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Riccoldo da Monte di Croce OP

  Epistole de prosperitate sarracenorum in temporalibus
et deiectione christianorum

sive

Epistole ad ecclesiam triumphantem

  -  Epistola III  -

BAV, Vat. lat. 7317, ff. 255v-263r

Epistola ad totam ecclesiam triumphantem

Lettera a tutta la chiesa celeste

originale latino

volgarizzamento (2010) di EP

Epistola afflicte anime de ecclesia militante ad totam ecclesiam triumphantem et celestem curiam contra blasfemiam alcorani.

Lettera di anima dolente dalla chiesa militante ovvero terrena a tutta la chiesa dei beati e alla corte celeste contro le empietà del corano.

<G>loriose celesti curie et ecclesie triumphanti, afflictus et modicus frater Predicator, minimus in ecclesia militanti, gemens et dolens in profundis partibus orientis «in medio captivorum», de Summo et Eterno eternaliter et summe gaudere, et nostrarum miseriarum ex summo gaudio non oblivisci.

Alla gloriosa corte celeste e alla chiesa trionfante, un accorato e modesto frate Predicatore, minimo nella chiesa terrena, piangente e afflitto nelle profonde parti d'oriente «in mezzo a prigionieri» [Ezechiele 1,1]: eterno e supremo gaudio del Dio supremo ed eterno, ma dal supremo gaudio nessun oblio delle nostre miserie!

|256r| Loqui vobis gloriosis de vestra gloria et gaudio conveniret; sed meum cor miserum et multis miseriis occupatum «in medio captivorum», collacionem gaudii non admittit nisi in quantum ad vestrum suspiro gaudium in futuro. Set ecce in presenti, tanto dolore afficior quod «ex abundancia cordis» eis dolorem exprimo et lacrimis, et suspiria non verecundor transmittere in celesti convivio iubilantibus: «Miseremini mei, miseremini mei, saltem vos amici mei, quia manus Domini tetigit me.

|256r| Con voi gloriosi sarebbe congruo parlare della vostra gloria e della vostra gioia. Ma il mio cuore, triste e immerso in molte miserie «in mezzo a prigionieri» [Ezechiele 1,1], non concede parole di gioia, ma soltanto sospiri verso un gaudio futuro pari al vostro. Ma a tutt'oggi sono ricolmo di tanta sofferenza da esprimere dolore «dal profondo del cuore» [Matteo 12,34] e con lacrime, e non mi vergogno d'inviare sospiri verso chi giubila nel celeste convivio. «Abbiate compassione di me, compassione di me, almeno voi amici miei, ché la mano del Signore mi ha percosso!» [Giobbbe 19,21].

Desidero vero de causis mei doloris aliquantum conferre vobiscum. Et si aliquid ex impaciencia dicerem quod vestram curiam aut meam non deceret professionem, me velud impacientem et dolore ebrium apud summum Iudicem excusare velitis, quare «factus sum in derisum factusque est sermo Domini in derisum et opprobrium tota die».

Ma desidero parlare un po' con voi delle ragioni del mio dolore. E se per insofferenza dicessi qualcosa disdicevole alla vostra corte o alla mia professione, vogliatemi scusare presso il sommo Giudice come insofferente ed pazzo di dolore, perché «son diventato oggetto di scherno, e la parola del Signore è diventata motivo di scherno e di obbrobrio ogni giorno» [Geremia 20,7-8].

Nam ego, miser et peccator, eo tempore missus sum ad predicandum fidem Christi sarracenis et tartaris, quia non solum tartari et alie naciones efficiuntur sarraceni sed ecíam christiani. Set si sic continuabunt et ita fecerint sicut modo fecerunt in duobus annis in Tripoli et in Accon, occidentes, captivantes et ad suam perfidiam tormentis et suppliciis christianos trahentes, brevi tempore non remanebit nec unus quidem christianus in mundo. «Quis dabit capiti meo aquam et oculis meis fontem lacrimarum, et plorabo |R277| die et noce interfectos filie populi mei?», interfectos quidem non gladio sed suffocatos a dyabolo; qui fidem Christi negaverunt vel scandalis vel impaciencia affetti, vel fame et necessitate gravati.

