Un sermone in morte della moglie di Guido Novello
o in morte di Beatrice d'Angiò?,

«Memorie domenicane» 12 (1981) 294-301.

1

I sermoni "de diversis materiis": problemi d’identificazione e datazione

4

In morte della moglie del conte d’Andria e Montescaglioso, detto conte novello

2

In morte della moglie del conte Guido Novello († 1293)? No!

5

In morte di Beatrice d’Angiò, moglie di Bertrand de Baux

3

In morte della moglie del conte novello, figlia di Carlo II d’Angiò († 1309)

6

Dove e quando: Firenze(?) 1315-1316

 

Testo: De uxore comitis novelli
(BNF, Conv. soppr. G 4.936, f. 388v
)

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1. I sermoni "de diversis materiis": problemi d’identificazione e datazione

Nel 1901 Giulio Salvadori e Vincenzo Federici pubblicavano un fondamentale studio sul domenicano fiorentino Remigio dei Girolami († 1319): I sermoni d’occasione, le sequenze e i ritmi di Remigio Girolami Fiorentino (in «Scritti vari dedicati a... E. Monaci», Roma 1901, pp. 455-508; in estratto, e con paginazione diversa, Roma 1901. I sermoni sono numerati con numero romano successivo). La parte IV del saggio - di certo la più ricca dal punto di vista documentario - riportava per lo più stralci di 72 sermoni della sezione de diversis materiis del sermonario de tempore di fra Remigio, conservato nel codice BNF, Conv. soppr. G 4.936. Gli autori avevano colto la messe più preziosa di questo codice: la serie di sermoni che documentano il ruolo del frate di SMN nella vita fiorentina, quella religiosa e quella politica, durante un quarantennio a cavallo del XIII e XIV secolo. L’interesse e la fortuna di fra Remigio erano assicurati. A fine saggio, Giulio Salvadori stendeva un Indice degli argomenti dei sermoni dove compaiono i nomi dei destinatari ed eventualmente la data dei sermoni. Sfortunatamente non si ebbe l’avvertenza di distinguere nell’Indice i dati antroponimici, topici e cronici attestati dal testo dei sermoni dai dati d’identificazione e datazione proposti dagli editori. Cosicché il lettore, disponendo solo dei brani pubblicati da Salvadori-Federici e facendo aggio all’autorità degli insigni editori, è invincibilmente inclinato a ritenere i dati d’identificazione e datazione alieni da ogni sospetto, perché documentati  - si presume  - dal testo remigiano dei sermoni. Purtroppo in molti casi non è così. Per fare qualche esempio, il sermone X appare nell’Indice: «Per il ricevimento di Carlo I d’Anjou (1281)». Il testo pubblicato è un breve stralcio di cinque righi di stampa; e il lettore suppone che la parte omessa contenga le debite informazioni. Ora il testo del sermone né dice che si tratti di Carlo I d’Angiò né offre alcuna indicazione di tempo e di luogo. Nel testo del sermone LXII, recensito nell’Indice «Per la morte di fr. Ulivieri bretone, lettore a Parigi (1269?)», si dice solo che si tratta di fr. Ulivieri bretone, domenicano, che fu priore e confessore «magnorum principuna in Anglia». Non vi sono elementi che inducano ad identificarlo con fr. Olivier de Tréguier O.P., maestro reggente a Parigi nel 1290-92 circa, priore provinciale di Francia (1294-96), morto ad Angers nel 1296 (SOPMÆ III, 199-200, che, sulle indicazioni di Salvadori-Federici, rimanda al sermone di Remigio. Stephanus de Salaniaco - Bernardus Guidonis, De quatuor in quibus Deus Praedicatorum Ordinem insignivit, ed. Th. Kaeppeli, Roma 1949, p. 130). Nel 1296 Remigio era ancora in Firenze, e la sua permanenza in Francia cade negli anni 1297/8-1300. Il sermone LI «Per la morte di Ruggieri figlio di Guido Selvatico de’ Conti Guidi» dà un’altra pista fuorviante: Ruggieri di Guido Selvatico dei Conti Guidi, noto personaggio legato alla politica angioina in Toscana, è ancora in vita nel 1328; Remigio è morto nel 1319! Il testo del sermone dice «Ruggieri figlio di Selvatico» non «figlio di Guido Selvatico».

Perché si possa proporre un’esatta collocazione e interpretazione del ruolo di Remigio intellettuale e predicatore nelle vicende della politica guelfo-angioina di Firenze, bisogna far luce ancora su molti sermoni d’occasione la cui datazione e identificazione sono tutt’altro che soddisfacenti. Questa nota mira a portare un piccolo contributo in tale linea di ricerca.

