1400  

Bartolomea

 moglie (dal 1389) di messer Antonio di messer Niccolò degli Alberti 
1402-05

 

 

 

Giovanni di Domenico (Dominici è patronimico non cognome) da Firenze OP (1357, † 1419) dedica a donna Bartolomea tre trattatelli di teologia e direzione spirituale di grande interesse, in lingua volgare; a ridosso delle disavventure occorse al marito messer Antonio, e dolorose ricadute sullo stato familiare e i quattro figli minorenni.

Antonio degli Alberti, personaggio eminente dell'oligarchia fiorentina, in gennaio 1401 subisce bando per trent'anni e confisca di beni per sospetta connivenza con la cospirazione cittadina di novembre 1400 (Alle bocche della piazza. Diario di anonimo fiorentino (1382-1401), a c. di A. Molho e F. Sznura, Firenze 1986, 215-18, 223). In esilio muore a Bologna nel 1415. Il suo nome è inoltre ricordato nella storia letteraria per aveva ospitato nella propria villa i dotti dialoganti (1389) del Paradiso degli Alberti.

G. Gagliardi, Il "Libro d'amor di charità" di Giovanni Dominici: alcune tracce per una lettura, AA. VV., Verso Savonarola: Misticismo, profezia..., Firenze (Savonarola e la Toscana 8) 1999, 47-81.

G. Di Agresti,
MD n. s. 1 (1970) 165-71

Ginevra

figlia di Guido dei Mannelli 
 1419-23

Fra Manfredi da Vercelli OP in Firenze predica e alimenta un movimento apocalittico da maggio 1419 a ottobre 1423. Fine del mondo, anticristo, scisma e riforma della chiesa (anche papa Martino V è in Firenze 1419-20). Una folla entusiasta e fedele segue l'eccitata predicazione del frate domenicano; prevale la sequela femminile. Pietà e penitenza, irrequietezza e speranza, austerità e insubordinazione. La commozione s'impasta con insoddisfazioni e frustrazioni. Liberarsi dal mondo e suoi legami, anche di quelli coniugali. Primo passo: vestire l'abito dell'ordine della Penitenza di san Domenico. A Manfredi si oppone a voce alta Bernardino da Siena OFM; più cautamente anche Antonino di ser Niccolò di Pierozzo da Firenze OP.

R. Rusconi, L'attesa della fine, Roma 1979, 236-46.

1.XI.1423

Donna Ginevra "nobilis mulier", da poco vedova di Giovanni dei Pigli, aderisce anima e cuore alla parola di fra Manfredi. All'insaputa dei parenti, abbandona casa e città, prende con sé i tre piccoli figli, nonché 700 fiorini d'oro; si unisce alla compagnia dei manfredini, che in nov. 1423 muove col predicatore verso Siena alla volta di Roma. Mannelli e Pigli: ceppi consortili che contano. Guido dei Mannelli, vecchio genitore di Ginevra, e lo zio paterno dei tre bambini sollecitano i priori di Firenze a ricuperare Ginevra; e i fiorini. I priori scrivono ai colleghi senesi: qualora Ginevra fosse in Siena o in territorio di vostra competenza, fermatela, lei figli e fiorini; consegnatela a Giovanni di Niccolò dei Mannelli latore della presente, perché la riconduca a Firenze e riconsegni al padre, "nostro amatissimo cittadino".

Come finì la storia? I Mannelli ricuperarono Ginevra? e i 700 fiorini?

AFP 47 (1977)
70-71, 90-91.

Ginevra

figlia di Bartolomeo dei Bardi

 

† 1447

Muore nel 1447, lascia notevoli beni immobili e non. Se ne contendono il diritto Andrea di Donato dei Rucellai († 21.X.1464) frate di SMN da una parte, e priore capitolo convento SMN dall'altra. Lite chiassosa; poco edificante. Interviene il maestro dell'ordine domenicano; in ottrobre 1448 nomina l'arcivescovo fiorentino Antonio di ser Niccolò di Pierozzo OP (= sant’Antonino) arbitro nella causa. Costui emette sentenza il 9.I.1449. Coinvolta anche la curia papale: ASV, Reg. Vat. 388, ff. 244r-255r (Niccolò V, 23.I.1448);  ASV, Reg. Suppl. 542, ff. 162v-163v (Pio II, 20.VII.1461); Reg. Suppl. 546, ff. 145v-146v (13.X.1461).
Non era colpa di donna
Ginevra!

