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3. Fr. Nepo amministratore della chiesa di Ostina, fautore di Corradino

Ostina, chiesa parrocchiale del piviere di San Piero a Cascia nel Valdarno superiore, a destra del corso dell’Arno tra l’Incisa e Figline, era del territorio della diocesi di Fiesole (RD Tuscia I, 45 n° 1024; II,  57 nn. 1072, 1079). Roccaforte dei Pazzi del Valdarno, aveva ricettato fuorusciti ghibellini di Firenze e organizzato la resistenza al comando di Ranieri dei Pazzi. In settembre 1269 Firenze mosse contro Ostina. Dopo un assedio protrattosi per qualche mese, le truppe guelfe fecero irruzione nel fortilizio; uccisero o catturarono gli assediati, demolirono il castello (Davidsohn III, 68; Villani VIII, 32). La stessa sorte toccò in maggio 1270 all’altra roccaforte ghibellina Pian di Mezzo (Ib. III, 81; Villani VIII, 36). «Anno Domini MCCLXX Florentini obsiderunt Pian di Mezo et caeperunt ipsum ac destruxerunt» (in P. Santini, Quaesiti e ricerche di storia fiorentina, rist. Roma 1972, 112 n. 1).

■ Si noti, nel nostro doc. II, l’esitazione del notaio sul calco volgare: aveva scritto «Plano de Medio» [= Pian di Mezzo], poi sopprime de).

ASL, Dipl. S. Spirito 26.XI.1269: «1269, indictione 13a, tempore nobilis viri domini Malateste, vicarii pro domino rege Karulo in regimine civitatis Florentie. Cambius dal Grillo populi Sancti Martini episcopi,... ordinatus pro comuni Florentie ad exigendam certam quantitatem pecunie ab hominibus sextus porte Sancti Petri civitatis Florentie, videlicet illorum qui fuerunt absentes et relatis pro absentibus terre exercitus facti pro comuni Florentie in obsidione castri de Hostina, recepit et abuit [sic] pro comuni Florentie, ut inferius continetur (...)».

http://www.ostina.com/storiaborgo.htm

Fra Nepo era amministratore della chiesa d’Ostina quando, emissario dei ghibellini, si era recato ai confini della Germania per raccogliere informazioni sulle mosse di Corradino: intendeva o non marciare in Italia per risollevare le sorti del ghibellinismo? Verosimilmente nel corso del 1267; di certo prima dell’autunno dello stesso anno, quando Corradino difatti mise in marcia la spedizione nella penisola. Incorso nella scomunica lanciata da Clemente IV contro Corradino e suoi fautori[12], fr. Nepo in seguito fa ammenda del suo filoghibellinismo e ottiene l’assoluzione dalla scomunica. In Orvieto il penitenziere papale fr. Guglielmo da Moerbeke consegna allo stesso Nepo («lator presentium») la lettera d’assoluzione. La data del giorno è illeggibile; gli estremi massimi possibili sono «xvi kalendas martii» e le idi dello stesso mese, cioè tra 14 febbraio e 15 marzo 1273 (doc. II). Pende anche dell’altro su fr. Nepo. Lo si accusa d’aver percosso un frate dell’Ospedale San Gallo di Firenze, ma lui, fr. Nepo, respinge l’imputazione. Il penitenziere l’assolve anche dalle censure che potrebbe aver incorso a motivo di quest’ultima imputazione.

■ Sulla famosa istituzione assistenziale San Gallo e i frati che la governavano cf. Davidsohn  II, 168-69, 407; III, 675-76; VII,  93-95. Da Lione 23.XII.1274 Gregorio X delega fr. Aldobrandino dei Cavalcanti OP vescovo d’Orvieto sulla conferma di Michele da Mileto a rettore dell’ospedale San Gallo di Firenze eletto dai frati dello stesso ospedale (Les registres de Grégoire X, ed. J. Guiraud, Paris 1892, 182-83 n° 455).

