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... Quolibet II,1

Questione quodlibetale II,1

originale latino

volgarizzamento (2008) di EP

(... - Utrum Deus possit facere quod materia actu existat sine forma)

(... Può Dio fare che la materia esista in atto senza la forma?)

Contra. Deus non potest facere contradictoria esse simul. Sed existere materiam sine forma actu implicat contradictionem, quia forma est actus et sicut erit actu.

Argomento in contrario. Dio non può fare che realtà contraddittorie esistano simultaneamente. Ma che la materia possa esistere in atto senza la forma, implica contraddizione, visto che la forma è atto ed in stato di atto. Dunque eccetera.

Responsio. Dicendum ad questionem et ad tria argumenta sicut in precedenti quolibet dictum est.

Risposta. Sulla questione e i primi tre argomenti, vedi quanto detto nel precedente quodlibeto.

4. Ad quartum dicendum, licet forma et esse dicantur differre realiter prout esse dicitur fluere a forma, tamen in proposita questione quicquid actuificat materiam vocatur forma eius, quia ipsa de se est pura potentia. Et nichilominus illud esse non potest fieri sine |82ra| actu qui est forma, quia contingit ei per se et inseparabiliter sicut rotundum contingit circulo et esse hominem contingit anime rationali informanti.

Risposta all'argomento quarto. Sebbene forma ed essere siano realtà distinte al modo che l'essere promana dalla forma, nella questione sollevata però quanto dà atto alla materia lo si denomina sua forma, essendo la materia di suo pura potenza. E tuttavia quell'attualità dell'essere non si dà senza |82ra| l'atto che è forma, perché sopravviene ad essa in modalità assoluta e inseparabile, allo stesso modo che la rotondità è congrua al cerchio, e l'essere uomo è congruo all'anima razionale che dà forma.

5. Ad quintum dicendum quod licet causa prima semper plus influat, tamen quando effectus essentialiter dependet a causa secunda, puta sicut rotunditas a circulo et sicut intelligere a potentia intellectiva, per nullam causam primam potest fieri sine secunda, quia implicat contradictionem. Et nichilominus in aliis primis causis preter Deum licet causa prima plus influat, non tamen semper potest in effectum sine causa secunda, quia nec potentia nutritiva potest cibum convertere in nutrimentum sine calore nec faber potest ensem facere sine instrumento.

Risposta all'argomento quinto. Vero è che la causa prima esercita sempre superiore influsso; quanto tuttavia l'effetto dipende essenzialmente dalla causa seconda, esempio rotondità dal cerchio o conoscenza dalla facoltà intellettiva, allora l'effetto nonpuò esser prodotto da nessuna causa prima senza il concorso della seconda, perché la cosa implicherebbe contraddizione. Sebbene dunque nelle altre cause prime - Dio eccetto -, la causa prima esercita superiore influsso, non sempre però può esercitare influsso sull'effetto senza la causa seconda; così come la potenza nutritiva non è in grado di convertire il cibo in nutrimento senza il calore, né il fabbro è in grado di fare una spada senza arnesi.

6. Ad sextum patet responsio secundum ponentes pluralitatem formarum, et etiam secundum illos qui ponunt duas formas[1] in solo homine, scilicet corporeitatis et anime rationalis, quia scilicet forma hominis singularis est, scilicet simul existens forma et hoc aliquid; et adhuc secundum illos qui hoc ponunt in solo homine Christo, quia ipse singularis homo fuit. Unde singulariter corpus eius antequam uniretur anime rationali, ordine - dico - nature, habuit quandam formam corporeitatis per quam corpus propter unionem que fienda erat ad substantialissimam[2] formam scilicet ad divinitatem, ita quod per illam formam fuit corpus sed per animam rationalem fuit corpus humanum.

