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È qui che i problemi critici connessi col cod. A 3.1153 chiamano in causa Remigio dei Girolami. Künzle (Prolegomena 23*) conosce la nota di possesso del fiorentino fr. Pietro d’Ubertino degli Strozzi OP († 1362) a f. 1v, margine superiore; la nota, in parte in criptografia, dice:

«Iste liber est fratris Petri de Stroççis ordinis fratrum Predicatorum de conventu florentino, quem emit; constitit florenis tribus; valebat florenus libras tres, soldos quinque. Emi a magistro Remigio presente fratre Guidone Palvi et Philippo de Puppio».

Ma il Künzle, ignorando gl’interventi autografi di Remigio nel codice, ritiene appartenuta a costui soltanto la sezione ff. 3r-284r dell’attuale codice: «Ut ex nota f. Iv apparet, pars complectens opera Bernardi olim erat fratris Remigii, scilicet filii Clari Jeronimi, qui obdormivit anno 1319» (Künzle, Prolegomena 25*). E conclude alla straordinaria importanza del codice fiorentino: «sine dubio ceteris testibus est antiquior» (Prolegomena 26*) per quanto concerne la tradizione delle 27 opere di Bernardo, morto nel 1292.

Ignora gl’interventi autografi di Remigio nel codice in questione, anche nella sezione - come si vedrà - dell’In I Sententiarum di Giovanni da Parigi,  J.-P. Muller, Introduction a Jean de Paris, Commentaire sur les Sentences I, Roma 1961, p. XV, il quale peraltro parla di mano del «XVe siècle?» in riferimento agli interventi autografi di Remigio.

Ma, come ho detto, oltre alla nota di possesso, il codice coinvolge Remigio perché di costui porta interventi autografi. La cosa è stata segnalata per la prima volta dalla Pomaro e da me stesso confermata (Studio 259-60; Pomaro, Censimento I, 343-44). Gl’interventi autografi di Remigio interessano non soltanto la sezione ff. 3r-284r  -  come ritiene il Künzle a motivo della nota di possesso  -  ma tutto il codice. E vediamo in particolare la presenza della mano di Remigio. Convenzionalmente designata mano B, essa è quella che nei codici remigiani interviene a correggere, glossare e integrare. Tale mano, nel codice in questione A 3.1153, continua la tabula là dove il copista aveva terminato la lista della prima parte delle questioni di Bernardo con la chiusa «Expliciunt capitula questionum fratris Bernardi...» (f. 2ra) (corrispondente a f. 177rb nel corpo del codice): scrive cioè per intero la lista delle altre questioni «de cognitione animae» (f. 2rb) (corrispondenti al testo ff. 178r-284r nel codice), scrive per intero gli articoli del quarto quodlibeto anonimo (f. 2rb) (testo ff. 286r-299v nel codice), scrive per intero gli articoli delle questioni dell’In I Sententiarum di «fratris Io[hannis Parisiensis]» (f. 2v) (testo ff. 300r-323v nel codice); scrive inoltre in modulo minuscolo il numero degli articoli sia a lato della lista della tabula che a lato dell’inizio dei singoli articoli o questioni nel corso del codice; annota inoltre al margine superiore della carte «1m, 2 m, 3 m, 4 m» rispettivamente al contenuto dei quodlibeti e delle questioni; annota infine a f. 299v, margine inferiore, la parola «circa», presumibilmente la parola di richiamo di fine carta, là dove finisce in tronco il quarto quodlibeto (incompleto), e «Io[hannis] Pa[risiensis]» a f. 300r, a inizio dell’In I Sententiarum. La familiarità con la scrittura di Remigio non lascia dubbi sull’identificazione di tale mano, e la cosa può esser verificata sul confronto con la vasta sezione d’interventi autografi che Remigio ha consegnato ai margini (e non solo ai margini) dei propri codici. Nelle tavole fuori testo riproduco f. 2r di cod. A 3.1153 e una carta del codice Laurenziano, Conv. soppr. 516 che trasmette l’autografo remigiano delle Distinctiones. Il lettore stesso potrà condurre la collazione delle grafie.

