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BNF, Conv. soppr. C 8.1173, ff. 185r-218r

Contra legem sarracenorum

Confutazione della legge islamica

originale latino

volgarizzamento (2010) di EP

Secundum capitulum
Quis modus debet seruari cum eis

Capitolo 2
Come procedere con loro

Riccoldo da Monte di Croce: BNF, CS, C 8.1173, f. 185rSecundo notandum est quis modus sic tenendus cum eis.

Et sciendum quod ipsi sunt ualde curiosi audire ea que sunt fidei nostre, et maxime de trinitate et incarnatione. Et quia superant rationem et excedunt intellectum, illa nec credere uolunt nec intelligere possunt; nam in Ysaia, secundum aliam litteram, dicitur «Nisi credideritis, non intelligetis»[1]. Sunt etiam contraria alchorano, quod ipsi constantissime supponunt esse verbum Dei; et ideo illa non recipiunt, sed derident. Nam sicut dicitur in Prouerbiis «Non recipit stultus uerba prudentie nisi ea dixeris que uersantur in corde suo». Et ideo non sunt eis proponenda ne spargantur margarite ante porcos, sed insistendum est primo et principaliter ostendere uanam esse legem eorum. "Non enim sunt inserende uirtutes nisi prius uicia extirpentur"[2].

In secondo luogo, bisogna definire l'appropriato procedimento argomentativo da tenere con i musulmani.

Va detto che essi sono molto curiosi di ascoltare i contenuti della nostra fede, specie quanto alla trinità e all'incarnazione. Ma poiché questi superano la possibilità della ragione ed eccedono l'intelletto umano, essi né sono disposti a crederli né sono in grado d'intenderli; una variante biblica di Isaia 7,9 dice infatti «Se non credete non comprenderete». Questi nostri misteri inoltre contrastano col corano, da loro fermissimamente ritenuto parola di Dio, e pertanto non li accettano, anzi li deridono. Si legge in Proverbi 18,2 «Lo stolto rifiuta le parole di sapienza, a meno che non concordino con i suoi pensieri». È inopportuno pertanto esporre loro i misteri cristiani, per non gettare le perle ai porci (cf. Matteo 7,6);  in prima istanza invece va mostrata l'inconsistenza della loro legge. "Mon vanno innestate virtù se prima non siano estirpati i vizi".

(14) Est etíam uia facilíor eligenda in omnibus; est autem facilius ostendere fidem ipsorum esse friuolam quam probare nostram fidem esse ueram, quia fides est de non uisis et donum Dei. Unde nostra solam habet existentiam sine apparentia, illa uero habet solam apparentíam síne existentía. Et licet non habeamus rationes ad probandam trinitatem et alia que sunt fidei, quia tunc fides non esset fides nec meritoria, habemus tamen auctoritatem euangelii, cui et alchoranus dat testimonium, et habemus miracula.

Va inoltre scelto il percorso più facile; ed è più facile mostrare che la loro fede è inconsistente anziché provare la verità della nostra, poiché la fede riguarda realtà non visibili ed è dono di Dio. La nostra fede ha solo realtà senza riscontro tangibile, mentre la loro è una parvenza senza realtà. Di conseguenza noi non possediamo argomentazioni che provino la trinità e altre verità di fede, ché altrimenti la fede non sarebbe fede né sarebbe meritoria. Possediamo tuttavia l'autorità del vangelo, testimoniata anche dallo stesso corano, e abbiamo i miracoli.

(22) Ipsí tamen nec miracula nec auctorítatem habent. Nam etsi alchoranus eorum dicat de Deo «non |188r| dicatis tres», statim reddit rationem dicens «quia unus est solus Deus». Huius contrarium nos non dicimus, sed affirmamus cum eis unum esse Deum, quem dicimus non solum unum sed simplicissimum[3]. Nec damus ei consortem neque participem, sicut ipsi: animam mundi uel uerbum uel spiritum uel diuinum quendam intellectum, ut superius patet. (28)Nec est equanda diuina maiestas humano intellectui, ut quia illi non possunt intelligere distinctionem personarum sine distinctione essentie, quod ideo non sit. Nec etiam ipsi habent contra hoc rationes efficaces quas de facili non possímus soluere.

