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II - Sistema scolastico nei conventi domenicani

Incluso quello di Prato, entro la provincia romana (Italia mediana, dalla Toscana al basso Lazio). Convento formale dal 1282 (MOPH XX, 62/4-7: «Ponimus conventum apud Pratum»), dopo che il capitolo generale del 1281 aveva concesso alle autorità della medesima provincia religiosa di stabilire una domus (piccola comunità non formalmente convento) nella medesima città (MOPH III, 214/28: «Concedimus provinciae romanae unam domum ponendam in Prato»).

Francesco di donna Albanese da Prato, OP  1300 ca. - 1348 ca. Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, Romae 1970-93, I, 395-97; IV, 86; e recenti sostanziali lavori di Fabrizio Amerini. Francesco “filius conventus pratensis”, filiazione basata sullo statuto legale della predicatio: circoscrizione territoriale di competenza giuridica del convento in fatto di reclutamento, questua, predicazione, titolo di proprietà sui beni lasciati dal frate. Circoscrizione del convento pratese ritagliata dalla predicatio dei due conventi confinanti e preesistenti: Santa Maria Novella di Firenze e San Domenico di Pistoia.

Una curiosità sul matronimico “figlio di donna Albanese”, contro il più comune e “regolare” patronimico; basato questo sulla discendenza di linea maschile. Raro il matronimico, ma si dà, e lo si ritrova anche in altre geografie conventuali. Interpretazione: o Francesco era ancora piccolissimo quando il padre era deceduto, e lo si denominava convenzionalmente in riferimento alla madre vedova; oppure era figlio di padre ignoto (alternativa più probabile).

Impossibile intendere l’attività scolastica e la produzione letteraria di Francesco senza inserirlo nel sistema scolastico dei domenicani del suo tempo. Non era un maestro privato, ma un lettore in un sistema scolastico promosso e controllato dall’ordine domenicano e suoi capitoli provinciali.

Sistema scolastico articolato in tre aree didattiche, complementari ma distinte: lectio, disputatio, predicatio. L’insegnante (lector, magister: ad essi risponde audire, audientes = alunni) è tenuto a coprirle tutt’e tre: tenere la lectio, indire la disputatio, recitare il sermo. Lo riassumo in grandi linee e sinteticamente. Più specifica descrizione dovrebbe articolare non poche varianti cronologiche e tematiche.

a) lectio

Insegnamento di base denominato lezione. Area didattica che trasmette agli studenti le conoscenze di base e consolidate d'una data disciplina. Il maestro (o lettore o baccelliere) legge, espone e commenta l’auctor, o meglio il liber textus di quella disciplina, determinato dagli statuti degli studi generali o loro tradizioni: curriculum delle arti; regolato dai capitoli generali e provinciali degli ordini religiosi.

Capitolo provinciale Viterbo 1264 (datazione alquanto alta, seguìta da non poche innovazioni): «Libros autem de textu appellamus biblias, Sententias [= Sententiae di Pietro Lombardo † 1160], Historias [= Historia scholastica di Pietro il Comestore † 1178 ca.], breviaria, missalia, Decreta [Decretum Gratiani, 1130-40], Decretales [= Decretales Gregorii IX, 1234] e libros glosatos» (MOPH XX, 30/26-28).

Pietro di Spagna, Summule logicales (1230 ca.), Tract. V, 36: «Auctoritas... est iudicium sapientis in sua scientia» (ed. L.M. De Rijk, Assen 1972, 75); comunemente dell'autore il cui trattato è stato assunto quale libro di testo su cui tenere lezione. Auctoritas connota anche la fisicità d’un testo = citazione autorevole che vale prova in una data disciplina. Il lettore al contrario legit o recitat o exponit; è un expositor ma non un auctor; la sua è una opinio, sententia o determinatio magistralis; non una auctoritas.

Corsi di logica ricavabile dagli atti capitolari OP (ma da articolare cronologicamente), e relativi libri di testo:

- logica antica (logica vetus): Isagoge di Porfirio, Divisioni e Topici di Boezio, Categorie e Interpretazione di Aristotele, Trattati ovvero Summule logicales (1230 ca.) di Pietro Ispano.