Altre riproduzioni fotografiche della grafia di Remigio sono date nelle Tavole fuori testo I-IV e VII in Studio e in O. Capitani, L’incompiuto «tractatus de iustitia»…,  «Bullettino Istituto Storico Italiano per il Medio Evo» 72 (1960) 129-34.

La distribuzione delle questioni di Bernardo De cognitione animae coniunctae et separatae, il riscontro tra tabula e contenuto del codice, rivelano qualche perturbamento nell’ordine e qualche lacuna. La cosa - come annota lo stesso Künzle - sembra doversi rimettere all’esemplare da cui fu copiato il nostro apografo; secondo l’attestazione di Bernardo di Guido da Limoges a poco più d’un decennio dalla morte di Bernardo de la Treille, costui prevenuto dalla morte non poté ordinare le proprie opere:

«[scripsit] alium [tractatum] de cognitione anime separate quem morte preventus non ita completum dereliquit. (…) Item quedam Quolibet, sed quia illa quando obiit nondum ordinaverat iuxta votum ad plenum et quasdam questiones particulares, et sexterni dispersi manebant, illi qui nimis preoccupaverunt, pro magna parte confuderunt et truncaverunt» (MOPH XXII, 35/15-23).

Remigio, in ogni modo, oltreché possessore di cod. A 3.1153 prima di cederlo a fr. Pietro degli Strozzi, aveva avuto parte nella composizione del libro, forse soprintendendo all’ordinamento del materiale, certamente rifinendolo con l’integrare parte della tabula e con l’annotare la numerazione laterale delle questioni dei quodlibeti e degli articoli. Un’attività che si estende per tutto l’attuale cod. A 3.1153, non soltanto per i ff. 3r-284r (primi tre quodlibeti e questioni di Bernardo de la Treille), visto che Remigio recensisce nella tabula anche gli articoli del quarto quodlibeto e le questioni dell’In I Sententiarum di Giovanni da Parigi. Cosicché l’anno fiorentino 1319 della morte di Remigio è termine ante quem di tutto il cod. A 3.1153.

Pietro degli Strozzi c'informa che acquistò il codice per fiorini 3 quando «valebat florenus libras tres, soldos quinque», quando ciè il fiorino scambiava con lire 3 e soldi 5 (= 65 soldi) in moneta argentea; sborsò dunque in totale lire 9 e soldi 15. Alla coniazione del fiorino (1252) la parità con la moneta argentea fu stabilita su lira 1 (= 20 soldi = 240 denari); poi la moneta argentea cominciò gradualmente a svalutarsi rispetto a quella aurea. A fine Dugento il fiorino scambiava con circa 40 soldi. I 65 soldi per fiorino della nostra nota di possesso rimandano al secondo decennio del Trecento. La parità tra le due monete del sistema bimetallico fiorentino può esser seguìta sugli atti notarili del fondo Notar. antec. dell’ASF. Bisogna ovviamente tener conto di sbalzi in coincidenza con contraccolpi economici e politici della città; ma nell’insieme la curva della svalutazione della lira è sufficientemente costante.

fiorino

lira

 

soldi

denari

1252 20 -
     
1.XII.1294 38 8
     
1303 52 -
27.II.1304 46 2
24.XII.1304 48 -
20.I.1305 53  
1305 58 8
.VII.1306 53 6
6.V.1315 58 -
6.V.1316 57 -
1.IV.1318 68 6
11.XI.1318 61 3
20.IV.1319 64 4
23.VI.1319 63 6
1320 65 -
3.V.1321 65 6
7.XII.1322 66 -

