«Fra Remigio dei Girolami, O.P. taught at S. Maria Novella in Florence for most of the period from about 1273 until a few years before his death there in 1319» (Davis, Prefaz. p. III).
Non v’è dubbio che nella biografia del frate fiorentino, Firenze resta il luogo più documentato per quel che concerne l’attività d’insegnamento, di predicazione e d’impegno politico-religioso. A Firenze Remigio inizia il primo lettorato quando ancora semplice diacono; e a Firenze lo si ritrova il 3.VIII.1279 in occasione del sermone in morte di fra Aldobrandino dei Cavalcanti; nel 1286, 1289 e 1293 in qualità di lettore; dal 1293 al 1297, come testimoniato da una serie di sermoni d’occasione fiorentini; da agosto a novembre 1301, da luglio 1307 in poi (ma non tutti gli anni sono positivamente documentati). Si conoscono le permanenze a Parigi in qualità di baccelliere sentenziario a Saint-Jacques (1297/8-1300) e a Perugia quale lettore del convento della città ospitante la curia romana (1303/4-1305, e forse fino al 1307) (Studio 208 ss.; Un’introduzione, MD 1981, 54-56; Nuova cronologia).
Ma credo che ci si debba guardare dall’estendere a Firenze, quasi per tacita convenzione, la presenza di Remigio quando questa non sia esplicitamente attestata. I decenni 1270-80 - ma anche altri periodi - della biografia remigiana sono poco documentati. La mobilità dei lettori tra i conventi della provincia Romana del centro Italia colpisce chiunque scorra gli Atti dei capitoli provinciali del XIII e XIV secolo. Su quale base invocare un’eccezione per fra Remigio? Il cosiddetto «lettorato perpetuo» di Remigio a Firenze, trasmesso fino all’autorevole Necrologio di S. Maria Novella (1955) di Stefano Orlandi, ha all’ofigine un equivoco di lettura dell’articolo che la Cronica di SMN dedica a Remigio, e prende le mosse dalla poco attendibile Vita del beato fra Remigio di Firenze (1731) di Domenico Sandrini O.P. (Vite dei frati di SMN celebri in santità, ASMN I.A.21, p. 193). E molte datazioni in Firenze dei sermoni d’occasione sono viziate da tale premessa; se ne può rintracciare la catena risalendo dall’Orlandi a I. Taurisano a G. Salvadori a V. Fineschi a D. Sandrini.
Stando così le cose e mancando indizi interni, non risulta suffragata da alcuna evidenza l’affermazione che il trattato Contra falsos sia stato composto «almost certainly in Florence» (Prefaz. p. IV).
E per restare in tema di Contra falsos annotiamo che circa la controversa questione della datazione del trattato Tamburini espone diligentemente quanto di comune possesso nella letteratura remigiana, ma non apporta elementi nuovi per collocare il Contra falsos rispetto al pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303) e al conflitto con Filippo IV il Bello, e dunque rispetto all’abbondante letteratura canonico-teologica cui il conflitto dette occasione: «In conclusione, l’unico dato sicuro per la datazione del Contra falsos è il rimando contenuto alla fine del trattato De bono communi» (Introduz. p. XXXVII).
A proposito del «secundum quosdam sue mensure ignaros, presumptione insanos et carnalitate furiosos» (Contra falsos 27, 61-62) si dice in nota che il sottoscritto «pensa che fra Remigio si riferisca in particolare a Giovanni da Parigi († 1306), De potestate regia et papali» (p. 62 n. 61; cf. Prefaz. p. XIX).
Io avevo scritto che «la reazione di Remigio contro chi nega la regalità temporale del Cristo in quanto uomo non può non evocare alla memoria [dello storico] il nome di Giovanni da Parigi» che nel De potestate regia et papali (fine 1302, inizio 1303) aveva perentoriamente negato la regalità temporale del Cristo per averla riallacciata non alla natura umana del Verbo incarnato ma all’unione ipostatica (Studio 69); il che non ha nulla a che vedere con la questione se Remigio intendesse riferirsi in particolare alla posizione teologica del confratello Giovanni da Parigi. Tono e lessico del duro attacco di Remigio fanno pensare più a un riferimento a movimenti ereticali e dissidenti che a opposte tesi di uomini di schola. La domanda retorica che pongo in Studio 69 include palesemente una risposta negativa; dico infatti, contro un’ipotesi di riferimento a Giovanni, che «la negazione della regalità temporale del Cristo era già stata tema costante degli Spirituali e gioachimiti in clima di critica al temporalismo e corruzione della chiesa» (Studio 69). Se così non fosse, avrei dovuto datare il Contra falsos (almeno i cc. 5-37) dopo il De potestate regia et papali (1302-03) di Giovanni; mentre - come informa lo stesso Tamburini a p. XXXIII - inclino a ritenere il Contra falsos anteriore all’Unam sanctam (1302) e allo stesso Liber sextus decretalium (1298).
