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Per lo studio..., Pistoia 1979

III

Note sulla documentazione e fonti di Remigio dei Girolami, pp. 79-106

1 Problema delle fonti 9 Libri textus: de casibus, concordantiae, Decreto, ecc.
2 Exempla 10 Vulgata, glossa, correctoria
3 Exempla mariani 11 Interpretatio nominum
4 Autori contemporanei 12 Fonti lessicografiche
5 Roma precristiana 13 Mysteria negli antroponimi
6 Tommaso d'Aquino 14 Grafologia e fonetismi
7 Pseudo-Cirillo 15 Divertissement ed enigmistica
8 Alfragano  

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1. Problema delle fonti

Si tenga presente Contra falsos c. 99 e ultimo: De excusatione et explanatione, pubblicato in Append. I-a. L'interesse del testo non può sfuggire. È un documento d'onestà intellettuale e, nel medesimo tempo, un'eccellente introduzione al metodo di lavoro e all'uso delle fonti di fra Remigio. Vi si dice in sintesi:

- non sempre le fonti sono lette negli originali ma talune sono utilizzate indirettamente;

- talvolta l'auctoritas non è riprodotta nel medesimo ordine che nell'originale ma adattata all'occorrenza;

- l'ordine dei membri compositivi non sempre è stato rispettato;

- motivi: carattere "generale e rapido" della composizione (cursim quodammodo scripsimus), o fretta della scrittura (propter inadvertentiam festinantie in scribendo);

- quanto al testo biblico: è preso talvolta in senso diverso da quello inteso dall'autore, talaltra usato secondo cesure sintattiche diverse dall'originale. Segue ampia motivazione, che trae vantaggio dalla più classica tradizione dell'esegesi medievale di sovrapporre al senso letterale o historicus della sacra Scrittura quello spiritualis a tre gradi ermeneutici (allegorico, tropologico, anagogico). Remigio vi si provvede strumenti e legittimazione teologica dell'allegorismo a tutti i livelli.

Il problema delle fonti è stato sollevato con acuto interesse, vista la varietà tematica degli scritti di Remigio e il carattere enciclopedico delle sue informazioni. Ma in mancanza d'edizioni ampiamente rappresentative della produzione letteraria del frate fiorentino, quanto è stato abbozzato al riguardo può difficilmente beneficiare di contributi qualitativamente nuovi. Più urgente è provvedere edizioni che mirino a rendere cospicuo il testo e a individuare le letture più prossime al testo stesso. Solo una recensione sufficientemente vasta potrebbe - per esempio - appurare il valore qualitativo e quantitativo dit quanto è dichiarato a proposito dell'uso indiretto e accomodatizio delle proprie fonti (Contra falsos 99, 4-9.12-14: Append. I-a).

Per altro verso, il censimento del fondo tre-quattrocentesco della biblioteca di Santa Maria Novella promette notizie meno vaghe stilla consistenza libraria di cui disponevano frati e lettori dello studium di SMN. E data l'abitudine di Remigio di glossare i propri codici, ci si potrebbe imbattere in sorprese più numerose di quelle a tutt'oggi documentabili.

Cf. POMARO, Censimento. Per i codici posseduti da Remigio vedi Append. III § 3, sotto [0.2]. Valutazioni (restrittive) e di natura congetturale sulla biblioteca di SMN prima di Iacopo Passavanti, in DAVIS, Education 427 ss; CAPITANI, Il De pecc. us. 577-78.

Illustriamo il punto: conosceva Remigio direttamente lo pseudoaristotelico De secretis secretorum o lo citava da qualche florilegio di exempla (CAPITANI, Il De pecc. us. 577)?

Dopo aver incontrato il De secretis in De peccato usure c. 13 («Item contra naturam est quod homo naturaliter luxuriosus sit castus, sicut narrat Philosophus de Ypocrate in libro De secreto secretorum») lo si ritrova in Contra falsos c. 51 sul medesimo tema della lussuria e relativo aneddoto d'Ippocrate: «Unde Philosophus in libro De secretis secretorum: Crede michi indubitanter quod coitus est destruetio corporis et abreviatio vite» (Contra falsos c. 51, f. 177ra). In De contrarietate peccati: «De secretis secretorum ad Alexandrum lib. IX» (cod. C, f . 126va-b).