2. In morte della moglie del conte Guido Novello?

Il sermone L è così recensito nell’Indice del Salvadori: «Per la morte della figliuola di Carlo II moglie del conte Guido Novello».

Salvadori-Federici, I sermoni... 56. L’identificazione di Guido Novello rimonta alle poco attendibili Vite dei frati di S. Maria Novella celebri in santità (1731) di fr. Domenico Sandrini (ASMN I.A.21, p. 199).

Ciò che a prima vista sorprende in tale regesto di sermone è vedere Remigio - tipico rappresentante delle simpatie filoangioine nel mondo ecclesiastico fiorentino  -  commemorare la moglie del ghibellinissimo Guido Novello. Dopotutto un predicatore, e un convento, fanno eco con meccanica fedeltà alle aggregazioni sociali che si stabiliscono di volta in volta sulla dinamica dei conflitti cittadini? Si trattava di verificare l’interessante “eccezione”. Ma insospettisce soprattutto l’improbabilità che re Carlo II d’Angiò avesse dato una figlia in moglie a chi aveva incarnato il governo e partito ghibellino in Firenze dal 1260 alla scacciata nel tumulto di novembre 1266; che a Firenze era stato podestà e vicario generale di re Manfredi; che aveva tenacemente guidato la resistenza antiangioina contro Carlo I schierandosi in prima linea nei tentativi militari, di Manfredi prima e di Corradino poi, di riportare l’Italia centro-meridionale all’ubbidienza sveva. E anche dopo la sconfitta di Manfredi a Benevento (1266) e di Corradino a Tagliacozzo o Piani Palentini d'Abruzzo (1268), quando il governo guelfo-angioino si era stabilmente insediato in Firenze (1267), il conte Guido Novello aveva pertinacemente continuato a capeggiare fino alla morte (1293) la guerriglia ghibellina contro Firenze e la Toscana guelfa, e contro il vicario generale degli angioini nel contado senese, aretino e nella Romagna ghibellina. Nemico irriducibile dunque di Carlo I d’Angiò († 1285) e poi di Carlo II. Quest’ultimo non aveva risparmiato all’odiato capo ghibellino neppure il ricatto dell’amore paterno facendo prigionieri e tenendo in ostaggio i figli di Guido Novello fino alla morte di costui. Di Guido Novello dei conti Guidi del Casentino si conoscono due mogli: una prima, figlia naturale di Federico II, che faceva Guido cognato di re Manfredi; una seconda, Gherardesca Novella, figlia di Ugolino conte di Donoratico. Nessuna cognazione con gli angioini è documentata.

Della carriera politica del conte Guido Novello nel ghibellinismo toscano riferiscono i cronisti: Ricordano Malispini, Storia fiorentina, ed. V. Follini, Firenze 1816, rist. Roma 1976, ad indicem; Paolino Pieri, Cronica, ed. A.F. Adami, Roma 1755, pp. 29 ss.; l’anonima Cronichetta (XIV s.), ed. P. Santini, in Quesiti e ricerche di storiografia florentina, Firenze 1903, rist. Roma 1972, pp. 107 ss. Giovanni Villani, Nuova cronica VI, cc. 79 ss; VII; ed. G. Porta, Parma 1990-91, I, 665a. Cf. G. Salvemini, Il passaggio del Comune di Firenze a parte guella (1266-67), in Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, ed. Torino 1974, Excursus I, pp. 194-231; R. Davidsohn, Storia di Firenze, vol. II /1-2, ed. Firenze 1972, e vol. VIII («Indici»), Firenze 1978; S. Raveggi, M. Tarassi, D. Medici, P. Parenti, Ghibellini, guelfi e popolo grasso. I detentori del potere politico a Firenze nella seconda metà del Dugento, Firenze 1978, pp. 3-72.

Davidsohn II, 725. L. Litta, Famiglie celebri italiane, vol. XIV, Milano 1865-72, Tav. IV.

3. In morte della moglie del conte novello

E veniamo al sermone in questione. Esso è trascritto da mano B (diversa dalla scrittura in colonna) al margine di f. 388v del cod. G 4.936. Il testo del sermone ci dà le seguenti informazioni:

a) De uxore comitis novelli

b) filia regis Caroli

c) et sorore regis Ruberti

d) ... mors multum festinavit venire cum esset valde iuvencula.

Si tratta d’un sermone in morte d’una sorella di re Roberto e figlia di re Carlo II d’Angiò († 1309). Ma si noti: «et sorore regis Ruberti»; il che indica che Roberto sia già succeduto al padre nel regno di Napoli (1309-1343). Non si parla di vedova ma di «uxor comitis novelli» e si suppone il marito vivente; il conte Guido Novello era morto nel 1293. L’identificazione «moglie del conte novello» con la «moglie del conte Guido Novello» risulta insostenibile.

