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Sermones de pace

Sermoni sulla pace

originale latino

volgarizzamento (2007) di EP

(IV)

Qui posuit fines tuos pacem ex adipe frumenti satiat te. Ps. [147,14].

 

Ha riposto i tuoi fini nella pace e ti sazia con delizia di frumento. Salmo 147,14.

Ostendit pacis optimitatem quia Qui posuit fines tuos pacem, et utilitatem quia ex adipe frumenti satiat te.

 Mostra il bene supremo della pace laddove dice Ha riposto i tuoi fini nella pace, e i suoi vantaggi perché ti sazia con delizia di frumento.

Circa primum nota quod finis est optimum in unoquoque, secundum Philosophum, quia nec ea que sunt ad finem habent bonitatem in quantum huiusmodi nisi a fine. Dicit autem “fines” in plurali quia finis congregationis temporalis, puta civitatis vel castri vel ville vel hospitii, est pax temporalis. Unde rector nullo modo debet consiliari de pace sicut neque medicus de sanitate, sicut dicitur in III Ethicorum, quia scilicet pax sine omni consilio est procuranda. Et similiter finis congregationis spiritualis, puta religionis, est pax spiritualis.

Primo punto. In ogni cosa il fine è il supremo bene, secondo Aristotele; e anche la realtè intermedie non partecipano il bene in quanto tale se non in forza del fine. Dice "fini" al plurale, perché il fine della comunità secolare, esempio città o castello o villa o ospizio, è la pace secolare. E come tale la pace non è cosa negoziabile dal rettore, come non lo è la salute dal medico, sostiene Aristotele, Etica nicomachea IlI, 5 (1112b 11-17); la pace infatti va ricercata al di sopra d'ogni trattativa. Parimenti il fine della comunità spirituale, per esempio d'un ordine religioso, è la pace spirituale.

Circa secundum tangit quadruplicem utilitatem, scilicet temporalem quia ex adipe frumenti satiat te, idest delicate et habundanter pascit, quia ille qui |358rb| implet omne animal benedictione est in medio congregatorum in pace, iuxta illud Mt. 8 [= 18,20] «Ubi duo vel tres sunt congregati in nomine meo» etc. Est autem nomen suum «princeps pacis», ut dicitur Ysa. 9[,6].

Secondo punto, quattro vantaggi. Quello secolare, perché dice ti sazia con delizia di frumento, ossia ti pasce con delicatezza e con abbondanza. Colui che  |358rb| colma di benedizione ogni creatura, siede pacifico al centro dell'assemblea, a detta di Matteo 18,20: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, là io sono in mezzo a loro». Il suo nome è «principe della pace», si dice in Isaia 9,6.

Quando autem pax non est in congregatione non satiatur sed frequenter defectum patitur, quia parum est sollicitus frater procurare pro comuni, immo alìquando forte impedit; persone etiam dature retrahunt manum quia parum de discorditer loquentibus edificantur; et Deus etiam hoc facit in patria. Unde defectus accidit tum ex parte collegii tum ex parte populi tum ex parte Dei. Unde in Ps. [67,31] «Dissipa gentes que bella volunt»; non dicit “faciunt”, quia aliqui coguntur facere ea malitia adversariorum.

Quando non vi è pace in una comunità, non ci si pasce ma spesso si soffre penuria. Il frate è poco sollecito alle cose comuni, talvolta anzi le contrasta. Ci sono persone disposte a donare, ma ritraggono la mano, poco edificate dai litigi frateschi; e farà così anche Dio nella patria celeste. La penuria dunque sopravviene sia da parte della comunità che da quella del popolo e da parte di Dio. Per questo si dice in Salmo 68,31: «Disperdi i popoli che vogliono la guerra»; non dice "che fanno la guerra", perché talvolta si è costretti a farla per cattiveria degli avversari.