[sopprimi in paragrafo §4 e le sue quattro righe, p. 369; errore mio, non del Tamburini, e me ne scuso!]
Si dice nella Prefaz. p. VII: «This larger and more developed homiletic work [Contra falsos] represents, at least in part, an elaboration of distinction collections, a richer and more thematically organized storehouse of allegory than they could provide, just as distinction collections represent an elaboration of the references to the Scriptural appearances of a word provided by verbal concordances»; e in Introduz. p. XXXVI: «Inoltre - e questo ci sembra il caso più emblematico - nei cc. 53,1-74; 54,93-109, e 77,49-67, ed anche 81,9-10 del Contra falsos sono riportati ad litteram e sviluppati alcuni lemmi (Arma, Armatos, Arbor) che si leggono nelle Distinctiones di fra Remigio, senza che si faccia alcun riferimento ad esse, benché altrove - ma nei Sermoni - compaiono due rinvii alle Distinctiones sotto i lemmi Sacerdos e Dulcedo». (Annoto che a questi due rimandi di mano B alle Distinctiones segnalati in Studio 264, se ne può aggiungere un terzo, anch’esso di mano B: cod. D, f. 12v, marg. sin.).
L’identificazione e l’edizione delle Distinctiones bibliche di Remigio (Studio 267-83) contribuirà non poco alla conoscenza della tecnica e fonti sia di opere d’ispirazione omiletica che soprattutto dei sermoni. E la segnalazione di taluni brani del Contra falsos paralleli alle Distinctiones ne sono una prima prova, oltreché un’eccellente conferma dell’autenficità remigiana delle Distinctiones. Ma quanto si afferma nelle due citazioni surriferite sembra dare per scontata la priorità temporale delle Distinctiones rispetto al Contra falsos, visto che - si assume - quest’ultimo utilizza le prime. Ora cod. 516 della Laurenziana, e più precisamente la sezione contenente Postille super Cantica e Distinctiones autografe di Remigio, non offre nessun elemento preciso di datazione, né tale sezione di codice risulta in qualche modo riallacciabile agli anni 1314-16 del riordinamento e trascrizione delle altre opere di Remigio, di cui sono frutto codd. C, G3, G4, D. D’altra parte la collazione tra i testi paralleli nelle Distinctiones e nel Contra falsos non decide la questione se sia quest’ultimo a utilizzare le prime o siano le Distinctiones a rielaborare elementi di distinctiones sparsi nei diversi scritti (specie nei sermonari) di Remigio e quindi anche nel Contra falsos; senza parlare poi di brani di schietto genere letterario di distinctiones che rivendicano piena indipendenza compositiva dalle Distinctiones: così il brano del De via paradisi VII, 41 (cod. C, f. 312rb), dove gli otto membri della distinzione di aqua sono per numero e contenuto diversi dal lemma ‘Aque’ delle Distinctiones (Studio 278-79).
Nel primo testo, Contra falsos 53,1-74, si dice «omnes virtutes generaliter sunt arma habentia septem excellentes conditiones et laudabiles» (53,8-9); sono infatti «arma divina» (Eph. 6,11; Iac. 1,17), «arma fulgida» (Rom. 13,12), «arma potentia vel fortia» (II Cor. 10,4), «arma pretiosa» (II Mach. 11,8), «arma levia» (Mt. 11,30), «arma artificiosa» (Luc. 6,19; I Mach. 14,32), «arma utilia» (Ps. 34,2). Il lemma ‘Arma’ delle Distinctiones ha: «virtutes dicuntur arma lucis... 1° propter celestem originem» (Iac. 1,17; Eph. 6,11), 2° propter impassibilitatem (II Mach. 10,29-30), 3° propter levitatem (Iudit 14,2; Mt. 11,30), 4° propter subtilitatem (II Cor. 10,4), 5° propter splendorem (I Mach. 6,39), 6° propter pulcritudinem (II Mach. 11,8), 7° propter hostium excecationem (II Mach. 10,30), 8° propter pretiositatem (Ps. 34,2)» (Studio 280). Sette membri nel primo testo, otto nel secondo. Corrispondenza testuale si dà solo nel primo, quarto e quinto membro del primo testo col primo, ottavo e terzo delle Distinctiones; le autorità bibliche dell’ottavo membro del testo delle Distinctiones sono diverse da quelle del quarto del testo del Contra falsos; gli altri membri sono diversi nel dettato e nelle autorità. I due testi certamente si richiamano, ma non presentano elementi redazionali che decidano della dipendenza dell’uno dall’altro.