Cf. De secretis secretorum, ed. R. Steele, in R. BACONI, Opera V, Oxford 1920. Per la formazione e trasmissione del testo, cf. M. GRIMASCHI, L'origine et les métamorpboses du ‘Sirr al-‘asràr', «Arch. Hist. Doctr. Littér. MA.» 43 (1976) 7-112.

E lo si ritrova nel sermone Deum nemo vidit umquam di dom. I dopo la Trinità. Qui, anzi, coincide con un curioso esempio d'ntervento correttivo di B sul copista A. Nella colonna sinistra, la redazione di A, il cui testo è viziato da trasposizione, da inversione e (se il titolo del libro era già presente nell'antigrafo) da omissione; in corsivo quanto nel testo è cassato con tratto di penna. Nella colonna destra la redazione corretta; in corsivo quanto aggiunto da B in margine sinistro con segno di richiamo.

Secundum illum modum viderunt eum [sc. Deum] magni doctores et theologi, ut Beda, Origenes, Augustinus et Ieronimus et frater Thomas de Aquino et alii contemplantes et mago. exemplum de Iudeo et perscrutantes divinam scripturam.

 

Secundum illum modum viderunt eum [sc. Deum] magni doctores et theologi, ut Beda, Origenes, Augustinus et Ieronimus et frater Thomas de Aquino et alii contemplantes et perscrutantes divinam scripturam. Exemplum de Iudeo et mago in lib. IV De secretis secretorum (cod. G, f. 159va; l'intero sermone, ff. 159ra-160va).

  Cf. De secretis secretorum, ed. R. Steele, in R. BACONI, Opera V, Oxford 1920, 240-41

 Il rimando con titolo dell'opera e numero del libro fa inclinare a pensare - viste le abitudini di Remigio - a utilizzazione diretta; del resto la natura della correzione supera il restauro per congettura ed esige controllo diretto della fonte. Codice 125 (sec. XIV) della Biblioteca Riccardiana di Firenze contiene il Secretum secretorum magni philosophi Aristotelis (ff. 1-24), cui fa seguito [Arnaldus de Villanova,] De regimine sanitatis (ff. 25-34), Summa de regimine regum compilata a fratre Thoma de Aquino ordinis Predicatorum ad regem Cypri (ff. 35-46) ecc. (cf. H.T. DONDAINE-H.V. SHOONER, Codices manuscripti operum Thomae de Aquino I, Romae 1967, n° 984). A f. 18rb, a margine dell'incipit del lungo racconto del mago e dell'ebreo («Et numquam imperes in hominem qui non credit legem tuam...») c'è una nota di richiamo, di grafia diversa dalla littera textualis:

Ystoria
Magi

A f. 21ra, al margine sinistro in corrispondenza con l'episodio d'Ippocrate («Et currit in ipsa ystoria pulcra et extranca...») c'è un'altra nota simile alla precedente:

Istoria
Ypocratis

Le uniche che ho riscontrate. I due exempla, per l'appunto, menzionati da Remigio. Troppo brevi le due note marginali per un confronto grafologico particolareggiato; l'impressione prima di trovarsi davanti alla medesima mano, e cioè di fra Remigio, non trova conferma in più  posato raffronto.

2. Exempla

E restiamo nella letteratura degli exempla, che costituisce un considerevole interesse di Remigio. Scontate letture dirette (modo di citazione, brani testuali, opere abituali nelle biblioteche religioso-conventuali) quali Dialogi di Gregorio Magno, le Vitae Patrum, le Collationes di Cassiano, la Historia tripartita, le Historiae gentis Anglorum di Beda il Venerabile, la Historia scbolastica («magister in Historiis...») di Pietro il Comestore ecc., ci si può chiedere quale sia la fonte dell'abbondantissima letteratura degli exempla cui si rimanda anonimamente e genericamente: «ut legitur in gestis, in legenda, ut legitur de, exemplum de...»; cui segue nome del santo o della festa liturgica, talvolta con l'indicazione del mese della ricorrenza nel calendario liturgico: «Exempla de sancta Marina in iunio, de Margarita dicta Pelagius in octobri... ».

