Liturgie des douze apôtres

scrive " Baghdâd" e raffigura qualcos'altro? clicca e vedrai!

 

premessa:

che è questa Liturgie? e da dove viene?

 

Nei giorni 18-20 agosto 1968 fui ospite di Serge de Beaurecueil in Kâbul (Afghanistàn), nella casa Saint-Abraham (Kâbul: nella lingua originale leggi da desta a sinistra; accento tonico sulla prima sillaba, nonostante la pronuncia dei nostri giornalisti; al contrario qabûl significa ben altro!).

کابل

 

قبول

 

Avevo terminato il corso di lingua Urdu (aprile-agosto '68) tenuto a Murree, Kashmìr pakistano. Insieme con Paul e Bertrand (domenicani USA, St Joseph's Prov.), prima di rientrare nelle nostre sedi (Multân e Lyallpûr), scendemmo a Islâmâbâd e decidemmo d'andare a far visita a Serge de Beaurecueil.

Partiamo il 18 agosto, prima mattina, da Peshàwar (= "avamposto" letteralmente), Pakistàn nord-occidentale, con autobus pubblico, sconquassato; mezzo eccellente per guardare e inseguire il paesaggio fisico e umano. Attraversiamo la "tribal area" tra puntigliosi controlli, poi il confine al Passo di Khaibar (dicono che fin qui arrivò Alessandro Magno col suo esercito!); risaliamo lungo il torrente Kâbul tra gole di montagne dalla selvaggia bellezza. Il vecchio autobus (lascito britannico!) traballa sulle curve a strapiombo. Poi l'infinito altopiano. Abitato da solitudine, steppe e capre. Lunga sosta di ristoro a Jalâlabâd, prima cittadina in territorio afghano. Dove conosco il caravanserraglio: sgranchita di gambe, bagno, spuntino!

Jalâlabâd 27.II.2012 (dal quotidiano "La Repubblica"): «Un kamikaze talebano, a bordo di un'autobomba, si è fatto esplodere vicino l'aeroporto di Jalalabad, nell'est dell'Afghanistan, uccidendo 9 persone, tra cui sei civili, un soldato afgano e due guardie, e provocando almeno 12 feriti. L'obiettivo dell'attentatore era la base Nato situata all'interno dello scalo: tra i feriti, vi sarebbero anche tre militari Nato».

Agosto 2021: la stampa racconta la violenta crisi in Kâbul e Jalalabad dopo l'insediamento governativo dei talebani.

La sera siamo a Kâbul (1.800 mt s.l.m.) da frère Serge de Beaurecueil. Dormiamo in sacchi a pelo, accampati in una stanzetta disadorna. Abitazione austera, ben inserita nella ordinaria vita della città (della città Kâbul porto pochi ricordi: bazar d'infiniti negozietti con bellissimi tappeti; angoli di strada dove si smercia droga; vicoli di cambiavalute; museo storico di cultura preislamica, prevalentemente buddista).

Nella casa Saint-Abraham concelebriamo la liturgia eucaristica in un vano adibito a cappella, dall'arredo orientaleggiante (vedi foto in Nous avons partagé le pain et le sel, p. 80bis; Prêtre des non-chrétiens, p. 64bis). "Rito siriaco", ci dice Serge. Chierichetti alcuni ragazzi afghani, orfani o handicappati, permanenti ospiti di Saint-Abraham; si divertono un sacco con l'incensiere!

E la «Liturgie des douze apôtres» che cos'è?

In Kâbul, agosto 1968, frère Serge mi regalò copia del suo recentissimo Prêtre des non-chrétiens (éd. Paris 1968); «paru en 1968, au mois de mai, la diffusion en fut restrainte» (Mes enfants de Kaboul, p. 81). La prima pagina reca ancora mia sottoscrizione a matita «Kâbul, 18-8-'68» (usavo allora trattini separativi, vedi Diario). Non è mia mano invece la correzione marginale a matita in p. 46, dal ductus rigorosamente verticale. La natura dell'intervento reclama l'autore. La correzione coinvolge il brano circa il giorno che renderemo conto della nostra speranza:

«Mais ce jour ne viendra que si l'on voit, que si l'on parle, que si l'on flaire votre espérance...» (p. 46, § secondo);

"parle" è barrato e sostituito a matita da "palpe". Dunque: «que si l'on palpe». In perfetta sintonia metaforica con «si l'on flaire». "Palpe" lezione autentica, sacrificata dal linotipista per banalizzazione, passata inosservata al correttore delle bozze, restituita manualmente dall'autore Beaurecueil. Così nel mio esemplare.

Mi consegnò anche fogli dattiloscritti, contenenti «Liturgie des douze apôtres». Rimasti inesplorati per 37 anni tra le pagine del mio esemplare Prêtre des non-chrétiens. Ricuperati quest'anno 2005, dopo notizia del decesso dell'autore.

