⌂ De misericordia |
La compassione |
originale latino |
volgarizzamento (2009) di EP |
Capitulum IV |
Capitolo 4 |
Estote. Secundo debemus esse misericordes quia Deus misericordiam omnibus concreavit ut exemplum misericordie non solum a creatore sed etiam ab omnibus creaturis recipiamus, unde in Ps. [35,6] «Domine in celo misericordia tua», et iterum [32,5] «Misericordia Domini plena est terra». Per celum autem et terram omnis creatura intelligitur. Celum igitur miseretur terre quia facit ipsam fructificare et e converso quia terra stabilit celum. Item terra et aqua miserentur sui invicem se ipsas continuando, quia terra sine aqua in pulverem decideret et aqua sine terra terminum non haberet, secundum Philosophum. |
Siate compassionevoli, Luca 6,36. In secondo luogo, dobbiamo esser compassionevoli perché Dio immise misericordia nella creazione stessa; e noi dobbiamo trarre esempio di misericordia non soltanto dal creatore ma anche da tutte le creature; pertanto in Salmo 36,6: «Signore, la tua misericordia è nel cielo»; e Salmo 33,5 «Della sua grazia è piena la terra». Cielo e terra stanno per il creato intero. Il cielo ha compassione della terra e le fa fruttificare; e viceversa, perché la terra dà stabilità al cielo. Inoltre terra e acqua esercitano reciproca misericordia, perché la terra senz'acqua si ridurrebbe a polvere, e l'acqua senza terra non avrebbe confini, a giudizio di Aristotele. |
Item terra et aqua simul miserentur aeris dando ei vapores, et e converso dando eis pluvias nives rorem pruinam et huiusmodi, ex quibus aque crescunt et terra quasi potatur, iuxta illud Ps. [64,10] «Visitasti terram et inebriasti eam» |199ra| etc. Item ignis calefacit aerem et e converso aer nutrit ignem, secundum Philosophum in II De anima, et in libro De iuventute et senectute ubi dicit quod ignis non potest vivere sine aere. Item manus et os dant stomacho famelico et sitibundo cibum et potum crudum, sed e converso stomachus dat ipsis deficientibus in magnitudine et aliis membris cibum coctum et potum quibus augumentantur. |
Terra e acqua hanno compassione dell'aria e le forniscono vapori; viceversa l'aria per terra e acqua, e fornisce loro pioggia neve rugiada brina e simili; le quali cose alimentano le acque e dissetano la terra, come dice Salmo 65,10 «Tu visiti la terra e la disseti» |199ra| eccetera. Il fuoco riscalda l'aria, e viceversa l'aria alimenta il fuoco, a parere di Aristotele in Dell'anima II,4 (415a 28 - 416a 18), e nel libro Della giovinezza e della vecchiaia c. 5 (469b 21 - 470a 18) laddove dice che il fuoco non si dà senza senza aria. Mano e bocca forniscono cibo e bevanda al naturale allo stomaco affamato e assetato; viceversa lo stomaco fornisce loro - piccoli di misura - e ad altre membra, cibo e bevanda assimilabili, e così crescono. |
Item bruta propter
misericordiam exponunt se morti sicut ursa, iuxta illud II Reg. 17[,8] «Veluti ursa raptis
catulis», et Prov. 17 «Expedit magis urse occurrere raptis fetibus
quam fatuo confidenti sibi in stultitia sua»; scilicet quia ursa potest
interfici, fatuus autem non potest mutari; item in primo est periculum corporis,
in secundo est periculum anime. |
Gli animali bruti per
compassione si espongono a morte. Esempio dell'orsa,
II Re [= II Samuele] 17,8: «(Uomini valorosi che hanno l'animo esasperato) come un'orsa nella
campagna quando le sono stati rapiti i figli»; Proverbi
17,12 «Meglio incontrare un'orsa privata dei figli
che uno stolto in preda alla follia», perché l'orsa la si può uccidere, lo
stolto invece non lo si cambia; nel primo caso vi è pericolo fisico, nel secondo
vi è pericolo spirituale. |
Item de piscibus dicit
Ambrosius in Exameron: «Mustele,
canicule, delfines et foce et huiusmodi cete ingentia de suo corpore fetus edunt
vivos. Que cum ediderint partus, si quid forte insidiarum usque presenserint
circa catulos suos, quamquam moliri quo tueantur eos vel tenere etatis pavorem
materno affectu comprimant, aperire ora et innoxio partus suos dente suspendere,
interno quoque recipere corpore et genitali feruntur alvo abscondere». |
A proposito dei pesci,
sant'Ambrogio († 397) dice nell'Exaemeron: «Le faìne, gli
squali, i delfini, le foche e simili
grossi cetacei mangiano i loro stessi feti vivi. Appena li hanno partoriti,