Nel Contra falsos s'è suggerita l'identificazione della Historia lombardica o Legenda aurea (1263-67) del domenicano Iacopo da Varazze († 1298) come fonte di exempla che altrove non trovano riscontro testuale. E tutti gli exempla riguardanti santi o celebrazioni liturgiche del calendario ecclesiastico si riscontrano regolarmente nella Legenda aurea.

JACOBI A VORAGINE, Legenda aurea, ed. Th. Graesse (1890) rist. anast. Osnabrüick 1969. Lo si citerà semplicemente VARAZZE seguito dalle pagine. Per l'autore cf. SOPMÆ II, 348-59; IV, 139-41. Per i due casi or ora menzionati (sante Marina e Margherita): VARAZZE 353.676-77.

Cronologicamente troppo prossima, la Legenda aurea, a Remigio per poterne esser la fonte?

Va da sé che, laddove l'evocazione termina a un generico «vide exemplum de... » o simili, nessuna collazione testuale può esser prodotta. Ma quando si sia accertata l'utilizzazione della Legenda aurea da parte di Remigio, bisognerà trovare qui ragione dell'enorme massa degli exempla anonimi collegati al calendario liturgico e presenti nella Legenda, prima di peregrinare per remote e preziose fonti della letteratura agiografica. Dopotutto, data la rapida diffusione della Legenda del Varazze, si tratta della fonte più ovvia e più “facile”. Casi di raffronti testuali di discreta lunghezza sono offerti da Contra falsos 13, 9-21. Lo stesso si può dire dei brani letterali dalla legenda di santa Lucia (De peccato usure 625: VARAZZE 31) e san Tommaso da Canterbury (De bono communi 14: VARAZZE 68) riscontrabili nella Legenda del Varazze. E là dove concorrono due fonti probabili, il dubbio può essere sciolto con testi a confronto:

CASSIANO

VARAZZE

REMIGIO

Fertur beatissimus evangelista Ioannes cum perdicem manibus molliter demulceret, quemdam ad se habitu venatorio venientem subito conspexisse. Qui miratus quod vir tantae opinionis ac famae ad tam parva et humilia se oblectamenta submitteret: Tune est, iriquit, ille Ioannes cuius fama insignis atque celeberrima me quoque summo desiderio tuae agnitionis illexit? Cur ergo oblectamentis tani vilibus occuparis? Cui beatus Ioannes: Quid est quod manus tua gestat? At ille: Arcus, inquit. Et cur, ait, non eum tensum ubique semper circumfers? Cui ille respondit: Non oportet, ne iugi curvamine rigoris fortitudo laxata mollescat atque depereat; et cum oportuerit ut fortiora in aliquam feram spicula dirigantur, vigore per nimietatem continuae tensionis amisso, violenter ictus non possit emitti. Nec nostri, inquit beatus Ioannes, animi te offendat, o iuvenis, tam parva haec brevisque laxatio; quae nisi remissione quadam rigorem intentionis suae interdum relevet ac relaxet, irremisso vigore lentescens, virtuti spiritus, cum necessitas poscit, obsecundare non poterit (Collationes XXIV, 21: PL 49, 1312-15). Cum avis quaedam quae perdix dicitur, ut ait Cassianus in libro collationum, viva beato Iohanni a quodam oblata fuisset et ille eam quasi demulcendo tangeret et contrectaret, quidam adolescens hoc videns ad coaevos suos ridendo dixit: Videte quomodo ille senex cum avicula sicut puer ludit. Quod beatus Iohannes per spiritum recognoscens iuvenern ad se vocavit et quid in manu teneret inquisivit. Cui cum se arcum tenere diceret, ait: Quid inde facis? Et iuvenis: Aves inde ac bestias sagittamus. Cui apostolus: Qualiter? Tunc iuvenis coepit arcum tendere et tensum in manu tenere. Sed cum nil ei apostolus diceret, iuvenis arcum distendit. Cui Iohannes: Quare, fili, arcum distendisti? Et ille: Quia si diutius tensus teneretur, ad iacienda iacula infirmior redderetur. Et apostolus ad hoc: Sic et humana fragilitas ad contemplationem minus valida fieret, si semper in suo rigore persistens fragilitati suae interdum condescendere recusaret. Nam et aquila cunctis avibus celsius volat et solem clarius conspicit et tamen naturae necessitate ad ima descendit; sic et humanus animus, cum se modicum a contemplatione retrahit, crebra innovatione ardentius ad coelestia tendit (Legenda aurea 60-61).

