano B, con chiaro intento di guida, è intervenuta e ha annotato a inizio del primo quodlibeto, f. 71r, margine superiore: «Tabula super quolibet queras infra post questionem de subiecto theologie que ponitur immediate post quolibet».
B corregge il testo e integra le omissioni di A.
Le correzioni sono continue e numerosissime; poche di mano A, moltissime di mano B. Questi corregge le normali sviste del copista, integra le omissioni, mette a punto le citazioni, spesso integra titolo o numero del libro o del capitolo dell'opera citata.
B inserisce al margine vere e proprie addizioni.
Se talvolta non è facile decidere tra giunta e integrazione d'omissione, in altri casi invece appare evidente che B rielabora il testo, suggerisce alternativa d'esegesi o di divisiones nel caso di sermoni («vel potest exponi..., vel dic..., vel divide...»), oppure aggiunge sermoni interi e unità compositive nuove (opuscola, dice l'indice di cod. G).
Nel medesimo tempo, così come si annota l'altrui paternità in caso dei cinque sermoni non di Remigio, B lascia testimonianza di scrupolosa esattezza. Nel corso del sermone prologale III Ecce descripsi eam dell'anonimo «cuiusdam nomine», dopo alcuni interventi su sviste occorse all'amanuense, B ha cura d'annotare: «ultra non est correctum» (cod. G, f. 272vb; marg. inf.).
Lo scrittore (B) dell'indice di cod. G è lo scrittore delle numerose e sostanziose note marginali a questo e altri codici delle opere di Remigio. Note - come si è detto - che oltre a correzioni, a integrazioni specialistiche nelle citazioni, a svolgimenti alternativi, a una fitta rete di rimandi ad altre opere o sermoni, registrano vere e proprie addizioni. Lo stesso B trascrive per intero il trattato-sermone De nomine usure nelle carte dell'ultimo fascicolo rimaste in bianco, dopo l'indice (cod. G, ff. 409v-410v). Il De nomine usure di mano B in cod. G rinvia e suppone il trattato De peccato usure di mano A in cod. C: «... sicut apparet... sicut diffuse ostenditur in tractatu De peccato usure» (cod. G, f. 409v, 410r). L'uno e l'altro sono «opuscola» di Remigio.
L'attività che mano B ha di fatto dispiegato nei codici in questione (più ampiamente documentabile nei sermonari G e D) non è che l'esercizio di quanto gli explicit di codd. G e D attestano degli intenti, metodo (e apologia!) dell'autore. Ecco in sinossi i due explicit. Quanto vi si dice, peraltro, ha notevole importanza per intendere sia la fattura redazionale dei sermoni sia i caratteri specifici dell'autenticità in fatto di sermonari divenuti pubblici prontuari.
explicit del sermonario de tempore cod. G |
explicit del sermonario de sanctis cod. D |
«Expliciunt sermones de tempore per totum |242va| annum fratris Remigii Florentini ordinis Predicatorum magistri in theologia. Inter quos sunt aliquí accuratius editi, multi vero sunt defectuosi et diminuti, et nonnulli etiam sunt in ordine partium et membrorum interdum transpositi, et aliquando prius dictorum replicativi, propter diversa ímpedimenta. Sunt et aliqui, licet pauci, ex dictis aliorum inmixti. Quos quidem diligens lector advertat et caritative corrigat et emendet. Et simile dico de sermonibus de sanctis.
Que non depurat scribens bonus alter adurat» |
«Expliciunt sermones de sanctis per totum annum fratris Remigii Florentini ordinis Predicatorum magistri in theologia. Inter quos, sicut dixi de sermonibus de tempore, sunt aliqui accuratius editi, multi vero sunt defectuosi et diminuti, et nonnulli etiam sunt in ordine partium et membrorum immo et se totorum interdum |372va| transpositi et aliquando prius dictorum replicativi propter diversa impedimenta. Sunt etiam aliqui, licet pauci, ex dictis aliorum immixti. Quos quidem diligens lector advertat et caritative corrigat et emendet.
