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Quolibet I,5

Questione quodlibetale I,5

originale latino

volgarizzamento (2008) di EP

Articulus 5 - Utrum corpus gloriosum possit esse simul in eodem loco cum corpore non glorioso[1]

Articolo 5 -  Può il corpo glorioso essere contemporaneamente nel medesimo luogo insieme col corpo non glorioso?

Postea de creatura et primo de creatura pure corporali, secundo de creatura pure spirituali, tertio de creatura composita ex corporali et spirituali, idest de homine.

Poi circa la creatura. Primo, circa la creatura puramente corporale; secondo, circa la creatura puramente spirituale; terzo, circa la creatura composta da corporale e spirituale, ovvero circa la persona umana.

Circa primum duo; primo utrum corpus gloriosum possit esse simul in eodem loco cum corpore non glorioso.

Circa la creatura puramente corporale, due questioni. Prima: può il corpo glorioso essere simultaneamente nel medesimo luogo insieme col corpo non glorioso? (Seconda questione: →art. successivo)

Et videtur quod sic, quia corpus Christi gloriosum transivit per celum in ascensione sine celi scissione, quia «celi solidissimi quasi ere fusi sunt», ut dicitur Iob 37[,18]. Ergo in ascensione corpus Christi simul fuit cum corpore celi.

Argomento per il sì. Il corpo glorioso di Cristo attraversò il cielo nell'ascensione senza scissione del cielo (senza infrangere l'ultima sfera celeste o delle stelle fisse?). «Solidissimi i cieli, come bronzo fuso», Giobbe 37,18. Dunque nell'ascensione il corpo di Cristo stava insieme col corpo del cielo.

Contra. Angelus est subtilioris nature quam corpus gloriosum; sed duo angeli non possunt esse simul in eodem loco; ergo multo fortius nec duo quecumque corpora.

Argomento in contrario. L'angelo è di più sottile natura che il corpo glorioso. Ma due angeli non possono stare contemporaneamente nel medesimo luogo. Dunque a maggior ragione neppure due corpi qualsiasi.

Responsio. Distinguendum est de modo existendi in loco, quia hoc potest |75va| intelligi vel per naturam vel per miraculum. Dixerunt igitur quidam quod corpus gloriosum potest simul in eodem loco esse cum corpore non glorioso per naturam corporis gloriosi, quod quidem ex ipsa natura glorie per dotem subtilitatis perdit corpulentiam et grossitiem propter quam impediebatur simul cum alio corpore esse[2].

Risposta. Dobbiamo distinguere il modo di stare in un luogo, perché lo si può |75va| intendere o per natura o per miracolo. Alcuni sostennero: il corpo glorioso può stare nel medesimo luogo insieme col corpo non glorioso a motivo della natura del corpo glorioso; questo infatti, in forza della stessa natura della gloria, tramite il dono della sottigliezza perde corporeità e spessore, che gl'impedivano di stare simultaneamente con un altro corpo.

Sed hoc esse non potest ratione sumpta ex triplici parte.
Et primo ratione sumpta ex parte perfectionis corporis gloriosi. Quod enim aliquod corpus sit repletivum loci, hoc habet per illud quod est de integritate nature eius et non ex aliquo defectu nature.
Vacuum enim opponitur pleno sicut privatio habitui et perfectioni. Quod igitur aliquod corpus ex natura sua locum non repleat ex defectu nature sue contingit. Unde ipsa corpulentia vel grossities, quam dos subtilitatis aufert, non ad perfectionem sed ad defectum pertinet, puta aliqua inordinatio materie non perfecte substantis sue forme.

Opinione insostenibile per tre ordini di argomenti.
Primo argomento, tratto dalla perfezione del corpo glorioso. Che un corpo occupi spazio fisico lo si deve all'integrità naturale di quel corpo, non a qualche difatto di natura. Il vuoto si oppone al pieno come la privazione alla proprietà e alla perfezione. E dunque se un corpo per sua natura non occupa luogo, ciò non proviene da difetto della sua natura.  Pertanto la stessa corporeità e spessore rimosse dal dono della sottigliezza, non appartengono alla perfezione bensì a qualche difetto; esempio, qualche disfunzione della materia non perfettamente subordinata alla propria forma.

Secundo idem apparet ratione sumpta ex parte superioritatis eius quod est impedire coexistentiam alterius in eodem loco ad replere locum, quia quicquid replet locum impedit coexistentiam alterius in loco; sed non convertitur, quia corpus mathematicum non replet locum et tamen duo corpora mathematica non possunt esse simul in eodem loco, sicut patet per Philosophum in IV Phisicorum.

Secondo argomento, tratto dalla sua (ossia del corpo glorioso) superiorità. Questa consiste nell'impedire la coesistenza di un altro corpo nel medesimo luogo ad occupare quel luogo; ogni oggetto infatti che colma uno spazio impedisce la coesistenza di un altro oggetto nel medesimo luogo. Non però viceversa, perché il corpo matematico non riempie un luogo, e tuttavia due corpi matematici non possono stare simultaneamente nel medesimo luogo, come appare in Aristotele, Fisica IV,1 (208b 23-25).

Tertio idem apparet ratione sumpta ex parte ydemptitatis in quantitate in corpore prius non glorioso et postea glorioso. Illud enim quod prohibet unum corpus cum alio coexistere nichil aliud est quam dimensiones quibus substat materia corporalis. Necesse est enim quod id quod est per se sit causa in unoquoque genere. Distinctio autem secundum situm primo et per se contingit quantitati dimensive, que diffinitur esse quantitas positionem habens. Unde et partes substantie ex hoc ipso distinctionem habent secundum situm quod sunt subiecte dimensioni[3].