Risposta all'argomento sesto, per quanti sostengono pluralità delle forme, e per quanti sostengono due forme nell'essere umano, ossia della corporeità e dell'anima razionale, essendo la forma dell'uomo singola, ovvero e in quanto forma e in quanto particolare entità. Risposta anche per quanti sostengono (due forme) nel solo uomo di Cristo, perché egli fu uomo nella sua singolarità. Il suo corpo infatti prima che fosse unito all'anima razionale, e intendo nell'odine della natura, aveva una tal quale forma di corporeità, e tramite essa il corpo era predisposto all'ordinata unione con la sostanzialissima forma della divinità; cosicché in forza della prima forma fu corpo, ma in forza dell'anima razionale fu corpo umano.

Nec tamen equivoce[3] corpus mortuum et vivum debet dici, sicut homo et equs non dicuntur equivoce animalia, licet equs sit animal per animam sensitivam non rationalem, homo vero sit animal per sensitivam rationalem, idest que virtute continetur in anima rationali; immo nec corpus lapidis et corpus hominis sunt corpus equivoce.

Corpo morto e corpo vivo, inoltre, non lo si dice in senso equivoco, così come uomo e cavallo non sono animali in senso equivoco, sebbene cavallo è animale in forza dell'anima sensitiva e non razionale, l'uomo invece è animale in forza dell'anima sensitiva razionale, ossia sensitiva in quanto inclusa potenzialmente nell'anima razionale. Allo stesso modo che corpo della pietra e corpo dell'uomo non sono corpo in senso equivoco.

Sed contra omnes istos est opinio que hodie tenetur comuniter de unitate formarum[4]. Secundum autem magistrum meum[5] quem sequor, advenit alia forma per quam est corpus, et tamen simpliciter est idem corpus numero, non propter unitatem forme generalis, idest in quantum est corpus, sed propter unitatem suppositi. Nec sacramentum vel sanctus corrumpitur corruptione incinerationis sed corruptione |82rb| separationis anime a corpore. Vere enim fuit corpus mortuum. Unde Io. 2[,19] «Solvite templum hoc», idest «solvetis» Glosa, idest destruetis[6]. Destructio autem corruptio est.

Contro tutti costoro, prevale oggi la diffusa opinione dell'unicità della forma. A giudizio del mio maestro (fra Tommaso d’Aquino), a cui aderisco, sopravviene un'altra forma in forza della quale è corpo; resta tuttavia un solo e identico corpo non a motivo della forma generale, ossia in quanto corpo, ma a motivo dell'unicità del supposito (ovvero della medesima e unica ipostasi del Verbo). Il sacramento (eucaristico) non si corrompe per incenerimento, ma per corruzione dovuta |82rb| alla separazione dell'anima dal corpo. Quello di Cristo morto fu vero corpo; Giovanni 2,19 «Disciogliete questo tempio», ossia «discioglierete» secondo la Glossa biblica, vale a dire distruggerete. Distruzione infatti è corruzione.

Iterum non est nova assumptio, quia illa nova forma non introducitur ut assumptibilis sed ut actus materie, non tamen dans esse ei, quia substantificatur in esse divino sicut et prius Christo vivente in quo tantum unum ponimus esse. Vel potest dici, secundum quosdam[7], quod virtute divina in corpore mortuo remanet illa eadem corporeitas numero quam prius anima dabat substentata, sicut et prius in eodem divino esse.

Inoltre non si tratta d'una nuova assunzione (di forma), perché la nuova forma non è introdotta in quanto assumibile ma in quanto atto della materia; e non le conferisce attualità esistenziale, perché si sostantivizza nell'essere divino, così come antecedentemente nel Cristo vivo, nel quale poniamo un unico essere. Oppure, a giudizio di taluni: nel corpo morto permane per potenza divina quella medesima corporalità precedentemente assicurata dall'anima, così come precedentemente nel medesimo essere divino.

Potest enim Deus per se quicquid cum secunda causa poterit, dummodo contradictionem non implicet, etiam si secunda causa sit in alio genere cause, sicut patet in sacramento altaris quando dat esse effective accidenti sine subiecto quod dabat ei esse materialiter.
Sed secundum omnes istas vias dicendo, adhuc difficultates maxime remanent. Sed ad presens hec sufficiant.