«Liturgie des douze apôtres». Sette fogli dattiloscritti, mm 270 x 213, piegati in due, pagine numerate 1-7, supporto cartaceo sottile, malandato, bordi erosi e slabbrati. Titolo Liturgie des douze apotres. Nessun intervento manuale; e nessuna sottoscrizione, se non mia firma a matita "fr. Emilio" in prima pagina. Testo battuto con macchina per scrivere; verosimilmente seconda o terza copia, a quel tempo ottenute con la cosiddetta carta carbone o copiativa interposta tra foglio e foglio. Inchiostro molto evanito. Unica correzione, o ribattuta, operata a macchina è sulla parola Inclinons dell'esortazione diaconale «Inclinons la tête devant le Seigneur», media pag. 6, tra Notre Père e Communion. Inclinons riscritto in prima battuta?, vista la nettezza dei caratteri.
In ottobre 2005 ne faccio fare buona fotocopia, che permette più sicura lettura del testo. Il tutto (dattiloscritto originale e fotocopia) riposto in apposita cartella, Beaurecueil, tra le mie carte d'archivio.

Serge de Beaurecueil autore della «Liturgie des douze apôtres»? Soltanto traduttore?

Piuttosto compilatore o rielaboratore. A servizio della sua celebrazione eucaristica tra comunità umane "senza chiesa", come a lui piaceva dire. Lo suggerisce egli stesso quando ne fa menzione in Prêtre des non-chrétiens, dopo la lunga citazione della formula di consacrazione:

«C'est en ces termes, empruntés à un texte très ancien, que je célèbre chaque soir l'Eucharistie. Personne, ou peu s'en faut, n'est là... Faut-il s'en étonner? Il n'y avait pas grand monde à la Cène, pas grand monde au pied de la Croix!».

E in nota: «L'anaphore syrienne dite "de douze Apôtres", datant vraisemblablement du IIIe siècle, traduite en persan par mon ami A.G. Rawan Farhadi» (Prêtre des non-chrétiens pp. 24-25).

Rawan Farhadi, il medesimo che aveva firmato in francese la Préface (dic. 1964) a Nous avons partagé le pain et le sel, Paris 1965, pp. 9-12. Traduce "in persiano" da quale lingua e da quale antigrafo? Dalla redazione francese passatagli dall'amico Beaurecueil? E lui, Beaurecueil, in quale lingua celebrava di norma l'eucarestia in Kâbul: francese, persiano, dari, kabouli? Domanda non oziosa, visti gli stringenti trapassi da "lingua del mio popolo" a lingua di preghiera, a lingua di Dio (Nous avons partagé..., c. III: «Les langues et le feu»; cf. pp. 91, 94). C'è traccia alcuna della «Liturgie des douze apôtres» in versione persiana? o in persiano orientale parlato in Kâbul, come voleva il mistico trasporto di Serge (Nous avons partagé..., pp. 90-91)?

Solo chi studierà sistematicamente vita e opere del Beaurecueil, farà spoglio del suo archivio personale, e controllerà le sue fonti, potrà dare risposte attendibili a queste domande. Ed ad altre. E tracciare nel medesimo tempo il percorso testuale di «Liturgie des douze apôtres», sua formazione e sue componenti. Non ne trovo menzione nella breve biografica a disposizione: Biographie (IDEO).pdf.

Sussistono altre copie del dattiloscritto «Liturgie des douze apôtres» francese? Sono state recuperate tra le molteplici peregrinazioni dell'autore?

Dò qui il testo in edizione web, "ne pereat"! E a memoria del dono che me ne fece Serge in persona, Kâbul agosto 1968.

Curiosità di critica testuale

La formula di consacrazione nel dattiloscritto è sostanzialmente la medesima data in Prêtre des non-chrétiens (1968) pp. 24-25. Le varianti toccano normalizzazione grafica, interpunzione, capoversi, e qualche minuscola variante lessicale. Ma la collazione seguente permette d'ipotizzare due distinte redazioni o rielaborazioni, e di stabilirne succesione cronologica:

dattiloscritto «Liturgie des douze apôtres»

Prêtre des non-chrétiens (= PNC)

§ formula della consacrazione del vino

De même pour le calice, après le repas, il mélangea le vin et l'eau, rendit grâces, le bénit, le sanctifia, et après en avoir goûté le donna à ses disciples De même pour la coupe, après le repas, il mélangea l'eau et le vin, rendit grâces, la bénit, la sanctifia, y goûta et la donna à ses disciples (p. 25)

§ Allez en paix

Vous qui êtes proches ou éloignés, vivants ou morts ceux qui sont prés, ceux qui sont loin, ceux qui vivent et ceux qui sont défunts (pp. 66-67;  3.IV.67)

a) PNC reca "coupe" contro "calice" del dattiloscritto. C'è da credere che "calice" fosse redazione anteriore. Alla sostituzione infatti si aggiunge l'intento di uniformità (o coerenza) lessicale: il susseguente brano del dattiloscritto (§ «Faites ceci en mémoire de moi») reca "coupe" contro "calice" immediatamente precedente.

b) "et après en avoir goûté" del dattiloscritto diventa "y goûta" in PNC. Le azioni sono scandite in cadenza di lessemi verbali (bénit, sanctifia, donna). È la lezione "et après en avoir goûté" che viene ridotta a "y goûta" per collimare con la sequenza, non viceversa.