- logica nuova (logica nova), corso avanzato di logica: sui libri aristotelici Topici, Elenchi sofistici, Analitici primi e secondi.

- filosofia della natura: Physicorum, De celo, De generatione, Meteorologica, De mineralibus, De anima, De animalibus et plantis.

- filosofia morale: Actes du chapitre de Montauban de 1330, «Assignamus Studia moralis philosophie... Volumus autem et ordinamus quod dicti magistri, anno isto, legant pro principali leccione librum Ethicorum, pro secunda vero Magna Moralia, Ychonomicam, et librum de Causis. Sequenti anno vero, legant pro principali leccione librum Politicorum, pro secunda vero libri Rhetoricorum», da D. Carron Faivre, Guillaume de Leus, commentateur du Liber "de causis", «Bulletin de philosophie médiévale» 54 (2012) 306 n.50.

- metafisica ecc.

NB – Leggevano queste opere nelle traduzioni latine; non conoscevano il greco né lo insegnavano nelle scuole. Fondamentale, dunque, quando s’avvia una ricostruzione filologica del filosofo medievale risalire alla traduzione latina da lui usata, non all’originale greco. Vedi ad esempio le edizioni critiche delle traduzioni medievali d'Aristotele nella collana «Aristoteles Latinus», Bruges-Paris-Bruxelles 1961 ss.

Capitolo provinciale Perugia 1308: «Item volumus et ordinamus firmiter observari quod lectores et baccellarii legant de Sententiis et non de Summa Thome» (MOPH XX, 169/5-6). Neoscolastici ipertomisti hanno inteso: «… legant de Sententiis <scilicet Thome> et non de Summa Thome». Insostenibile, in tempi di scontata prassi nell’insegnamento teologico; e di scontata identità delle Sententie, su cui i capitolari possono fare economia linguistica senza danno, perché tutti sapevano. Intendi: «… legant de Sententiis <scilicet magistri Petri Lombardi> et non de Summa Thome». Importante invervento del governo ordinario dell’ordine domenicano. Taluni lettori e baccellieri avevano di propria iniziativa subintrodotto come libro di testo di teologia la Summa theologiae di Tommaso d'Aquino (non ancora canonizzato) al posto del canonico Liber Sententiarum del Lombardo. I capitolari ordinano di attenersi fermamente alle norme scolastiche vigenti. Libri di testo nei corsi teologici sono: Sententiae di Pietro Lombardo, e libri biblici.

Tanti libri!, d'accordo. Ma chi ne prendeva cura? Un solo esempio: «Frater Iacobus Leonis de Sancta Christina... in operibus manualibus ingeniosus; semper operosus, libros armarii conventus sollicitissime reparabat» (Cronica conventus antiqua Sancte Katerine de Pisis, n° 224). Sull'armarium vedi L. Pellegrini, I manoscritti dei Predicatori, Roma 1999, pp. 147-87.

b) disputatio

Atto proprio del magister (unico vero grado accademico, il magistero, basato sulla licentia ubique docendi, garantita dal potere universale o papale o imperiale).

Disputa ordinaria. Indetta, presieduta e determinata dal maestro (terminatio, determinatio magistralis); ma è probabile che negli studi regionali la tenesse anche il semplice lettore, sebbene non magister. Il maestro ne fissa giorno e materia. Tenuta nelle ore pomeridiane, tra Nona (h. 13) e Vespro. Vi attendono maestri, baccellieri, cursori e studenti d’altre cattedre. Chiunque può porre domande o obiettare (opponens) sulla materia proposta. Il baccelliere, sotto la guida del maestro, vi prende parte in ruolo di respondens di prima istanza (ne rimangono talvolta tracce nella redazione scritta: «dicebatur a respondente...»).

