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La “Pietà” di Sebastiano Vini
«Memorie domenicane»
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1 | Il pittore veronese Sebastiano Vini a Pistoia | ||
2 | La tradizione | ||
3 | Contributo del Libro delle sepolture del convento pistoiese | ||
■ 7.II.1572 (anno dello stile comune): decesso di Maria de Solis da Salamanca, moglie di Ottaviano Piccardini patrizio romano, capitano della Fortezza di Pistoia. ■ 1573: tomba di detta Maria nell’ala sinistra del transetto; relativo affresco della Pietà, opera del pittore Sebastiano Vini. ■ 25.III.1574: decesso di Ottaviano Piccardini, «già molto vechio». ■ 28.XI.1564: decesso di Alessandra Grandoni, moglie di Sebastiano Vini. | |||
aggiornamento | E. Deriu |
Pistorii | cronica... § 6 "Pistoia" | ë |
Il pittore Sebastiano Vini, veronese d’origine, operò quasi esclusivamente a Pistoia e in Toscana durante tutto l’arco della seconda metà del ’500. Trasferitosi a Pistoia intorno al 1548 (anno in cui è attestato il suo matrimonio con la pistoiese Alessandra Grandoni) il Vini ha lasciato molte tavole e affreschi a Pistoia e dintorni.
Dei lavori a fresco, i biografi ricordano di regola le due realizzazioni di più ampio respiro: i grandiosi affreschi del Martirio di san Desiderio e compagni nella ex-chiesa San Desiderio di Pistoia (G. Beani, La chiesa pistoiese, Pistoia 1912, 189-91) e le vent’otto lunette del chiostro grande del convento San Domenico illustranti la vita del fondatore dei frati Predicatori. Nell’affresco La morte di san Domenico (ultima lunetta nel lato nord del chiostro, sopra la porta d’accesso dalla chiesa al chiostro: «Bullettino storico pistoiese» 25 (1923) 93 n. 3) il Vini «ritrasse se stesso vestito col lucco rosso, abito dei priori della città, tra i quali siedè nell’anno 1573, dopo che fu ammesso alla cittadinanza pistoiese» (V. Capponi, Biografia pistoiese, Pistoia 1878, 396b).
Il Vini si ritrasse con in mano un cartiglio: Sebastianus Veronensis inventor et pictor a Pistoriensibus remuneratus. A.D. 1596. Gli affreschi del chiostro hanno subito gravi danni dal bombardamento del 1943; quelli scampati da rovina sono ancora sotto restauro presso la Soprintendenza delle Gallerie di Firenze. Una riproduzione fotografica della lunetta summenzionata in A. Stanghellini, Sebastiano Vini pittore veronese, «Bull. stor. pist.» 17 (1915) 1-15, Tav. VI. «Egli [il Vini] ha considerato queste di San Domenico come l’ultima opera e vi ha posto il suo ritratto con soddisfazione» (ib., p. 13). La morte del Vini è tradizionalmente fissata al 1602.
Ma Sebastiano Vini ha lasciato in San Domenico di Pistoia anche un altro affresco, non sempre ricordato dai biografi dell’artista e dalle Guide di Pistoia: la Pietà - Cristo morto sorretto da due angeli, con i simboli della passione nello sfondo, il tutto entro un disegno d’edicola ad arco - nella parete sinistra dell’ala sinistra del transetto della chiesa. Stimata «di poco conto» dallo Stanghellini (Sebastiano Vini 12 n. 1), la Pietà suscitò invece l’ammirazione del Tolomei, del Tigri, del Petrini.
F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, 205-206: «Dopo questo gran lavoro [a San Desiderio], sebbene di anni 66, fece in S. Domenico una Pietà molto ben disegnata, ma ora molto guasta, e nei chiostri interni ventotto lunette, le quali sebbene non abbiano un’egual forza, trovandosi in alcune il pittor mediocre, (...) destarono la sorpresa del G. Duca Ferdinando I». Avendo antecedentemente il Tolomei (p. 204) dato il 1530 circa come anno di nascita del Vini, la Pietà verrebbe a cadere negli anni ’90; mentre è in effetti anteriore d’un ventennio, come attestano i nostri Documenti.
G. Tigri, Guida storico-artistica di Pistoia e dintorni, Pistoia 1910, 79: «il buon affresco, la Pietà, di Bastian Veronese».