Corrige dil(ec)tor non rodas, te rogo, lector; |
La natura del lavoro, l'estensione degli interventi marginali, l'interdipendenza tra A e B sono tali da postulare la medesima autenticità di quanto, nei codici di Remigio, scritto da A e di quanto scritto da B. In altre parole, testo A e testo B si implicano a vicenda.
A rigore si potrebbe ipotizzare l'attività di B come di persona altra da Remigio. Ma ciò postula a sua volta un terzo personaggio dalle caratteristiche, conoscenze, attività direttiva e compositiva che - svolte in luogo dell'autore - sfiorano la falsificazione; di cui non s'intravedono né motivi né tracce. Mentre, incipit ed explicit dei codici attribuiscono formalmente a Remigio la paternità del contenuto dei codici, perfino del trattato‑sermone De nomine usure scritto da B e censito nell'indice; e testimonianze esterne di attribuzione a Remigio si congiungono con testi che documentano mano B al lavoro di 'composizione', come nel caso delle Distinctiones (Append. III §6).
A conferma di quanto sopra, ecco due dati di più specifica e minuta pertinenza al nostro discorso.
a) Nel trattato De via paradisi, dove spesso gli exempla sono riportati in extenso, si trova la seguente nota marginale di mano B: hic fuit erratum per scriptorem quia hoc exemplum positum est supra eodem p(ass)u (cod. C, f. 231vb; marg. destro).
b) Nel corso del sermone prologale VI-bis Si enim sapientiam invocaveris (cod. G, ff. 278v-280v), mano B inserisce a f. 280v, estremo margine sinistro, con segno di richiamo, un'integrazione di otto righe incolonnate a sinistra. Nella rifilatura del fascicolo (o del codice) l'integrazione subì un taglio dello spazio di una o due lettere all'estremità sinistra della carta. Mano A è intervenuta e ha riscritto per intero il testo di B subito sotto ma più all'interno del foglio. Trascrivo il testo dell'integrazione da B; tra parentesi le lettere cadute per il taglio e integrabili dalla copia di A:
(Sed) beatus Dyonisius dicit, c. 12
(A)ngelice Ierarcbie: «Invenies
(au)tem quod et deos theo-
(l)ogia vocat et celestes super nos substantias
(et) apud nos Dei amicissimos et ydone-
(o)s sanctos viros». Unde et in Ps. ubi dicitur
«(A)dorate eum omnes angeli eius» translatio Ieronimi
(hab)et «omnes dii» (cod. G, f. 280v; marg. sin.).
Qualcosa di simile anche
in G, f. 401r marg. destro, tutto però lavoro di unica mano: B aveva scritto giunta di 11 righi, lunghi ed esposti al margine destro, e talune delle lettere estreme risultano di fatto resecate. Riscrive identico testo poco sotto in righi un pò più corti, lasciando maggior margine protettivo a destra. I primitivi 11 righi diventano 13! Mi provo a raffigurarlo nella tabella (ma mell'originale le abbreviazioni rendono pari la lunghezza delle righe):
Quantum ad primum dicitur Iob 13 Homo natus de muliere bre| vi vivens tempore. Quantum ad secundum dicitur in Ps. Qui numerat | multitudinem stellarum etc. Quantum ad tertium dicitur in Ps. | Terminum posuisti quem non transgredientur neque (...) (G, f. 401r, marg. d.) |
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Quantum ad primum dicitur Iob 13 Homo natus de | muliere brevi vivens tempore. Quantum ad secundum | dicitur in Ps. Qui numerat multitudinem stellarum | etc. Quantum ad tertium dicitur in Ps. Terminum posuisti |
quem non transgredientur
neque (...)
|
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Quanto in a) prova che mano B (correttore) è persona diversa da mano A (scriptor).
In b) A ratifica quanto
integrato da B rivestendolo della medesima autenticità del testo base del codice.