Svolgimento. 1a seduta: opponens, respondens, con eventuali interventi del maestro. 2a seduta (abitualmente il giorno dopo, o qualche giorno dopo): lavoro essenzialmente del maestro, che riprende la materia discussa nella seduta precedente, riordina, espone, argomenta pro e contro, e dà la solutio o determinatio magistralis.

Sua variante è il quodlibeto: disputatio a quolibet de quolibet; extraordinaria, generalis, solemnis. La materia da dibattere qui non è proposta dal maestro, ma liberamente sollevata da qualsiasi partecipante.

Disputa: area più inventiva e progressiva del sistema scolastico, e del sapere d’una disciplina; luogo di maggior libertà, creatività e audacia. Se la lectio trasmette una somma di sapere scontato, e tuttavia necessario per gli studenti alle prime armi, la disputa apre lo spazio al nuovo, alla ricerca, e perfino allo scontro duro con differenti scuole intellettuali e con altri maestri.

Esempio sorprendente. La donna è di fatto inesistente in questo sistema scolastico, rigorosamente "clericalis" (ma si rifà in quello privato!). Decretum C. 33, q. 5, c. 17 : «Mulierem constat subiectam dominio viri esse et nullam auctoritatem habere; nec docere potest nec testis esse neque fidem dare nec iudicare» (Corpus Iuris Canonici, vol. I, ed. Ae. Friedberg, Lipsia 1879, rist. Graz 1959, I, 1255).

La sua esclusione tuttavia doveva sollecitare domande contestatrici se approda in un quodlibeto: Utrum mulier predicando et docendo mereatur aureola!

J. Leclercq, Le magistère du prédicateur au XIII2 siècle, «Archives d’histoire doctrinale et littéraire du moyen âge» 15 (1946) 105-47, di grande interesse. (Quodl. 1263-66) Utrum mulier predicando et docendo mereatur aureola (ed. 109-20); (Quodl. 1282-91) Utr. doctor vel baccellarius celans sermonem quem habet in corde suo vel in quaterno vel nolens communicare socio petenti, de quo scit probabiliter quod sine detrimento rehabebit, peccet mortaliter (ed. 124); e molte altre questioni attinenti alla predicazione.

5.V.2018. Quodlibet Utrum mulier praedicando et docendo mereatur aureolam (1263-1266)

Trasferitomi nel convento fiesolano (ott. 2015) lasciai nel convento fiorentino quasi tutta la mia biblioteca personale, incluse le fotocopie di Leclercq, Le magistère..., Utrum mulier predicando..., ed. 109-20. Ricupero taluni brani da https://core.ac.uk/download/pdf/83945631.pdf

= Joanna Mary Spreadbury, GLORIOSA PRAEDICATRIX: The origin, development and influence of the medieval legends about Saint Mary Magdalen as preacher and apostle, nelle note di pp. 130-132:

Eustace of Arras, Quodlibet IIq5 (MSS Dòle 85, f. 72v-73, and Vat. Borgh. 139, f. 72); ed. Jean Leclerq, 'Le magistère du prédicateur au XIIIe siècle', Archives d'histoire doctrinale et litteraire du Moyen Age 15 (1946) 119-20.

«The Franciscan Eustace of Arras considers at length the quodlibet question (c. 1263-6) of whether a woman who preaches and teaches merits being crowned with the golden aureola for preaching in the same way as a woman might be crowned with an aureola for virginity or for martyrdom. As an argument in favour of the proposition he cites the case of Deborah in Judges 4:4 and the gloss on the passage (...).

Utrum mulier praedicando et docendo mereatur aureolam.

Quod sic videtur Iud. 4:4 Erat autem Deborah etc. Glossa: Nihil impedit sexus fragilitas ubi suppetit vitae puritas. Si ergo in muliere praedicante - sicut in beata Maria Magdalena et beata Catharina - sit vitae puritas, nihil impedit quin habeat fructum et aureolam praedicationis, si praedicet.

Item aureola non respicit conditionem personae, sicut si sit opus privilegiatum. Sed tale opus est praedicatio. Ergo a quacumque persona exerceatur, ei debetur aureola.