Unde et legimus de beato Iohanne evangelista quod ex ista ratione motus ipse ludebat cum perdice, ponens exemplum iuveni deridenti eum de hoc quod apostolus ludebat, de arcu quem ipse iuvenis manu tenebat; qui, ex confessione ipsius iuvenis,
 

 

 

 

 

 

 

 

si diutius tensus teneretur, ad iacienda iacula redderetur infirmior; et subdidit apostolus: «Sic et humana fragilitas ad contemplationem minus valida fieret si semper in suo rigore persistens fragilitati sue interdum condescendere recusaret. Nam ci aquila cunctis avibus celsius volat et solem clarius conspicit, et tamen necessitate nature ad ima descendit. Sic et humanus animus cum se modicum a contemplatione retrahit, crebra innovatione ardentius ad celestia tendi» (Contra falsos 97, 27-37: Append. I-a).

Nel caso dell'ultimo sermone per la Decollazione di san Giovanni Battista non si dà collazione testuale; ma difficile sarebbe spiegare la tessitura del sermone altrimenti che come elaborazione della Legenda del Varazze per la Decollazione del Battista: tutti i riferimenti preterscritturali della vita di Giovanni si ritrovano nel Varazze, perfino quello attribuito a Gregorio, benché qui Remigio abbia avuto cura di annotare libro e capitolo:

Unde Herodes et Herodias miserabiliter vitam in exilio finierunt per Gaium Cesarem [VARAZZE 568-69], licet quidam dicant quod caput Iohannis in faciem eius insuffians ipsam protinus interfecit [VARAZZE 573]. Et Iulianus apostata per mercurium mirabiliter interfectus fuit [VARAZZE 572]. Et manus cuiusdam non credentis in ydria esse caput Iohannis Baptiste statim aruit et ydrie tacte adhesit [VARAZZE 573]. Filia vero Herodiadis a terra absorta est, vel a glacie dissoluta suffocata [VARAZZE 573]. Et brachium spiculatoris fortissimi in aere irrigidatum suspendit ne collum Sanctuli posset percutere, ut narrat Gregorius lib. III Dialogorum c. 37 [VARAZZE 574-75]. [...] Adapta miracula: ... de suspensione ensis et brachii fortissimi longobardi [VARAZZE 574-75], ... de interfectione Iuliani apostate [VARAZZE 572], ... de ydria [VARAZZE 573], ... de exilio ad longas partes Herodis et uxoris [VARAZZE 569], ... de digito non combusto [VARAZZE 574], ... de matrona non comedente donec videret reliquias eius [VARAZZE 574], ... de ecclesia Theodoline [VARAZZE 574] (cod. D, ff. 277va-278rb).

Una curiosa conferma dell'utilizzazione della Legenda del Varazze: il ritmo per san Pancrazio, aggiunto da Remigio in cod. G, f. 406v, marg. sup., termina con una nota lessicografica che rinvia al «glossario»; di fatto né il lemma «Pancratius» né «Pancratas» sono registrati in Papia - il glossario di Remigio, come vedremo subito - mentre il testo risulta una elaborazione da più lemmi dell'Elementarium di Papia. E così come giace in Remigio lo si ritrova nel prologo della legenda di san Pancrazio del Varazze - là dove abitualmente questi dà la derivatio nominum. Qui in colonna, a sinistra il testo di Remigio, al centro quello della Legenda aurea, a destra le voci di Papia alla base dell'elaborazione etimologica.

