Il testo dell’edizione integrale del Contra lalsos (ben 292 pagine di stampa computando anche le abbondanti note) è accurato nella trascrizione e scrupoloso nell’apparato critico, dove o si annotano gl’incidenti di copia del’copista A e gl’interventi correttivi dell’autore, mano B, o si dà ragione delle emendazioni e scelte dell’editore. Lo studioso del frate fiorentino può fare ampio credito al testo edito del Contra falsos. E se si tien conto che taluni scritti di Remigio dati alle stampe sono talmente scorretti da risultare praticamente inutilizzabili (penso al De misericordia, al De bono comuni, ai sermoni De pace), si apprezzerà ancor più il lavoro del Tamburini, il quale mette a disposizione un eccellente testo d’uno dei più estesi trattati di Remigio.
Qualche riserva s’impone.
Segnalato tra i criteri d’edizione che in parentesi quadre sono chiuse integrazioni quando «si è creduto di individuare una lacuna nel testo (p. LX), il lettore è invitato a ritenere che l’integrazione dovesse far parte dell’esemplare, o comunque voluto dall’autore; autentico da restituire, degradato da distrazione di copia o da altro incidente redazionale. Ora una serie d’integrazioni al testo chiuse in parentesi quadre riguarda consuetudini nel modo di citare opere altrui; l’editore - per fare qualche esempio - integra Causa, can. o cap. nelle citazioni del Decreto o Decretali, o il titolo Ethimologiarum d’Isidoro da Siviglia o De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno o Glosa alla Bibbia ecc. Tali integrazioni sono ingiustificate perché Remigio dà di regola e più frequentemente il numero della causa o le parole d’inizio del canone o capitolo, e nel caso delle Decretali anche del titolo; consuetudine del resto degli autori coevi. In sezioni di scritti dove le Etymologiae d’Isidoro sono ripetutamente citate, Remigio si dispensa dal ripetere ogni volta il titolo dell’opera e dà solo il numero del libro (cf. Divisio scientie cc. 16-20). Per molti autori di cui si conosce o si cita una sola opera, Remigio dà costantemente soltanto il nome dell’autore, accompagnato secondo il caso dal numero del libro o d’altra partizione dell’opera: così Valerius sta per Factorum et dictorum memorabilium, Raymundus per Summa de penitentia, Papias per Elementarium doctrine rudimentum (Glosarium), Huguiccio per Derivationes, Donatus per Ars grammatica, Magister per Sententie, Damascenus per De fide orthodoxa; quest’ultima in particolare non appare sotto tale titolo negli autori medievali latini, che la menzionano talvolta col titolo di Summa o Sententie. Parimenti Gregorius, seguito dal numero del libro, sta per i Moralia di Gregorio Magno. Si legge nel De subiecto theologie:
«Liber non semper intitulatur vel denominatur a subiecto vel a causa materiali sed aliquando ab aliis causis, puta ab efficiente, puta cum dicitur Liber Ysaie vel Ysaias, vel Paulus vel Cato» [= Disticha Catonis] (De sub. theol. 340-43).