Essi invece non hanno né miracoli né autorità (biblica). Sebbene infatti il loro corano affermi a proposito di Dio «non |188r| dite tre», subito dopo ne rende ragione asserendo «perché Dio è un solo Dio» (Cor. 4,171). Noi non sosteniamo il contrario, concordiamo anzi con loro circa l'unità di Dio, che riteniamo non soltanto unico ma anche semplicissimo, ovvero assolutamente incomposto. Non gli diamo alcun compagno o compartecipe, come fanno loro: anima del mondo o verbo o spirito o intelletto divino, come mostrato sopra. Né è possibile omologare la maestà divina con l'intelletto umano, cosicché si neghi la distinzione delle persone (divine) perché ritenuta incomprensibile senza la distinzione dell'essenza. Né in proposito essi dispongono validi argomenti che noi non sapremmo facilmente risolvere.

Et hoc sufficit ad defensionem fidei.

E tutto questo è sufficiente in difesa della fede.

(33) Magis autem[4] querendum est ab eis quid sibi uoluit alchoranus eorum quod Deum introduxit totiens pluraliter de se loquentem, cum sit unus et simplex, et hoc non nisi ut cogantur fateri plurilitatem personarum.

Bisogna piuttosto chieder loro: A che cosa mira il corano quando introduce molte volte Dio che parla di se stesso al plurale, benché sia semplice ed uno? Non forse per spingerli a proclamare  la pluralità delle persone (divine)?

(37) De mysterio autem incarnationis, quod ipsi omnino negant et nos per auctoritatem euangelii habemus, querendum est ab eis unde sciunt quod Deus non est incarnatus.
Aut enim quia Deus non potuit, et hoc est falsum, quia cum sit omnipotens omnia potest que contradictionem non implicant
[5].
Aut nesciuit hoc facere, et sic idem quod prius.
Aut noluit; sed «quis consiliarius eius fuit?».
(42) Aut potuit, sicut potuit facere maiorem solem uel minorem, sed non fecit; et tunc instat eis probatio quod non fecerit. Et istud est eis omnimo impossibile probare quod non sit incarnatus.

Quanto poi al mistero dell'incarnazione, che essi negano nettamente e noi ammettiamo in forza dell'autorità evangelica, dobbiamo chieder loro: Per quale ragione vi risulta che Dio non si è incarnato?
"Perché Dio non poteva incarnarsi". Ma questo è falso, perché essendo onnipotente egli può far tutto quanto non implichi contraddizione.
"Perché Dio non era in grado di farlo". Medesima risposta data all'asserto precedente.
"Perché Dio non ha voluto incarnarsi". Ma allora ditemi: «Chi gli ha fatto da consigliere?» (Isaia 40,13).
"Dio poteva sì incarnarsi - così come poteva creare un sole più grande o più piccolo -, ma non l'ha fatto". Ma in tal caso spetta a loro provare che non l'ha fatto. Ed è del tutto impossibile dimostrare che Dio non si sia incarnato.

(46) Est autem hec probatio Machometi quia dicit quod Christus non dixit se esse Deum. Et licet ipse ante resurrectionem hoc de se expresse non dixerit, satis tamen innuit dicens «Ego principíum qui et loquor uobis»; et Petrum hoc expresse dicentem commendauit dicens «Beatus es Symon Bar Iona» etcetera. Ipse autem noluit hoc expresse dicere quia occultus uenerat uincere prudentia et humilitate, et non potentia, illum qui hominem astutia deceperat. (52) Unde per eandem rationem Christus ante resurrectionem non dixit expresse "Ego sum Deus", per quam nec piscator expresse dicit piscibus "Sub esca est hamus". Post resurrectionem uero, hoc manifeste ostendit dando Spiritum sanctum et auctoritatem remittendi peccata; unde dixit «Accipite Spiritum sanctum, quorum remiseritis» etc. Unde et Thomas hoc expresse confessus est dicens «Dominus meus et Deus meus».

