Divisio scientie ö |
Divisione della scienza |
originale latino |
volgarizzamento (2007) di EP |
<2. scienza divina> |
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Dicendum est igitur quod scientia, prima sui divisione, dividitur in scientiam divinam et in scientiam humanam[1]. Scientia quidem divina[2] dicitur quam Deus invenit, iuxta illud Baruc 3[,32] «Qui scit universa novit eam et adinvenit eam prudentia sua». Scientia vero humana dicitur quam homo invenit, iuxta illud II Elenchorum: Omne quod quis novit discens vel inveniens novit[3]. |
Diciamo allora che la prima fondamentale divisione della scienza è in scienza divina e scienza umana. Si dice scienza divina quella che ha Dio per autore, come dice il profeta Baruc 3,32: «Colui che sa tutto, la conosce e l'ha scrutata con la propria intelligenza». Chiamiamo invece scienza umana quella escogitata dall'essere umano, secondo le parole di Aristotele, Confutazioni sofistiche c. 22 (178b 34-35): Tutto ciò che uno sa, lo sa o perché lo ha appreso o perché lo ha scoperto. |
Circa primam scientiam, idest divinam, considerandum est quod dupliciter accipi potest. Uno modo dicitur scientia divina scientia
que est in Deo, que quidem est idem quod ipse Deus, de qua congrue potest accipi illud Ps. [138,6] «Mirabilis facta est scientia tua ex me, confortata est et non potero ad eam». Unde et translatio beati Ieronimi habet «Super me est scientia tua et excelsior est,
non potero ad eam»[4]. |
Prima scienza,
quella divina. La si può considerare a due livelli. Primo livello: scienza
divina che è in Dio, e in tal senso essa s'identifica con Dio stesso; e
ben a proposito possiamo citare le parole di Salmo
139,6: «Mirabile rispetto a me è la tua scienza, troppo alta, e io non potrò
raggiungerla». La traduzione di san Girolamo ha: «Al di sopra di me è la tua scienza,
ed eccelsa, io non potrò raggiungerla». |
Circa vero istam divinam scientiam secundo modo dictam, considerandum est quod omnis scientia proprie dicta certitudinem quandam habet. Per hoc enim Philosophus et I Posteriorum et in III De anima[5] distinguit scientiam ab opinione que certitudine caret, licet una scientia ampliorem certitudinem quam alia scientia babeat, iuxta illud Philosophi in I De anima «Bonorum honorabilium notitiam - idest scientiam - opinantes magis autem alteram altera que est secundum certitudinem»[6]. |
A proposito di questa scienza divina intesa nel secondo modo (proveniente cioè immediatamente da Dio), c'è da considerare che ogni scienza propriamente detta ha una qualche certezza. Il filosofo Aristotele pertanto, sia nei Secondi analitici I, 33 (88b - 89a), sia in Dell'anima III, 3 (427a - 429a), distingue la scienza dall'opinione, alla quale fa difetto la certezza; sebbene tra scienza e scienza c'è differente grado di certezza, a detta di Aristotele, Dell'anima I, 1 (402a 1-2): «La conoscenza - ossia scienza - la riteniamo tra le cose belle e preziose, e una conoscenza più di un'altra a seconda dell'esattezza». |
Hec igitur scientia que est immediate a Deo duplicitur dicitur, quia dupliciter
potest certitudinem habere. |
Questa scienza proveniente immediatamente da Dio è duplice, perché duplice è il
modo di conseguire certezza. |
Secundo modo potest habere certitudinem, per modum cognitionis, quemadmodum Philosophus loquitur de scientia in libro II Posteriorum diffiniens eam et dicens quod est habitus conclusionum, et in I Posteriorum dicens quod «demonstratio est sillogismus faciens scire»[8], idest aggenerans scientiam. Et sic in comuni usu loquimur de scientiis. Et hec scientia divina talem certitudinem habens
et procul dubio ens super omnes alias scientias, est sacra scriptura que
theologia vocatur; de qua habetur Sap. 13[,1] «Vani sunt omnes homines in quibus non est scientia Dei», et Malach. 2[,7] «Labia sacerdotis custodiunt[9] scientiam et legem requirent ex ore eius». Et huius quidem scientie divine principia sunt articuli fidei ex quibus ad conclusionum theologicarum notitiam devenitur.
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Il secondo
modo
d'ottenere certezza è per percorso conoscitivo, così come Aristotele parla
della
scienza nei Secondi analitici II, 19 (99b-100b): definisce la
scienza dicendo che essa è consuetudine alle conclusioni; e
nei Secondi analitici I, 2 (71b 17-18) dice che
«la dimostrazione
è il sillogismo che fa conoscere» ossia che
produce
scienza. E proprio in questo senso nel linguaggio corrente parliamo di scienze.