Sempre in tema di citazioni, il Tamburini tende ad emendare il testo citato da Remigio a partire dalle edizioni moderne dell’autore citato (altri editori di Remigio avevano persino ‘corretto’ il testo parigino della bibbia usata dal frate fiorentino con quello della volgata sisto-clementina!). Certamente il controllo delle citazioni sulle edizioni può aiutare, in luogo di congetture, a restaurare un brano palesemente corrotto o che non dia senso; ma laddove il caso non si ponga, il testo della citazione deve comparire come riportato nell’opera di cui si cura l’edizione. Esempi. In Contra falsos 12,19-20, in un prestito dalla Glossa al Decreto, si correggono gli anni 706 in 776, 5 in 15, Leone IV in Leone III sulla base dell’edizione romana (1582) del Decreto con Glossa. Quali numeri portava l’esemplare che Remigio aveva sotto mano?, perché questi erano gli ‘autentici’ di Remigio. In 10,48 (brano di san Girolamo in una citazione del Decreto) primum di Remigio, attestato nella trasmissione del testo del Decreto (ed. Friedb. in nota), è corretto dall’editore in previum perché tale la lezione nell’edizione di un’opera di Girolamo. Ci si priva della possibilità d’identificare - quando si volesse - la tradizione manoscritta degli esemplari utilizzati da Remigio. In tali casi sarà utile segnalare in nota le divergenze più notevoli che ricorrono nelle citazioni, non certo ‘correggere’ la lezione che risulti autentica nell’opera di cui si cura l’edizione. Compito dell’editore - ricordiamo - non è procurare un testo corretto in sé ma «la restituzione di un testo che si avvicini il più possibile all’originale» (R. Maas, Critica del testo, Firenze 1975, 1). Il che non dispensa l’editore dall’individuare - se possibile - anche errori o lapsus d’autore. E dopotutto in taluni casi la testimonianza di Remigio - come di qualsiasi altro scrittore - non potrebbe risultare utile, a titolo di tradizione indiretta, anche ai fini della restituire il testo dell’autore citato?
Commentando Politica I, 2 (1253a 3-4) e I, 2 (1253a 27-29) in Contra falsos 76, 68-87, Remigio ricalca palesemente Tommaso d’Aquino, Sententia libri Politicorum I, 1/b (EL 48, A 78,85-99 e A 79,190-97), sebbene inverta la successione dell’articolazione del discorso. In riferimento a Politica I, 2 (1253a 3-4) «qui incivilis propter naturam et non propter fortunam, aut pravus est aut melior quam homo»:
Tommaso ha |
Remigio ha |
Aliqui sunt non ciuiles propter fortunam, utpote quia sunt expulsi de ciuitate; uel propter paupertatem necesse habent excolere agros aut animalia custodire. Et hoc patet quod non est contrarium ei quod dictum est, quod homo sit naturaliter ciuilis: quia et alia naturalia aliquando deficiunt propter fortunam, puta cum alicui amputatur manus, uel cum priuatur cibo (ed. cit. A 78 rr. 85-92). | Si enim homo propter aliquam fortunam separat se a societate aliorum hominum, puta quia est expulsus de civitate vel quia propter paupertatem necesse habet colere agros et custodire animalia, ex hoc non incurrit alteram partem dicte disiunctive. Si enim alicui amputetur manus propter fortunam vel si privetur verbo, non propter hoc est pravus homo, scilicet quasi quedam bestia, vel etiam melior quam homo, quasi scilicet quidam deus id est angelus (Contra falsos 76,73-80). |
L’esempio è dell'escluso dalla comunità civile per un accidente di menomazione fisica («propter fortunam»), e dell'implicito parallelismo tra organo umano e sua specifica funzione annuito dalla mano amputata. La lezione verbo testimoniata da Remigio non può rivendicare qualche probabilità al testo originale tomasiano in luogo di cibo della tradizione accolta dall’edizione leonina? Remigio leggeva un esemplare di Tommaso che portava verbo non cibo, là dove anche Tommaso traeva conclusione che né bando né disabilità privano l'essere umano d'appartenenza alla polis. «Una variante abbastanza interessante», mi comunica padre L.J. Bataillon della commissione leonina.
Per tornare al punto specifico, quando il numero delle partizioni di un’opera (libri, capitoli, distinzioni ecc.) non coincide con le edizioni moderne, non c’è nulla da correggere; il lapsus potrebbe essere accertato solo se sapessimo quale numerazione portavano le partizioni dell’esemplare utilizzato dal nostro autore; e in siffatta materia, la trasmissione manoscritta è sempre molto varia; anzi molto lavoro di sistematizzazione in tale settore veniva svolto proprio nei secoli XII e XIII nel fervore di sviluppo delle tecniche di approntamento di opere provviste di tutti gli ausili di consultazione, dalla divisione in libri o in capitoli agli indici alfabetici (cf. R.H. e M.A. ROUSE, Preachers, Florilegia and Sermons. Studies on the ‘Manipulus florum’ of Thomas of Ireland, Toronto 1979, 38-40 e passim). E si noti il seguente brano di Remigio:
«De numero autem non est vis [sottintendi argumenti] dummodo eadem substantia teneatur, sicut eadem credulitas est nostri et Hebreorum in Paralipomenon cum tamen unus tantum liber sit apud Hebreos et nos in duos propter magnitudinem dividamus, sicut dicit Ieronimus in prologo super eundem librum. Nichil enim est ad substantiam fidei quod biblia per tot capitula dividatur in quot constat non esse divisa a suis autoribus. In Bruto enim Ciceronis dyalogo tres libros assignant cum tamen a suo autore unus sit editus, ut dicit Ieronimus super Paralipomenon» (cod. G3, f. 180vb).
