precedente successiva

4. testo trasmesso da due testimoni

Il testo di Remigio dei Girolami sulla durata delle ammonizioni è trasmesso da due esemplari manoscritti: BNF, Conv. soppr. G 4.936, e G 3.465. Ambedue i codici contengono esclusivamente opere di frater Remigius Florentinus ordinis Predicatorum, ossia Remigio dei Girolamì.

G 4.936 contiene sermonario De tempore, sermoni De diversis materiis, Expositio monitionum, Rithmi... Un copista (mano A - qui a destra) ha lavorato alla trascrizione del codice tra novembre 1314 e agosto 1315 sotto la supervisione di Remigio, il quale ha poi corretto il testo e spesso integrato al margine delle carte lunghe giunte e perfino sermoni interi (mano B - qui a sinistra). Quest’ultima mano ha anche vergato la tabula a fine codice, f. 409r. Il testo che c’interessa è dopo i sermoni De diversis materiis e prima dei Rithmi, a ff. 405r-406v: Expositio monitionum factarum in capitulis generalibus (rubrica di mano B); mentre nella tabula semplicemente: Expositio monitionum.

G 3.465 contiene Extractio ordinata per alphabetum de questionibus tractatis per fratrem Remigium Florentinum. Il codice è tutto scritto dal medesimo copista di G 4.936 (mano A); corretto e integrato ai margini da Remigio (mano B). Composto con tutta verosimiglianza nel medesimo periodo di tempo in cui Remigio attendeva al riordinamento dei propri scritti e mano A lavorava alla trascrizione di G 4.936 e d’altri due codici remigiani (1314-16). L’explicit della Extractio ricalca esattamente le caratteristiche degli explicit di altri due codici remigiani, il De tempore di G 4.936 e il De sanctis di BNF, Conv. soppr. D 1.937: attribuzione di paternità, avvertenza sulla fattura redazionale, excusatio per eventuali difetti, chiusura con distici in rima.

■ Testo dell'explicit di cod. G 3.465 in J.-D. Cavigioli - R. Imbach, Brève notice sur l'Extractio ordinata per alphabetum' de Rémi de Florence O.P., AFP 49 (1979) p. 109. Gli explicit di codd. G 4.936 e D 1.937 in Panella, Per lo studio.... p. 25.

■ Vista l'autorità dell'«Archivum Fratrum Praedicatorum» su cui è apparso il notevole contributo di J.-D. Cavigioli-R. Imbach, Brève notice..., mi permetto di segnalare alcune inesattezze su problemi biografici di Remigio dei Girolami che si trasmettono da lunga data.

Forma corretta del nome: Remigio [figlio] di Chiaro (cf. AFP 1979, 105 n. 2, e nell'Index nominum p. 535). Cod. C 4.940 contiene due, non tre, quodlibeti (AFP 1979, 105 n. 3). Il lettorato (non necessariamente «fiorentino») durò «40 (non 42) anni e più» (AFP 1979, 106). Il baccellierato sentenziario a Parigi non è del 1284-85 (datazione risultata da errore di lettura dell'articolo necrologico) ma cade entro il triennio 1297-1300 e ha per perno il 1299 (AFP 1979, 106). Che Remigio insegnasse «nella curia pontificia di Perugia come lettore nominato da papa Benedetto XI» (AFP 1979, 106) poggia unicamente sull'explicit del Quolibet II: «apud Perusium in curia»; per l'interpretazione più attendibile della formula vedi R. Creytens, Le ' Studium romanae curiae' et le maître du sacré palais, AFP 12 (1942) 5-83. Nessuna giustificazione documentaria è stata prodotta per datare «S. Maria Novella, 1294» il Sermone XX in ricevimento di Tommaso conte di Sanseverino (AFP 1979, 106 n. 6). Vedi Contributi alla biografia remigiana e Le opere di fra Remigio dei Girolami in Panella, Per lo studio..., Append. II e III. Quanto all'edizione della tabula di G. 3.465: la questione Utrum celum emphireum [sic] influat in issa corpore inferiora (cf. AFP 1979, 120 n. 195) non corrisponde nel codice a Utrum celum empireum sit lucidum della tavola, ma è stata erroneamente riscritta dall'amanuense una seconda volta (cf. f. 87va-b, e f. 88ra), verosimilmente al posto di Utrum celum empireum sit lucidum; quest'ultima dunque semplicemente «non invenitur in codice». La questione della tavola Utrum quis sufficienter peniteat de peccato... (mano B), di cui si dice «non invenitur in codice» (AFP 1979, 129 n. 457), si trova a f. 168v, marg. super., mano B.