quando percepiscono pericoli per i loro nati, vorrebbero scuoterli per
proteggerli, o contenere con affetto materno le paure dei piccoli esseri; sono
spinti tuttavia a spalancare le fauci, ad afferrarli incolumi coi denti, e poi
celarli nelle loro interiora e nell'alveo genitale». |
Circa crucem vero nota quod crucifixus fuit episcopus, iuxta illud I Pet. 2 «Eratis sicut oves, nunc autem conversi estis ad pastorem et episcopum animarum vestrarum». Episcopum autem decet misericordia, |199rb| iuxta illud Tit. 1[,7-8] «Oportet episcopum esse hospitalem, benignum». Unde quia Iudas fuerat crudelis contra Christum ipsum prodendo, et contra pauperes eorum bona furando, ideo ipse tamquam indignus fuit ab episcopatu depositus et in locum eius fuit Mathias misericors substitutus. |
Quanto alla croce, considera che il crocifisso fu vescovo; I Pietro 2,25: «Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e al guardiano delle vostre anime». Al vescovo spetta esser compassionevole, |199rb| secondo le parole di Tito 1,7-8: «Il vescovo dev'essere ospitale, benevolo». Giuda era stato crudele contro lo stesso Cristo tradendolo, e contro i poveri sottraendo i loro beni; ritenuto indegno, fu deposto dall'episcopato o dalla soprintendenza apostolica, e al suo posto fu nominato Mattia il misericordioso (cf. Atti 1,23-26). |
Exemplum de Paulino episcopo civitatis nolane in libro III Dyalogorum. |
Esempio di Paolino, vescovo della città di Nola, Dialoghi III,1 di san Gregorio Magno. |
Capitulum V |
Capitolo 5 |
Estote. Sed quia posset dicere aliquis "Quid ad me?" si alie creature sibi et invicem miserentur, ideo tertio addendum est quod debemus esse misericordes quia homo misericordiam ab omnibus creaturis recipit quia omnes sunt nobis date a Deo ad tollendum nostram miseriam, iuxta illud I Cor. 3 «Omnia vestra sunt», et Eccli. 2 «In oblectationem veniet nobis misericordia», scilicet omnium creaturarum, quia angelus derelinquens celum venit ad te custodiendum in terra, sol te illuminat de die et luna et stelle de nocte sine tedio et querela, ignis te calefacit tempore frigoris, coquit tibi panem et alia cibaria; et multa alia ad usum hominis utilia secundum statum presentis miserie tibi confert. |
Siate compassionevoli. Qualcuno potrebbe dire "A me che interessa?", visto che gli altri si concedono misericordia tra loro. Va allora aggiunto, in terzo luogo, che dobbiamo esser compassionevoli perché l'esser umano riceve compassione da tutte le creature; e queste ci son donate da Dio per sollevarci dalle nostre miserie; I Corinzi 3,22 «Tutto è vostro», ed Ecclesiastico (Siràcide) 2,9 «A vostra felicità la misericordia!», intendi di tutte le creature: l'angelo infatti abbandona il cielo e viene a prendersi cura di te sulla terra; il sole ti illumina di giorno, la luna e le stelle di notte, senza noia e litigi; il fuoco ti riscalda nella stagione invernale, ti cuoce il pane e la altre vivande; e ti dona molte altre cose su misura dei bisogni umani in questa vita di miseria. |
Aer dat tibi rorem misericordie, immo et se ipsum sine quo statim deficeres. Aqua te lavat, potat, cibat piscibus, fortificat in fossatis, letificat in fluviis, sanat in balneis et multis aliis nostris miseriis subvenit. Per terram ex suis nascentibus tu pasceris pane et aliis, unde Osee 10 «Metite in ore misericordie»; tu potaris, tu sustentaris, tu defenderis ab imbribus, caumatibus, pluviis et ventibus, quia domus fiunt ex lateribus, lapidibus et lignis que accipiuntur de terra. Tu de terra habes ferrum, stagnum, plumbum, aurum et argentum et omnia metalla et habes vestimentum lineum. |
L'aria ti dona la rugiada della compassione, ti dona anzi se stessa, ché senza di essa verresti meno. L'acqua ti lava, ti disseta, ti dà pesci in cibo, ti fa da fortezza nei fossati, ti allieta nei fiumi, ti sana nei bagni, e soccorre in molte altre nostre miserie. Tramite i frutti della terra tu ti nutri di pane e d'altri beni; Osea 10,12: «Mieterete nella misericordia». Vieni dissetato, alimentato; vieni protetto dalle intemperie, dalla canicola, dai nubifragi e dai venti, perché le case le si fanno coi mattoni, pietre e legni, tutte cose che ci vengono dalla terra. E dalla terra ottieni il ferro, lo stagno, il piombo, l'oro, l'argento e tutti i metalli, nonché i vestiti di lino. |