Argomentazione di Muhammad: "Cristo non ha mai detto di essere Dio". Vero è che prima della resurrezione egli non lo dichiarò espressamente, ma lo accennò quando disse «Io che vi parlo sono il principio» (Giovanni 8,25); e a Pietro che aveva chiaramente affermato ciò, disse lodandolo: «Beato sei tu, Simone figlio di Giona, poiché né il sangue né la carne te l'hanno rivelato, ma il Padre mio» (Matteo 16,17). Cristo dunque non volle dichiararlo apertamente; era infatti venuto sconosciuto per sconfiggere con la prudenza e l'umiltà, e non con la forza, colui che aveva astutamente ingannato l'uomo (cf. II Corinzi 11,3). Per la medesima ragione, prima della resurrezione Cristo non disse espressamente "Io sono Dio", così come il pescatore non dice apertamente ai pesci "Sotto l'esca c'è l'amo". Dopo la resurrezione invece lo manifestò apertamente dando lo Spirito santo e il potere di rimettere i peccati; disse infatti «Ricevete lo Spirito santo; a coloro ai quali perdonerete i peccati» eccetera (Giovanni 20,22-23). Parimenti Tommaso apostolo dichiarò apertamente la medesima cosa: «Signore mio e Dio mio» (Giovanni 20,28).

(58) Sed dato quod ipse hoc de se non[6] |188v| dixisset expresse, quia ipse de se dixit humilia et ostendit magnifica, sed sufficit quia hoc expressissime dixerunt discipuli eius, qui et hec dicentes fecerunt eadem miracula que ipse fecerat.

Ma ammesso pure che Cristo non avesse espressamente dichiarato di essere Dio, poiché riguardo a se stesso disse parole umili e mostrò meraviglie, è sufficiente che lo abbiano chiarissimamente asserito i suoi discepoli. E ciò dicendo, costoro operarono medesimi miracoli da lui compiuti.

(61) Sed quia ipsi saraceni iam negarent tam miracula apostolorum quam dicta ipsorum pro eo quod sunt contraria alchorano, insistendum est ad confutationem tam perfide legis, et ostendendum quod non sit lex Dei, et quod saraceni tenentur recipere auctoritatem euangelii et ueteris testamenti. Hoc autem ostendere possumus per ipsum alchoranum, ut Golias proprio gladio iuguletur.

I musulmani tuttavia negano sia i miracoli che le testimonianze degli apostoli perché  contrari al corano. Dobbiamo pertanto insistere nel confutare una legge tanto perfida; mostrare inoltre che non è legge divina, e che i musulmani son tenuti ad accettare l'autorità del vangelo e dell'antico testamento. Tutto ciò lo possiamo mostrare tramite lo stesso corano, così che Golia sia sgozzato con la sua stessa spada (cf. I Samuele 17,50-51).

   

[1] «Si non credideritis non permanebitis», vulgata di Is. 7,9. «Ma se non crederete, non avrete stabilità» (trad. ital. La Sacra Bibbia della CEI); «Se voi non crederete, certo non avrete stabilità» (Bibbia ebraica con traduz. ital).

Medesimo testo anche in Libellus ad nationes orientales c. 3.

[2] Adagio risalente a Boezio, In Categorias Arist. (510-511). Cf. S. THOMAS, Summa theol. I-II, 100, 6, arg. 2.

[3] Cf. Encycl. de l'Islam, 1a ed., «tawhîd». Chrétiens et mumuslmans professent le même monothéisme.

[4] Magis autem ] De hoc habetur infra in quintodecimo capitulo add. R marg. d. =  Contra legem sarracenorum c. 15,6 ss (Questio prima).

[5] Cf. S. THOMAS, Contra Gentiles II, 22 (EL 13, p. 320, b 6-10): «Omnia igitur Deus potest quae in se rationem non entis non includunt. Haec autem sunt quae contradictionem non implicant. Relinquitur igitur quod quicquid contradictionem non implicat, Deus potest».

[6] de se non] de hoc require infra 9 capitulo add. cod. marg. d.


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