Contra falsos 54,95-109 è identico, salvo minuti adattamenti redazionali, al lemma ‘Armatos’ di Distinctiones 362-76, e nessuna collazione testuale ne può stabilire il rapporto di dipendenza. La stessa cosa mi si deve dire dell’altro caso, Contra falsos 77,51-67 dalle evidenti coincidenze testuali (inclusa l’errata citazione «Apoc. ultimo» in luogo di «Eçech. 47» per contaminazione mnemonica) col lemma ‘Arbor’ di Distinctiones 300-22, dove le autorità per ogni membro sono due contro l’una del Contra falsos. Non mi pare pertanto prudente assumere come scontato che le Distinctiones siano state composte prima del Contra falsos.
Interessanti luoghi paralleli si riscontrano tra Contra falsos 63,7-71 e Quolibet II,14 (cod. C, ff. 88vb-89ra). Se il testo di quest’ultimo corrispondente a Contra falsos 63,7-37 mostra notevoli varianti redazionali e l’inversione d’ordine nella distinzione tra mercatura in senso proprio e in senso improprio, il resto del brano è fondamentalmente identico a Contra falsos 63,38-71, ma con talune varianti redazionali che sembrano migliorare grammaticalmente il relativo brano del Contra falsos; il che farebbe pensare che sia Quolibet II a utilizzare - perfezionandolo - il testo del Contra falsos e non viceversa. Qualora la dettagliata collazione dei due testi confermasse questa prima impressione, il Contra falsos otterrebbe un solido termine ante quem rispetto a Quolibet II, sicuramente datato. Ma la questione dovrà esser ripresa in occasione dell’edizione dei quodlibeti di Remigio.
Le Distinctiones invece sono legate, per una possibile datazione relativa, alle Postille super Cantica. Come abbiamo ricordato, Postille e Distinctiones sono trasmesse dal Laurenziano 516, rispettivamente ff. 221r-266v e ff. 266v-268v. Si tratta d’un codice composito, e le tre parti che attualmente lo costituiscono (commenti al Cantico di Egidio «de Brago», Enrico da Lexington e Remigio dei Girolami) «furono riunite tardivamente, dato che la segnatura a c. 220v è quattrocentesca» (POMARO, Censimento I, 455), molto probabilmente dopo l’inventario 1489 di fra Tommaso dei Sardi, visto che costui recensisce le opere separatamente (Studio 254). La sezione remigiana del codice (ff. 221r-268v) è costituita da quattro sesterni integri, di cui l’ultimo (ff. 257r-268v) comprende parte finale delle Postille e le Distinctiones della lettera A (con annuncio della lettera B). Nelle prime ci sono interventi autografi dell’autore, le seconde - incomplete - sono tutte autografe. Lo stato paleografico e redazionale delle Distinctiones testimonia una bozza di lavoro; Remigio vi è sorpreso in fase di prima redazione, per lo meno di elaborazione (Studio 268-69). Tale stato di cose non lega indissolubilmente le Distinctiones alla datazione delle Postille? Remigio ha abbozzato le Distinctiones sulle carte dell’ultimo sesterno rimaste in bianco quando le Postille erano state integralmente trascritte; in altre parole, le Distinctiones devono esser posteriori alle Postille.
Mentre i tre rimandi dai sermonari alle Distinctiones sono tutti di mano B, e dunque non implicano alcun termine temporale se non quello della morte di Remigio (1319), il prologo delle Postille è trascritto da mano A anche in cod. G4, ff. 314vb-316ra; il che permette d’inferire che queste ultime erano già state composte dall’autore quando mano A lavorava, tra novembre 1314 e agosto 1315, alla trascrizione di cod. G4. Resta il compito, per chi studierà le Postille, di accertarne il termine post quem.