Terzo argomento, tratto dalla identità quantitativa di un corpo prima non glorioso e poi glorioso. Ciò che impedisce ad un corpo di coesistere con un altro sono le dimensioni, alle quali sottostà la materia corporea. Necessariamente ciò che esiste per sé è causa in ogni genere. La distinzione in base alla locazione spetta primariamente e per sé alla quantità dimensionale; definita, questa, come quantità spaziale. Cosicché anche le parti della sostanza si diversificano per locazione perché soggette alla quantità dimensionale.

Unde et remoto a corpore sensibili quod sit grave vel calidum et huiusmodi, adhuc remanet necessitas in eo predicte distinctionis. Sic igitur forma distinguitur secundum situm propter materiam, et materia propter dimensionem, ad quam distinctionem |75vb| qualitas sensibilis nichil facit.

E pertanto, anche se peso o calore o simile fosse rimosso da un corpo sensitivo, ancora persisterebbe necessaria in esso la predetta distinzione. La forma dunque si distingue per locazione a motivo della materia, e la materia a motivo della dimensione; a siffatta distinzione |75vb| la qualità sensitiva non concorre in nessun modo.

Sed per miraculum potest hoc contingere, sicut patuit in egressu Christi de utero virginali et de sepulcro et in ingressu eius ad discipulos ianuis clausis et in ascensu eius in celum. Cuius ratio est quia Deus, qui est omnium causa prima, potest conservare effectus in esse sine causis proximis.

Ma ciò si può dare per miracolo, come nel caso di uscita di Cristo dall'utero verginale o dal sepolcro, o nel presentarsi ai suoi discepoli a porte chiuse, o nella sua ascesa al cielo. La spiegazione è che Dio, causa prima di tutte le cose, può preservare in essere taluni effetti o proprietà nonostante l'assenza delle loro cause prossime.

Unde sicut conservat in sacramento altaris accidentia sine subiecto, ita potest conservare distinctionem materie corporalis et dimensionum in ea absque diversitate situs, non propter aliquam virtutem creatam inditam sed sola virtute divina assistente et hoc operante; sicut et corpus beati Petri sua umbra sanabat infirmos sed virtute divina assistente et miracula faciente[4].

Cosicché, come Dio serba nel sacramento eucaristico gli accidenti (pane e vino) senza il loro sostrato sostanziale, allo stesso modo può serbare la distinzione della materia fisica e delle sue dimensioni senza diversità di luogo; e non per una qualche loro intrinseca proprietà, ma per virtù divina che sostiene ed opera. Esempio: il corpo di san Pietro con la sola ombra quariva sì i malati (cf. Atti degli Apostoli  5,15) ma per virtù divina che dava sostegno ed operava miracoli.

Et idem dicendum est de duobus corporibus gloriosis quantum est de potentia absoluta. Gloria enim nullam inhabilitatem dat corpori ut non possit cum alio corpore coexistere. Sed tamen de potentia ordinata Deus non potest hoc facere propter duo, tum quia in eis servabitur debitus ordo qui quidem distinctionem requirit, tum quia unum corpus gloriosum numquam se opponet alteri; et sic numquam duo corpora gloriosa erunt simul.

Medesima cosa vale per due corpi gloriosi in rapporto alla potenza assoluta. La gloria non riversa nessuna incapacità al corpo fisico da non poter coesistere con un altro corpo. In forza tuttavia della potenza ordinata, Dio non può fare ciò per due ragioni: perché nei due corpi persiste debito ordine, che richiede distinzione; e perché un corpo glorioso mai si oppone ad un altro. E pertanto due corpi gloriosi mai coesisteranno insieme.

Ad argumentum igitur in oppositum dicendum quod illud factum est per miraculum et non per dotem subtilitatis.

All'argomento in contrario. Nell'ascensione il corpo glorioso di Cristo attraversò il cielo senza infrangerlo, e ciò non perché dotato di sottigliezza ma per miracolo di Dio.


[1] Art. 5 - Il testo dell'articolo si ritrova nell'Extractio questionum per alphabetum sotto il lemma "De corpore" (cod. G3, f. 109rb-vb), salvo minuti riadattamenti alla serie degli articoli quodlibetali. Cf. TOMM., Quodl. I, aa. 21-22; In IV Sent. d. 44, q. 2, a. 2, q.la 2-3. ENRICO DA GAND, Quodl. IX, 32 (ed. R. Macken, Leuven 1983, 331-41).

[2] Circa questo paragrafo cf. TOMM., Quodl. I, a. 21 corp.: «Dicunt autem quidam hoc esse grossitiem vel corpulentiam quandam, quae tolletur per dotem gloriae, quam nominant subtilitatem. Sed hoc non est intelligibile; non enim invenitur quid sit huiusmodi corpulentia vel grossities...».

[3] Brano «Illud enim quod prohibet... subiecte dimensioni» (ed. stampa p. 86 rr. 36-42): prestito letterale da TOMM., Quodl. I, a. 21 corp. § «Et ideo dicendum... ».
Ed. Leonina 25 (1996, ed. critica a cura di R.-A. Gauthier), 205 in apparato a rigo 65: insieme con altri testimoni, lezione di Remigio Quol. I, 5, 41 unde et partes substantie, contro il testo tomasiano Quodl. I (1269), 21, 64-65 unde et partes <in> subiecto.

[4] Brano «Deus, qui est... miracula faciente» (ed. stampa p. 87 rr. 49-55): prestito letterale da TOMM., Quodl. I, a. 22 corp.


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