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Presentazione

di

«Memorie
domenicane»

 

 

6 (1975) 7-9

 

Eugenio Marino  -  e. panella,

Tomismo e neotomismo

  # centenario

  # un tesario?

  # un metodo?

 

 

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Eugenio Marino [† 3.XII.2011] - emilio panella

Presentazione
di
Tomismo e neotomismo,

«Memorie domenicane» 6 (1975) 7-9.

«Memorie domenicane» ha inteso partecipare alla celebrazione del VII Centenario dalla morte di san Tommaso d’Aquino († 1274), facendosi carico di decifrare, certamente entro limiti d’interessi ben definiti, l’ascolto che i confratelli di Tommaso prestano oggi alla dottrina filosofico-teologica del loro Maestro, alla sua opera ecclesiale, al dialogo che egli instaurò con le tradizioni culturali del suo tempo.

Uno sguardo, quello di MD, portato sulle inflessioni dell’atteggiamento attuale dei domenicani, in coincidenza con gli studi dell’anno centenario e a seguito del capitolo generale di Madonna dell’Arco (Napoli  23 ag. - 25 sett. 1974) che ha concluso l’iter legislativo dell’aggiornamento delle costituzioni dell’Ordine. Queste hanno codificato un diverso rapporto di fedeltà dei professori e dei predicatori nei confronti di san Tommaso, provocato da istanze di autenticità e di apertura del dopoconcilio e coralmente indicato da consultazioni generali dei membri dell’Ordine. Rammentiamo l’obbligo d’adesione alla solida doctrina dell’Aquinate, imposto vi iuris nel corso dei secoli - talvolta senza discriminazione delle contingenze storiche - e con sempre maggior rigore, perfino di sanzioni penali, ai maestri, baccellieri, lettori e predicatori (in pratica, a tutti gli operatori culturali), diventato poi nel CG Roma 1629 impegno giurato. Recentemente, a cominciare dal CG River Forest (Chicago) 1968, si è fatta strada una prospettiva più coerente con la missione dell’Ordine, che pone Tommaso e la sua azione di filosofo-teologo all’interno del vasto crogiuolo dell’odierno rinnovamento intellettuale e spirituale, e spinge i domenicani, liberi dal giogo della ripetizione della littera del Maestro e tuttavia in “comunione spirituale attuosa” con lui, ad entrare in “colloquio” e “dialogo” con quanti intendono promuovere il sapere umano; così come avrebbe fatto Tommaso - insinuano le nuove costituzioni (cfr. nn. 81-82); come avrebbe agito Alberto Magno - ribadisce la ratio studiorum promulgata nel 1975 (cfr. nn. 1,VIII e 26,3°).

Pertanto, i saggi del presente volume s’impongono, a nostro avviso, non solo per il loro contenuto ma anche (e vorremmo dire, soprattutto) per il tentativo culturale che sottendono sia nelle ermeneutiche messe in atto (benché talvolta solo accennate): si tratti d’una nuova lettura degli scritti esegetici dell’Aquinate (E. Panella), di metodo storico nel discernere momenti emblematici nella considerazione sistematica di san Tommaso (M.-D. Chenu), del cosiddetto metodo ermeneutico integrale di contro a teorie e sistemi costituitisi in definitiva “chantier de démolition” (H.-M. Feret), o del metodo filologico che, con aderente esposizione di testi e con la pubblicazione d’inediti (nel caso, l’Epistolario di Zigliara), evita l’astrattismo di conoscenze tirate a fil di logica (M. Giammarino); sia nello svelare entro la costruzione originale dell’Aquinate le implicazioni prettamente storiche, quindi non immuni da caducità, come taluni apporti di ‘scienza aristotelica’ o di teorie proprie del medioevo, che non potevano se non provvisoriamente far corpo con il linguaggio della fede; sia nel proporre, con intenzione ora dichiarata ora implicita, analogie storico-culturali di problematiche e soluzioni tra il tempo di Tommaso e il nostro, cosicché lo scavare nella lettera e nel clima culturale del Maestro, mentre sorpassa l’erudizione fine a se stessa, diviene anamnesi, vale a dire strumento cognitivo per agire sul presente. Anche l’evocazione d’un personaggio umile quale Pietro d’Andria (G. Cappelluti), discepolo e reportator di Tommaso, serve a suo modo questi propositi.

In realtà, a noi sembra che taluni risultati, quali ad esempio l’indicare la pregnanza epistemologica di Tommaso oltreché nelle rationes ex (che fissano i trapassi logici tra i termini della demonstratio) anche nelle rationes ad (ad instar, secundum exemplum), che fanno ricorso a condotta di vita, ad eventi sociali ed ecclesiali non omologabili secondo connessioni di omogeneità noetica (Panella); il riproporre il realismo ontologico aristotelico-tomistico nel vivo del realismo storico, perseguito da alcune correnti culturali contemporanee (Feret); il ribadire che l’uomo è radicalmente solidale con il cosmo e che nel concreto della vita cristiana la natura non è eterogenea alla grazia (Chenu); il mettere a nudo il conflitto intellettuale (tra generosità e rischio) insito nella riproposta del testo tomistico alla fede e alla cultura postmedievale dell’Ottocento europeo (“neotomismo”: Giammarino): tali risultati - si diceva - contribuiscono a illustrare un’ermeneutica tomistica stabilita non sulla restaurazione d’un repertorio di tesi - da estrapolare al loro tempo perché siano riasserite nel nostro - ma sull’assillo di fede a provvedere quotidianamente parola umana all’atto d’intelligenza e di proclamazione della fede stessa. L’ascolto ed eventualmente l’assunzione del sapere umano sono cronologicamente e strutturalmente co-termini dell’atto teologale. Come apporto, spesso come provocazione, talvolta perfino come conflitto. E il teologo Tommaso d’Aquino fu un test quale nessun altro, nella storia della teologia cattolica, delle possibilità offerte alla fede di riasserirsi tra i rivolgimenti culturali e sociali a cavallo del XII e XIII secolo. La novitas del tempo, da Averroè ad Aristotele, dalla società comunale all’evangelismo apostolico, lo trovò nel cuore della sfida. E fu sul punto di travolgerlo, come tutti sappiamo. Ma quali che siano le fortune del tomismo post-tomasiano, sta di fatto cbe l’intelligenza del pensiero filosofico e teologico di Tommaso va stabilita entro le coesistenze che lo evocarono e lo provocarono. La restituzione della contemporaneità dei termini, e del dinamismo intellettuale intercorso tra questi due, suggerirà l’ermeneutica dell’opera di Tommaso. Ne legittimerà perfino una tradizione di magistero (“magister optimus et exemplar praeclarum” - secondo l’espressione cara alla legislazione domenicana), laddove la fede sia sollecitata, dall’alterità della parola umana, ad altre incarnazioni ed altre assunzioni perché risulti di nuovo intelligibile; e cioè proclamabile.

Pistoia, dicembre 1975


finis

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