Il dattiloscritto «Liturgie des douze apôtres» trasmette redazione anteriore a quella di PNC; anteriore dunque almeno agli anni 1967-68. «Célébrant au rite oriental» già in giugno '64 (Nous avons partagé..., pp. 38-39, 85-86), ma non si specifica quale lingua ("langage étranger", p. 85) e quale testo.

c) "il mélangea le vin et l'eau" (dattiloscritto) è "il mélangea l'eau et le vin" in PNC. Inversione sussurrata da gusti fonetici? Quale la sequenza nell'originale da cui Beaurecueil attinge (ecco l'importanza del controllo fonti).

Emilio Panella
Firenze, 1.XI.2005


Cher Emilio, je reçois ton message [30.X.'05]. Bravo pour ce livre sur le Fr Serge, ton ancien voisin et proche dans le monde persan! Je viens de donner un très modeste article sur le P. de Beaurecueil pour la revue Sources OP de Fribourg.

Je viens de relire les textes arabes et des passages syriaques de la messe syrienne des 12 apôtres, que tu cites. Pour la consécration c'est bien : "Il mélangea le vin avec de l'eau". La formule finale est équivalente; "Frères allez en paix... les proches, les vivants et les défunts". Pour le début je ne trouve pas bien tous les passages; a -t-il fait quelques emprunts à la liturgie copte qu'il pratiquait au Caire? La liturgie syriaque lui ayant semblé plus adaptée à son propos il l'a chosie pour Kaboul, mais je crois qu'il ne la pratiquait pas jusque là, à la différence de la "copte". Je vais continuer mon enqête. Bon travail.

Fraternellement Fr Jean M. Mérigoux
Le Caire 31/10/2005


Logo d'una scatola di sigarette irakena, anni '60!

Ricevo da Mérigoux, dic. 2005 dal Cairo, quasi regalo natalizio, estratto del suo articolo-omaggio per Serge de Beaurecueil. Grazie.

Jean M. Mérigoux, Un mystique dominicain, «Sources» 31/6 (2005) 286-95. Brano da p. 287:

«Depuis des années déjà le Père de Beaurecueil vivait à Kaboul où il n'y avait ni couvent dominicain, ni même de communauté chrétienne. Il était rattaché au couvent de Beyrouth et c'est là qu'il faisait halte lors de ses voyages.

" Baghdâd" in caratteri arabi = stilizzati a simboli cristiani,Christòs alpha&omega, mensa eucaristica, coppa o lampada inclusa? Logo d'una scatola di sigarette irakena, anni '60Peu après le nouvel an 1969, le frère Serge arriva donc à Beyrouth alors que je rentrai d'un voyage à Mossoul. Je lui montrai un petit trésor que j'avais ramené d'Irak. Il s'agissait d'un paquet de cigarettes «Baghdâd», de la société irakienne des tabacs. Le logo qui l'ornait était une admirable calligraphie arabe représentant le nom de la ville Baghdâd. Il déchiffra avec aisance l'arabesque qu'il trouva magnifique. Je fus heureux de lui avoir fait partager mon admiration. Seule la parrhésia, «l'audace filiale», attitude qu'appelait justement sa grande bonté, m'avait poussé à ce geste un peu désinvolte. Le Père de Beaurecueil avait parfaitement identifié les quatre consonnes qui composent le nom de Baghdâd:
bâ' 
ب,  ghayn غ  et les deux dâl د séparés par une voyelle longue: alif ا

بغداد = Baghdâd

L'enlacement de ces lettres formait comme une sorte de coupe, posée sur un plateau, à côté d'une tige ornée d'un croissant, on pouvait y voir aussi comme une embarcation ou bien une lampe posée devant le Saint Sacrement.

Le frère Serge fut ravi de voir cette inscription, car pour lui, Baghdâd c'était beaucoup! C'est là qu'avaient vécu plusieurs des mystiques qu'il avait étudiés, en particulier Al-Hallâj que Louis Massignon lui avait fait connaître. Il m'expliqua que le mot «Baghdâd» était d'origine persane et signifiait le «don de Dieu» et qu'Ansârî, son mystique préféré, avait visité cette ville en 1032».


 

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