Dio può da solo quel che può insieme con la causa seconda, purché non implichi contraddizione. Anche se la causa seconda appartesse ad altro genere di causa: esempio nel sacramento eucaristico, laddove (la causa seconda) dà reale esistenza all'accidente senza un proprio soggetto, che invece gli assicurava la sua reale materialità.
Molteplici, dunque, risultano opinioni e percorsi teologici; e gravi difficoltà permangono irrisolte. Sufficiente comunque al nostro proposito quanto qui detto.

7. Ad septimum dicendum quod non est possibile materiam actu existere sine forma, et nichilominus est possibilitas in ea quod sit actu cum forma.

Risposta all'argomento settimo. Impossibile che la materia esista in atto senza la forma; c'è invece la possibilità  in essa che esista in atto insieme con la forma.

8. Ad octavum dicendum quod materia est primum subiectum et causa subsistendi aliis secundum conditionem nature sue; natura autem sua est pura potentia, et ideo primum subiectum et causa subsistendi aliis est tantum in potentia. Sed quod materia sit subiectum actu, hoc habet a forma, et similiter quod sit aliis causa subsistendi actu.

Risposta all'argomento ottavo. La materia è primo sostrato e causa di sussistenza d'altre realtà secondo la natura propria di ciascuna. Di suo essa è pura potenza, e pertanto solo potenzialmente è sostrato primo e causa di sussistenza ad altre realtà. Il fatto tuttavia che la materia sia sostrato in atto, questo lo deve alla forma; e parimenti che sia ragione di attuale sussistenza ad altre realtà.


(... Art. II,1 - )

[1] «ponentes pluralitatem formarum...»: corrente teologica d'ispirazione prevalentemente agostiniana della scuola francescana, ma non escluso qualche notevolissimo domenicano (Roberto da Kilwardby) e maestri secolari (Giovanni di Dacia), sia nella versione della pluralità di forme sostanziali che di più gradi successivi in una medesima forma; vastissima la letteratura; si vedano le opere monografiche più sistematiche: R. ZAVALLONI, Richard de Mediavilla et la controverse sur la pluralité des formes, Louvain 1951; L. L. HÖDL, Neue Nachrichten über die Pariser Verurteilungen der thomasischen Formlehre, «Scholastik» 39 (1964) 178-96; P. MAZZARELLA, Controversie medievali. Unità e pluralità delle lorme, Napoli 1978; J.F. WIPPEL, The metaphysical thought of Godfrey of Fontaines, Washington 1981, 293-347.
«... qui ponunt duas formas»: ENRICO DA GAND, Quodl. II (1277), 2 (ed. Venetiis 1613, ff. 47v-49r); IV (1279), 13 (ib. ff. 162-73); IX, 8 (ed. R. Macken, Leuven 1983, 171).

[2] «substantialissimam»: avevo erroneamento sciolto «subtilissimam» in Studio 90. Ricorrenti nel latino di Remigio i superlativi ridondanti ottenuti o col prefisso super- (superphilosophice, superhumaniter, supernobilissimum, supercrescentia, supernaturalissima, superpotentissimus, supermirabilitas, superpessime, superexcellentia, supermaximus) o col suffisso -issimus: enormissimus, substantialissima, perliquidissime... Brunetto Latini († 1294) ha «il più sapientissimo», «il più antichissimo», «molto grandissimo»: cf. La Rettorica, ed. F. Maggini, Firenze 1968, p. LXVII; mentre simili rafforzamenti dei superlativi sono estranei a Dante Alighieri († 1321): cf. R. AMOROSINI in «Enciclopedia Dantesca», voI. Appendice, Roma 1978, p. 172a.

[3] «equivoce»: Tommaso d'Aquino, traendo le conclusioni dalla dottrina dell'unità della forma sostanziale, aveva detto che «corpus Christi mortuum et vivum non fuit simpliciter unum» (Summa theol. III, 50, 5 corp.); la proposizione n° 13 della proscrizione dell'arcivescovo di Canterbury Roberto da Kilwardby (18.III.1277) intende: «Item quod corpus vivum et mortuum est aequivoce corpus, et corpus mortuum, secundum quod corpus mortuum, sit corpus secundum quid» (Chartularium I n° 474); e in tal senso aequivoce ricorre anche nella critica d'Enrico da Gand alla soluzione tomasiana: Quodl. I (1276), 4 (ed. Venetiis 1613, f. 4r-v; ed. R. Machen, Leuven 1979, 15-16). Cf. MAZZARELLA op. cit. pp. 18, 28 n. 27.