Item mulier quantum ad concupiscibilem meretur aureolam virginitatis, quantum ad irascibilem meretur aureolam martyrii. Ergo quantum ad rationalem, si praedicet fructuose, meretur aureolam praedicationis.

(...) Ad oppositum. Ad hoc quod opus praedicationis debito modo impleatur, requiritur auctoritatis collatio, Rom. 10:15 Quomodo praedicabunt nisi mittantur? Sed hoc non convenit mulieribus... Ergo mulier debito modo non praedicat, non ergo debetur ei aurola pro praedicatione.

Item... dicit Glossa Ut nec loquentur linguis nec prophetent, non enim permittitur eis ab aliqua auctoritate loqui in ecclesia. Ergo male faciunt praedicando. Sed nullus male faciendo meretur aureolam, nec mulieres. ... Quidam enim dicunt quod ad hoc quod aliquis per praedicationem mereatur aureolam oportet quod habeat auctoritatem; mulieri autem non competit ista auctoritas in ecclesia, et ideo si praedicet non habet aureolam quia non est officium mulieris, sicut videtur dicere apostolus I Cor. 14 super illud ... quod contra ecclesiasticam disciplinam est quod mulieres praedicent vel loquentur in ecclesia; quia sicut dicit Glossa in I Tim. 2:12 Si mulier loquitur, magis irritat ad luxuriam et irritatur. Et ideo ipsis non committitur auctoritas, neque ergo officium. Eustace, Quodlibet IIq5.

Qui ergo sic dicent, respondent ad primum argumentum quod glossa illa dicit verum quantum ad vitae meritum, non autem quantum ad officium ecclesiasticum, cuiusmodi est officum praedictionis, propter causam praedictam et propter multa pericula et mala quae inde possent contingere. Per hoc solvitur ad secundum.

Ad tertium dicendum quod non est simile, quia nec virginitas nec martyrium important officium nec auctoritatem in alios vel super alios; unde bene competit mulieri aureola pro ipsis, non sic autem praedicatio. Ibid.

Alii autem pie sentiunt, ad laudem et gloriam Sanctarum, quod mulieres sanctae - sicut beata Maria Magdalena et beata Catharina - meruerunt aureolam, quia etsi missae non erant ab homine sicut a praelato potestatem habente, tamen instinctu Spiritus Sancti et missae a Spiritu Sancto praedicaverunt, cuius signum quia multos et magnos converterunt ad fidem Christi; et ideo pie credendum est quod Deus non aufert istis quod pro isto actu concedit aliis forte in vita minus dignis.

Ad illud ergo quod obiicitur in contrarium, dicendum quod auctoritatem habuerunt a Spiritu Sancto ipsis instigante et specialiter mittente, sicut apparuit per officium: ubi enim fides periclitabatur, igitur a Spiritu Sancto sunt missae. Et quod dicit Apostolus, dicendum quod loquitur de mulieribus nuptis, quia sunt in statu communi mulierum, non autem de illis quae omnino specialiter electae fuerunt et privilegiatae, et sic etiam intelligitur Glossa. Ibid.».

E la donna afferma la sua presenza nelle poesie della goliardia universitaria: Il pianto di Margherita (E. Massa, Carmina Burana..., Roma 1979, pp. 136-37) mi suona poesia troppo femminile perhé sia dismessa quale abile simulazione di penna maschile del pianto d'una ragazza incinta e abbandonata!

Dante, Parad. XXIV, 46-53: «Sì come il baccialier s’arma e non parla | fin che ‘l maestro la question propone, | per approvarla non per terminarla, | così m’armava io d’ogne ragione | mentre ch’ella dicea, per esser presto | a tal querente e a tal professione. | “Di’, buon cristiano, fatti manifesto: | fede che è?”».

