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 Andrea di Buonaiuto da Firenze, capitolo SMN_est (1365-67): san Domenico da Caleruega fondatore dei frati Predicatori mostra la "via salutis" fra Uberto di Guido da Nipozzano

OP 1299 ca., † 1348

 

 

Nipozzano: in bassa Val di Sieve, poco a monte di Pontassieve, nel piviere San Lorenzo a Diacceto, in diocesi Fiesole (M. Giusti - P. Guidi, Rationes decimarum Italiae. Tuscia, II, Città del Vat. (Studi e testi 98) 1942, 51 n° 937); oggi in provincia di Firenze.

Raccolgo qui e riordino notizie documentarie su fra Uberto - figlio del convento fiorentino - sparse in mie diverse pubblicazioni. Frate eminente per curricolo scolastico e prestigio cittadino. Ma le testimonianze permettono anche di abbozzare la sua personalità (cosa alquanto rara): svelano il suo rigorismo teologico, nonché gli irruenti tratti temperamentali. Fra Uberto "tradizionalista e inflessibile" - diremmo oggi. Contrasta le novità del tomismo nascente, si oppone con irriverenza ed arroganza a quanto determinato dal suo lettore principale, usurpa indebitamente competenze di baccelliere («superbe et arroganter multa dixit», anno 1315). Predilige la solitudine della propria cella; tutto dedito ai libri sacri, detesta i racconti dei pagani e le fandonie dei poeti: «gentilium ystorias et poetarum fabulas renuens», a detta del cronista conventuale.

Emilio Panella OP

 San Domenico di Fiesole, aprile 2017

 

 

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Notizie vaganti sull'antico castello di Nipozzano

Risultati immagini per NipozzanoPosto sulla sommità d'una collina, a 350 m. di altitudine, domina la confluenza tra Arno e Sieve, il castello di Nipozzano è stato uno dei più potenti fortilizi del contado fiorentino, oggi sicuramente quello della zona di Pelago che conserva le maggiori strutture medievali. Un tempo era dominato dalla possente mole quadrilatera del cassero, ricordata fin dal 1371, e circondato da due giri di mura che racchiudevano anche l'abitato.

Antico feudo dei conti Guidi, la cui signoria sopra Nipozzano fu confermata dai diplomi imperiali del 1164, 1191 e 1220, e terminò quasi certamente prima del 1225 dal momento che non si fa menzione di questo castello nell’atto col quale i cinque figli di Guido Guerra si divisero i beni aviti in questa parte del contado.

Campanile della chiesa San Niccolò

Il castello sarebbe poi passato sotto il controllo dei da Quona, poi ceduto - insieme al suo distretto - all’Abbazia di San Fedele a Strumi (Poppi). Certo è che nel 1218 l’abate di San Fedele, per pagare un debito contratto con la famiglia Adimari, fu costretto a concedere in affitto per il periodo di cinque anni, tutte le terre, case e vigne che l’abbazia possedeva a Nipozzano (concessione ripetuta anche nel 1275). Nel 1283 i monaci rinunciarono definitivamente al loro patrimonio di Nipozzano cedendolo a Bindo dei Cerchi in cambio di terre più vicine alla città.

Nipozzano fu in mano fiorentina fin dagli inizi del Trecento; sembra che la Repubblica vi tenesse un suo castellano, come risulta da atti del 1313 quando ricevette l'incarico di sorvegliare il passaggio dell'esercito di Arrigo VII. Verso la fine del Trecento il castello conobbe il periodo di massimo splendore: passato alla famiglia fiorentina degli Albizi, fu trasformato in splendida dimora di campagna, ritrovo di artisti e letterati. Abbellito ulteriormente nel corso dei secoli fino a inizio Seicento, in tempi recenti è passato ai Frescobaldi (1925). Della dimora voluta dagli Albizi rimangono ancora vari elementi architettonici riferibili al Quattrocento.