Chi è allora il «comes novellus», genero di Carlo II d’Angiò e cognato di re Roberto?

4. In morte della moglie del conte d’Andria e di Montescaglioso, detto conte novello de la casa del Balzo

La traccia ci è data dai cronisti fiorentini Giovanni Villani e Marchionne di Coppo Stefani. Il Villani scrive:

«Nel detto anno 1315 i Fiorentini per la detta sconfitta [di Montecatini] non isbigottiti, ma vigorosamente la loro città di Firenze riformarono e d’ordini e di forza di gente d’arme e di moneta, e steccarsi i fossi per la loro difensione, e mandarono al re Ruberto per uno capitano di guerra, il quale senza indugio mandò a·fFirenze il conte d’Andria e di Montescaglioso detto conte Novello de la casa del Balzo, con cc cavalieri; e costì stettono al riparo della fortuna d’Uguiccione [della Faggiuola] sanza perdere stato o signoria o castello o altra tenuta, onde i Ghibellini e usciti di Firenze si trovarono ingannati, che si credeano avere vinta la terra fatta la sconfitta» (Giovanni Villani [† 1348], Nuova cronica X, 74, 1-13; ed. G. Porta, Parma 1990-91, II, 277-78).

E all’anno 1316:

«e dell’una parte che disamavano la signoria del re Ruberto erano capo messer Simone della Tosa con certi grandi, e’ Magalotti con certi popolari, i quali al tutto co·lloro isforzo e séguito signoreggiavano la terra; e se non fosse per la tema d’Uguiccione, certamente la parte del re Ruberto n’avrebbono cacciata fuori della città; e mandarne il conte Novello con sua gente, che non era ancora dimorato in Firenze che iiii mesi capitano di guerra, e dovea dimorare uno anno: e sì era in Firenze vicaro in luogo di podestà e capitano per lo re Ruberto, ma poco podere v’avea, però che la setta contraria aveano la forza e signoria del priorato e degli altri offici e ordini della terra» (Villani X, 76, 16-29).

Marchionne di Coppo Stefani:

Rubrica 316 - «Come il conte di Monte Scaggioso, chiamato Conte Novello, venne a Firenze per capitano.

[...] Di ché subito vi [a Firenze] mandò un savio e valente cavalieri, cioè fu [Beltramo] dal Balzo conte di Monte Scaggioso; il quale avea per moglie la sirocchia del re Ruberto. E venne a Firenze con 200 cavalieri negli anni del Signore 1315».

Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, ed. N. Rodolico (RR.II.SS.2  XXX/1), Città di Castello 1903, rubrica 316. Marchionne dice che Bertrand de Baux stette in Firenze quattro mesi, fino all’aprile 1316 (ib. rubr. 318); vi tornò poi come capitano nel 1324 (ib. rubr. 372) e nel 1328 (ib. rubr. 443). Secondo la Cronichetta anonima del XIV secolo, «lo conte Novello» entrò in Firenze il 29 dicembre 1315 e vi rimase fino al 14 giugno 1316: ed. in P. Santini, Quesiti e ricerche... op. cit., pp. 139-40. Nel testo citato di Giovanni Villani (X, 76, 15-30) si dice che vi stette un anno. Cf. Davidsohn IV, 807, 835, 837, 839, dove sembra che Bertrand fosse ancora a Firenze nel settembre 1316.

5. In morte di Beatrice d’Angiò, moglie di Bertrand de Baux

Bertrand de Baux (del Balzo) III de Berre è un personaggio eminente dell’amministrazione e politica militare in Toscana a nome dei re angioini. Era detto «conte novello», come testimoniano i cronisti fiorentini, perché investito nel gennaio 1309 da Carlo II d’Angiò del titolo di conte di Montescaglioso-Squillace-Andria (L. Barthélemy, Inventaire chronologique et analytique des chartes de la maison de Baux, Marseille 1882, pp. 266-67 n. 920, p. 267 n. 922, p. 268 n. 924); nominato poi da re Roberto d’Angiò capitano e vicario generale degli angioini a Firenze, dove risiedette dal dicembre 1315 per quasi tutto il 1316, nel periodo degli affronti militari con Uguccione della Faggiuola; morì nel 1350 (cf. Barthélemy, Inventaire... op. cit., Tavola III ). Bertrand de Baux era cognato di re Roberto d’Angiò perché ne aveva sposato la sorella Beatrice.