Dante è in dialogo con Beatrice e san Pietro. Con perfetta conoscenza delle tecniche procedurali delle dispute scolastiche, e con il suo lessico specialistico, si cala nel ruolo umile di baccelliere respondens, che reca prove a sostegno d’una tesi («per approvarla»); non però nel ruolo di maestro determinans, cioè che pronuncia la soluzione definitiva («non per terminarla»).

Olga Weijers, La ‘disputatio’ dans les Facultés des arts au Moyen Âge, Turnhout, Brepols, 2002, 383 pages (ISBN: 2-503-51356-5). AA. VV., Vocabulaire des écoles et des méthodes denseignement au moyen âge (Actes du colloque Rome oct. 1989), éd. par O. Weijers, Turnhout (Brepols, CIVICIMA 5) 1992: ottime ricerche anche sugli studia locali e comunali; vedi voce pilosophantes, e termini affini, nell'Index, p. 217.

A. Maierù

c) predicatio

Pulpito, straordinario ponte tra aula scolastica e strade della città. Attiva la diffusione dell’oralità. Intenso e reciproco influsso tra mediolatino e lingue volgari. Si predica in volgare, si redige per iscritto in latino. Reportationes volgari (laici che prendono nota del sermone recitato dal pulpito). Registro linguistico “mescidato”, ossia che mescola volgare e latino in direzione bilaterale. Novelle e sermoni sono meno lontani di quanto si creda!

Esempio, Giordano da Pisa lettore principale in Santa Maria Novella (1305-07): i suoi sermoni volgarizzano tecniche argomentative e categorie logico-filosofiche di natura scolastica, e passano nella città; visto che i suoi sermoni sono frutto di “reportatio” organizzata dai suoi ammiratori (taluni notai), che si danno il turno. In Pisa, 1308-10, predica sistematicamente sul libro della Genesi, e a conclusione si lascia andare: «Or in questa predica è compiuto lo paradiso tutto così bene, come io l’exponesse mai in iscuola» (Prediche sul secondo capitolo del Genesi, a c. di S. Grattarola, Roma 1999, 147). L’ha esposto agli studenti nelle lezioni di scuola, ora lo predica al popolo dal pulpito, col medesimo rigore!

Impropriamente si distingue il “predicatore” Giordano da Pisa († 1310) dal “lettore” Remigio dei Girolami († 1319). Entrambi erano lettori conventuali: leggevano, disputavano e predicavano. Del primo ci son pervenuti soltanto i sermoni. Tutto qui.

E approfittiamo. Non ci risultano norme statutarie che ingiungano ai maestri di mettere per iscritto la loro attività didattica. Molti tuttavia lo fanno. Commentari, questioni disputate, sermonari: riflettono di certo la peculiare didattica a monte del rispettivo prodotto letterario; che è anche ineludibile cornice esegetica del genere letterario. Una reportatio ci racconta come andarono le cose nell'aula scolastica. Ma quando il maestro nella propria cella rielabora per iscritto il frutto della sua attività didattica, molte cose - per contenuto e forma - creano distanza tra aula scolastica e testo che noi leggiamo! Cosucce non da sorvolare quando apriamo un'opera (redazione scritta) d'un maestro medievale; e vogliamo stabilire il rapporto tra pensiero dell'autore e reale circolazione scolastica.

Fra Niccolò dei Bolsinghi da Prato OP († 1380 ca.), di ceppo consortile rifugiatosi in Pisa, maestro in teologia, dalla carriera eminentemente professorale. «Predicavit optime, legit egregie, disputavit acerime, sermocinabatur plurimum gratiose» (Pisa, Biblioteca Cateriniana 78, f. 34r). Non iterazione retorica, ma minuzioso elenco delle attività didattiche del tempo. Perfino i due predicavit e sermocinabatur respingono un'assimilazione per binomio sinonimico: perché separati; e perché il primo ricorre più in rapporto alla predicazione in volgare, il secondo a quella dotta in latino.

III - Dal convento alla città

Movimento culturale: dal convento urbano alla città, prima che fossero istituiti nelle città toscane gli studia generalia; studium generale Firenze 1349 (facoltà di base: arti, medicina, diritto, teologia). Sono i conventi, i monasteri, le corporazioni delle arti, le confraternite, o le singole famiglie, a provvedere a una istruzione di base; spesso ordinata ai bisogni professionali o di pubblico servizio.