Siffatta scienza divina, che garantisce tale certezza ed
è certamente superiore a qualsiasi altro sapere,
è la sacra scrittura, detta anche teologia. Di essa parla Sapienza 13,1: «Stolti
sono tutti gli uomini
che non posseggono la
scienza di Dio»; e Malachia 2,7: «Le labbra del sacerdote
custodiscono la scienza,
e dalla sua bocca si ricerca la legge». I princìpi
della
scienza divina sono gli articoli della fese, e a partire da questi si perviene
alla conoscenza della conclusioni teologiche. |
<3. scientia bumana> |
<3. scienza umana> |
Scientia autem
humana duplex est, quia aliam invenit homo proprie rationis investigatione, aliam vero invenit
homo malignorum spirituum sive demonum subgestione[10]. |
Duplice è la scienza umana: quella che l'uomo ha trovato tramite ricerca della propria ragione; e quella che l'uomo ha trovato tramite la suggestione degli spiriti maligni o demoni. La prima è comunemente detta filosofia; della quale in Giobbe 36,26 «Ecco, Dio è così grande che sopravanza la nostra conoscienza»; e Colossesi 2,8: «Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vani raggiri della tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo». |
Ubi oportunissime Apostolus ultimo addidit «et non secundum Christum», quia philosophia de se non est inanis et fallax neque est interdicenda[11] hominibus cum ipsa multas contineat veritates, nisi quatenus non ordinatur ad Christum et cognitionem habendam de Christo per sacram scripturam, sed ex hominum fragilitate et temeritate quicquid supra veritatem philosophie est, contrarium iudicans philosophice veritati ac per hoc falsum esse ipsum annuntiat, cum tamen verum vero contrariari non possit, puta falsa dicentes que in Christo verissime asserimus superphilosophice et supernaturaliter esse facta, scilicet Dei incarnationem, Virginis parturitionem et diversorum miraculorum operationem et huiusmodi. Quod nimirum ex maxime temeritatis ignorantia procedit cum perliquidissime pateat quasi infinita esse supra que non sunt contra. Aliud enim est esse supra et aliud esse contra; quia Deus supra hominem est, non tamen contra hominem est - absit! - sed maxime pro, utpote hominis creator, conservator et gubernator. |
Molto opportunamente qui l'apostolo Paolo aggiunge «e non secondo Cristo». La filosofia infatti di suo non è vana e ingannevole, né da interdire agli esseri umani, visto che contiene molte verità. Di suo, certo, non è ordinata al Cristo e alla conoscenza del Cristo tramite la sacra scrittura. Ma l'interdizione si darebbe laddove la filosofia, per barriere o sconsideratezza degli uomini, presumesse di giudicare contrario alla verità filosofica, e pertanto falso, tutto quanto si colloca oltre la medesima verità filosofica. Al contrario, il vero non può contraddire il vero; come se uno ritenesse falsi i fatti che noi in verità asseriamo di Cristo a livello superfilosofico e sovrannaturale: incarnazione di Dio, parto della Vergine, operazione di molti miracoli, eccetera. Sarebbe ignoranza dalla massima presunzione; lampante è che esistono pressoché infinite cose "al di sopra", ma che "contro" non sono. Una cosa è "essere al di sopra", altra "essere contro"; difatti Dio è al di sopra dell'uomo, non però contro - non sia mai! -, anzi grandemente a favore, in quanto suo creatore, conservatore e governatore. |
Secunda autem scientia comuniter vocatur ars magica, de qua Sap. 17[,7] «Magice artis appositi erant derisus», et Act. 8[,11] «Multo tempore magicis artibus[12] dementasset eos», et Gen. 44[,15] «An ignoratis quod non sit similis mei in auguriandi - vel augurandi[13] - scientia?» que scilicet est pars magice. Hec tamen neque ars neque scientia vere dicitur sed abusive loquendo, ut infra patebit. |
Seconda scienza, comunemente detta arte magica. Di essa si dice in Sapienza 17,7: «Si aggiungevano gli scherni dell'arte magica»; Atti degli Apostoli 8,11: «A lungo li aveva fatti strabiliare con le sue magie»; Genesi 44,15: «Ignorate forse che non c'è uno più bravo di me è a far presagi?», che appunto è parte dell'arte magica. Non si tratta tuttavia né di arte né di scienza in senso proprio, ma solo in senso abusivo, come apparirà più oltre (c. 18). |
[1] Cf. ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum (1250 ca.) c. 1 § 1: «Scientiarum alia est divina alia humana...» {ed. A.G. Judy, Toronto 1976, p. 9).