Bestie dant tibi laneum, aves cibum et solatium, serpentes thiriace[1] medicamentum, boves arant terram, trahunt onera; leones parcunt prostratis, |199va| captivos obvios abire permictunt, homines nonnisi in magna fame comedunt. Equi subveniunt in omnibus et quantum ad honorem et quantum ad delectationem et quantum ad multiplicem utilitatem et in itineribus et in exercitibus et in oneribus etc. Exemplum de Florentio cui ursus custodiebat oves, ut dicitur in III Dyalogorum, et de corvo qui Paulo primo heremite portabat panem medium et post portavit integrum quando venit Anthonius directus a lupa, et adiutus in faciendo fossam a leonibus[2]. |
Gli animali ti dànno la lana, gli uccelli il cibo e il conforto, i serpenti ti forniscono il controveleno detto "triaca", i buoi arano la terra, trascinano i carichi; i leoni hanno pietà delle persone stremate, |199va| lasciano passare i prigionieri che incontrano, e soltanto quando sono affamati mangiano gli uomini. I cavalli aiutano in tutto: quanto all'onore, al piacere, e quanto a vasta utilità nei viaggi, eserciti, servizi, eccetera. Esempio di Fiorenzo, a cui l'orso accudiva le pecore, Dialoghi III,15, di san Gregorio Magno. Esempio del corvo, che a Paolo primo eremita recava mezza razione di pane, ma poi gliela portò intera quando venne Antonio (abate); costui a sua volta era stato guidato dalla lupa (per trovar Paolo), e poi aiutato dai leoni a far la fossa. |
Et quia antiqui gentiles videbant quod creature ita subveniunt homini ideo lapsi sunt in errorem, unde debuer(?) proficere ad misericordie virtutem, iuxta illud Sap. 13 «Ignem aut spiritum aut citatum aerem aut girum stellarum aut nimiam [nimirum cod.] aquam aut solem aut lunam, rectores orbis terrarum deos putaverunt». Sed decepti sunt quia hec omnia faciunt nobis creature ex ordinatione veri Dei nobis omnia subiciens, iuxta illud Ps. [8,8]«Omnia subiecisti sub pedibus eius» etc., et iterum [148,6] «Preceptum posuit - scilicet Deus omni creature ut homini subveniret - et non preteribit», scilicet aliqua creatura preter demonem et peccatorem. |
Al vedere come le creature soccorrono gli uomini, gli antici gentili caddero in errore (d'idolatrìa), laddove avrebbero dovuto riconoscere la forza della misericordia. Sapienza 13,2: «Fuoco o vento o aria sottile o volta stellata o acqua impetuosa o sole o luna, li consideravano come dèi, reggitori del mondo». S'ingannavano, perché tutto ciò lo fanno le creature per diposizione del vero Dio, che tutto subordina a noi, come detto in Salmo 8,7: «Tutto hai posto sotto i suoi piedi» eccetera; e Salmo 149,6: «Una legge ha posto - ossia Dio per ogni creatura a beneficio dell'uomo - e non perirà», intendi una qualsiasi creatura, eccetto il demonio e il peccatore. |
Circa crucem vero nota quod crucifixus fuit papa, iuxta illud Hebr. 9 «Christus autem adsistens pontifex» etc. Papam autem maxime decet misericordia; unde et Mt. 18 Petro primo pape futuro post Christum interroganti Christum et dicenti «Domine, si peccaverit in me frater meus dimictam ei usque septies?» respondit Christus: «Non dico tibi usque septies sed usque septugies septies». Et ipsum permisit cadere in peccatum ut magis sciret misereri peccatoribus. |
Quanto alla croce, considera che il crocifisso fu papa; Ebrei 9,11: «Cristo invece, venuto come sommo sacerdote» eccetera. E al papa spetta massimamente la misericordia. Matteo 18,2122: Pietro, primo papa futuro dopo il Cristo, pose la domanda al Cristo: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? fino a sette volte?"»; e il Cristo gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette». E lasciò che cadesse nel peccato affinché imparasse a usar compassione nei riguardi dei peccatori. |
Exemplum de beato Gregorio qui propter misericordiam fuit in papam sublimatus. |
Esempio di san Gregorio Magno († 604): a motivo della sua compassione divenne papa. |
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[1] Uguccione da Pisa [† 1210], Derivationes, II, 1225, T 123: «Tirus, quidam serpens, unde tiriacus -a -um, et hec tiriaca -ce, scilicet antidotum serpentium, quo venena pelluntur, scilicet ut pestis peste solvatur».