Episodio meritevole d'esser ripreso in rielaborazione e documentazione più ampie. Si colloca nel difficile interstizio tra peculio personale di fatto permesso ai frati e rilancio costituzionale "quanto il frate acquisisce, è il convento che acquisisce", come qui argomenta priore e convento contro fra Andrea (Necr. II, 494 rr. 36-38). Ma è la Cr SMN  - precipuo specchio del convento - a lodare generosità dei frati in donativi a convento e chiesa! E caso pressoché unico, fa entrare il nome Ginevra tra le biografie dei frati (n° 715, Necr. I, 192).

Necr. II, 260-61, 319, 492-96;
aggiungi docc. ASV, Reg. ...

1500

   

Diamante

domestica e lavandaia

 

8.II.1531

In città imperversa la peste. Dovranno fare su e giù, convento e casa, i novizi, per le loro necessità? No. I padri consiliari, uno eccetto, approvano la proposta del priore fra Domenico di ser Iacopo Aiolli: permesso a donna Diamante di stare in convento per lavare e rammendare la biancheria dei novizi. «Quod quedam mulier nomine Diamantes maneret et staret in conventu pro comoditate et novitiorum servitio propter pestem existentem in civitate, et hoc ne novitii ad eorum domus pro eorum cotidianis recessitatibus ire coacti essent; que mulier debet lavare eorum vestimenta camicia nautergia [= manutergia?] linteamina, ipsaque reficere». Tutto qui. Non si fa parola di retribuzione.

ASMN I.A.5,
Libro de’ consigli,
f. 40v (8.II.1530/1).

 

La peste infuria negli anni '20-'30. Lo documenta anche la Cronica fratrum SMN. Tra i morti anche i novizi: Iacopo di Zanobi dei Giocondi 11.VIII.1527, 14enne (suo fratello Carlo, frate anch'egli, lo accudiva, contagiato muore il 26.XI.1527); Antonio dei Salomoni 4.X.1527; Giulio di Bernardo e Cosma 3.XII.1527; Pier Paolo e Gabriele 12.VI.1528; Tommaso 3.X.1530; Benedetto da Empoli 5.X.1530; Barnaba 21.X.1530; Domenico 22.X.1530.

MD 11 (1980) 234-239.

17.XI.1531

Unanime assenso del consiglio conventuale: donna Diamante lavi i panni lini di convento e sagrestia; assista i frati infermi, secondo disposizioni del priore. In cambio vitto quotidiano. «Pro remuneratione volunt patres quod conventus det ei cotidie panem et vinum secundum quod exp<ed>iens erit pro substentatione vite sue dumtaxat».

ASMN I.A.5,
f. 45v.

9.IX-1534

Il priore fra Giovanbattista da San Miniato propone: donna Diamante ha lavorato per il convento molti anni, specie al tempo dell'epidemia, ha preso cura di molti novizi infetti di peste; il tutto senza alcuna mercede, solitamente corrisposta a tempi consimili. Quando inoltre abbiamo avuto bisogno d'una persona onesta, ha svolto molti altri servizi ai frati malati, alla mensa, all'infermeria. Siete d'accordo d'assumerla quale domestica del convento? Ella s'impegna, secondo possibilità, a continuare a fornire i suddetti servizi; in cambio -  vita natural durante - avrà vitto e necessario sostegno. «An vellent recipere ipsam pro commissam in conventu, cum onere quod deberet facere omnia supradicta quamdiu posset, et durante eius vita recipere victum et cetera que facerent ad ipsius vitam».
Consiglieri: considerate e nostra utilità e sua affidabilità, approviamo volentieri; anzi, a maggior cautela di Diamante il notaio stenda puntuale contratto. «Qui considerantes utilitatem maximam ex hoc proveniendam, et animadvertentes qualitatem persone et bonam famam illius, fuerunt contenti omnes. Et ad maiorem cautelam eius, voluerunt quod manu publici notarii reciperet contractum in quo talis commissio exprimeretur adamuxim».

ASMN I.A.5,
f. 57v.

la dote

figli e figlie: il sesso più fortunato?