Verso la fine della propria cronaca Giovanni Villani racconta delle carattetistiche generali della vita quotidiana fiorentina. E fa menzione (brevissima!) anche delle scuole o corsi d’alfabetizzazione elementare, Firenze 1340 circa:

«Trovamo che' fanciulli e fanciulle che stavano a leggere del continuo da VIIIm in Xm. I garzoni che stavano ad aprendere l'abbaco e algorisimo in VI scuole da M in MCC. E quelli che stavano ad aprendere gramatica e loica in IIII grandi scuole da DL in DC» (Nuova cronica XII, 94 rr. 34-39; ed. G. Porta, Parma 1990-91, III, 198).

Tutte d’iniziativa privata, di certo non promosse dalle autorità comunali. Quattro grandi scuole di "gramatica e loica" (= latino e discipline logico-retoriche): a chi mirava il Villani quando menziona queste scuole nella Firenze del suo tempo?

E nell’insegnamento privato, e sua notarile contrattualità, fa la comparsa anche la donna-doctrix. Firenze 3 novembre 1304: «domina Clementia doctrix puerorum, uxor Marchesis condam Benci populi Sancte Marie Maioris et eius viri sui consensu et parabola, pro pretio soldorum 40 f. p., quos fuit confessa habuisse et recepisse ab infrascripto Lippo Casini populi Sancti Laurentii, promisit et convenit eidem Lippo tenere docere et instruere Andream fratrem ipsius Lippi legere et scribere ita quod convenienter sciat legere Psalterium, Donatum et instrumenta, et scribere, sine aliquo alio pretio...» (ASF, Notar. antecos. 3140 (già B 2126), f. 148r; segue formulario notarile di garanzia contrattuale). | donna Clemenza, insegnante di fanciulli, moglie di Marchese del fu Benci del popolo-parrocchia Santa Maria Maggiore e con consenso e promessa di suo marito, al prezzo di 40 fiorini piccoli, che dichiarò aver ricevuti dal sottoscritto Lippo di Casino del popolo San Lorenzo, promise e concordò col medesimo Lippo d'istruire Andrea, fratello del medesimo Lippo, a leggere e scrivere, così da saper leggere convenientemente il Salterio, Donato e pubbliche scritture, e saper scrivere, senza ulteriori esborsi…. | soldi 40 di fiorini piccoli = lire 2 di moneta argentea, che nel 1304 scambiavano con poco meno di 1 fiorino d’oro.

Città del nostro medioevo, come sappiamo, fatte per lo più da mercanti, artieri, carpentieri, capifabbrica (ingegneri o architetti, diciamo oggi).

Le “arti meccaniche”? Nominate, certo, e anche raffigurate nelle visioni d’insieme delle discipline nella cultura allora vigente. Ma la vita dei conventi urbani, e la loro cronica fratrum che la rappresenta, sembra dare un ruolo non commemorativo a chi operava nella arti fabrili. E ne ricompone nel reale quotidiano la dissociazione culturale dalle sorelle “liberali”. Le arti meccaniche, capita d’apprenderle nei cantieri conventuali; così come nelle scuole conventuali si apprendono quelle liberali.

Fra Mazzetto da Firenze, converso (OP 1298, † 11.X.1310). «Carpentarius fuit peritus et in ipsa arte industrius et architectus. Devitans otium et operosus ubique, et fratribus omnibus gratiosus. Obiit Prati operi ecclesie fratrum nostrorum presidens et insistens, anno Domini M°ccc°x°, v° idus ottobris. Vixit in ordine annis xij vel circa» (Archivio SMN I.A.1, Cronica fratrum Sancte Marie Novelle de Florentia vol. I, f. 15v, n° 197). | Esperto carpentiere, e nel suo mestiere abile costruttore. Evitava l’ozio, dappertutto operoso, gentile verso tutti i frati. Morì in Prato, quando lì soprintendeva con tenacia alla costruzione della chiesa dei nostri frati, nell’anno del Signore 1310, 11 d’ottobre; dopo circa 12 anni di vita religiosa.