Decretum C. XVII, q. 4, c. 29: «Si quis... in clericum vel monachum violentas manus iniecerit, anathematis vinculo subiaceat, et nullus episcoporum illum presumat absolvere, nisi mortis urgente periculo, donec apostolico conspectui presentetur, et eius mandatum suscipiat»; Decretales Extra V, 39, 26 (Corpus iuris canonici, ed. Ae. Friedberg, rist. Graz 1955, I, 822; II, 892).

Non sappiamo niente altro di fr. Nepo. Era anch’egli dei frati che gestivano San Gallo?

Rientrato in Firenze, fr. Nepo presenta la lettera testimoniale d’assoluzione al vescovo fiesolano Manetto, destinatario della stessa. In territorio della diocesi di Fiesole, in Ostina, Nepo aveva consumato le proprie simpatie ghibelline. La presentazione ufficiale della lettera assolutoria ha luogo nella chiesa San Lorenzo di Firenze, 13 luglio 1273. Il notaio del vescovo Manetto registra l’atto e trascrive la lettera del penitenziere papale.

L’attuale voluminosa filza dell’Archivio della Curia Vescovile di Fiesole segnata XIV.III.G.2 rilega in un sol volume materiale eterogeneo. Non porta cartulazione continua. La prima sezione, cartulata iij-lxxxxj, è un registro degli atti del vescovo Manetto dal 31, marzo 1273 al 7 gennaio 1275. La seconda sezione, anch’essa cartulata in proprio, è un altro registro vescovile di Manetto, da settembre 1275 a gennaio 1277. La carta 30 del nostro doc. II è stata invasa da una macchia d’umidità che ha dilavato l’inchiostro al punto che qua e là il testo risulta illeggibile.

■ Altro registro del vescovo Manetto in AVF, VIII.A.1 (febbraio 1270 - marzo 1271). Quando in sede, gli atti sono sempre rogati «Fesulis, in palatio episcopatus». Più tardi, certamente durante l’episcopato di fr. Corrado da Pistoia OP (1310-12), la sede fiesolana è in Santa Maria in Campo di Firenze.

HC I, 248 fa morire Manetto in maggio 1277; questi invece è ancora in vita e detto vescovo fiesolano il 2.VIII.1278 (ASF, NA 997 (già A 983), c. 42r; cf. RD Tuscia I, p. xxxvii n. 2). Il 12.II.1282 il papa nel nominare il nuovo vescovo di Fiesole dice che il capitolo canonicale aveva precedentemente espresso una doppia elezione, di cui una nella persona di Ranieri proposto fiorentino, ora «iam defuncto» (Les registres de Martin IV, ed. F. Olivier-Martin, Paris 1901-35, 40 n° 109). Il proposto fiorentino Ranieri era morto il 6.VII.1279 (Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze, Necrologio del cimitero della canonica fiorentina sub II° nonas iulii). La morte del vescovo Manetto cade tra 2.VIII.1278 e 6.VII.1279.

Il vescovo Manetto è figlio del fiorentino messer Rigaletto dei Rigaletti; suo fratello è fr. Filippo OP (1229-84) del convento di Santa Maria Novella (Cr SMN n° 131: «Frater Philippus domini Rigaletti de porta Sancte Marie, qui licet ex nobilibus parentibus traxisset originem et esset predicator et sacerdos antiqus et frater suus germanus esset episcopus fesulanus, ipse viam patrum nostrorum humilem secutus, ortum fratrum diversorum arborum plantatione et insicione [= incisione] fertilem reddidit et amenum»); altro fratello è Guidalotto, che appare nel nostro doc. II ed in altri atti del vescovo. Figli di Guidalotto di Rigaletto sono Vante o Ottavante, domicello dello zio vescovo («Vante filio Guidalotti olim d. Rigaletti»: AVF, VIII.A.1, ff. 10v: 11.III.1269/70, 12r: 28.III.1270) poi giudice molto attivo in Firenze, e Banco; fr. Lotto (1310-48) e fr. Simone (1335-40), anch’essi del convento SMN, sono figli rispettivamente di Ottavante e di Banco (Cr SMN n° 298; n° 348).