Alla promulgazione delle decretali Clementinae (25.X.1317), la trascrizione di G 3.465 era certamente terminata. La questione Utrum detentio decimarum sit peccatum mortale (G 3.465, f. 124ra-b) introduce distinzioni di circostanza e d'intenzione che terminano a una soluzione variata e possibilista dell'obbligo della decima di contro a una risposta monolitica a favore dell'obbligo. Il titolo De decimis delle Clementinae (III, 8, 1) ristabilisce una normativa più rigorosa del dovere delle decime e più restrittiva dei privilegi d'esenzione dei religiosi. Ora in calce alla questione remigiana (tutta scritta da mano A) si legge una giunta marginale di mano B:

Sed quia papa modo in septimo [Liber septimus Decretalium = Clementinae] videtur magis artare, cui oportet per omnia obedire, ideo per omnia fiat de datione decimarum sicut ipse mandat (cod. G 3.465, f. 124r, marg. destro)

■ Approfitto per segnalare che, nel riportare questa giunta marginale di Remigio, le parole «cui oportet per omnia obedire» sono state per errore tralasciate in Panella, Per lo studio... p. 76.

L'Extractio questionum è un’interessante silloge di soggetti trattati da Remigio e ordinati per successione alfabetica di lemmi teologici; essa include - o semplicemente recensisce nella tabula - anche temi svolti in altri scritti e qui spesso rielaborati a mo’ di quaestio. E la tabula a fine Extractio rinvia sia al codice in questione che ad altri codici contenenti opere di Remigio (edizione della tabula di cod. G 3.465: Cavigioli-Imbach, Brève notice..., AFP 49 (1979) 115-131). L’individuazione dell’esatta natura delle extractiones e la valutazione storico-dottrinale delle modifiche subìte da testi d’altre opere qui rielaborati in quaestiones, suppongono previo studio degli altri codici remigiani. In altre parole, lo studio di G 3.465 dovrebbe seguire quello d'altre opere del frate fiorentino; a meno che non si sia davanti a un soggetto trattato unicamente in G 3.465.

La Questio de duratione monitionum - qui pubblicata - illustra egregiamente il problema: a) il copista A ha trascritto la Questio de duratione monitionum in G 3.465 dopo aver trascritto la Expositio monitionum in G 4.936; b) il testo della Questio documenta l’intervento dell’autore (mano B), il quale ha rielaborato e riadattato al genere letterario della Extractio quanto aveva scritto altrove in pura forma di expositio. Ho detto «genere letterario della Extractio», perché - come si vedrà - il riadattamento è ben lontano dal soddisfare appieno le esigenze della forma letteraria della quaestio disputata. Il che invita almeno a porre la legittima domanda: la Extractio questionum di G 3.465 trasmette questioni realmente disputate da Remigio? nello studium di Santa Maria Novella o altrove?

«Il s'agii très probablement de la rédaction de questions disputées par Rémi lors de son enseignement au studium de Santa Maria Novella entre 1272-73 et 1314»: Cavigioli-Imbach, Brève notice..., AFP 49 (1979) 109.