Fra Giovanni di Bracchetto da Campi Bisenzio, converso (OP 1316, † 15.VIII.1339). «Hic effectus est in ordine bonus carpentarius et índustrius in edificiis construendis. Unde contigit quod post diluvium quod inundavit Florentie anno Domini M°ccc°xxxiij° ad rehedificationem del Pont’a la Carraia, quod prefatum diluvium dissipavit, ipse factus est per comune totius illius operis principalis et unicus architector. Tandemque ipsum cum honore ordinis et suo laudabiliter consummavit, ita ut postmodum etiam in aliis operibus comunitatis continue et avide peteretur» (Archivio SMN I.A.1, Cronica fratrum..., vol. I, f. 27v, n° 284). | In religione diventò qualificato carpentiere e abile costruttore di fabbriche. Devastato Ponte alla Carraia dall'alluvione di Firenze dell'anno 1333, il comune lo nominò principale e unico architetto alla sua riedificazione. Portò lodevolmente a termine l’incarico, con onore suo e del nostro ordine; cosicché in seguito fu a lungo e insistentemente richiesto anche in altre fabbriche cittadine.

E sarà un lettore, dal pulpito, a ricomporre la dissociazione tra le ambizioni delle discipline liberali e la manualità delle artes mechanice; e nel medesimo tempo ad esaltare intelligenza e fantasia nascoste nel manufatto dell'artigiano. Fra Giordano da Pisa, Santa Maria Novella 26 marzo 1306:

«Arte dico non pur quella che ssi fa con mano, ma arte dentro, ché l'arte non è nell'opere di fuori, ma è ne l'anima dentro, onde il maestro che vuole fare la casa, prima l'ordina dentro. Il primo luogo ove si fa, è mistieri che ssia ne la mente dentro: quivi s'ordina <la casa> e fàbricasi prima» (Quaresimale fiorentino 1305-1306, ed. C. Delcorno, Firenze 1974, p. 364/137-140).


■ Alla relazione (Convegno, Prato 18 maggio 2007) seguì breve debattito col pubblico; o meglio interventi e domande che sollecitavano ulteriori informazioni o chiarimenti. Pubblico non eccessivo ma interessato. Prato non ha facoltà universitarie; due o tre giovani universitari provenivano - mi dissero - da Parma, dove attualmente insegna l'Amerini.

Presenti anche due suore domenicane di San Niccolò, che poi m'invitarono a pranzo da loro. Si ricordavano di qualche ritiro che gli avevo predicato molti decenni prima, quando risiedevo a Pistoia. Grazie!


Emilio Panella OP
Prato 18 maggio 2007

 munuscolo ritocco redazionale
Firenze 2007


■ Volume a stampa, ricevuto in ott. 2008: AA. VV., Dal convento alla città. Filosofia e teologia in Francesco da Prato OP (xiv secolo). Atti del Convegno Internazionale di Storia della Filosofia Medievale (Prato, Palazzo Comunale, 18-19 maggio 2007), Firenze (Zella Ed.) 2008, pp. 216.In pp. 115-31 "Ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti" (Dante Alighieri). Lectio, disputatio, predicatio.

DHN 17 (2008) 109.

■ Nella vita universitaria non c'è anche vita goliardica? Vita goliardica anche nel mediovevo? Sì! Leggi e divertiti: E. Massa, Carmina Burana e altri canti della goliardia medievale, Roma (Ed. Giolitine) 1979.

APPENDICE goliardica: Questio disputata: Queritur utrum studium sollempne sit aliud a studio generali.

Luciano Gargan, Dante, la sua biblioteca e lo Studio di Bologna, Roma-Padova, Editrice Antenore (Medioevo e Umanesimo, 118) 2014.

 



 
fine!


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