Studente in un seminario col prof. Elio Conti (1975-76) avevo raccolto dagli atti notarili le parità delle due monete nel decennio 1295-1305: da soldi 38 e denari 8 per fiorino del 1.XII.1294 (ASF, Notar. antecos. 13363, f. 34v) a soldi 46 e den. 2 del 27.II.1304 (ASF, NA 9490, f. 73v), soldi 48 del 24.XII.1304 (ASF, NA 9490, f. 74r), soldi 53,8 del 20.I.1305 (ASF, NA 9490, f. 75v). Lista della parità 1279-1300 in A. Castellani, Nuovi testi fiorentini del Dugento, Firenze 1952, 941-42. Nella tabella parità nel primo ventennio del Trecento. Fonti in: F. Sznura, Note su un censimento di locazioni per la ‘Gabella pensionum’ a Firenze nel 1305, «Studi e Ricerche» 1 (1981) 207; A. Sapori,  Studi di storia economica I, Firenze 1955, 316-17 (1315-1348); M. Bernocchi, Le monete della Repubblica Fiorentina III, Firenze 1976, 78-79; C.M. Cipolla, Il fiorino e il quattrino. La politica monetaria a Firenze nel 1300, Bologna 1982. R.A. Goldthwaite - G. Mandich, Studi sulla moneta fiorentina (secoli XIII-XVI), Firenze 1994, 87-102 tab. 3 (1252-1573).

Pietro di messer Ubertino Ubertino degli Strozzi in religione dal 1306, secondo maestro in teologia fiorentino dopo Remigio, 22.IV.1362 (NecrI, 92-93, 499-515). Fr. Guido del fu Salvi da Firenze, OP 1307, † Roma 1340 (NecrI, 57, 364; correggo «Palvi» della criptografia in «Salvi»). Fr. Filippo da Poppi studente in teologia Lucca 1313 e Siena 1318 (MOPH XX, 190/2, 207/23). La cessione del codice a Pietro degli Strozzi va collocata tra 1307 (entrata in religione di Guido) e 1319; nel secondo decennio del ’300, se è lecito supporre che Pietro non acquistasse un codice appena entrato in convento, all’età di 13 anni circa (NecrI, 92). I dati delle parità sopra riportati, oltreché mostrare che Remigio e Pietro si sono attenuti al corso reale del fiorino, suggeriscono che la transazione non sia di molto anteriore al 1319, anno di morte di Remigio.

Domandiamoci: è stato lo stesso Remigio a procurarsi le opere di Bernardo de la Treille e di Giovanni da Parigi per farle poi trascrivere nell’attuale codice fiorentino? Ci si inoltra sul terreno delle ipotesi. Ma non mi sembra irrilevante ricordare i dati certi che, per quanto periferici all’ipotesi, ne potrebbero tuttavia avallare la plausibilità. Come attesta la nota di possesso di Pietro degli Strozzi, Remigio ha posseduto in proprio il codice in questione, visto che lo cede a Pietro in cambio di tre fiorini. Remigio ha conosciuto di persona Bernardo de la Treille poiché ambedue hanno preso parte al capitolo generale tenuto a Santa Sabina in Roma 1292; Bernardo morrà il 4.VIII.1292 proprio di ritorno dal capitolo (Künzle, Prolegomena 10*-11*. Studio 211. SOPMÆ I, 234-37; IV, 53). Tra 1297 e 1300 va collocata la permanenza di Remigio lettore sentenziario in Saint-Jacques di Parigi (Studio 193-98; Il «De subiecto theologie» 7-14); Giovanni da Parigi leggeva le Sentenze nel medesimo convento tra 1292 e 1296, e a Parigi la sua presenza è documentata fino al 1305, prima di trasferirsi a Bordeaux per appellare al papa; a Bordeaux muore il 22.IX.1306 (SOPMÆ II, 517-18; IV, 165-66). Sarebbe del tutto arbitrario supporre che durante il baccellierato parigino Remigio si fosse procurato le opere di Bernardo e il commento di Giovanni al I libro delle Sentenze per fornire la biblioteca in Firenze?

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