Io dunque, misero e peccatore, fui inviato a predicare la fede di Cristo a musulmani e mongoli, in tempi in cui diventano musulmani non soltanto i mongoli e altri popoli bensì anche i cristiani. Se continueranno in questo modo, e faranno come di recente han fatto in due anni a Tripoli e Acri, uccidendo, imprigionando, e trascinando alla loro perfidia i cristiani con tormenti e supplizi, tra breve non rimarrà nemmeno un cristiano al mondo. «Chi darà acqua al mio capo e lacrime ai miei occhi perché io pianga giorno e notte gli uccisi della figlia del mio popolo?» [Geremia 9,1], uccisi non con spada ma soffocati dal diavolo; essi che hanno rinnegato la fede di Cristo perché sconvolti da infamie e violenze, stremati da fame e indigenza.

«Heu heu heu, domine Deus! Ergone decepisti populum tuum  - populum christianum - dicens "Pax, pax!", et ecce pervenit gladius usque ad animam». Tu enim, domine Iesu Christe, dixisti disce<de>ns a discipulis tuis «Pacem meam do vobis, pacem relinquo vobis»; et postquam ascendisti in celum, guerra et persecucio christianorum duravit contra christianos trecentis annis, quibus quasi incessanter occiderunt eos. Set tunc quidem corpus occidebant non animam; quin potius e contrario, quia quanto plures occidebant, tanto magis christiani crescebant. Et ecce modo bestia Machometus, cuius tirannidem roborasti contra christianos fere septingentis annis, occidit corpore, et deficiunt fide.

«Ohimè, ohimè, signore Dio! Hai ingannato il tuo popolo - il popolo cristiano - quando dicevi "Pace, pace", mentre ecco la spada ha raggiunto il cuore!» [Geremia 4,10]. Tu infatti, signore Gesù Cristo, partendo dai tuoi discepoli dicesti: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» [Giovanni 14,27]; e asceso che fosti in cielo, guerra e persecuzione contro i cristiani durarono trecento anni, e li misero a morte pressoché incessantemente. Ma uccidevano il corpo, allora, non l'anima; e al contrario, quanti più ne uccidevano, tanto più i cristiani crescevano. Ora invece il disumano Muhammad, e la sua tirannide contro i cristiani da te rinforzata per quasi settecento anni, li uccide nel corpo, ed essi abbandonano la fede.

Quid  faciam ego miser et afflictus et relictus solus in profundis partibus orientis in medio captivorum? Et audio christianos occisos triginta millia in una |256v| die; et reliquos audio et video, pre afflictione spiritus et impaciencia mentis, negare fidem Christi et accedere ad perfidiam Machometi. Et iam quidem divine sapiencie ac sue matri literas de causa mee tristicie et admiracionis transmisi, et nedum responsionem alicuius consolacionis recepi. Faciam igitur quod consuevit facere qui in via publica intollerabilem iniuriam patitur, qui alta voce clamat "Accurre homo, accurre homo!". Vocabo igitur, «vim paciens», vocabo, ut sciam si est qui michi respondeat[1], et ad aliquem sanctorum convertam impaciencie mee querelam.

Che farò io misero e angosciato, abbandonato solo nelle profonde parti d'oriente «in mezzo a prigionieri» [Ezechiele 1,1]? Si parla di trentamila cristiani uccisi in un sol |256v| giorno. Degli altri si dice, e lo testimonio di persona, che per dolore e insofferenza d'animo rinnegano la fede di Cristo e si danno all'ignominia di Muhammad. Ho già inviato alla divina sapienza e a sua madre lettere circa le ragioni della mia tristezza e del mio stupore; ma finora nessuna risposta mi ha recato consolazione. Farò allora ciò ch'è solito fare chiunque nella pubblica strada soffre intollerabile offesa: ad alta voce grida «Aiuto, aiuto!». Griderò dunque «come chi patisce violenza» [Giobbe 19,7], griderò per sapere se qualcuno mi risponde. E a qualcuno dei santi rivolgerò la protesta della mia insofferenza.

O magne pater sancte Dominice, o pater et institutor ordinis Predicatorum, qui zelo fidei et devocionis accensus, licet generaliter contra hereticos, tamen spirituali zelo contra sarracenos barbam nutristi. Tu cogitasti in virtute Dei posse estirpare machometistas a parte occidentali. Voluisti quidem sed non potuisti. Nunc autem quando introisti ad Deum tuum, quando factus es potencior et nos tantum tuo patrocinio indigemus, silere poteris?