5. Raffronto dei due testimoni

Nella tabula della Extractio il testo sulla durata delle ammonizioni è censito due volte: sotto la rubrica De monitione alla lettera M: «Utrum monitiones actorum capitulorum generalium et provincialium durent semper quousque fuerint revocate» (f. 189vb); e sotto la rubrica De semper alla lettera S: «Utrum admonitiones et ordinationes facte in actis capitulorum generalium et provincialium durent semper. Require supra De monitione super literam M» (f. 190rb). Difatti la questione è scritta, nel corpo dei codice, sotto la lettera M alla voce Monitio, ff. 163ra-164ra:

Queritur utrum monitiones facte in actis capitulorum generalium et provincialium durent semper quousque fuerint revocate (f. 163ra).

Quale il rapporto tra testo della Expositio in G 4.936 [= E d’ora in poi] e quello della Questio in G 3.465 [= Q d’ora in poi] sulla durata della ammonizioni?

Anzitutto E preserva nettamente la forma d’expositio; mentre Q ha un avvio elaborato in forma compositiva di quaestio. Ma oltre l’avvio, il testo - per contenuto e genere letterario - è fondamentalmente identico in E e Q. La struttura letteraria, di là dall’adattamento iniziale a forma di quaestio, conserva in entrambi la natura d’expositio.

Il testimone E è portatore di taluni errori e sviste del copista (vedi apparato critico in ed. stampa) assenti in Q. Le due giunte marginali ad E introdotte da mano B al margine delle carte e con segno di richiamo, compaiono regolarmente entro il testo Q; quanto soppresso in E non compare in Q; mentre le giunte marginali di mano B in quest’ultimo, sono assenti in E. Inoltre Q registra in proprio taluni ritocchi perfettivi del testo, come si può costatare nell’apparato critico.

Quanto alle vere e proprie giunte di mano B nel testimone Q (ignorando il riadattamento iniziale in quaestio), esse comportano due precisazioni di contenuto assenti in E:

- ad plus (rr. 93, 102, 105) in riferimento al tempo di durata legale delle ammonizioni;

- la giunta in calce a f. 164r con richiamo a fine quaestio («Ultimo autem advertendum... dispensare»: rr. 119-125) precisa che durata annuale va intesa più esattamente da capitolo a capitolo (di fatto si dà che per cause impreviste il capitolo non si tenga entro l’anno), e che maestro dell’ordine o priore provinciale possono mutare o dispensare, in casi determinati, dalle ammonizioni dei capitoli rispettivamente generali e provinciali.

Tenendo dunque conto dei dati circa composizione dei codici e natura delle varianti dei due testimoni, le relazioni tra i due testi si possano così definire:

a) L'esemplare E testimonia la prima redazione della expositio, trascritta dal copista dei codici remigiani nel periodo di composizione di G 4.936, tra fine novembre 1314 e agosto 1315. Mano B (l’autore Remigio) ha rivisto il testo e introdotto minute correzione al margine delle carte.

b) L’expositio è stata ritrascritta dal medesimo copista nella silloge della Extractio questionum di cod. G 3.465 (termine ante quem ottobre 1317), dopo che l’autore l’aveva riadattata a forma di questione e ritoccata in talune migliorie del testo.

c) Quando il copista aveva portato a termine la trascrizione della Extractio, mano B ha rivisto anche il testo della Questio de duratione monitionum (così come ha rivisto tutto il codice) e vi ha inserito in margine con segno di richiamo alcune giunte, assenti in E.

Pubblico il testo Q: BNF, Conv. soppr. G 3.465, ff. 163ra-164ra, sotto il titolo Questio de duratione monitionum capitulorum generalium et provincialium. Annoto in apparato critico, oltre a quanto proprio di Q, tutte le divergenze di E (BNF, Conv. soppr. G 4.936, ff. 405r-406v), cosicché il lettore ha il testo di entrambe le redazioni - se così si possono definire le varianti dei due testimoni.