Il Petrini (1785-1822), insigne studioso pistoiese, lasciò una breve biografia manoscritta del Vini - che peraltro risulta una sintesi delle fonti già conosciute - «Memorie della vita e delle opere di Sebastiano Vini pittore veronese da ms. autografo del prof. Pietro Petrini, conservato nella Biblioteca delle Gallerie degli Uffizi», recentemente pubblicata da R. Chiarelli, Una biografia inedita di Sebastiano Vini pittore veronese, «Scritti di storia dell’arte in onore di M. Salmi» III, Roma 1963, 133-45. Ecco quanto vi si dice del Vini in San Domenico di Pistoia:
Gli altri due rammentati lavori a fresco sono nella Chiesa e nel Convento di San Domenico; nei Chiostri del quale egli espresse altrettante istorie del fondatore dell’Ordine: lavoro che risente invero alcun poco del declinar dell’età, avendolo condotto l’autore nella sua vecchiaia. E narrasi che a bella posta si recasse a veder questo lavoro il Granduca Ferdinando Primo, e che si partisse meravigliato che a quei tempi si potesse far tanto.
Ma più meritevole di encomj è l’altro lavoro a fresco ch’ei condusse nella Chiesa, esprimente una Pietà di sì bella maniera pel disegno, e sì felice per l’espressione che non sapendosi da valentissimi conoscitori chi ne fosse l’autore, venne giudicata di altissimo pregio, e tale da far onore a qualunque de’ maggiori pittori di quella età, sebbene ridotta a mal termine, essendosi perduto in parte il colorito per esservi stato lungo tratto di tempo appoggiato dinanzi un confessionario, di che gli amici delle arti non sapran certamente buon grado a chi recò tanto sfregio a quell’opera (Chiarelli, Una biografia inedita 143-45).
All’unanime rammarico per lo stato deplorevole dell’affresco fa seguito l’indeterminatezza cronologica dell’opera. Il che insidia il tentativo di collocare criticamente la Pietà di San Domenico entro l’ampia evoluzione pittorica del Vini e le coesistenze artistiche del pittore veronese operante nella Toscana del secondo Cinquecento.
Chiarelli, Una biografia inedita 137: «Caratteri veronesi che si sovrappongono alla personalità medesima del Vini (che è pittore dal colorito facile, acerbo, spesso ingenuo, di limitate preoccupazioni tonali, non sempre formalmente e disegnativamente ortodosso, talvolta sciatto addirittura) e permangono anche quand’egli, superata la fase sartesca e bartolomeesca da lui intesa in accezioni pistoiesi (d’un Frà Paolino, per capirci) pur rifacendosi a volte a modelli fra i più illustri, si getta a capofitto nel più muscolare vasarismo e bronzinismo (...), mentre nelle opere supreme è avvertibile come un “ritorno di fiamma”, se nei tardi affreschi di San Domenico compaiono figure (oggi perdute) che inevitabilmente riconducono, ancora, al Brusasorci dei ritratti e della Cavalcata del Palazzo Ridolfi a Verona. Interessante potrà, a questo proposito, apparire la vaga notizia che fa presente a Pistoia, collaboratore del Vini a San Domenico e a San Desiderio, Paolo Farinati: il più “manierista” cioè, in senso toscano e romano, di tutti i pittori veronesi del Cinquecento».
■ Frà Paolino = Paolo di Bernardino d’Antonio del Signoraccio da Pistoia OP † 1547
Nel suo studio sul Vini, il Chiarelli suggerisce la datazione dell’opera a partire dall’ipotesi della connessione tra Pietà e sottostante lapide funeraria. Questa commemora la morte di tale «Maria de Solis» avvenuta «sexto Idus Februarii MDLXXII».
«è da considerarsi la connessione dell’affresco in parola (una Pietà) con la sottostante lastra tombale di una “Maria De Solis”, moglie di Ottaviano Piccardini romano, comandante della Cittadella di Pistoia, dell’anno 1572: datazione che ci sembra di poter estendere ragionevolmente all’affresco del Vini» (Chiarelli, Una biografia inedita 145 n. 16).
Lapide marmorea cm 58x161; trascrivo l'iscrizione secondo le norme epigrafiche di Corpus Inscriptionum Pistoriensium, «Bull. stor. pist.» 77 (1975) 29-30:
D.O.M. / MARIAE DE SOLIS FERDINA(n)DI F(iliae) A SALMA(n)TICA / ULTERIO(ri)S HYSPANIAE URBE PROFECTAE LECTISS(m)AE FOEMINAE / OCTAVIANUS PICCARDINUS ROMANUS / ARCIS PISTORIE(n)SIS PRAEFECTUS MOESTISSIM(u)S CO(n)IUNX P(onendum) c(uravit) / VIX(it) AN(nos) LX OB(iit) VI ID(us) FEB(ruarii) MDLXXII.