Secundo sacramentalem. Corpus enim Christi nonnisi de pane frumenticeo confici potest, quod quidem est propria materia huius sacramenti. Dicit autem ex adipe satiat quia, sicut dicit Magister[1] libro IV Sententiarum dist. 9, «caro Christi interiorem hominem pre ceteris gratiis reficit et saginat». Est autem utilitas sacramenti quando quis assequitur rem sacramenti, scilicet gratiam, vel augmentum gratie. Quando autem non est pax conscientie, non satiatur sed venenatur, iuxta illud Iob 20[,14] «Panis eius in utero eius vertetur in fel aspidum».

Secondo vantaggio, quello sacramentale. Il corpo di Cristo può essere apparecchiato solo con pane di grano, materia propria di questo sacramento. Dice "ti sazia con delizia"; perché, a detta del maestro Pietro Lombardo († 1160) nelle sue Sentenze libro IV, distinzione 8, capitolo 7: «la carne di Cristo ristora l'uomo interiore più di altre grazie, e lo impingua». L'utilità del sacramento è il suo vero frutto, ossia la grazia, o incremento della grazia. Quando non c'è la pace di coscienza, non ci si sazia ma ci si avvelena, secondo Giobbe 20,14: «Il suo cibo gli si guasterà nelle viscere in veleno d'aspidi».

Tertio spiritualem, scilicet verbi Dei, et ideo subdit [Ps. 147,15] qui emictit etc. Ubi tangit utilitatis huiusmodi principium quia predicatur habunde et diffuse, et effectum quia convertuntur peccantes ex impotentia ignorantia et malitia, sicut patet ex sequentibus verbis psalmi. Quando autem non est pax in conscientia cor tepescit, pes pigrescit, lingua tremit predicare nec ei creditur ab auditore; unde non satiatur sed evacuatur vel stomachatur.

Terzo vantaggio, quello spirituale, ossia del verbo di Dio, e perciò il versetto tematico prosegue Egli manda (sulla terra la sua parola, Salmo 147,15). Qui tocca il principio di tale vantaggio, ossia la predicazione copiosa e diffusa; e tocca l'effetto, perché i peccatori si convertono dalla loro inettitudine insipienza e malizia, come appare nei successivi versetti del salmo. Se nella coscienza manca la pace, il cuore intiepidisce, il piede vacilla, la lingua tremola nel predicare; l'uditore diffida, e dunque non si sazia ma si svuota e vomita.

Quarto celestem, quia «Beati pacifici», ut dicitur Mt. 5[,9], «quia filii Dei vocabuntur». Quando autem non est pax non satiatur sed privatur ista visione, iuxta illud Hebr. 12[,14] «Pacem sequimini cum omnibus et sanctimoniam sine qua nemo videbit Deum». «Non est autem pax impiis, dicit Dominus», ut dicitur Ysa. 48[,22]. Per misericordiam autem fit de impio pius.
Et ideo etc.

Quarto vantaggio, quello celeste. «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio», Matteo 5,9. Quando non vi è pace, non ci si nutre ma si è privati di tale visione, come detto in Ebrei 12,14: «Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore». E Isaia 48,22: «Non c'è pace per i malvagi, dice il Signore». Tramite la misericordia l'empio si converte in pio.
E dunque
eccetera.

 (V)

|358va| Pax Dei que exuperat omnem sensum custodiat corda vestra et intelligentias vestras. Philip. 4[,7].

 

|358va| La pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e le vostre menti. Filippesi 4,7.

Ego ad tempus recessurus sum a vobis, cito  -  dante Domino  -  rediturus. Quod igitur in verbo proposito Apostolus optat Philipensibus, hoc ego opto vobis omnibus.

Devo assentarmi per un pò di tempo, ma tornerò presto, se Dio vuole. Quel che nel versetto tematico l'apostolo Paolo augura ai Filippesi, lo auguro anch'io a tutti voi.

Primo quidem pacem quia Pax, sine qua nullum potest esse bonum in congregatione.