Beatrice d’Angiò, ultima dei 14 figli di Carlo II d’Angiò, nell’aprile 1305 era stata data in sposa, ancora giovanissima, ad Azzone VIII d’Este marchese di Ferrara, in una transazione matrimoniale tra Azzone e Carlo II che ai contemporanei apparve un atto di mercimonio politico.

Ex Annalium Libris Marchionum Estensium, «Rer. Ital. Script.» XX/2 (1936) p. 11. Chronicon Estense, in «Rer. Ital. Script.» XV/3 (1908) p. 60. P. Giannone, Istoria civile dei Regno di Napoli, t. III, Napoli 1770, pp. 509, 528. R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, vol. I, Firenze 1922, p. 23. Davidsohn  IV, 408; VI, 793

Così il cronista Dino Compagni:

«Parma, Reggio e Modona s’erano rubellate dal marchese di Ferrara; il quale, per troppa tirannia facea loro, Idio non lo vi volle più sostenere: ché quando fu più inalzato, cadde. Perché avea tolto per moglie la figliuola di re Carlo di Puglia; e perché condiscendesse a dargliele, la comperò, oltre al comune uso, e fecele di dota Modona e Reggio» (Cronica III, 16: ed. a cura di G. Luzzatto, Torino 1968, pp. 156-57).

Anche Dante vi trovò congrua materia per i propri spiriti antiangioini; dice di Carlo II d’Angiò:

      L’altro, che già uscì preso di nave,

veggio vender sua figlia e patteggiarne

come fanno i corsar dell’altre schiave.

      O avarizia, che puoi tu più farne,

poscia c’ha’ il mio sangue a te sì tratto,

che non si cura della propria carne? (Purg. XX, 79-84).

Dopo la morte d’Azzone d’Este (1308), Beatrice d’Angiò fu data in moglie nel 1309 al fedele servitore degli angioini Bertrand de Baux (Rév. P. Anselme, Histoire de la maison royale de France, Paris 1674, pp. 341-42. Barthélemy, Inventaire... op. cit., Tavola III, e p. 268 n. 924. Davidsohn IV, 695).

Non ho trovato altri dati biografici di Beatrice, se non che morì «prima del 1321».

Anselme, Histoire... op. cit., p. 342: «Elle mourut avant l’an 1321 et fut enterrée dans la grande Eglise d’Andrie où se voit son Epitaphe». Dopo la morte di Beatrice, Bertrand de Baux sarebbe passato nel 1332 a seconde nozze con Margherita d’Aulnay (Barthélemy, Inventaire... op. cit., Tavola III) da cui ebbe Francesco duca d’Andria (Anselme, Histoire... p. 342).

Nel DBI sono dedicate molte voci (Carlo I, Carlo II, Carlo Martello...) alla dinastia angioina, ma non vi compare la voce “Beatrice d’Angiò”.

Tali dati storici si ricongiungono eccellentemente con le indicazioni del sermone di Remigio: la figlia di re Carlo e sorella di re Roberto va identificata con Beatrice «uxor comitis novelli», ovvero sposa in seconde nozze di Bertrand de Baux, detto «conte novello» per la investitura di Montescaglioso-Squillace­Andria. Ma si ricongiungono eccellentemente anche con quanto assodato circa i dati critici della trasmissione del testo del sermonario remigiano G 4.936. Tale sermonario è stato trascritto da un amanuense (A) tra fine novembre 1314 e agosto 1315 (Per lo studio... op. cit., pp. 20 ss., 29). Remigio ha integrato al margine delle carte (mano B) i sermoni che è venuto componendo fra la trascrizione del codice e la propria morte (1319), come è ben documentato da sermoni scritti da mano B e databili tra 1315 e 1319. Il nostro sermone è appunto scritto al margine da mano B al luogo debito secondo l’ordine gerarchico che Remigio ha stabilito per la sezione de diversis materiis del codice (Il Repertorio dello Schneyer e i sermonari di Remigio dei Girolami, MD 11 (1980) 642).

6. Dove e quando: Firenze(?) 1315-1316

Il testo non dà indicazioni di luogo. Sulla base dei dati biografici di Remigio in quegli anni e sul fatto della presenza a Firenze di Bertrand de Baux come capitano di guerra e vicario generale in Toscana, si può ragionevolmente suggerire che Beatrice morisse in Firenze e che là Remigio tenesse il sermone funebre; così avvenne per altri dignitari angioini nelle medesime circostanze politiche: i sermoni in ricevimento di Filippo di Taranto (agosto 1315), altro fratello di re Roberto, e in morte di Carlo d’Acaia, figlio di Filippo, caduto nella battaglia di Montecatini contro Uguccione della Faggiuola (29.VIII.1315) (Per lo studio... 230-32; 231).

