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Sermo licentie quam dedi magistro Federico

BAV, Barb. lat. 710, ff. 106vb-107va

originale latino

volgarizzamento (2009) di EP

Libeat, mei domini, speculari subtiliter ut valeamus scientiam huius nostri licentiandi aliqualiter perlustrari.

Erat etatis tenerrime, cum insudare cepit in liberalibus studiis, ut prepararet animum ad suam theologiam dulcissimam. Fuit instructus diligentissime in congrua compositione sermonis. Astutulus factus et audax in veri discretione a falso, allectus eficacissime in exornatione sermonis qua veritas suadetur, plenissime vidit numerorum proportiones, mensuras geometricas, melodias mellifluas ac varios motus corporum supernorum.

Concediamoci il piacere, miei signori, di una minuziosa indagine e proviamo a esplorare il sapere del nostro candidato alla licenza.

Era appena un ragazzotto quando si dedicò allo studio delle arti liberali, e così preparò il suo cuore alla dolcissima teologia. Imparò con diligenza la corretta costruzione della parlata (grammatica). Divenuto più astuto e ardito nel distinguere il vero dal falso (logica), fu sedotto dal lustro del linguaggio ornato che rende appetibile la verità (retorica), apprese pienamente le proporzioni dei numeri (aritmetica), le geometriche misure (geometria), le saporite melodie (musica), gli svariati moti dei corpi celesti (astronomia).

Post hec, ad theologiam se transtulit, discurrens famosas civitates in studiis; ubi sic profecit laudabiliter ut digne assignaretur per suum ordinem primo Florentie[1], secundo Bononie ad legendum Sententias pro magisterio obtinendo.

Successivamente è passato alla teologia, e ha peregrinato per molte città celebri per le scuole. Con molto profitto. Cosicché ha avuto l'onore d'esser assegnato dalle autorità del suo ordine (domenicano) prima a Firenze, poi a Bologna, al lettorato sentenziario, ovvero a tener lezione sul testo delle Sentenze (di Pietro Lombardo, † 1160) in ordine al conseguimento del magistero.

«Introducatur igitur archa federis», idest ducatur ad medium archa scientie Federigi. Est namque eius scientia vera et solida, non palliata sermonibus, non ficta sophismatibus, non tecta errorum nebulis obfuscatis. Est |107rb| eius scientia ornata moribus, plena virtutibus. Sit ergo hoc signum federis cum magistris; nam propter suam scientiam, quam venerandi magistri experti sunt in suo examine, que sic per istam provinciam diffusa est ut in aperto omnibus pateat, confederabitur hodie in licentia collegio magistrorum.

«Introducete l'arca della federazione» (I Cronache 22,19), ovvero sia esposta in pubblico l'arca della scienza di Federico. È una scienza autentica e solida, quella di Federico, non mascherata da parole, non inficiata da sofismi, non oscurata dalle nebbie degli errori. La sua |107rb| scienza è adorna di buona condotta, ripiena di virtù. Ecco dunque il segno della federazione con i maestri: a motivo infatti della sua scienza, riscontrata nell'esame da esperti maestri, ben diffusa in questa nostra regione e a tutti ben nota, il nostro Federico oggi sarà confederato, ovvero aggregato al collegio dei maestri.

Attamen, venerabilis licentiande, atte<n>de et intellige: magisterium non fore honorem sed honus. Ob quod, primam curam habe ut humilitate superes invidiam. Sit tui magisterii officium subvenire pauperibus, visitare languentes, provocare hospitio, lenire blanditiis, gaudere cum gaudentibus, flere cun flentibus. Cecorum sis baculus, esurientium cibus, spes miserorum, solamen egre lugentium. Ita emineas in virtutibus singulis quasi ceteras non habens. Sis inter magistros et coequales primus in opere, extremus in ordine, sis creber in orationibus, vigilans in predicationibus, in lectione assiduus, in disputationibus promptus, in sermonibus avidus, in consiliis verus, speculum in exemplis.