[2] Già DOMENICO GUNDISALVI, De divisione philosophiae, Prol.: «Divina scientia dicitur, que Dea auctore hominibus tradita esse eognoscitut, ut vetus restamentum et novum... Humana vero scientia appellatur, que humanis rationibus adinventa esse probatur ut omnes artes que liberales sunt» (ed. Baur p. 5).
[3] Cf. ARISTOTELE, De sophisticis elenchis c. 22 (178b 34-35). Cf. Traduz. di Boezio e di Guglielmo da Moerbeke: AL VI/1-3, pp. 45, 100. Partizione medievale della Confutazioni sofistiche in due libri, contro i 34 capitoli della tradizione greca.
[4] Ps. 138.6. Cf. Biblia sacra iuxta vulgatam versionem, ed. R. Weber – R. Gryson, Stuttgart4 1994. Nei caso dei Salmi hai le due versioni stampate a fronte: iuxta LXX emendatus, revisione greco-latina di Girolamo aa. 386-89, accolta dal cosiddetto psalterium gallicanum, testo passato alla liturgia dal tempo d’Alcuino († 804); iuxta Hebraicum translatus, traduz. ebraico-latina di Girolamo a. 392.
[5] ARIST., Analytica posteriora I, 33 (88b - 89a). Traduz. latine in AL IV /1-4. De anima III, 3 (427a - 429a).
[6] ARIST., De anima I, 1 (402a 1-2). Cf. traduz. di Giacomo da Venezia, ed. C. Stroick in ALBERTI MAGNI, Opera... VII/1, Münster 1968, p. 3; di Guglielmo da Moerbeke in TOMMASO D'AQUINO, In De anima, ed. Marietti 1925, p. 1a.
[7] ARIST., Ethica nicom. II, 5 (1106b 14-15); II, 6 nell'originale greco. Coincidono le traduz. «vetus» e quella di Roberto Grossatesta: AL XXVI/1-3, pp. 13, 170, 403.
[8] ARIST., Analytica posteriora I, 2 (71b 17-18). Florilège o Auctoritates Aristotelis in locum: «Demonstratio est syllogismus faciens scire... »: J. HAMESSE, Les Auctoritates Aristotelis. Un florilège médiéval. Étude bistorique et édition critique, Louvain-Paris 1974, 312 n° 11. Per l'uso di tale florilegio di adagi aristotelici negli autori del XIII sec. vedi J.B. BOUGEROL in «Archives d'Histoire Doctrinale et Littéraire du Moyen Age» 40 (1973) 135 ss, 217-22; R. MACKEN in «Revue philosophique de Louvain» 76 (1978) 25. Diverso il testo delle traduzioni di Giacomo da Venezia (AL IV/l-4, p. 7) e di Guglielmo da Moerbeke (ib. p. 286).
[9] «custodiunt»: così anche il testo biblico di Malach. 2,7, in UGO DA SAN CARO, Postille, ed. Venetiis 1703, V, f. 226vb, e in Biblia cum glossis, ed. Venetiis 1495, f. 972ra; «custodient» prevarrà nella vulgata sisto-clementina.
[10] Cf. ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum (1250 ca.) c. 1 § 1: «Humanam scientiam dico quae humanis rationibus est inventa, et haec partim commendabilis est [scil. philosophia], partim vituperabilis... Consulendo [humana rado] infra se legem propriae concupiscentiae et malignorum spirituum suggestiones aliam adinvenit scientiam vituperabilem, quae communiter dicitur magica» (ed. Judy, Toronto 1976, p. 9).
[11] «neque est interdicenda»: per la contrastata penetrazione della philosophia nella facoltà teologica delle università medievali cf. F. VAN STEENBERGHEN, La filosofia nel XIII secolo, Milano 1972; negli studi istituzionali dei frati Predicatori: G.G. MEERSSEMAN, «In libris gentilium non studeant ». L'étude des classiques interdite aux clercs au moyen âge, «Italia Medievale e Umanistica» 1 (1958) 1-13. L. ROBLES, El estudio des les «artes liberales» en la primitiva legislation dominicana. Antecedentes historicos, «Studium» (Avila) 8 (1968) 61-86. A. DUVAL, L'étude dans la législation religieuse de S. Dominique, «Mélanges M.-D. Chenu», Paris 1967, 222-47.
[12] «magicis artibus»: «magicis suis» in Act. 8, 11 di Biblia cum glossis, ed. Venetiis 1495; e la Glossa interlin. commenta: «magicis ] artibus vel falsis virtutibus» (ib. f. 1325rb).
[13] «auguriandi...»: cf. testo biblico in UGO DA SAN CARO, Postille in Gen. 44,15, dove augurandi è accolto nel testo e auguriandi è dato in margine come variante (ed. Venetiis 1703, I, f. 63vb). Vedi sotto c. 11,15.