Nel Libro delle sepolture del convento domenicano pistoiese - ora presso l’archivio della curia vescovile di Pistoia (II-A 12r. 2, Libro delle sepolture ecc. dall’anno 1564 infino al 1659) - mi è occorso di leggere alcune necrologie che portano luce sulla Pietà del Vini. Le necrologie - qui pubblicate in appendice - confermano documentariamente l’ipotesi del Chiarelli; illustrano inoltre occasione e circostanze dell’affresco, ne documentano il committente, ne fissano senza residui di dubbio la data di composizione.
Maria di Ferdinando «de Solis» spagnola, già damigella di Eleonora di Toledo († 1562) moglie del granduca Cosimo I († 1574), muore il 7 febbraio 1572 secondo lo stile della curia romana; il marito Ottaviano Piccardini, capitano della Fortezza di Pistoia, ne fa riporre il corpo in San Domenico di Pistoia in luogo provvisorio, in attesa di costruire nella medesima chiesa la tomba padronale (Doc. I).
Nel corso del 1573 la nuova tomba con lapide funeraria risulta terminata nell’ala sinistra del transetto, e con essa l’affresco della Pietà per mano di maestro Bastiano Vini. Il cronista ne riporta notizia glossando sia il margine sinistro della necrologia della signora Maria (Doc. I m.s.) sia l’elenco delle sepolture padronali in apertura del Libro delle sepolture (Doc. II).
In data 25 marzo 1574 muore il Piccardini («molto vechio») romano, già capitano nelle Bande Nere di Giovanni dei Medici († 1527) poi ricompensato da Cosimo I, figlio di Giovanni, con la castellania della Fortezza pistoiese. Viene sepolto in San Domenico, dove l’anno prima («l’anno passato») aveva fatto costruire la tomba ed eseguire la Pietà (Doc. III).
L’ultimo documento (IV) ricorda un episodio doloroso (non sappiamo se già noto tramite altre fonti) della vita del pittore veronese: la morte della moglie Alessandra Grandoni, 28 novembre 1564.
Pistoia, gennaio 1977
Emilio Panella OP
La illustre signora Maria di Ferdinando di Sulisse da Salamancha, moglie del signor Octaviano Piccardini patritio romano castellano della Fortezza di Pistoia, morì addì 7 di ferraio 1572, secondo l’uso della chiesa. Era illustre, di generatione spagnuola, et fu damigella della serenissima signora Duchessa Eleonora moglie del serenissimo gran’Duca di Toscana.
Ebbe fastidioso et lungo male per spatio di quattro anni, et non si moveva di letto se non portata da altri; et finalmente, stretta dalla infermità, con la morte del corpo passò a miglior vita; perché era signora devota et spirituale, et molto famigliare et benevola delle suore di Santa Chaterina. Et perché in chiesa non haveva sepoltura propria, fu depositata sotto terra in una cassa, nella capella di Santa Margherita a canto la sagrestia, fino a tanto che gli si farà o sepoltura con la lapide o nuovo deposito in terra, secondo la intentione dell’eccellentissimo suo consorte.
Andorno tutti i frati per il corpo alla Fortezza, et duoi giorni di poi si celebrò lo officio solenne col 3mo per la anima sua; la quale Iddio alzi a maggiore signoria perpetua nel beato regno del cielo.
[m.s.] Il corpo di questa signora fu tran<s>ferito nel 1573 et posto nel sepolcro nuovo fatto dal signor Ottaviano dalla porticciuola dinanzi alla Pietà dipinta nella facciata [segue, di mano posteriore] con la seguente a parte inscrizione.
Nota inserita a f. 3v prima degli articoli necrologici (f. 4r: 5 agosto 1564). Il cronista ha riportato la notizia della nuova sepoltura là dove son date lista e locazione delle sepolture padronali (ff. 1r-3v); e in versione più concisa, anche a f. 2rb sotto il nome Piccardini: «Piccardini Romani [sic] nella sepoltura nuova rincontro a l’altare di Sant’Agostino ove è dipinta la Pietà nella facciata».
Il signor Ottaviano Piccardini romano, capitano di Fortezza, ha fatto la sepoltura per sé et suoi descendenti a canto a quella de’ Montemagni dentro alla porticciuola con la lapide di marmo et arme sua; et a rincontro della sepoltura ha fatto dipingere a maestro Bastiano dipintore una Pietà. Et per lemosina dette al convento lire 30, le quali spese in farci rifare la scala che va in dormitorio dal campanile, l’anno 1573. Et vi fece riporre il corpo della signora Maria sua consorte morta l’anno 1572 et sepolta prima in una cassa nella cappella di Santa Margherita. [Segue, di mano posteriore] In oggi si è ceduta al Cav. Luigi Melani e suoi descendenti.