[4] «opinio... de unitate formarum»: cf. F. ROENSCH, Early thomistic school, Dubuque 1964, cc. 4-6. Nel proporre la tesi dell'unicità della forma Giovanni da Parigi dirà: «Et primo ponatur ratio nostri doctoris in theologia fratris Thome de Aquino qui huius positionis et conclusionis fuit auctor precipuus et defensor» (De unitate formarum q. 18: tra le opere di Erveo Nédellec, ed. Venetiis 1513, f. 87vb). Nel De uno esse in Christo, anteriore ai quodlibeti, a chi argomentava alla pluralità dell'essere in Cristo sull'assunzione che nell'uomo ci sono «forme plures substantiales secundum diversos gradus essendi, secundum comunem sententiam Parisiensium» (ob. 17), Remigio concede una pluralità di forme accidentali o anche di forme sostanziali secondo pluralità di ragione, ma nega che ci possano essere più forme sostanziali, «ub alibi per magistros nostros sufficienter probatum est et a sapientibus tenetur, licet aliqui minus intelligentes contrarium dicant» (ad 17; ed. cito pp. 261, 273). Quanto all'«hodie», altrove (Utrum intellectus beatus sortiatur altiorem gradum perfectionis in videndo divinam essentiam vel formando inde verbum) Remigio scrive: «Et dicendum quod ista questio tria supponit et unum inquirit. Primo enim supponit quod beati videant divinam essentiam, quod quidem hodie supponitur ab omnibus catholicis, licet aliqui contrarium dixerint et male, scilicet quod videbatur quedam claritas Dei non autem natura Dei» (cod. G3, f.69vb).

[5] «magistrum meum»: TOMM., Summa theol. III, 50, 5; Quodl. II, 1; vedi sopra Introduzione III § 2. Già il primo espositore e difensore della tesi tomasiana dell'unicità della forma salverà l'identità del corpo vivo e morto del Cristo in forza dell'unità del supposito: EGIDIO DA LESSINES, De unitate formae [1278]: «Quia identitas et unitas suppositi manet in corpore Christi mortuo et vivo talis, qualis non invenitur in aliis hominibus et animalibus» (ed. M. De Wulf, Louvain 1901, 85-86); e così BERNARDO DA TRILlA († 1292), Quodl. 1,5 (ed. G.S. André in «Gregorianum» 1921, 254-61); GIOVANNI DA PARIGI († 1306), De unitate formarum q. 18 (tra le opere di Erveo Nédellec, ed. Venetiis 1513, f. 100rb: ad 16); ID., Quodl. I, 10 (ed. A. J. Heiman in AA.VV., Nine Medieval Thinkers, Toronto 1955, 288-89). Una chiara esposizione del problema dell'unità del corpo vivo e morto del Cristo secondo le teorie pluralistica e unitaria della forma sostanziale la si può leggere in EGIDIO ROMANO, Theoremata de corpore Christi [1276 ca.] n. 47 (Opera I, Romae 1555, f. 36ra-vb).

[6] Glossa interIineare in Giovanni 2,19 (Biblia cum glossis, ed. Venetiis 1495, f. 1151rb).

[7] Cf. ENRICO DA GAND, Quodl. I (1276), 4: «Aut si ponere velimus quod anima immediate perficit materiam, nec sit ponere gradus formarum in ea, dicemus quod in corpore Christi anima separata remansit materia nuda ab omni forma substantiali, solis dimensionibus quantitatis determinata. Et utroque modo ponemus ad ipsum omnino idem iacere in sepulcro mortuum quod prius erat in cruce vivum, ut in omni ea dispositione qua anima suum subiectum reliquit cum ab eo discessit, ipsum inveniret cum ad ipsum reversa est» (ed. R. Machen, Leuven 1979, 19; cf. Venetiis 1613, f. 4vb-5ra).


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