  1299 circa: fra Uberto di Guido da Nipozzano veste l'abito domenicano

Vedi ultima testimonianza, da Cronica fratrum Sancte Marie Novelle de Florentia vol. I, f. 32v: «Vixit in ordine annis la [= quinquaginta] vel circa. Obiit autem anno Domini MCCCXLVIII in kalendis maii».

  Settembre 1310: assegnato studente a Parigi

Capitolo provinciale di Orvieto 1310, convocato (MOPH XX, 175/22-23) per la festa dell'Esaltazione della Croce, 14 settembre:

«Assignamus studentes Parisius fr. Stephanum de Roma, Ubertum Guidi de Florentia et Petrum de Prato de Sancto Georgio» (MOPH XX, 179/23-24).

Qui "de Florentia" non denota luogo di nascita ma filiazione conventuale.

■ Il capitolo provinciale Perugia 1308 aveva posto lo studio delle arti e della logica nel convento di Arezzo; lettore fra Ambrogio da Firenze, «cui assignamus studentes fratres Ubertum etc.» (MOPH XX, 170/24-26). Non è certo che si tratti del nostro Uberto, ma cronologia e confronto con gli omonimi ne suggeriscono la probabilità (vedi il ricorso degli omonimi in XX, 399a voce "UmbertusUbertus").

  Arezzo, agosto 1315: gravi punizioni al baccelliere fiorentino fra Uberto

Testo rielaborato da: I quodlibeti di Remigio dei Girolami, «Memorie domenicane» 14 (1983) pp. 13-14; Note di biografia domenicana tra XIII e XIV secolo, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 54 (1984) 270-273; Nuova cronologia remigiana, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 60 (1990) pp. 290-291; "Ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti" (Dante Alighieri). Lectio, disputatio, predicatio, in AA. VV., Dal convento alla città. Filosofia e teologia in Francesco da Prato OP (xiv secolo). Atti del Convegno Internazionale di Storia della Filosofia Medievale (Prato, Palazzo Comunale, 18-19 maggio 2007), Firenze 2008, pp. 118-121.

Non vi è storico, in riferimento alle prime vicende del tomismo, che non evochi il caso di fra Uberto da Nipozzano del convento fiorentino. Il capitolo provinciale del 1315, convocato in Arezzo per la festa di San Domenico (MOPH XX, 193/3-5), a quel tempo celebrata il 5 agosto, punisce e rimuove per un biennio dall’insegnamento fra Uberto di Guido baccelliere fiorentino. Importante testo capitolare in MOPH XX, 197/10-34:

«Item quia frater Ubertus Guidi baccellarius florentinus hoc anno in conventu florentino dum disputaretur de quolibet in conspectu multitudinis fratrum, secularium, clericorum et aliorum religiosorum, temerarie non solum in ipsa disputatione sed etiam in cathedra dum legeret multa assertive dixit contra sanam et sacram doctrinam venerabilis doctoris fratris Thome de Aquino, quodque in irreverentiam prefati sacri doctoris et contra reverentiam sui lectoris superbe et arroganter multa dixit, quod etiam inauditum est determinando in cathedra contra determinationem ipsius sui lectoris, prout omnia clare probata sunt tam per suamet verba quam etiam per testimonia veridicorum et scientificorum studentium qui presentes in omnibus extiterunt, ne talis et tanta culpa, sicut non debet, pertranseat impunita et sibi sit ac ceteris fratribus in posterum in documentum pariter et exemplum “non plus sapere quam oporteat sapere, sed sapere ad sobrietatem” [Rom. 12,3], habita super predictis diligenti consultatione cum discretis et scientificis fratribus, imponimus ac districte mandamus eidem fratri Uberto ut illa que sic temerarie et contra veram doctrinam prefati doctoris dixit coram multis sic congregata multitudine fratrum et aliorum litteratorum virorum secularium, clericorum et aliorum religiosorum, studeat illa pure et sincere ac humiliter retractare prout et quando reverendus pater prior provincialis sibi duxerit imponendum, et ipsum per biennium omni lectione omnique disputatione cuiuscumque facultatis ac magisterio studentium et omni actu scolastico privamus, et ipsum de conventu florentino removemus et pistoriensi conventui assignamus et x dies in pane et aqua ieiunandos sibi damus» (MOPH XX, 197/10-34).