O grande padre san Domenico, padre e fondatore dell'ordine dei Predicatori! Infiammato dall'ardore della fede e della devozione, sebbene principalmente contro gli eretici, con spirituale zelo tu coltivasti la barba (per diventar missionario) contro i musulmani! Credevi di poter estirpare con l'aiuto di Dio i musulmani dall'occidente. Speravi sì, ma senza successo! E adesso che sei alla presenza del tuo Dio, che sei diventato più potente, e noi in gran tanto bisogno del tuo patrocinio, potrai star zitto?

Sitis plures, introite ad Deum nostrum, sitis plures et clamate fortiter! Modo enim potes tecum assumere conventum magnum, ymmo conventus plures de ordine tuo, qui de novo a sarracenis occisi sunt, ut arbitror. Ego namque sollicite quero ab illis qui redeunt de capcione Accon, et nullum invenio qui dicat michi aliquem fratem Predicatorum remansisse ad vitam. Set eciam sollicitor circumspiciens inter captivos si forte aliquos ex meis fratribus Predicatoribus invenirem, et nullum invenio.

Siate molti di più ad entrare alla presenza del nostro Dio, siate molti di più e gridate forte! Tu ora puoi chiamare con te i frati d'un gran convento, anzi di molti conventi del tuo ordine, che di recente sono stati uccisi dai musulmani, come credo. Chiedo infatti con ansia notizie ai profughi  della presa di Acri, e non trovo uno che mi assicuri che qualcuno dei frati Predicatori sia rimasto in vita. Controllo e vado in giro tra i prigionieri, se per caso trovassi qualcuno dei miei fratelli Predicatori, e non ne trovo nessuno.

Invenio tamen tunicas et paramenta, libros eciam et breviaria inter sarracenos. O fratres Predicatores, quo ivistis sine tunicis et |R278| breviariis? Non est enim vestre consuetudinis ut fratres vestri sine tunicis et breviariis vadant in viam longinquam. Tunc vero a redeuntibus de excidio michi oblata est tunica lancea vel gladio perforata; que eciam modico cruore rosea erat. Et tunc eiulans et plorans dixi: «Tunica fratrum meorum est, tunica ordinis est!». Et redemi eam modico pretio.

Trovo invece tuniche e paramenti, e anche libri e breviari, presso musulmani. O frati Predicatori, dove siete finiti senza tuniche e breviari? Non è vostra consuetudine che i vostri frati viaggino senza tuniche e senza breviari. Dai reduci dell'eccidio mi fu offerta una tunica trapassata da lancia o spada, e perfino un po' rossa di sangue. Urlai e piansi: «È la tunica dei miei fratelli, è la tunica del mio ordine!». E per poco prezzo la riscattai.

O beate Dominice, fratres meos quero. Ego «missus de valle Ebron  -  missus de partibus occidentis  -  veni in Sichem». Veni in terram siccam et ardoribus solis exustam, veni ad predicandum fidem. Et ecce libros moltos et scripta fidei invenio, et fratres non invenio. «Fratres quero. |257r| Indica michi ubi pascunt gregem!» .

 Cerco i miei fratelli, o beato Domenico. «Inviato dalla valle di Ebron  -  cioè dall'occidente -  io son venuto a Sichem» [Genesi 37,14]. Son venuto in una terra arida, bruciata dalla calura del sole. Son venuto a predicare la fede. Ed ecco, trovo sì molti libri e scritti di fede, ma non trovo i fratelli. «Cerco i miei fratelli. |257r| Dimmi dove stanno a pascolare il gregge!» [Genesi 37,16].

Et iam post modicum audivi quia non amplius pascunt gregem, set ípsi pocius in pascuis uberrimis ab egregio Pastore pascuntur. Nam omnes michi nunciantur occisi. «Terra, ne operias sanguinem meum!», ne operias sanguinem fratrum meorum «qui effusus est; introeat in conspectu gemitus compeditorum»!

Subito dopo sentii dire che i miei fratelli non pascolano più il gregge, al contrario essi stessi son condotti in fertilissimi pascoli dal supremo Pastore. Sono stati tutti uccisi - mi dissero. «O terra, non coprire il mio sangue» [Giobbe 16,19], non coprire il sangue dei miei fratelli «che è stato sparso; giunga al tuo cospetto il gemito dei prigionieri» [Salmo 78,10-11]!

O fratres, «adiuro vos per Deum vivum» quod cito clametis ad Deum pro nobis! Cito quidem, antequam vos inebriet eterne glorie iubilatio, antequam profundissime «dormiatis inter medios cleros», ne sompnus in soporem vertatur et nostrarum miseriarum obliviscamini, et ne efficiamini negligentes sicut alii fratres nostri qui fuerunt occisi in Tripoli et Anthiochia[2] et usque nunc distulerunt procurare vindictam.