REMIGIO

Legenda aurea

PAPIA

Pancratius dicitur a pan, quod est totum, et crate vel Christo. Vel, sicut dicitur in glosario: Pancratas dicitur rapina; pancratius flagellis subiectus; pancratus lapis varie coloratus (cod. G, f. 406v; marg. sup.; mano B). Pancratius a pan, quod est totum, et gratus, quod est citius, quasi totus cito gratus, quia in sua pueritia; vel, sicut dicitur in Glossario, pancras dicitur rapina, pancranarius flagellis subiectus, pancras lapis varie coloratus (VARAZZE 340).

 

"Pancra" graece rapina.

"Pancratiari" fiagellis aut tormentis subiecti.

"Pancrus" lapis varius (PAPIA, Vocabulista alle rispettive voci).

3. Exempla mariani

Una sezione di exempla mariani presenta un piccolo rebus, se ci si voglia riferire alla tecnica usuale delle citazioni. Partiamo con i dati.

Nel “De nativitate b. Marie Virginis, II”: Que est ista que progreditur... terribilis ut castrorum acies ordinata? (Cant. 6, 9), una lunga glossa di mano B sviluppa il tema «nativitas eius ostenditur admirabilis», di cui il terzo membro è «ad aciem castrensem et eius terribilitatem». La glossa termina in calce alle colonne della littera textualis:

Et fuit [beata Virgo] totaliter sperantissima in Deo, sicut patet in cantico suo. Et ideo fuit terribilissima demoniis. Exempla multa c. 5, et 28, et 30, et 51» (cod. D, f. 279r, marg. inf., mano B).

A che cosa si vuole rimandare? A un prontuario di exempla dati per numerazione seriale, conosciuto all'autore o al predicatore che avesse voluto sfruttare i sermonari di Remigio? Una semplice nota mnemonica a uso personale di Remigio? A tergo della medesima carta riappare ancora lo stesso sistema di rinvio; ma questa volta con qualche elemento in più, oltre al numero, che può servire da pista di ricerca.

“De nativitate b. Marie Virginis, IV”: Aufer rubiginem de argento et egrediatur vas purissimum. Prov. 25[,4].

[...] Circa primum [scil. nativitas b. Virginis fuit argentea] nota quod per argentum intelligitur natura humana, sicut per aurum natura angelica - ut alibi notatum est - ratione valoris, originis, coloris, sonoritatis etc.; quod est contra illos qui dixerunt ipsam [beatam Virginem] fuisse angelam [...]. Circa secundum nota quod per rubiginem intelligitur peccatum, quia animam rodit, ut alibi notatum est; ipsa autem fuit concepta in peccato originali... (f. 279va).

A fine sermone un segno di richiamo rinvia in calce, a una giunta a tutto rigo ma sempre di mano A:

Quantum ad originem Iob 28[,1]: «Habet argentum venarum suarum principia». [mano B agg.: Quantum vero ad colorem, in Ps.: «Eloquia Domini eloquia casta, argentum etc.»]. Quantum vero ad valorem, in Ps. [65,10]: «Igne nos examinasti sicut examinatur argentum». Quantum vero ad sonoritatem Prov. 10[,20]: «Argentum electum lingua iusti». Exemplum 6m de ymagine argentea. Quantum ad rubiginem, Glosa Luc. 7 «Ardor etc.», quia rodit conscientiam, famam, pecuniam etc. Quantum ad oblationem in Ps. [118, 22]: «Aufer a me obprobrium et contemptum». Solum enim peccatum est res obprobriosa et comptemptibilis. Exemplum 17 m de conceptione beate Virginis. Quantum ad puritatem Exo. 37[,1]: Beseleel - qui interpretatur ‘umbraculurn divinum' - scilicet quando concepit Filium Dei «vestivit archam auro purissimo intus ac foris », idest in mente et in exteriore locutione. Unde Eccli. 50[,10]: « Quasi vas etc. omni lapide pretioso». Exemplum 22 de apparitione in ecclesia beate Agnetis (cod. D, f. 279v, in calce, mano A).