Quanto a te, spettabile licenziando, fa' bene attenzione: il magistero non è un onore, è un onere! Tuo primo impegno sarà contenere la presunzione con l'umiltà. Compito del tuo magistero sarà aiutare gl'indigenti, visitare i malati, soccorrere con ospitalità, consolare con dolcezza, gioire con chi gioisce, piangere con chi piange. Sii bastone dei ciechi, cibo degli affamati, speranza dei disperati, consolazione degli addolorati. Risplendi tanto nelle singole virtù, quasi che ti mancassero le altre. Tra maestri e colleghi sii il primo nell'agire, l'ultimo nella scala gerarchica. Fedele nella preghiera, avveduto nella predicazione, assiduo nelle lezioni, accorto nelle dispute, bramoso nei sermoni, sincero nei consigli, specchio nel comportamento esemplare.

Sermo tuus et confabulatio sit semper de scripturis san<c>tis et de tua sacratissima theologia, quam in sponsam es hodie accepturus. Hec namque tua sponsa nec per ostentationem fingit, sensum verbis aperit, vera ut sunt diligit, falsa vitat, bona gratis exhibet, mala libentius tollerare facit quam faciat ullam iniurie ultionem, querit pro veritate contumeliam, lucrum reportat. Audi quid per Ugonem de Sancto Victore de se ipsa loquitur ipsamet: Ego errantes revoco, egrotantes reficio, labentes erigo, laborantes conforto, honestatem diligo, sanctitatem amo, oscura clarifico, sapientiam infundo. Et pleni esse scientia non possunt qui me puritatis per pulcritudinem non agnoscunt. In hac, examinate, delecteris quasi in omnibus divitiis.

Oggetto delle tue parole e delle tue conversazioni siano sempre le sacre scritture e la tua sacratissima teologia, che ora stai per prendere in sposa. Tale tua sposa non inganna per esibizione d'immagine, svela con parole il senso della vita, predilige la verità delle cose, evita la falsità, offre gratuitamente il bene; capace di far sopportare più volentieri il male anziché vendicarsi delle ingiurie, accettare offese per amor della verità, restituire i guadagni. Ascolta quel che ella dice di se stessa, con le parole di Ugo da San Vittore († 1141): «Io correggo gli erranti, ristoro i malati, rialzo i caduti, conforto gli affaticati, prediligo l'onestà, amo la santità, illumino le tenebre, infondo saggezza». Non si arricchisce di scienza chi non conosce il bello della purezza. In lei, tu esaminato, troverai diletto come nella somma dei tesori.

Alii, ut dicit Ambrosius super Beati immaculati [Ps. 118,1], in auro, alii in argento, alii in vestibus, alii in possessionibus, vinetis, segetibus, alii in operibus picture marmorum; in diversis denique singuli delectationes habent. Spiritualis in via testimoniorum celestium delectatur. Ob quod delecteris, noviter <licentiande?>, in ista scientia, ungas oleo lectionis tue ratis lacertos. Sit tibi tota die ac nocte exercitii usus in quadam celestium scripturarum palestra. Artus animi tui salubris spiritualium ferculorum esca consumet ut, cum adversarius adsistere ceperit et te pulvere sue temptationis asperserit, stes intrepidus.

 Sant'Ambrogio nel commento a Beati gli uomini di integra condotta (Salmo 119,1): «C'è chi trova piacere nell'oro, chi nell'argento, chi nell'abbigliamento, chi nelle proprietà, nei vigneti, nelle messi, chi nelle pitture marmoree; e ciascuno trova piacere nelle cose più diverse. L'uomo spirituale di questo mondo trova diletto nelle promesse celesti». Gioisci dunque, o nuovo licenziando, di questa scienza, e ungi con l'olio del tuo insegnamento i muscoli della zattera. Giorno e notte fa' esercizio in una qualche palestra delle sacre scritture. Le giunture del tuo animo robusto si alimentino del cibo di piatti spirituali: quando il nemico tenterà d'accostarsi e ti soffierà addosso la polvere della tentazione, resta impavido!

Dicit enim Ambrosius, ubi supra: Exerceamur indefesso meditationis usu;  exerceamur ante certamen ut simus certamini semper parati. Et cum frequentior adversarii ictus ingruerit, nunc inopia, nunc rapina, nunc orbitate, nunc corporis egritudine, nunc merore animi, nunc terrore mortis et acerbitate penarum, dicat unusquisque nostrum qui potuerit sustinere ac perpeti: «nisi quia lex tua meditatio mea est tunc forsitan perissem in humilitate mea».