 
6.III.1539

Tonello è da molti anni dipendente del convento, "commissus"; perde la moglie, intende risposarsi. Il consiglio conventuale dispone: sì alla seconda moglie, e anch'essa "commissa" come la prima. Cosicché quando Tonello va a visitare e soprintende alle proprietà conventuali, la moglie resta in casa e ha cura di quanto riposto nel luogo di Sezzate: «quia dum unus vadit ad possessiones visitandas, alius domi manet pro custodia ipsius». In caso di prole? Il convento s'impegna alle spese di mantenimento fino ad anni 15; «postea filii vadant in nomine Domini, filiabus vero conventus teneatur dare cuilibet quinquaginta libras et non amplius pro dote»: dopo gli anni 15, i figli maschi s'arrangino da soli - tradotto laicamente -, le figlie invece riceveranno dal convento lire 50 ciuscuna in dote. Il tutto per iscritto in lettera consegnata all'avente diritto Tonello.

Santa Maria a Sezzate, nel piviere San Piero a Cintoia (dioc. Fiesole), area collinare tra Impruneta e Incisa Val d'Arno; Greve in Chianti (Fi); da distinguere dalla più nota Cintoia del Mugello (dioc. Firenze).

ASMN I.A.5,
f. 79r (
6.III.1538/9).

Camilla

dei Capponi

1568

Tra le decisione del consiglio conventuale, 9.XII.1568: donna Camilla dei Capponi ha disposto in legato testamentario una tavola d'altare per la cappella del Rosario (sovrapposta alla Trinità del Masaccio); accettiamo, affidiamo l'esecuzione al Vasari pittore eminente, faccia immagini convenienti e intonate al soggetto. «Pręterea quod tabula pro cappella Rosarii, quam conventus noster tenetur construere ex legato dnę Camillę de Caponibus, pingenda traderetur excellentissimo dno Georgio Vasario pictori peritissimo cum figuris honestis et accomodatis».

ASMN I.A.7,
Liber consiliorum,
12r.

Maria

Maria Bartolomea di Carlo Bagnesi, 1514-1577.

 
 

«Volse pigliare l'habito di san Domenico et fu vestita da maestro Vettorio di Matteo frate di san Domenico del convento di SMN, et nelle mani sua fece la professione in capo a l'anno (...). Venne a SMN et li fu mostrato tutto il convento; et essendo io [= fra Alessandro Capocchi OP] in sua compagnia, ancora vedessi lei molte cose, a nulla applicava l'animo ma solo alle cose di Dio. Se li dette da mangiare, et essendo nel'orto dove erano molte frutte et altre cose, solo chiese un pocho di erba detta cicerbita».

ASMN I.B.60.
ins. 16, p. 15

28.V.1577

«Morì nella sua casa propria alla piazza del Grano, ricontro a San Romeo» (MD 1994, 91), ossia San Remigio, il 28.V.1577 martedì di Pentecoste. «Il mercoledì mattina <29.V.1577>... vennero i frati di SMN per portarla alla sepoltura..., et otto frati a vicenda, cioè quattro per volta, lo portarono nella bara dalla sua casa fino al monastero di Santa Maria degli Angeli in borgo San Fridiano».

A. F. VERDE,
MD 25 (1994)
18-19.
29.V.1577

Con bara a spalle, da piazza del Grano (dietro Palazzo Vecchio) a San Frediano; qui poi i frati barellieri non potevano entrare in chiesa per la gran folla. «E fra Crisostomo da Perugia, uno di quelli che portava, mi disse: Io, quando mi fu detto che la dovessi portare, alquanto mi sturbai et dissi: li conversi harettono a portarla et non noialtri (era egli diacono et predicatore). Disse egli: Ma io ho tutto un gran contento in portarla et non harei voluto per conto alcuno esserne stato privo; mi pareva che questo fussi apunto come quando Giesù Cristo viveva et andava per le strade!».

ASMN I.B.60.
ins. 16, p. 29.

Marietta

figlia di Cardinale Rucellai, vedova Ginori

 

1590

«Marzo. M(adonn)a Marietta vedova e donna già di Giovanbattista di Tomaso Ginori, e figlia di Cardinale Rucellai, lasciò ogni anno il dì 25 di marzo si cantassi una messa della Annuntiata per tutti li sua e per chi lei tiene in mente, e cantare Libera me Domine con cera in mano alli frati, et andare alla sua sepoltura che è sotto il pergamo. Per questo m(adonn)a Gostanza sua figlia e donna del cap.no Francesco de’ Medici dette el dì 30 di aprile 1590 f(iorini?) 100 di m(onet)a, come al l(ibro) s(egnat)o D a381».

ASMN I.C.105,
Ofitii ed oblighi
di sagrestia B,
f. 96r.