Talune incongruenze nel numero dei capitoli dei libri biblici sembrano reali sviste d’autore (o di copista), dato che la numerazione introdotta da Stefano Langton nel primo ventennio del ’200 era acquisita (cf. A. D’ESNEVAL, La division de la Vulgate latine en chapitres dans l’édition parisienne du XIIIe siècle, «Revue des Sciences Philos. et Théol.» 62 (1978) 559-68; B. SMALLEY, Lo studio della bibbia nel medioevo, Bologna 1972, 311 ss.). I lapsus sono del resto controllabili nei ricorsi di medesimi testi biblici citati altrove con corretto numero del capitolo (il caso si dà talvolta anche in citazioni delle fonti canonistiche: cf. Contra falsos 11,13: cf. 12,13; 13,6, dove si corregga «dist. 95» in «dist. 96»). Ma il modo di citare i libri di Esdra e Neemia ricorre con una frequenza sufficientemente elevata che esclude una svista involontaria caduta sistematicamente in luoghi diversi sul medesimo testo. D’altra parte Esdra e Neemia (= I e II Esdrae) con gli extracanonici III e IV Esdrae avevano collocazione e numerazione fluttuanti nelle bibbie pretridentine. Versi mnemotecnici sul numero dei capitoli dei libri biblici (da attribuire probabilmente al francescano Guglielmo il Bretone, seconda metà del ’200) dicono a proposito:
Esdre dena dat a, Ne [= Neemie] bis epta, b dat vigen epta,
Bis duodena dat a, tenet Esdre b vigen epta,
Sicut habent plures si vis b ter tria dices,
In Neemi numerum vix audeo ponere certum,
Nam varie varios video distinguere libros,
Sed medium tenui, medium tenuere beati.
(GUILLELMI BRITONIS, Expositiones vocabulorum biblie, ed. L.W. e B.A. Daly, Padova 1975, p. XXII).
Correggere sistematicamente i numeri dei libri e capitoli elimina la possibilità d’individuare la bibbia usata dall’autore. Ecco in tabella come tali libri compaiono nelle citazioni di Remigio; in prima colonna la forma delle citazioni in Remigio, poi i corrispondenti testi nella Volgata sisto-clementina, quindi luogo della citazione.
