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Divisio scientie  ö

Divisione della scienza

originale latino

volgarizzamento (2007) di EP

<10. geometria>

<10. geometria>

Prima autem, idest que est de magnitudine, dividitur secundum Boetium ibidem, quia alia est de magnitudine immobili, alia est de magnitudine mobili. Prima dicitur geometria a “geos” quod est terra, et “metros” quod est mensura. Non quod geometria solam terram mensurare doceat, sed quia a mensura terre processit ad alia mensuranda, ut dicit Ysidorus in libro III Ethimologiarum. Nam, ut dicit, «provocati studio ceperunt post terre dimensionem, celi spatia querere quanto intervallo luna a terris, a luna sol ipse distaret et usque ad verticem celi quanta se mensura distenderet»[1].

 La prima  delle scienze matematiche, quella cioè relativa alla grandezza, si suddivide secondo Boezio, De arithmetica I, 1 (PL 63, 1081 B), in matematica circa grandezza immobile e matematica circa grandezza mobile. La prima è detta geometria, da “geos” che significa terra, e  da “metros” misura. Non che la geometria tratti esclusivamente la misurazione della terra, ma dal misurare la terra passò poi a misurare altra materia, come dice Isidoro, Etimologie IlI, 10 § 2-3: i sapienti «stimolati dallo studio delle dimensioni della terra, passarono a chiedersi quanto distasse la luna dalla terra, quanto il sole dalla luna, e quale fosse la distanza fino alla sommità del cielo».

Hec autem non dividitur  -  ut aiunt  -  in diversas scientias sed dividitur in tres partes unius scientie, scilicet in altimetriam que est de mensuris longitudinum, et planimetriam que est de mensuris latitudinum, et stereometriam que est de mensuris corporum[2]. Ysidorus tamen in III Ethimologiarum dividit eam in quatuor, quia quedam est de plano, quedam de magnitudine numerabili, quedam de magnitudine rationabili, et quedam de figuris solidis.

La geometria non si suddivide, come dicono taluni, in altre e distinte scienze, ma in tre parti d'una medesima scienza: altimetria, che tratta delle misure di longitudine; planimetria, che tratta delle misure di latitudine; stereometria, che tratta delle misure dei corpi. Isidoro tuttavia, Etimologie IlI, 11 § 1, la divide in quattro: una circa le figure dei piani, una seconda circa la grandezza numerale, una terza circa la grandezza razionale, e una quarta circa le figure dei solidi.

Quamvis[3] autem geometria non dividatur in diversas scientias principales, tamen ei alique scientie subalternantur, secundum Philosophum |2rb| in libro Posteriorum[4], quia subalternatur ei perspectiva[5], scilicet quantum ad illam partem que dicitur altimetria, non quia subiectum sit sub subiecto sicut species sub genere, sed quia applicat longitudinem ad determinatam materiam scilicet ad visualem; subalternatur etiam ei  -  ut dicit  -  quantum ad illam partem que dicitur stereometria machinativa, idest scientia de faciendis machinis et ingeniis.

Sebbene la geometria non si suddivida in altre scienze principali, talune scienze tuttavia ad essa si subalternno, a giudizio di Aristotele |2rb|, Secondi analitici I, 7 (75b 15-17); I, 13 (78b 35-39). Si subalterna alla geometria la prospettiva per quella parte detta altimetria; non a mo' di soggetto sotto altro soggetto, come la specie sotto il genere, ma perché applica la lunghezza ad una determinata area, ossia alla capacità visiva. E alla geometria si subalterna -  come detto nei Secondi analitici I, 13 (78b 37-39) -  anche quella parte detta stereometria meccanica, ovvero l'arte di far macchine e congegni.

Ipsi etiam perspective subalternatur alia, secundum eundem in eodem libro[6], scilicet scientia que est de yride[7], de quo phisicus dicit quid sed perspectivus dicit propter quid. Licet in veritate hoc non sufficiat ad rationem subalternationis.

Alla prospettiva è subalterna un'altra scienza, sempre a giudizio d'Aristotele, Secondi analitici I, 13 (79a 10-13), ossia la scienza dell'arcobaleno, circa la quale il fisico stabilisce il fatto, l'ottico della prospettiva il perché del fatto. Sebbene ciò, a rigore, sia insufficiente alle proprietà della subalternazione.