→ Triaca: «La triaca o teriaca (del árabe tiryāq, del latín theriaca y del griego θηριον) era un preparado polifármaco compuesto por varios ingredientes distintos (en ocasiones más de 70) de origen vegetal, mineral o animal, incluyendo opio y en ocasiones carne de víbora. Se usó desde el siglo III a. C., originalmente como antídoto contra venenos, incluyendo los derivados de mordeduras de animales, y posteriormente se utilizó también como medicamento contra numerosas enfermedades, siendo considerado una panacea universal. Se popularizó en la Edad Media, y durante muchos siglos se empleó con variaciones en su formulación, registrándose en las principales farmacopeas de la época hasta que perdió auge en los siglos XVIII y XIX».
Dizion. ital. Devoto-Oli: "teriaca" o "triaca", s.f.: Prodotto dell’antica farmacopea, composto di una grande quantità d’ingredienti; era considerato una specie di toccasana per molte malattie, e soprattutto un efficace contravveleno. Dal gr. thêriakê (antídotos) (rimedio) contro gli animali velenosi’, der. di thêríon ‘animale selvatico’ | sec. XIII.
[2] Lasciamolo raccontare
dai diffusissimi volgarizzamenti
medievali. Vita di Paolo primo eremita:
«E poi disse: «Priegoti per carità, che mi narri e dichi in che stato è l'umana
generazione e sotto che ímperio si regge, e se sono più rimasi alcuni eretici e
idolatri». E stando in questo cotale parlamento, [Paolo e Antonio] vidono un
corbo volare, e porsi in su uno ramo d'uno arbore presso a loro, lo quale quindi
tosto e lievemente volando venne e puose uno pane intero in mezzo di loro, e
partissi. Della qual cosa maravigliandosi e ringraziando insieme Iddio, disse
Paolo: «Ecco lo Signore nostro ci ha mandato mangiare. Veramente e benigno e
cortese è lo nostro Signore, lo quale già sono sessanta anni per questo modo
ogni dì m'ha mandato un mezzo pane, ma ora per la tua venuta hae per tuo amore
doplicata la vivanda». E dopo queste parole rendendo grazie a Dio puosonsi a
sedere insieme in sul cigliare della fonte per mangiare. Ma contendendo insieme
per reverenza l'uno dell'altro di rompere imprima quel pane, allegando Paolo che
ciò dovea fare Antonio perché era ospite e pellegrino appo' lui, e Antonio
dicendo che questo dovea fare pur egli perch'era più antico e più santo, così
stettero in questa cotale santa e umile contenzione quasi infino a vespro;
all'ultimo presono per consiglio che ciascuno lo prendesse dal suo lato, e così
ciascuno tirando, il pane si divise per mezzo e rimase in mano a ciascuno la
metade» (Domenico Cavalca [† 1341], Cinque vite di eremiti, a c. di C.
Delcorno, Venezia 1992, 91).
«E stando così in questo cotal pensiero Antonio,
aspettando lo divino consiglio, ecco subitamente vidde uscire del diserto molto
adentro due bellissimi lioni, e venire molto correndo verso lui; li quali
vedendo così -venire, nel primo loro aspetto temette, ma incontanente levando la
mente a Dio prese fiducia, e non temette, se non come di due colombe. E come
furono giunti i lioni al corpo di Paolo, stettono fermi mansuetamente, e
gittandosi a giacere allato al corpo, rugghiavano in tal modo, che veramente
parea che piangessono la morte di Paolo; e poi levandosi incominciarono qui
appresso a cavare la terra colle branche, e fecero una fossa a forma e misura
d'uno corpo d'uomo; e fatta la fossa inchinando il capo quasi con reverenzia
verso Antonio, e mansuetamente leccandogli le mani e' piedi, parca dirittamente
che domandassono la sua benedizione, volendo prendere da lui commiato» (ibidem,
p. 94).