Si è detto or ora che gli estremi massimi di composizione del sermone in morte di Beatrice vanno da fine lavoro di mano A (nov. 1314 - ag. 1315) a data di morte di Remigio (1319). Ma credo che dalla critica interna del codice si possa ricavare qualcosa di più per il nostro sermone. Se da una parte infatti il frequente intrecciarsi delle scritture di mano A in colonna e di mano B al margine rende laboriosa la lettura di questa sezione di codice, dall’altra può racchiudere insospettate testimonianze cronologiche se solo si riesca a individuare i diversi strati di scrittura e a restituire successione temporale agli interventi additivi di mano B. Il sermone in morte di Beatrice ne offre una felicissima prova. Ricordato il principio d’ordine gerarchico che regge la sezione dei sermoni d’occasione, o de diversis materiis (Il Repertorio… art. cit., pp. 635-43), ecco come si presenta la sequenza delle rubriche e dei sermoni nelle carte che c’interessano:

        De rege

Omnis potentatus brevis vita... (f. 387ra-b, mano A); in morte di re Filippo IV il Bello, 29.X1.1314.

        [De filio principis]

Nobilis grandis interitu... (ff. 387r-388r, in margine, fino a circa metà del margine destro di f. 388r; mano B); in morte di Carlo d’Acaia, figlio del principe Filippo di Taranto, deceduto nella battaglia di Montecatini, 29.VIII.1315.

Mortuus est rex Oçias...: di mano B; inizia a f. 388r, margine destro, subito dopo il precedente, poi passa al margine inferiore della medesima carta, dove le ultime parole sono: «Virtus enim est ultimum potentie, ut dicitur in I libro»; poi salta f. 388v per riprendere nel margine superiore di f. 389r, con le debite parole di continuazione «De celo. Circa secundum nota quod...»; corre quindi nei margini di f. 389v per terminare a metà margine sinistro di f. 390v; subito dopo, sempre in margine e di mano B, inizia il sermone Dies mei sicut umbra in morte di Ruggieri dei Buondelmonti abate di Vallombrosa (14.VIII.1316). Il sermone Mortuus est rex Oçias è in morte di Luigi X re di Francia, 5.VI.1316.

De comite

Princeps et maximus cecidit... (ff. 387vb-388rb; mano A); in morte del conte Ruggieri di Selvatico.

        De uxore comitis novelli... (f. 388v, margine superiore, sinistro e inferiore; mano B).

De prelatis inferioribus episcopo

Dies eius tamquam flos agri... (f. 388rb-vb; mano A); in morte del proposto di Prato Alcampo degli Abbadinghi, 9.IV.1296.

La successione dei sermoni scritti in colonna da mano A e di quelli inseriti posteriormente al margine da mano B salta subito agli occhi: il copista A ha trascritto nel testo in colonna il sermone Omnis potentatus in morte del re Filippo (29.X1.1314)  -  il quale peraltro è l’ultimo sermone databile di mano A  -  poi il sermone Princeps et maximus cecidit in morte del conte Ruggieri di Selvatico, quindi Dies eius tamquam flos agri in morte del proposto Alcampo (9.IV.1296). Quando il copista A aveva portato a termine la trascrizione del codice, Remigio (mano B) inserisce al margine nuovi sermoni. Muore Carlo d’Acaia (29.VIII.1315), figlio del principe Filippo di Taranto; e Remigio, in ossequio all’ordinamento che si era proposto, ne trascrive il sermone funebre al margine dopo quello per un re, Filippo il Bello. Sopravviene il sermone in morte di re Luigi X (5.VI.1316). Le carte destinate alla sezione dei re traboccano di scrittura; non resta che trascriverlo dopo quello per Carlo d’Acaia, dove riprendono i margini in bianco. E Remigio così fa. Ma riempiti di scrittura i margini di f. 388r, salta f. 388v e riprende il seguito del sermone ai margini di f. 389r. La cosa ha una sola spiegazione: i margini di f. 388v erano già stati utilizzati per la trascrizione del nostro sermone “De uxore comitis novelli”.

La data del sermone in morte di Beatrice d’Angiò cade dunque tra l’ultimo sermone trascritto da mano A (29.XI.1314) e il sermone in morte di Luigi X (5.VI.1316). La permanenza di Bertrand de Baux in Firenze, e con lui presumibilmente la moglie Beatrice, è attestata  -  ricordiamo  -  nel dicembre 1315 e nel corso del 1316. 



testo del sermone in morte di beatrice d’Angiò


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