Medicina enim non subalternatur geometrie, que tamen alicubi dicit propter quid, ubi medicina dicit quia, sicut ipse Aristotiles ibidem exemplificat et dicit quod cur «vulnera circulata  -  vel circularia  -  tardius sanentur, medici est scire quia, propter quid autem geometre»[8]. Medicus enim hoc scit per experientiam, sed geometra congnoscit quod circulus est figura sine angulo. Unde partes circularis vulneris non apropinquant sibi ut de facili possint coniungi.

La medicina infatti non è subalterna alla geometria. Questa tuttavia in taluni casi individua le cause, laddove la medicina tratta la semplice fattualità, come lo stesso Aristotele illustra nei Secondi analitici I, 13 (79a 14-16): «spetta al medico sapere che le ferite circolari sono più lente a guarire; mentre spetta al geometra stabilirne il perché». Il medico conosce questo fatto tramite l'esercizio terapeutico; il geometra sa che la circonferenza è figura senza angolo, cosicché le sezioni circolari della ferita non si riaccostano da potersi facilmente ricongiungere.

Philosophus tamen in II Phisicorum dicit quod perspectiva est magis naturalis quam mathematica. Ad quod dicendum est quod verbum Aristotilis est intelligendum secundum quid et non simpliciter. Intellectus enim verborum frequenter ex materia libri accipiendus est. In libro autem Phisicorum, ubi predictum verbum dicit, agitur de mobili et motu in comuni; in motu autem evidentius apparet speciem trahi a termino.

Aristotele tuttavia, Fisica II, 2 (194a 7-12), dice che la prospettiva (o ottica) si approssima alla natura più della matematica. Da intendere, queste parole d'Aristotele, in senso relativo non assoluto, perché il senso esatto d'una singola parola lo si definisce spesso dalla contesto generale del libro. Nel libro della Fisica, dove appunto si fa tale affermazione, si affronta il tema del soggetto mobile e del moto in generale; e nel moto risulta più evidente che le caratteristiche specifiche siano tratte dal termine.

Quia igitur unumquodque denominatur a termino et speciem trahit ab eo, inde est quod Aristotiles in libro de motu dicit perspectivam esse magis naturalem quam mathematicam[9], quia terminatur ad materiam naturalem, licet procedat per principia mathematica; magis tamen est mathematica quam naturalis simpliciter loquendo, quia propter quid eius babetur a scientia mathematica, et passiones mathematicas inquirit de materiis phisicis et per causas mathematicas. Et sic locutus est Aristotiles in libro Posteriorum in quo agitur de demonstratione simpliciter.

Poiché dunque ogni cosa prende nome dal termine e da esso trae le caratteristiche specifiche, proprio nel libro dedicato al moto, ossia nella Fisica, Aristotele dice che la prospettiva (o ottica) si approssima alla natura più della matematica: ha per termine infatti la materia naturale, sebbene proceda per principi matematici; ma è più matematica che naturale in senso assoluto, perché trae il proprio specifico dalla scienza matematica, ricerca effetti matematici sugli oggetti fisici, e derivati da cause matematiche. Così si esprime Aristotele nei Secondi analitici I, 7 (75b 15-17); I, 13 (78b 35-39), dove si dibatte della dimostrazione in senso assoluto.

Aliqui autem volunt quod geometrie etiam subalternetur astrologia, quia applicat magnitudinem, de qua absolute considerata est geometria  -  ut dicunt  -,  ad talem magnitudinem idest mobilem. Et licet forte hoc rationabiliter dictum sit, tamen discordat a dicto Boetii qui dicit geometriam esse non de magnitudine absoluta sed de magnitudine immobili; discordat |2va| et a comuni usu et opinione qua asseruntur esse quatuor scientie mathematice principales, quarum una ponitur astrologia. Sed et de hoc et de multitudine subalternatarum supersedeamus ad presens[10].

Taluni ritengono che alla geometria si subalterni anche l'astrologia/astronomia; perché - sostengono - applica la grandezza (della quale tratta in senso assoluto la geometria) alla speciale magnitudine mobile. Posizione ragionevole. Che discorda però da quanto dice Boezio, De arithmetica I, 1 (PL 63, 1081 B), secondo il quale la geometria tratta non della magnitudine in senso assoluto ma di quella immobile. E discorda |2va| inoltre da pratica ed opinione prevalente, secondo cui quattro sono le scienze matematiche principali (= geometria, astronomia, aritmetica, musica), e una di esse è appunto l'astrologia/astronomia. Ma su questo punto, e sulla quantità delle scienze subalterne, al momento soprassediamo.