■ quella de’ Montemagni: «Post sepulcra fratrum [cappella Sant’Agostino, transetto sinistro] aliquantulum ultra ex latere sinistro, videlicet versus portam noviter factam, sepulcrum ad presens Paperi Grardi de Montemagno et suorum...» (Obituario di S. Domenico, Bibl. Forteguerri di Pistoia, B 76, f. 80v, sotto l’anno 1457).
Lo illustre signore Ottaviano Pichardini patritio romano morì addì 25 di marzo il giorno della Nuntiata [1574]. Era questo signore non solo nobile romano ma valoroso nella militia. Et sotto il signor Giovanni de’ Medici, padre del serenissimo gran’Duca Cosimo, haveva militato con la compagnia uno de’ capitani delle Bande Nere; et da esso signor gran’Duca fatto castellano della Fortezza di Pistoia. Nella quale era vissuto molti anni con molta gratia di sua altezza e gran’ benivolenza della città, perché era huomo segnalato, manieroso, bel ragionatore, huomo bello, di statura grande, con tutte le parti buone et honorate che si trovono in uno valoroso soldato. Et era già molto vechio. Lassò duoi figli, l’uno et l’altro honorati paggi prima, et po’ camerieri di loro altezze; i quali come pietosi figliuoli di tanto honorato padre gli fecero una honoranza straordinaria, la quale parte fu alla pistorese et parte alla fiorentina et romana.
Fecesi il letto publico, et cherici et laici con tutti i religiosi et tutti i preti con i vexilli delle due compagnie Trinità et Spirito Sancto, et la compagnia di Santa Barbera advocata delle fortezze. Sonossi non secondo il consueto di Pistoia con una sola campana del Duomo, parrochia et di San Domenico, ma si sonò a·ddoppio per tutte queste tre chiese.
Et in chiesa nostra si fee la capanna intorno al corpo con molte falcolle accese et similmente intorno ad tutto il choro, et con molti candiglieri allo altare maggiore, a l’altare del S(an)c(to) Sa(cramento), del Rosaio e di San Pietro Martire. Con ’l corpo era gran’ moltitudine di torce, et uno vestito a nero che stracinava la bandiera per terra, con i tamburi coperti di nero ché i tamburi sonavono secondo l’ordine militare, con il concorso di tutta la città, perché fu cosa molto honorevole et inusitata.
Et pochi giorni di poi si fece una altra honoranza in chiesa con molte messe piane et con la messa di musica et con l’organo et sonato ad anovale [intendi “annuale, anniversario”] a doppio, con la corona di falcole atorno al choro, alla sepoltura, allo altare; con molta cera anchora in mano a tutte le persone religiose che a tale esequie intervennero. Furono allora attaccati versi alla imagine della sepoltura in lode di tanto capitano. Il quale l’anno passato baveva fatto la sepoltura nuova in chiesa nostra con lapide di marmo, et a ricontro nella facciata del muro haveva fatto dipingere una Pietà con la inscritione della morte della signora sua consorte, già damigella della illustrissima Duchessa. Sopra la quale figura, per memoria di tanto padre, i figliuoli hanno fatto appicare l’armadura et la sua bandiera.
Et perché era molto affectionato al convento nostro, volle tutti i sacramenti per mano de’ frati. Et quando gli dettero l’olio santo, per se stesso rispondeva «Amen» alle untioni; segno che era in ottimo cognoscimento et buona devotione.
Iddio lo ametta intra capitani della milizia celeste alla beata gloria, con perpetua vittoria et trionfo di tutti i nimici di salute.
Madonna Alessandra, moglie di maestro Bastiano dipintore, mori addì 28 di novembre [1564]. Era nel fiore della età giovinile, et secondo il vedere humano la morte fu imatura. Ma quello Dio optimo, sapientissimo che cognosce l’anno, il mese, il giorno, l’hora quando è spediente a l’anima separarse dal suo corpo, gli diede la morte in tale età perché così era spediente a tal anima secondo l’ordine divino.
Fu nondimeno la morte di questa giovana honesta molto molesta al suo consorte, il quale con molte dogliose lagrime la accompagnò alla sepoltura. Et quel lachrimoso dolore era il segno manifesto del sincero amore, come i giudei di Christo dissero per vedergli [verdergli scr.] piangere Lazaro morto: «Ecce quomodo amabat eum». Et questo caldo amore dimostrato con il lachrimoso dolore era evidente segno della bontà, honestà et vertù di tal moglie; ché se non fosse stata tanto buona, honesta et vertuosa non l’haverìa tanta amata.