provo a farne traduzione italiana (che c'impone di capire il testo originale, perfino i dettagli!): «Fra Uberto di Guido, baccelliere fiorentino, nel corso di quest’anno scolastico [1314-1315] mentre in SMNovella si teneva una disputa quodlibetale alla presenza di molti frati, di secolari, di chierici e religiosi d’altri ordini, ha osato sostenere temerariamente, e non solo nella disputa ma anche in cattedra tenendo lezione, molti asserti dottrinali contro la sana e sacra dottrina del venerabile dottore fra Tommaso d’Aquino. Irrispettoso sia verso il sopraddetto sacro dottore sia verso il proprio lettore, si è abbandonato a parole saccenti e arroganti. E cosa estremamente più grave e inaudita, ha osato definire in cattedra la disputa contro la determinazione data dal suo stesso lettore. Fatti assodati e per ammissione dello stesso fra Uberto e per la testimonianza di veritieri e maturi studenti che erano presenti. Siffatto deplorevole comportamento non deve restare impunito; se ne deve anzi trarre insegnamento ed esempio d’un “sapere misurato e senza presunzioni, un sapere sobrio” [cf. Rom. 12,3]. Dopo diligente consultazione con frati prudenti e saggi, ecco quel che imponiamo e fermamente ordiniamo a fra Uberto: a) quanto ha temerariamente e pubblicamente asserito contro la vera dottrina del dottore fra Tommaso, lo ritratti senza ambiguità davanti ai molti frati, ed altri letterati secolari, e chierici e religiosi d’altri ordini, dove e quando il priore provinciale determinerà; b) lo priviamo per un biennio di ogni tipo d’insegnamento, di disputa di qualsiasi livello, di supervisione sugli studenti, e di ogni attività scolatica; c) lo rimoviamo dal convento fiorentino e l’assegnamo a quello pistoiese; d) gli imponiamo dieci giorni di digiuno a pane ed acqua».

Nel corso dell'anno accademico 1314-1315 fra Uberto,  in atto di pubblico insegnamento in Santa Maria Novella, fa pronunciamenti dottrinali («assertive» non «recitando») contrari alla dottrina di fra Tommaso d'Aquino († 1274; non ancora canonizzato, lo sarà nel 1323). E questo sia durante una disputa quodlibetale aperta al pubblico e alla presenza di molti frati, secolari, chierici e religiosi d’altri ordini, sia in lezioni ordinarie da baccelliere. Ordinariamente le dispute quodlibetali le si tenevano nel periodo di quaresima, che nel 1315 cadeva tra febbraio e marzo.

Ma non è il solo punto a suscitare il biasimo dei definitori capitolari. Indire, presiedere e concludere autorevolmente («determinare») la disputa quodlibetale è competenza del maestro (quilibet, quodlibet = chiunque, qualsiasi cosa; qualsivoglia domanda posta non importa da chi  = de quolibet a quolibet; temi sollevati dall'assemblea, non proposti dal maestro). Il baccelliere Uberto vi prende parte in ruolo di respondens di prima istanza, sotto la guida e la responsabilità del maestro. Nei riguardi di costui Uberto tiene un comportamento irriverente; non semplice sfogo temperamentale, ma arrogante e pertinace difesa di tesi controverse: «superbe et arroganter multa dixit». E, cosa estremamente più grave («inauditum est»!), osa definire in cattedra la disputa contro la determinazione data dal maestro. «In cathedra»: lo si addebita due volte all'intemperante baccelliere (MOPH XX, 197/13.17).