Remigio |
Vulgata |
|
Neem. 3 | II Esd. 3,6 | cod. G4, f. 387v mg., B |
Neem. 4 | II Esd. 4,19 | cod. G4, f. 381va |
Neem. 5 | II Esd. 5,7 | De peccato usure 645,11 |
Neem. 8 | II Esd. 8,10 | Contra falsos 71,42-44 |
Neem. 9 | II Esd. 9,31 | cod. D, f. 211rb |
Neem. 9 | II Esd. 11,1 | Contra falsos 40,72 |
II Esdre 4 | III Esd. 4,16 | cod. D, f. 352vb |
II Esdre 5 | III Esd. 1,53 | De peccato usure 634,10-11 |
II Esdre 9 | III Esd. 3,12 | cod. G3, f. 166va; G4, f. 24ra |
Il Esdre 10 | III Esd. 3,10 | Contra falsos 83,64 |
II Esdre 10 | III Esd. 3,12 | Contra lalsos 52,64-65 |
III Esd. 10 | III Esd. 3,12 | Contra falsos 50,60-61 |
II Esdre 10 | III Esd. 3,20 | Contra falsos 84,5-6 |
II Esdre 10 | III Esd. 3,21 | Contra falsos 85,9-10.14-15 |
II Esdre 10 | III Esd. 4,26 | De via paradisi f. 349/50rb; D, f. 403vb |
II Esdre 10 | III Esd. 4,42 | cod. G3, f. 166va |
IV Esdre 1 | IV Esd. 2,12 | cod. D, f. 169ra |
IV Esdre 2 | IV Esd. 4,2 | cod. D, f. 206va-b |
IV Esdre 3 | IV Esd. 4,6 | cod. D, f. 206vb |
IV Esdre 3 | IV Esd. 5,36 | cod. D, f. 206vb |
Apoc. Esdre scilicet in IV libro (= IV Esd.): cod. D, f. 309ra |
Sufficientemente ampia la lista per trarre qualche utile informazione circa la bibbia remigiana. Neem., II Esd. e IV Esd. (detto anche Apocalipsis Esdre) di Remigio corrispondono rispettivamente a II Esd. (inc. Verba Neemie...; la tradizione latina aveva suddiviso in due, I e II Esd., l'unico libro ebraico), III Esd. e IV Esd. della sequenza nella Volgata sisto-clementina (qui gli ultimi due libri rimessi all'appendice extracanonica). Dissonante la numerazione dei capitoli. E fra tante citazioni, anche un errore d'autore! Contro il coerente «super omnia vincit veritas, II Esd. 10» di Contra falsos 52,64-65 (s'ignori l'emendazione dell'editore), Contra falsos 50,60-61 si lascia scappare «super omnia vincit veritas, III Esd. 10». Il testo, noi lo leggiamo in III Esd. della Volgata. Ma in Remigio - così vuole la nostra lista - è una vera svista involontaria; l'unica da emendre per ristabilire il II Esd. 10 d'autore! Guglielmo il Bretone (1250-70) cita Neem. 8 per II Esd. 8,10; II Esd. 1b per III Esd. 1,12; II Esd. 7 per III Esd. 8,25 (ed. Daly 449, 221, 336). Raimondo Marti († 1284-85), cita Esd. 7a per I Esd. 7, 6, e Neem. 8 per II Esd. 8,1-2 (Explanatio simboli apostolorum [1257], ed. J.M. March, «Anuari de l'Institut d'Estudis Catalans», Barcellona 1908, 453).
Sufficiente, questo spoglio, per dissuadere l’editore dal normalizzare la numerazione dei libri e capitoli dei suddetti libri a quella della Volgata sisto-clementina, così come il ricorso a bibbie pretridentine permette di assicurare lezioni che editori inclinano a ‘correggere’ sul testo della Volgata (vedi qualche esempio più sotto § 18 (§ 6 di ed. a stampa), note al testo di Contra falsos 47,76; 78,71).
Qui in appendice qualche modello di bibbie medievali. Le lettere paoline seguono più frequentemente ai Vangeli, anteposte agli Atti degli Apostoli. La successione dei libri la si arguisce anche dall'ordine di citazione entro le serie di distinctiones bibliche. BAV= Biblioteca Apostolica Vaticana.
modelli di bibbie medievali | ||
Paris, BN lat. 16720 (xiii) |
BAV, Regin. lat. 3 (xiii) |
BAV, Borgh. 25 (xiii) |
161va-169vb: Liber Esdre (= I Esd.) | 204v-210: Esdre (= I Esd.) | I Esd |
169vb-181va: Neemie (= II Esd.) | 210-216v: Neemie (= II Esd.) | II Esd |
181va-193va: II Esdre (= III Esd.) | 216v-224: II Esdre (= III Esd.) | III Esd |
193v-201: Tobie (omette IV Esd.) | 224-229: Tobie (omette IV Esd.) | IV Esd |
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Iohannis | Iohannis | |
Ep. Pauli | Act. | |
Act. | Ep. canonice | |
Ep. canonice | Ep. Pauli | |
Apo. | Apo. |