Andorono tutti i frati al morto et fu sepolta nella sepoltura paterna del casato de’ Grandoni, non havendo il marito sepoltura propria per essere forestiero. Dio gli doni la beata gloria.
■ sepoltura de’ Grandoni: nel lato destro della chiesa, presso la cappella San Tommaso. Cf. S. Orlandi, I domenicani a Pistoia, Firenze 1957, 55; anche il nostro Libro delle sepolture f. 2r sotto il nome Grandoni.
B. Carderi, S. Domenico di Pistoia, I, La chiesa; II, Il convento, Pistoia (Quaderni di Koinonia) 1998-99. (I, La chiesa, p. 31: "databile fine sec. XVI").
D. Bianchi, La soppressione leopoldina del convento San Domenico di Pistoia nella ricordanze di Domenico Forzini OP, MD 31 (2000) 425-53.
E. Giaconi, Il monastero domenicano di S. Caterina da Siena a Pistoia… (1477-1783). Cronaca e documenti, MD 36-37 (2005-2006) 7-539. Sul Vini p. 611b, Piccardini p. 604b.
http://www.domenicanipistoia.it/
E. GIACONI, L'aristocrazia della morte nella chiesa di San Domenico di Pistoia (secoli XV-XVIII), Firenze (Bibl. di Mem. Domenicane 4) 2010; testo pp. 87-194, I necrologi di San Domenico. Sul Vini p. 264b, Piccardini p. 260b.
G. SCALIA, Su Lorenzo Taiuoli [da Pistoia, OP] e la sua "Cronica" di Pisa, «Bollettino storico pisano» 80 (2011) 79-105. E gli omonimi "fra Lorenzo da Pistoia" del Quattro-Cinquecento.
30.VIII.2012. «Dominican history newsletter» 18-19 (2009-2010) pp. 28-29.
7.III.2013, dalla dott.ssa Elisabetta Deriu. «Gentile Padre Panella, sono ricercatrice in storia (italiana ma con, tra le altre cose, un dottorato a Paris Est-Créteil e una qualifica di maître de conférences, sempre in storia), e scopro con vera delizia la Sua pagina sulla "Pietà" del Vini a Pistoia, contenente quei magnifici rinvii d'archivio ai "Piccardini Romani" - famiglia che è oggetto da anni di una parte dei miei studi, e che mi ha fatto galoppare in tutta Europa. Grazie a Lei, ho trovato facilmente la soluzione ad almeno una parte del puzzle, in un sito ben fatto, rigoroso nel trattamento dei dati e anche terribilmente divertente da visitare.
Attualmente, faccio ricerca tra Roma e Firenze e, se lo desidera, sarò felicissima di raccontarLe il resto della storia (perlomeno, quella di cui sono finora giunta a conoscenza); anche di persona, dato che faccio spedizioni settimanali a Firenze per andare in Archivio di Stato.
RingraziandoLa ancora, Le porgo i miei più cordiali saluti, Elisabetta Deriu
Collegio Universitario "Maria Consolatrice", Via degli Etruschi, 13 - 00185 Roma».
Venerdì 22.III.2013. In mattinata viene a trovarmi la Deriu. Lungo colloquio. M'informa delle sue ricerche in corso circa la famiglia Piccardini. Mi terrà informato.
Qualche giorno dopo, la Deriu m'invia provvisorio schema genealogico della famiglia Piccardini. Ottaviano Piccardini (n. 1501 ca., † Pistoia 1574) è figlio di Leonardo; ha due figli, Rustico Bruto (Firenze, 1545-1620) e Silla Fabio (Firenze, 1547-?). Rustico a sua volta ha 6 figli. Stemma della famiglia Piccardini nella chiesa fiorentina d'Ognissanti. Grazie!
J. CANNON, Religious Poverty, Visual Riches. Art in the Dominican Churches of Central Italy in the Thirteenth and Fourteenth Centuries, Yale University Press, 2013, p. 441a.
Dopo la soppressione del convento pistoiese, decisa dal capitolo provinciale luglio 2017, i due religiosi fr. Alessandro Cortesi e fr. Alberto Simoni in luglio e settembre 2018 sono stati assegnati a San Domenico di Fiesole. Oggi, 11 settembre 2018, chiedo a fr. Alberto notizie circa la biblioteca di San Domenico di Pistoia, e mi dice che tutto permane in loco, e ne prende cura - come per l'intero convento - una cooperativa locale; e lo stesso p. Cortesi.