«Baccalarii autem qui legunt extraordinarie non ascendant cathedram propter reverentiam magistrorum», si legge nelle prescrizioni capitolari (Milano 1278: MOPH III, 197/4-5); «Item ordinamus quod cursores Sententiarum in cathedra lectoris principalis non sedeant quando legunt» (MOPH XX, 68/30-31, a. 1284; 79/14-15, a. 1287). Ciò che più di tutto ha indignato i partecipanti alla disputa (costoro testimoniano dello svolgimento dei fatti) e gli stessi definitori è che Uberto si arroga il diritto spettante al maestro di determinare la disputa, e risolve in opposizione alla soluzione data dal maestro stesso; lo testimonia l'«inauditum est» (MOPH XX, 197/17).

Chi era il maestro che soprintendeva alla disputa quodlibetale? Quali le tesi dibattute?

Alla prima domanda si può rispondere con verosimile attendibilità. Nel 1313 (anno scolastico 1313-1314) lettore fiorentino è fra Matteo degli Orsini (MOPH XX, 190/19). Nessuna provvisione per il lettore fiorentino nel capitolo provinciale 1314. Nel 1314-1315 Matteo degli Orsini è certamente a Parigi (cf. J. Koch, «Miscellanea F. Ehrle» I, Città del Vaticano 1924, 277-78; «Archivum Fratrum Praedicatorum» 1938, 28 n. 12, 63). Nel terzo prologo su san Paolo, Remigio dei Girolami OP dice: «Anno preterito, sicut sciunt illi qui fuerunt presentes, ego cum essem simul in alio officio occupatus, utpote simul existens prior et lector, quousque de alio provideretur lectore... » (Bibl. Nazionale Centrale di Firenze, Conv. soppr. G 4.936, f. 324va). Secondo il cronista settecentesco Vincenzo Borghigiani OP (raccoglieva notizia attendibile?) Remigio fu priore nel 1314 (Per lo studio di fra Remigio dei Girolami († 1319), Pistoia 1979, 229). Nel 1316 lettore fiorentino è fra Angelo (MOPH XX, 201/19). La candidatura di Remigio al lettorato fiorentino 1314-15, alla vigilia del suo ritiro dall'insegnamento, è attendibile. Diventa l'unica possibile se si ricorda che la disputa quodlibetale, specie in uno studium generale, comporta il titolo magistrale. Ora tra nomina del maestro Gentile degli Stefaneschi a vescovo di Catania (1296) e conseguimento del magistero (1318-1321) di Matteo degli Orsini, Remigio è l'unico maestro in teologia della provincia Romana (Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi II, 21: MOPH XXII, 135; «Archivum Fratrum Praedicatorum» 1937, 87, 107; 1938, 35).

Più difficile rispondere alla seconda domanda. Ricordiamo che Uberto di Guido viene assegnato studente a Parigi nel 1310 (MOPH XX, 179/23-24); Remigio dei Girolami era priore provinciale. Gli anni 1308-1313 coincidono con la prima fase del dissenso di Durando da Saint-Pourçain OP dalle tesi tomasiane e relativi interventi dell'ordine. Ma poiché Uberto non ha lasciato alcuno scritto di scuola, risulta vano ogni tentativo di rintracciare derivazioni dottrinali. Non resta che indicare l'area teologica d'ispirazione tomasiana coperta dal magistero di Remigio (e principalmente la produzione quodlibetale) quale probabile ambito del dissenso di Uberto. Si noti un brano dell'articolo biografico di fra Uberto: «gentilium ystorias et poetarum fabulas renuens» (Cronica di Santa Maria Novella n° 331; ed. Orlandi, Necr. I, 68 omette ystorias et), assiduo lettore solo della bibbia e santi padri. «Renuens» suona netto e incompromesso rigetto. Bisogna intravvedervi un temperamento intellettuale intransigente nei riguardi della cultura e letteratura pagana? I tratti culturali delle resistenze coeve o immediatamente posteriori alla teologia di Tommaso d'Aquino non avevano una matrice essenzialmente conservatrice rispetto al nuovo corso indotto da Tommaso nella «sacra doctrina»? "Filosofeggiano troppo, questi teologi; più theophantes che theodocti"! Sappiamo con quanta ampiezza d'informazione e simpatia Remigio valorizzi e impieghi - specie nei trattati politici - le fonti della letteratura pagana e le "virtutes politicae"della romanità classica.