O fratelli, «vi scongiuro per il Dio vivente» [Matteo 26,63], presto, gridate a Dio in nostro favore! Presto, sì, prima che il tripudio della gloria eterna vi ubriachi, prima che profondissimamente «vi addormentiate in mezzo ai chierici» [Salmo 67,14], perché il sonno non diventi apatìa e vi dimentichiate delle nostre miserie; e perché non siate negligenti anche voi al pari degli altri nostri fratelli, quelli uccisi in Tripoli ed Antiochia, che hanno prorogato qualsiasi impegno a farci giustizia.

O beate Francisce, cui ab infancia mea et usque nunc fui devotus, o vere [verus cod.] pupertatis amator, ad te clamito et flebiliter ingemisco. Tu zelo fidei et devocionis accensus adisti [odisti cod.] soldanum Babilonie, a quo petisti poni cum sarracenis in igne vel eciam solus, ut perfidiam Machometi destrueres. Tunc quidem voluistí sed non potuisti.

O san Francesco, ti sono stato devoto fin dall'infanzia, e lo sono tuttora! A te grido, o vero amante della povertà, tra gemiti e pianti. Tu, acceso dallo zelo della fede e della devozione, ti presentasti al sultano di Babilonia (d'Egitto), gli proponesti la prova del fuoco con i musulmani, o anche da solo, per distruggere la perfidia di Muhammad. Dimostrasti il proposito; non raccogliesti i frutti!

Et nunc, quando factus es ita potens in curia celi, silere poteris quando tantum crescunt gemitus omnium animarum? Nam fratres tui occiduntur qui nolunt negare fidem; et alii multi seculares coguntur verberibus et suppliciis multis negare fidem.

E ora che nella corte celeste sei tanto potente, continuerai a tacere mentre montano i gemiti di tutti? Rifiutano di rinnegare la fede, i tuoi frati, e vengono messi a morte; molti secolari la rinnegano, costretti da percosse e torture.

Sitis simul, tu et beatus Dominicus, «ante summum Iudicem pro vestro cetu pauperum»[3]. Sitis simul et tenete nos, et stemus simul! Et quis est adversarius meus? Machometus, iste scelerosus, lubricus et blasphemus contra Deum et sacram scripturam! Certe miror quod soli vos duo ipsum totaliter iampridem non destruxistis ad nichilum.

State uniti, tu e san Domenico, «davanti al Giudice supremo a favore della vostra famiglia di poveri». State uniti, sosteneteci, e restiamo saldi tutti insieme! Chi è il mio avversario? Muhammad, uomo... contro Dio e contro la sacra scrittura! Mi meraviglio che voi due, già ai tempi vostri, non lo abbiate annichilito!

O sancta ...

 

[1] Costante, il tema "grido ma nessuno risponde, grido ma tutti tacciono". Cf. Ps. 27,1 (traduz. dei Settanta, quella allora liturgicamente in uso): «Ad te Domine clamabo, Deus meus, ne sileas a me...». Salmo 28,1: «A te grido, Signore; non restare in silenzio, mio Dio, perché, se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa». Riccoldo vi costruisce, con iterata dinamica oppositiva, la propria protesta contro Dio e i suoi santi.

[2] Tripoli cade in mano ai mamlûk il 27 aprile 1289. Tra i suffragi per i morti, nel cap. gen. Ferrara 1290: «Pro fratribus nostris et sororibus et fratribus Minoribus, et pro omnibus in capcione Tripolitana defunctis, quilibet sacerdos iij missas» (MOPH III, 259/23-24).
Frati deceduti nella presa di Antiochia, maggio 1268: MOPH XXII, 28-29.

[3] Liturgia nella festa di san Domenico († 6.VIII.1221, canonizz. luglio 1234), "Alleluia": «Pie pater Dominice, tuorum memor operum, sta coram summo Iudice pro tuo cetu pauperum». La festa cadeva allora il 5 agosto; nel 1558 trasferita al 4 ag.; all'8 ag. dalla riforma 1969!
«Sitis simul»: cf.
Gerardo da Frachet, Vitae fratrum OP (1260) I, 1, ed. B.M. Reichert, Lovanii-Romae (MOPH I) 1896, 10-11, san Domenico a san Francesco: «Tu es socius meus, tu curres pariter mecum. Stemus simul et nullus adversarius prevalebit». L'adversarius  è evocato subito dopo da Riccoldo.


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