Dice ancora Ambrogio: Applichiamoci senza stancarci alla meditazione; applichiamoci prima della battaglia per esser pronti al combattimento. Il nostro avversario ci assale costantemente con i suoi fendenti: penuria, rapina, perdita dei cari, malattia, depressione, paura della morte, durezza delle pene. Chiunque di noi è riuscito a sopravvivere, ammetta: «se la tua legge non fosse la mia meditazione, sarei perito nella mia miseria» (Salmo 119,92).

Recte ideo ponebatur primo "conservatio archanorum supernalis deitatis"; nam hanc supernalem scientiam, que est archanorum Dei, debes meditatione assidua conservare. Sed ponebatur secundo "annotatio instrumentorum internalis puritatis"; nam dicitur in Paralipom(enon) «et vasa Domino consecrata». Ideo dicebat secundum verbum thematis quod do, idest recipientia id quod do.

Giusto dunque porre come primo elemento della divisione la "preservazione dei misteri della superna divinità". Tale superna scienza dei misteri di Dio, tu devi coltivarla nella continua meditazione. Secondo elemento della divisione la "annotazione degli strumenti della interiore purezza"; si dice infatti «e i vasi consacrati al Signore», I Cronache 22,19. Pertanto la seconda parte del versetto tematico diceva che io pongo, ovvero vasi disposti a ricevere ciò che io dono.

Plane, mei domini, libeat perscruptari [sic] huius nostri licentiandi potentias anime, que sunt vasa Domino consecrata, dum sacratissimam teologiam contine<n>t, ac laboratores in ea quam plurimum insudant.

Perscruptemur primo potentias anime vegetabilis, que sunt attractiva, retentiva, disgestiva et expulsiva; quas intuebimur etsi non(?) fore capaces teologie sacratissime nostri licentiandi, tamen insudasse multimode, tum propter amministrationem necessariam factam corpori animam retinenti tum quia |107va| persuaserunt nostrum licentiandum theologiam attrahere, retinere, disgerere, falsa et frivola expellendo.

Indagaghiamo allora, signori miei, le facoltà dell'anima del nostro licenziando, che sono vasi consacrati al Signore, visto che contengono la sacratissima teologia, e i cui cultori faticano non poco.

Esaminiamo prima le facoltà dell'anima vegetativa: la attrattiva, la ritentiva, la digestiva, la espulsiva. Sebbene non adeguate alla sacratissima teologia del nostro licenziando, constateremo tuttavia che esse sgobbano nel fare molti lavori: perché gesticono bisogni necessari ad un corpo che ospita un'anima; e perché |107va| hanno sollecitato il nostro licenziando ad attrarre la teologia, a ritenerla, a digerirla, e ad espellere frottole e quisquilie.

 Perscruptemur in interiores et exteriores vires sensibilis anime, ac reperiemur fantasiam, sensum comunem, ymaginationem et extimationem in hac scientia laborasse magnis sudoribus, ita ut nuncupari eius vasa iam valeant. Nec minus fatigati sunt exteriores sensus, interioribus potentiis famulando.

Perscruptemur vires eius rationabilis anime, que sunt proprie vasa Domino consecrata, dum divinam teologiam intra se pretiosissime reconderunt. Eius namque voluntas pre aliis scientiis electione libera hanc elegit. Intellecuts discurrendo invenit eius conclusiones verissimas; quas memoria, ut debito loco et tempore effundat quibuslibet, in se glausit[2].

Guardiamo ai sensi interiori ed esteriori dell'anima sensitiva. Vedremo che la fantasia, il senso comune, l'immaginativa e l'estimativa hanno sofferto molti sudori in questa scienza, tanto che meritano d'esser chiamati vasi della teologia. E altrettando hanno faticato i sensi esteriori, prestando aiuto a quelli interiori.

Guardiamo alle facoltà dell'anima razionale del nostro licenziando; veri vasi consacrati al Signore, perché hanno preziosamente custodito dentro di sé la divina teologia. Con libera scelta la sua volontà ha anteposto la teologia a tutte le altre scienze. L'intelletto ha indagato ed è pervenuto a solidissime conclusioni; la memoria poi le serba in se stessa, per diffonderle a tempo e luogo opportuno.

Hec vasa igitur recipiant id quod do, ut dicebat verbum propositum. Dabo enim licentiam istis potentiis ut quidquid quesierint invenerint vel voluerint sibi placibile sit ratum firmum solidum autenticum approbatum.