Uberto è punito con un biennio d'interdizione dall'insegnamento, rimozione da Firenze e assegnazione a Pistoia, dieci giorni a pane e acqua: provvedimenti presi in consultazione «cum discretis et scientificis fratribus» (MOPH XX, 179/24). Difficile pensare che Remigio, predicatore generale con diritto di partecipazione al capitolo, lettore e priore di Firenze, e certamente frate «scientificus» di punta in quel tempo, sia stato estraneo alle severe misure contro la dissidenza intellettuale del suo baccelliere.

Dante: «Si come il baccialier s’arma e non parla | fin che 'l maestro la question propone, | per approvarla non per terminarla, | cosi m’armava io d’ogne ragione» (Parad. XXIV, 46-49). Rivive in «s’arma» di Dante la radice cavalleresca del baccelliere (il donzello aspirante al cavalierato e che combatte all’ombra del cavaliere) alimentata dalla lettura delle «ambages pulcerrime» del ciclo arturiano (De vulg. eloqu. I, X, 2). Cf. La chanson de de Roland v. 3197: «De bachelers que Carles cleimet enfanz».

Per il ruolo che nella disputa quodlibetale svolge il baccelliere sotto la guida del magister vedi informazioni in P. Glorieux La littérature quodlibétique I, Kain 1925, 36-38; II, Paris 1935, 24, 31-35, 40. Uberto assegnato studente a Parigi nel 1310, durante il provincialato di Remigio: in quegli anni Durando da Saint-Pourçain O.P. conduceva il suo attacco a Tommaso d'Aquino; cf. J. KOCH, Durandus de S. Porciano O.P. Forschungen zum Streit um Thomas von Aquin zu Beginn des 14. Jahrhunderts, Münster 1927; ID., Die Jahre 1312-1317 im Leben des Durandus de Sancto Porciano O.P., in «Miscellanea F. Ehrle» I (Studi e Testi 37), Città del Vaticano 1924, pp. 245-305. Non resta che far riferimento alle tesi di Tommaso contrastate nella letteratura scolastica di quegli anni e, in primo luogo, agli scritti di Remigio, specie ai quodlibeti: I quodlibeti di Remigio dei Girolami, «Memorie domenicane» 14 (1983) 2-149.

  Firenze 1318: assegnato lettore nel convento di Viterbo

Capitolo provinciale Firenze 1318: «Assignamus lectores: ....  in conventu Viterbiensi fr. Ubertum Guidi Florentinum» (MOPH XX, 206/25-26).

Dopo il punitivo intervento del capitolo provinciale Arezzo agosto 1315 - rimozione biennale dall'insegnamento e assegnazione al convento pistoiese -, fra Uberto recupera le sue pubbliche funzioni conventuali: viene nominato insegnante principale (lector, non semplice baccelliere) nel convento Santa Maria in Gradi di Viterbo.

  Firenze 1329: fra Uberto, lettore del convento fiorentino, eletto (6.VI.1329) arbitro nel lodo (3 e 6.VIII.1329) tra ospedale Santa Maria Nuova e famiglia Portinari

Arch. di Stato di Firenze, Dipl. S. Maria Nuova 6.VI.1329 (più rotoli pergamenacei). Lodo (3.VIII.1329 nel palazzo episcopale, e 6.VIII.1329 nel capitolo di Santa Maria Novella) di fra Uberto di Guido OP, arbitro eletto (6.VI.1329), nella lite tra i Portinari eredi di Folco fondatore dell'ospedale Santa Maria Nuova di Firenze e gli ospitalieri del medesimo ospedale (visto giugno '97, v. quad.). Nel medesimo diploma altri atti legali connessi, 1329-1330.