Secundo pacis veritatem quia Dei. Pax enim hominum ubi Deus  -  qui veritas est  -  non est, necessario falsa est, quia «omnis homo mendax», ut dicitur in Ps. [115,11], et iterum [102,14] «Ipse cognovit figmentum nostrum»; et ideo dicitur Eçech. 13[,10] «Dixerunt pax pax et non est pax».

In primo luogo vi auguro la pace, perché dice La pace; e senza di essa non è possibile nessun bene in una comunità.

In secondo luogo vi auguro la verità,  dice infatti di Dio. Laddove assente è Dio, che è verità, la pace degli uomini risulta necessariamente falsa, poiché «Ogni uomo è mendace», Salmo 116,11; e inoltre 103,14 «Egli sa di che cosa siamo impastati». E nel profeta Ezechiele 13,10: «Vanno dicendo "pace! pace!", e la pace non c'è».

Tertio pacis substantialitatem quia que exuperat omnem sensum scilicet humanum. Qui enim innituntur sensui humano veram pacem habere non possunt, quia «ipse Deus est pax nostra», ut dicitur Eph. 2[,14]. Unde frequenter contingit de hominibus quod, cum omnia argumenta humana adinvenerint ad quietam et pacificam vitam habendum, et ipsi ex pluribus partibus inveniunt sibi bella et litigia pullulare.

In terzo luogo vi auguro l'essenzialità, ossia il rigore per ciò che veramente conta, laddove dice che sorpassa ogni intelligenza, intendi umana. Chi si affida alla sola percezione umana non è in grado di conseguire la pace. «La nostra pace è Dio», Efesini 2,14. Accade infatti di frequente agli esseri umani: elaborano infiniti ragionamenti per progettare una convivenza serena e pacifica; i medesimi poi si ritrovano impigliati in guerre e liti senza fine.

Quarto pacis utilitatem quia custodiat corda vestra scilicet quantum ad appetitum boni, et intelligentias vestras scilicet quantum ad cognitionem veri; que duo utilissima sunt homini quia sine ipsis salus haberi non potest nec ipsa duo sine pace, per quam vires anime ordinantur et in se ipsis et respectu obiectorum suorum.

Ego dimicto suppriorem vicarium meum[2]etc.

In quarto luogo vi auguro i benefici della pace: custodisca i vostri cuori ossia quanto al desiderio del bene, e le vostre menti ossia quanto alla conoscienza della verità. Entrambe le cose, bene e verità, sono utilissime all'essere umano. Senza di esse non vi è salvezza;  né esse possono darsi senza la pace. La pace infatti pone ordine alle interiori capacità dell'uomo, sia in rapporto a se stesse, sia in rapporto ai loro obiettivi.

Incarico il sottopriore di fare da mio vicario, eccetera.


[1] Pietro Lombardo, Sententiae in IV libris distinctae (1155-58), IV, dist. 8 (non 9), c. 7 § 2; ed. cura PP. Collegii S. Bonaventurae, Grottaferrata 1971, II, 285.

Non trovato inizialmente la citazione nella dist. 9, mi ero rivolto altrove: (Ps.-Thomae de Aquino), Officium corporis Christi «Sapientia», Lectio secunda, in fine: «Porro illa species visibilis sacramentum est geminae rei, quia utramque rem significat et utriusque rei similitudinem gerit expressam. Nam sicut panis prae ceteris cibis corpus reficit et sustentat, et vinum hominem laetificat atque inebriat, sic caro Christi interiorem hominem plus ceteris gratiis spiritualiter reficit et saginat». Tutto il brano lo si legge nelle Sententiae del Lombardo, vol. II, 285 § 2.

Cf. P.-M. Gy, La Liturgie dans l’histoire, Paris 1990, 229 ss.

[2] Suppone il priorato di fr. Remigio: data 1314(?) non solidamente attestata.


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