6. data di composizione

Una parola sulla data di composizione del testo remigiano. Le giunte marginali di mano B sono posteriori  -  come s’è detto  -  al periodo della trascrizione dei codici. Ma il grosso del testo è fondamentalmente identico in E e in Q, se ci si riferisce allo svolgimento delle argomentazioni e delle tesi. Esso non offre nessun altro elemento utile a fissare il tempo di composizione se non il riferimento obbligato ai due capitoli generali Oxford 1280 e Firenze 1281. Il capitolo fiorentino 1281 costituisce il termine post quem della expositio. Ma mi pare che l’intervento di Remigio non sia di molto posteriore al 1281, se s’inserisce nel dibattito alimentato dalle due decisioni contrarie di Oxford e Firenze. Più in particolare l’intervento di Remigio mira a difendere e illustrare il testo controverso del capitolo di Firenze 1281: un testo che doveva essere ancor vivo nel suo valore legislativo al punto da sollecitare una expositio che ne elucidasse la portata legale e i termini normativi nella vita comunitaria dei frati.

E per concludere, un’ultima curiosità: fra Remigio dei Girolami difende un testo capitolare alla cui formulazione aveva in qualche modo contribuito?

Al capitolo generale Oxford 1280 partecipò per la provincia Romana il provinciale d'origina gallica Pietro «de Romanico Monte» o «de Rama» (1278-82), di cui fu socio Gregorio Trasteverino:

MOPH XX, 52/33-34; AFP 4 (1934) 110. Pietro «de Rama»: MOPH XX, 58-59; Masetti, Monumenta I, 204, 230-32; AFP 4 (1934) 133).

Al capitolo generale dei definitori Firenze 1281 partecipò per la provincia Romana Giovanni da Caiazzo (pr. Caserta) come definitore, di cui fu socio Salvo da Barga (Lucca):

MOPH XX, 55/3-4; AFP 4 (1934) 110. Giovanni da Caiazzo: MOPH XX, 381a; Masetti, Monumenta I, 205, 234-35; I. Taurisano, Discepoli e biografi di S. Tommaso, «S. Tommaso d’Aquino. Miscellanea storico-artistica», Roma 1924, 124-26 (in estratto, pp. 16-18); AFP 4 (1934) 134-35).

Remigio dunque non fu membro del capitolo generale di Firenze. Per il resto, la cronologia remigiana degli anni Settanta e Ottanta ha ancora molti vuoti (vedi Cronologia). Sappiamo soltanto che nel capitolo provinciale Firenze 1281, tenuto a ridosso del generale, Remigio fu nominato predicatore generale (MOPH XX, 57/19). L'intervento remigiano nel problema delle ammonizioni difende fermamente la decisione di Firenze contro quella di Oxford e d'Umberto da Romans. Il definitore Giovanni da Caiazzo si sarà servito, per la questione, della consulenza del lettore Remigio? Può essere. Ma taluni trapassi dell'argomentazione di Remigio  -  che qua e là tenta di restituire chiarezza testuale alle incertezze della decisione capitolare  -  dissuadono dall'attribuire responsabilità diretta di Remigio nella redazione finale del testo del capitolo di Firenze. E là dove questo ammonisce a non sostenere il punto che le ammonizioni abbiano durata annuale «(quamvis non sit dicendum nec tenendum quod admonitiones... non durent nisi per annum»), Remigio conclude perentoriamente  -  e non senza forzare l'ermeneutica del testo:

Et primo attendendum est ad significatum verborum, per quod quidem iudicatur expresse quod admonitiones actorum non durant quousque fuerint revocate. Cuius contrarium esse verum in precedenti capitulo fuerat declaratum. Ex quo videtur convinci quod non durent ad plus nisi per annum, usquequo scilicet superveniat auctoritas aliorum diffinitorum (infra, rr. 89-94).


  Questio de duratione monitionum...



precedente successiva