La ricerca si è orientata alla letteratura degli exempla nei codici di provenienza di SMN. BNF, C 8.1173 (XIV sec. inc.) è composto di due blocchi: il primo contiene una silloge della letteratura degli exempla (ff. 1-183); il secondo le opere islamologiche del fiorentino fra Riccoldo da Monte di Croce OP († 3.X.1320; Necr. I, 37-38), il quale trascorse in SMN l'ultimo ventennio di vita. Tra gli exempla, un Liber de miraculis beate Virginis Marie e a ff. 56-119. Ogni miracolo è introdotto da rubrica e numero seriale.

Il miracolo n° 6 inizia: «Dicitur fuisse in Anglia quedam ymago beate Marie Virginis tota argentea que filium totum aureum in brachiis tenebat...». Si racconta poi come dei ladri tentassero nottetempo di trafugare le preziose immagini. Non riuscirono a rimuovere la statua argentea della Madonna, mentre rimossero quella aurea del Figlio. Senonché la Madonna sollevò miracolosamente il suo braccio argenteo e colpì in testa i malcapitati (ff. 60vb-61rb). Il miracolo n° 22 racconta della visione e processione meravigliosa dei cori delle vergini nella chiesa Sant'Agnese in Roma cui prende parte un giovane di santa vita morto dopo aver ricevuto il battesimo (ff. 73vb-75rb). I miracoli corrispondono perfettamente al numero di serie e al contenuto indicato nel sermone surriferito Aufer rubiginem. Quanto al miracolo n° 17 «de conceptione beate Virginis», esso era contenuto nel nostro codice a ff. 69vb-70vb, ma è stato eraso a fondo; a f. 70r, margine destro, si legge una nota di mano posteriore (secolo XV?): «Ideo cassata est quia omnino falsa et fidei contraria»; e a f. 70v, margine sinistro: «Iste fuit diabolus qui confixit hoc mendacium».

Nel sermone precedente, Que est ista, gli exempla 5, 28, 30, 51 sono connessi con la beata Vergine «terribilissima demoniis». Difatti nel Liber de miraculis b. Virginis Marie il miracolo n° 5 racconta del prete sacrista e della donna, entrambi devoti della Madonna, che cadono nel peccato di lussuria. Sono scoperti e messi ai ceppi. Ricorrono pentiti alla Vergine, la quale forza i demoni a mettere in libertà i suoi devoti e a prendere il loro posto ai ceppi (f. 60r-b). Il n° 28 racconta del cavaliere che per recuperare le ricchezze cede la propria moglie al diavolo. La Madre del Signore interviene e sottrae la donna al diavolo (ff. 81rb-82rb). Il n° 30 racconta dei monaci oziosi sul greto del fiume che i demoni tentano di trascinar via con loro. La Madonna, invocata a soccorso, libera i monaci dai demoni (f. 83r-b). Il n° 51 racconta del religioso lussurioso morto annegato. La sua anima è contesa dagli angeli e dai demoni. Interviene la beata Vergine a favore dell'anima del religioso, poiché costui aveva recitato, sul punto d'annegare, un responsorio mariano (ff. 100vb-102rb).

E si può dire qualcosa di più sulla silloge degli exempla di cod. C 8.1173? Remigio aveva avuto sotto mano questo esemplare? Non tutti i miracoli del Liber de miraculis b. Virginis Marie sono numerati in rosso dall'amanuense della littera textualis; in molti casi una mano diversa ha integrato o ripetuto al margine il numero di serie, prevalentemente in numeri arabi (in pochi casi una terza mano tardiva ha notato i numeri). Ora chi confrontasse la morfologia di questi numeri con quella dei numeri arabi di mano B dei codici remigiani sarebbe sorpreso dalla identità di fattura. Ma la parola definitiva la rimetterei a più esperto grafologo. La prova può essere condotta sul lungo indice del codice remigiano G 3.465, ff. 187r-190v, dove mano B annota in margine i inumeri delle questiones da 1 a 116.

Certo è che nell'atto della predicazione, Remigio - e chi avesse usato i suoi sermonari - illustrava il proprio discorso raccontando l'exemplum appropriato ai diversi membri della predica; nella redazione scritta del sermone, l'exemplum è richiamato soltanto con numero seriale del Liber de miraculis b. Virginis. Questo dunque doveva essere un prontuario ben conosciuto e familiare a Remigio e al predicatore del tempo.

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