Importante documentazione circa lite tra l'ospedale Santa Maria Nuova e i Portinari per il diritto di patronato. I contendenti eleggono fra Uberto arbitro del lodo. In rotolo I, pergamena 1a: «volentes dicte partes... ad pacem et concordiam devenire..., consenserunt expresse... et compromisserunt alte et basse in religiosum honestum discretum virum fratrem Ubertum Guidi, lectorem ordinis fratrum Predicatorum de Florentia, presentem et recipientem de licentia religosi viri fratris Mattei Iohannis [Cronica SMN n° 290] prioris dictorum fratrum...; dantes et concedentes dicte partes, ... omni via et modo quo melius potuerunt, dicto fratre Uberto arbitro et arbitratori plenam dicentiam... laudandi arbitrandi sententiandi componendi...».

La sentenza di fra Uberto, emessa nel palazzo episcopale di Firenze, la si legge nelle pergamene 2a -4a (3.VIII.1329). Idem in Dipl. S. Maria Nuova 6.VI.1329, rotolo II (diplomi "originali", questi: cosi almeno annotai nel mio quaderno, consultazione giugno 1997).

Rotolo II, originale. Attualmente 3 pergamene cucite insieme, la 3a scucitasi dal rotolo. Ne manca una quarta? L'atto 22.II.1329/30 della copia 1352 di Rotolo I, qui è assente. 3.VIII.1329: «Nos fr. Ubertus Guidi lector ordinis fratrum Predicatorum de Florentia arbiter… assumptus… de assensu et licentia fr. Mathei Iohannis prioris dictorum fratrum Predicatorum…».

Rotolo I, più pergamene cucite: è copia esemplata il 26.X.1352. Nella sezione ultima del rotolo, altro lodo sentenziato da Lapo abate di San Miniato a Monte per commissione da Angelo di Monte degli Acciaiuoli OP vesc. di Firenze, con lettera 1.III.1345/6. Scriptores Ordinis Praedicatorum... IV, 27.

  Firenze, 24 febbraio 1330: promulgazione degli statuti dell'ospedale, redatti da fra Uberto, lettore del convento fiorentino

Roma, Bibl. Corsiniana, Rossi 9 (44.G.6) (xiv), f. 1-6v: "Chapitoli delgl'ordini dello spedale e chiese di Santa Maria Nuova et di San Gilio di Firençe".

Inc. prol.: Al nome di Dio, amen. Qui apresso sono scritt'i capitoli degli ordini dello spedale e chiese di Santa Maria Nuova e di San Gilio di Firençe. Inc. c. 1°: Inprima cu(n) ciò sia cosa che lo spedalingho debbia essere et sia exemplo agl'altri di vita laudabile e d'onestade e d'abito, è ordinato che 'l detto spedalingho porti l'abito usato del detto spedale.

Expl.: Tutti i detti capitoli furono ordinati e facti per lo discreto religioso frate Uberto Guidi di Firençe, lectore de' frati di Santa Maria Novella, per commessione facta di ciò in lui dal venerabile padre messer Francescho veschovo di Firençe... I detti capitoli furono lecti e piuvicati e dati al detto spedalingho <scil. prete Lorenço figliuolo Giacobini de Bibiena> per ser Salvi Dini notaio di Firençe per lo detto frate Uberto, in presençia del detto frate Uberto e del detto vescovo e de' detti padroni, l'anno Mcccxxviiij, indictione terciadecima, dì xxiiij di febraio. Et egli allora gli giurò d'oservargli e fargli oservare come in essi si contiene. Deo gratias, amen.

