Aschi d'Abruzzo
Aschi d'Abruzzo
pena di pudore schivo di parole
pena di desolazione
sull'estreme desolate giogaie
dei Marsi: trecent'anime
che l'inverno assedia di nevi e di ghiacci
che l'estate illude
d'irrisioni di sole occidente.
Trecent'anime - m'han detto.
Ma i tuoi corpi dove sono?
Ho visto solo
poche luride case asismiche
stanche le bocche aperte degli usci
dove sciami rabbiosi di mosche
succhian l'anima agli occhi dei bimbi;
steli tristi di spelta
vuote le glume
che mordon da sasso e sasso
livide zolle - o grumi di sangue? -;
pasture grame
stupite quasi della vita
che gli dette il ventre pietroso
delle montagne.
Ho visto solo le anime
nel legno dei volti degli uomini al rezzo
che nemmen Fucino grasso distrae
là nella piana
dove il Giovenco strozza
la gola alla Lupara.
Ho visto solo le anime
negli immensi occhi stupefatti
delle pastore
che rimontano a vespro dietro le mandre
la fòrra della Lupara.
I medesimi occhi
che m'accendon le ombre della chiesa:
gli immensi occhi stupefatti
di questa statua
del tuo inutile Salvatore.
Se avessi trovato i tuoi corpi
Aschi
via li avrei portati con me
a valle, questa sera.
E le avrei, le tue anime,
lasciate lassù
cogli occhi sbarrati
le tue anime morte.
(Roma luglio 1966; Diario pp. 95-97)
Una turista a Piazza Barberini
Da dietro il tritone
dall'ombra della valva
mi fissano
due occhi vichinghi.
E vedo
due semafori rossi.
(Roma agosto 1966; Diario p. 98)
Subitamente passasti
rabbioso
raffica di monsone.
Ed i miei visceri urlarono
guaine
a una spada di fuoco.
Ora il Tuo vento
continua a spazzare
la mia strada
e vi rotola i miei desideri.
(Luco, luglio '66; Diario p. 99)
"Et Verbum caro factum est" (Giov. 1,14)
Dimmi: Perché
quest'onda di pensiero
trabocca dalla parola incapace
e sul cristallo
della mia fantasia
una cascata gronda
di sensi? - e forme colori magie
ritmi segni silenzi...
Ora, di fascini non detti mai
particole di gocce la parola
avaramente
raccoglie, e del pensiero
simboli parla.
E della sua impotenza
fa poesia.
Una sola Parola fu detta
che tutto il Pensiero
significasse.
E divenne Carne.
(Roma, dic. 1966; Diario pp. 106-07)
Ecco. Era qui la bottega del fabbro.
Vi portavo - ricordo - da ragazzo
a riferrare il cavallo del babbo.
La mazza faceva l'incanto sull'incudine del mio sguardo. Il carboncoke incendiava il mio volto quando al soffio del mantice avvampava d'un tratto sulla bocca della forgia. E l'indice traeva, ignaro, augùri nella segatura di ferro. |
Ritmi d'incanto batteva la mazza sopra l'incudine del mio sguardo. Il mantice soffiava sulla bocca della forgia e d'un tratto s'incendiava il coke nel braciere il mio volto . E l'indice inseguiva, ignaro, augùri nella limatura di ferro. |
Sì. Era qui la bottega del fabbro
dov'ora è questa boutique di moda.
E muore ancora qualcosa di me.
Ma cominciai qui
a morire un poco per giorno.
Morivo, un poco, col ferro rovente
anch'io quando il fabbro
nell'acqua della tempera - un istante
d'agonia - affogava la sua rabbia.
"del fabbro" = zi' Peppino je ferrare
(Roma febbr. 1967; Diario pp. 114-15)
All'arco indiano delle tue sopracciglia
ho accostato le labbra
ed ho tracannato
il vino nerissimo delle tue pupille.
Or nelle vene
mi scorre ubriaca
una quartina
di Omar Khayyàm
(Pakistan, Murree, maggio 1968; Diario p. 139)
Con un solo gesto
questo cielo dell'India
si sfila di dosso
il suo sari di nubi.
E nuove profondità
pudicamente denuda.
(Pakistan, Murree, agosto 1968; Diario p. 152)
"contaminatio theologica" |
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In principio era l'Uno.
E la Parola si fece Poesia |
In principio erat..., Gen. 1,1
et Verbum caro factum est, Io. 1,14 |
[variante] In principio era l'Essere. Così la Parola si fece Poesia |
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(Pakistan, Lahore, 6 febbr. 1970; Diario p. 195) |
"Perché domandi il mio nome?" (Gen. 32,39) |
Quando parlo di Dio |
Smeriglio le mie parole |
Smeriglio le mie parole con l'allegoria perché il limite esatto non definisca l'improntitudine della significazione. |
(Roma maggio 1972; Diario p. 211) |
La notte vìola Antica consuetudine |
Carnevale stanotte insolentisce.
Antica consuetudine |
(Roma giugno '72; Diario p. 215) |
(Pistoia ott. 1972; Diario p. 216) |
Sì, è vero
ho crocifisso troppe volte
su una parete spoglia
la tua gloria
ingloriosamente.
Ma ora tutta suderò
- se vuoi -
la mia agonia
su la tua agonia.
E sepolto aspetterò
la resurrezione
nella tomba del tuo corpo.
(Pistoia genn. 1973; Diario p. 219)
SE DUCCIO FUSSI ,,, →