Et hoc quia ponit tertio "acceptatio magistrorum eternalis veritatis", quia dicitur «in domum que edificatur nomini Domini», idest ut dicit tertium verbum thematis inter me et vos, scilicet theologie magistros.

Questi vasi dunque accolgano quel che io do, come voleva il versetto posto a tema del sermone. Darò licenza alle predette facoltà: che tutto quanto abbiano cercato, trovato, o quanto desiderato a loro gradimento, sia valido confermato stabile autentico approvato.

Ragione di ciò è il terzo elemento della divisione, la "accettazione dei maestri della verità eterna", perché si dice «nel tempio che sarà eretto al nome del Signore» (I Cronache 22,19); ovvero, come vuole il terzo elemento del versetto tematico, tra me e voi, ossia maestri di teologia.

Plane, mei amatissimi domini, magistri eternalis veritatis idest sacratissime theologie, hunc nostrum licentiandum acceptaverunt, voluntque ut introducam ipsum «in domum que edificatur nomini Domini», idest infra eorum collegium quod est quasi domus que edificatur in laudem et gloriam nominis creatoris. Scribitur enim Gen. xxviij «Non est hic aliud nisi domus Dei et porta celi».

È chiaro, miei carissimi signori, che i maestri dell'eterna teologia, o sacratissima teologia, hanno acccolto questo nostro candidato alla licenza; e desiderano che io lo introduca «nel tempio che sarà eretto al nome del Signore»; ovvero nel loro collegio, che è quasi il tempio costruito a lode e gloria del Creatore. È scritto infatti in Genesi 28,17: «Proprio questa è la casa di Dio, questa è la porta del cielo».

In hanc domum introducam hodie nostrum examinatum dando sibi licentiam, faciamque eum talis domus dominum et proprium possessorem.

Attamen, noviter licentiande, antequam dem licentiam, iurabitur: «Primo» etcetera. Et sequntur sex iuramenta posita superius in prima licentia[3].

Ad laudem igitur et gloriam, prout ibidem continetur.

E in questa casa intendo introdurre oggi il nostro esaminato concedendogli la licenza. Di tale casa lo farò signore e legittimo proprietario.

Prima della licenza però, o nuovo licenziando, si farà il dovuto giuramento: «Primo, sarò fedele» eccetera eccetera. Seguono i sei capi di giuramento riportati sopra in occasione della prima licenza.

A lode e gloria, eccetera, come nel medesimo luogo.

[ Pisa 1390-1391 ca. ]

[ Firenze 2009 !]

Vesperie...

 


[1] Capitolo generale 1378, MOPH IV, 449/18-24: «Studium generale in Romana provincia, quod consuevit esse in Florencia, quia ibidem propter guerras non potuit congregari, ponimus in conventu pisano eiusdem provincie quousque provideatur de loco tranquillo; et facimus lectorem principalem fr. Iohannem Dominici Eugubinum; ad legendum Sentencias ibidem fr. Benedictum Franciscum; magistrum studencium fr. Iohannem de Cachina [= de Cascina?]; ad legendum ibidem bibliam fr. Fridericum de Fulgino». Qui Federico è baccelliere biblico, ruolo anteriore a quello sentenziario.

[2] glausit = clausit; sonorizzazione non estranea al sistema fonetico dell'area. Nota ancora: Federigus (si alterna con Federicus ), ecc.

[3] Nel medesimo codice, ff. 101r-102r. Formula del giuramento in M. Soriani Innocenti, La prédication à Pise: le cas du frère dominicain Simone de Cascina (1345-1420 env.), AA. VV., De l'homélie au sermon..., Louvain-la-Neuve 1993, p. 271: fedeltà alla chiesa romana (I), difesa della fede cristiana (II), esaltare la città di Pisa (III), onore e venerazione del grado magisteriale (IV), nulla dire o fare contro Pisa e il suo governo (V), non spendere per il festeggiamento più di quanto stabilito dal diritto (VI). ID., Per la storia dell'Università di Pisa: ricerche e documenti, «Bollettino storico pisano» 63 (1994) 207-17, giuramento in pp. 216-17.


Andrea di Buonaiuto da Firenze, capitolo SMN_est, s. Tomm. d'Aquino (1365-67): Veritatem meditabitur guttur meum (Prov. 8,7)

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