Cf. Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, vol. IV, Roma 1993, pp. 414-415.

NB/. E se i Chapitoli della Corsiniana, Rossi 9 («Tutti i detti capitoli furono ordinati…»), non fossero che volgarizzamento (anonimo e riadattato) dei "capitoli" del lodo latino di Uberto? Bisognerebbe confrontare i testi!

  Firenze, ospizio di Santa Maria Novella, 12 agosto 1332

Arch. di Stato di Firenze, Dipl. S. Iacopo a Ripoli 12.VIII.1332: «Actum in loco hospitii ecclesie fratrum Predicatorum Sancte Marie Novelle, presentibus testibus… fratre Bene Boromani de Sancto Florentio, fratre Iohanne Pilastri, fratre Ubertino de Vacchereccia, fratre Taddeo Dini, fratre Uberto Guidonis, fratre Iohanne de Becchenugiis et fratre Andrea del Gallo, omnibus dicti ordinis… et omnibus florentin(is).

Dardanus olim Tinghi de Acciaiuolis populi Sanctorum Apostolorum de Florentia…, volens saluti sue anime providere et de bonis suis condere testamentum..., suam disposuit ultimam voluntatem. In primis… Item dixit et voluit… corpus suum sepelliri apud ecclesiam Sanctorum Apostolorum de Florentia. Item reliquid dominam Tanciam uxorem suam… usufructuariam omnium bonorum suorum… Item reliquid[sic] et iudicavit suore Vanne filie olim Lapi Benis Gherardini, recluse in monosterio[sic] dominarum de Ripolis de Florentia, quolibet anno… lib. 10. In omnibus autem aliis suis bonis… Banchum filium suum et Filippum nepotem suum et filium olim Pieri condam filii ipsius testatoris pro equalibus portionibus sibi universales heredes instituit…».

  20 febbraio 1345: fra Uberto, coesecutore testamentario di Matteo di Taddeo Dietisalvi, come disposto nel testamento del 20 marzo 1340

Libri di ricordanze di Santa Maria Novella in Firenze (xiv-xv sec.), «Memorie domenicane» 26 (1995) § 4, pp. 319-320, 340-342.

Arch. del convento Santa Maria Novella di Firenze, I.A.3, Liber <recordationum> novus. Membr., 260 x 193, ff. IV-99-IV', sec. XIV-XV. Contenuto: I) calendario ff. 1'v-13'r; II) registrazioni (ff. 1r-60v) di diritti e obbligazioni, censi annui ecc.; III) tabula per lettere alfabetiche, ff. 79v-84v.

Anno Domini Mcccxliiij die xx februarii frater Ubertus Guidi ordinis Predicatorum et Gualterottus filius olim Taddei Tieri Dietisalvi, tamquam executores facti per Matheum, filium dicti Taddei et germanum dicti Gualterotti, in testamento suo scripto manu ser Iacobi filii condam Iunte Miglorelli de Campi anno Domini Mcccxxxix, xx die mensis martii, inter cetera de mandato dicti Mathei dederunt conventui fratrum Predicatorum Sancte Marie Novelle de Florentia, sive procuratori dicti conventus, aureos nanaginta[sicpro emenda una possessione in comitatu florentino de dicta pecunia, quam dictus Matheus emi declaraverat nomine illius hospitalis de quo procuratori dicti conventus potius videretur. De cuius terre fructibus et redditibus quolibet anno in perpetuum fieret anniversarium dicti Mathei in dicta ecclesia dictorum fratrum ad honorem Dei et pro salute anime ipsius, cum hac conditione quod dicta terra non posset unquam vendi dari tradi concedi permutari cambiari seu aliquo titulo alienari; et quod si contrarium fieret, dicta terra ipso facto devolvatur ad heredes dicti Mathei, qui libere possint de redditibus eius facere anniversarium ipsius Mathei ubicumque voluerint. Et de hoc habemus instrumentum completum factum manu ser Salvi Dini de Florentia.