Hec autem geometrie disciplina primum ab Egyptiis reperta est, eo quod «inundante Nilo et omnibus possessionibus limo obductis initium terre dividende per lineas et mensuras nomen arti dedit», ut dicit Ysidorus in III libro Ethimologiarum.

La disciplina della geometria fu per primo inventata dagli Egizi: «indondazioni del Nilo e ostruzioni terriere a opera del limo, spinsero a delimitare i terreni tramite linee e misure, che dette nome alla disciplina», dice Isidoro in Etimologie III, 10 § 1.


[1] Etymologiae IlI, 10 (PL 82, 161 B-6; ed. Lindsay, Madrid 1982, I, 435-36). Cf. Contra falsos ecclesie professores c. 5, 1-7: Studio p. 109.

[2] Cf. ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum c. 11 § 61: «Unde et huius scientiae [scil. geometriae] triplex est pars, scilicet una quae mensurat longitudines et dicitur altimetria, alia quae latitudines et dicitur planimetria, tertia quae corporales dimensiones et dicitur steriometria» (ed. Judy p. 30). Già in DOMENICO GUNDISALVI, De divisione philosophiae: «Partes [geometriae] sunt tres: una est consideratio de lineis, alia de superficiebus, alia de corporibus» (ed. Baur p. 105).

[3] Tutto il brano del paragrafo «Quamvis autem geometria ... possint coniungi», specie la distinzione del modo di subalternazione del soggetto non come di specie sotto il genere ma come di materiale rispetto al formale, sembra dipendere da TOMMASO D'AQUINO, In Analyt. post. I, lect. 25 n° 2 e n° 6 (EL 1, 237-39). Nota in particolare la dipendenza testuale a fine brano:

REMIGIO

TOMMASO

Medicus enim hoc scit per experientiam, sed geometra congnoscit quod circulus est figura sine angulo. Unde partes circularis vulneris non apropinquant sibi ut de facili possint coniungi (c. 10, rr. 30-33).

Subalternatur autem astrologie, que considerat situm et morum astrorum, ut dicit Philosophus in I Posteriorum, apparentia, idest scientia navalis que considerat signa apparentia serenitatis et tempestatis (c. 11, rr. 55-57).

Medici est scire "quia" qui hoc experitur, sed "propter quid" scire est geometrae, ad quem pertinet cognoscere quod circulus est figura sine angulo. Unde partes circularis vulneris non appropinquant sibi. ut possint de facili coniungi (In Anal. post. I, lect. 25, n° 6: EL 1, 239).

Et similiter [medesimo tipo di subaltemazione] se habet apparentia, idest scientia navalis, quae considerat signa apparentia serenitatis vel tempestatis, ad astrologiam, quae considerat motus et situs astrorum (ib. I, lect. 25, n° 2: EL l, 237b).

   

[4] ARIST., Analytica post. I, 7 (75b 15-17); I, 13 (78b 35-39). Cf. traduz. in AL IV /1-4, p. 31.

[5] La collocazione epistemologica della «perspectiva» rispetto all'astronomia e alla naturale è ampiamente dibattuta da ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum C. 17 (ed. Judy pp. 48-50).

[6] ARIST., Analytica post. I, 13 (79a 10-13). Traduz. in AL IV /1-4, p. 32.

[7] «de yride »: cf. ROBERTO GROSSATESTA, De iride: «Et perspectivi et physici est speculatio de iride. Sed ipsum "quid" physici est scire, "propter quid" vero perspectivi» (L. BAUR, Die philosophischen Werke des Robert Grossateste Bischofs von Lincoln, Münster 1912, p. 72).

[8] ARIST., Analytica post. I, 13 (79a 14-16). Traduz. (di Giacomo da Venezia?) in AL IV /1-4.

[9] Nota l'affinità col testo tomasiano, sotto c. 13 n. 40.

[10] La questione è ampiamente trattata da ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum c. 16 (ed. Judy pp. 41-48). Vedi lo schema della divisione delle scienze di Egidio Romano († 1316), De partibus philosophiae essentialibus, linea "Mathematica", come ricostruito da L. BAUR, Dominicus Gundissalinus..., p. 484 n. 2. Del De partibus d'Egidio Romano è segnalata dai bibliografi una rara edizione a stampa, Lipsia 1490 ca., che non sono riuscito a consultare.


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