Eodem anno frater Iohannes Dini de Infangatis, tamquam procurator dicti conventus, emit de dicta pecunia sic recepta, iure et nomine hospitalis de Montelupo dictorum fratrum Predicatorum, a presbitero Iohanne filio olim Fighini rectore ecclesie Sancti Michaelis de Castilione comitatus florentini, vendente pro se ipso et suo nomine et non ipsius ecclesie, quandam petiam terre partim laboratorie et partim vineate cum olivis et arboribus, in populo Sante Marie de Cersina loco dicto "Caro di vico", cui talia dixit esse confinia: a j° ij° et iij° via, a iiij° Leonis Cecchi. De qua terra debet fieri omni anno in perpetuum anniversarium dicti Mathei in dicta ecclesia fratrum Predicatorum de Florentia. Et de dicta emptione habemus instrumentum completum scriptum manu ser Salvi Dini de Florentia anno quo supra, die xvj mensis martii.

Post predicta, anno Domini 1345 ultima die mensis septembris dictus ser Iohannes presbiter, venditor dicte petie terre, posuit corporaliter et misit fratrem Matheum olim Pieri de Campi ordinis fratrum Predicatorum, procuratorem conventus Sancte Marie Novelle ordinis Predicatorum, in tenutam dicte petie terre et in corporalem possessionem. Et de hoc habemus instrumentum completum scriptum manu ser Roberti Talenti Berti de Fesulis. 

Et predicta habentur in supradicto libro car. 32. De redditibus autem predicte terre pro anniversario consuevit fieri pictantia semper sabbato sancto, prout etiam ibidem dicitur (f. 24r).

  Decesso di fra Uberto: 1 maggio 1348

In occasione del decesso d'un frate, il cronista di turno ne redige una breve biografia nella Cronica fratrum del proprio convento. Arch. del convento Santa Maria Novella di Firenze, I.A.1, Cronica fratrum Sancte Marie Novelle de Florentia vol. I, f. 32v:

«Frater Ubertus Guidi de Nepoççano sacerdos et predicator. Hic fuit fama celebris et oppinione venerabilis, in consiliis circumspectus, clarus scientia, cellam amans et usque ad decrepitam etatem habens solatio libros sanctos, gentilium ystorias et poetarum fabulas renuens, sacri canonis libros ac originalia sanctorum cotidie decurrebat. Hic fuit studens Parisius, baccellarius florentinus et magister studentium. Loycalia et naturalia legit pluries sue tempore iuventutis. Fuit insuper lector in conventibus viterbiensi aretino senensi perusino et florentino. Fuit hic etiam supprior florentinus, prior etiam pistoriensis et prioris provincialis vicarius. Vixit in ordine annis la [= quinquaginta] vel circa. Obiit autem anno Domini MCCCXLVIII in kalendis maii».

1348 anno della grande peste, «tempore universalis mortalitatis», come più volte ricordato dalla Cronica (ib. I, p. 65, f. 32r ss).

■ "cinquant'anni circa di vita religiosa": poiché a quel tempo usavano contare anche l'anno di partenza, i 50 anni rinviano l'entrata in religione al 1299 circa.

Primari dati biografici in: Th. Kaeppeli († 1984) - E. Panella, Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, Roma 1993, vol. IV, pp. 414-415. S. Orlandi,“Necrologio”di S. Maria Novella, Firenze 1955, I, pp. 402-403; correggi il testo dell'edizione della Cronica (ib. I, p. 68, n° 331):

ed. Orlandi,“Necrologio”..., I, p. 68

correggi in:

hic fuit celebris...

Hic fuit fama celebris...

gentilium poetarum fabulas renuens...

gentilium ystorias et poetarum fabulas renuens...

hic fuit studens pisis, Baccellarius florentie...

hic fuit studens Parisius, baccellarius florentinus...

   

 


  

 

finis!


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