4. Gregorio X e curia papale in Firenze giugno-luglio 1273

Più di quattro mesi trascorrono tra rilascio della lettera assolutoria e presentazione al vescovo Manetto. La cerimonia inoltre ha luogo non in territorio della diocesi fiesolana ma in Firenze. Si è voluto attendere l’arrivo a Firenze di Gregorio X? Sulla strada per Lione, dov’era stato convocato il concilio, papa Gregorio e la sua curia muovono da Orvieto ai primi di giugno 1273 ed entrano a Firenze a metà dello stesso mese; in Firenze fanno sosta fino al 16 luglio. Il 12 luglio, presso il ponte Rubaconte (poi detto alle Grazie), viene solennemente proclamato il lodo papale di riconciliazione tra guelfi e ghibellini, che regola tra l’altro la situazione dei fuorusciti, dei loro beni e famiglie (Les registres de Grégoire X, ed. J. Guiraud, Paris 1892, 129-32 n° 335: Firenze 12.VII.1273; Bullarium romanum IV, Torino 1859, 19-24). A memoria dell’evento, il papa pone la prima pietra d’una chiesa in riva all’Arno, presso le proprietà dei Mozzi (cf. F. Sznura, L’espansione urbana di Firenze nel Dugento, Firenze 1975, 106-10). In omaggio allo stesso papa la si dedica a san Gregorio. I Mozzi, che ospitano il papa nel loro palazzo sito al capo del ponte Rubaconte, ne assumono il patronato e provvedono alla costruzione.

Pieri 39-40; Villani VIII, 42; Davidsohn  III, 124 ss.  A. Paravicini Bagliani, La mobilità della curia romana nel secolo XIII. Riflessi locali, AA. VV., Società e istituzioni dell’Italia comunale: l’esempio di Perugia, Perugia 1988, 238: 20 giugno - 12 luglio. Nel lodo del 12.VII.1273: «adstantibus nobis nonnullis ex fratribus nostris ecclesiae romanae cardínalibus, et aliis archiepiscopis et episcopis diversorum locorum» (Bullarium romanum IV, 24b).
Il fiorentino fr. Remigio dei Girolami OP († 1319) predicherà in un anniversario della fondazione della chiesa e ricorderà i fatti.

Non è improbabile, nel caso di fr. Nepo, che si volesse far coincidere la cerimonia ufficiale della presentazione della lettera al vescovo Manetto con la più ampia opera di riconciliazione cittadina svolta in quei giorni dal papa in Firenze.

I registri della cancelleria angioina X, a c. di R. Filangieri, Napoli 1957, 87 n° 346 (Firenze 30.V1.1273): Carlo d’Angiò in omaggio al papa concede «plenam securitatem et securum conductum... Gebellinis venientibus Florentiam, pro se et aliis Gebellinis, cum fr. Guillelmo priore Predicatorum Marsilie; ita quod possint venire et stare et redire secure in Florentia et districtu et tota vicaria Tuscie, quamdiu d. papa stabit in Florentia»; 89 n° 355 (Firenze 4.V11.1273): «Nos, ad preces d. pape..., concedimus plenam securitatem et securum conductum omnibus Gibellinis obsidibus et aliis usque ad X, quod ducet fr. Guillelmus, prior fratrum Predicatorum Massilie, in Florentia et quamdiu idem d. papa erit Florentie». Si tratta di fr. Guglielmo da Tonneins (Lot et Garonne) OP: Les registres de Clément IV nn. 1390, 1391 (8.VII.1268), 1396, 1397 (25 o 29.VII.1268); Bullarium OP I, Roma 1729, 489 (20.VII.1267); C. Douais, Acta capitulorum provincialium OFP, Toulouse 1894, 736b; Bernardus Guidonis, De fundatione et prioribus conventimin provinciaurum Tolosanae et Provinciae OP, ed. P.A. Amargier, Roma (MOPH XXIV) 1961, 294b.

Guglielmo da Moerbeke era presso la curia romana in Orvieto in febbraio-marzo 1273, e lo sarà in Lione durante il concilio e relative trasferte (1273-76: Paravicini Bagliani, La mobilità della curia 238-39). Se viaggiò con la comitiva papale, dovette anch’egli sostare in Firenze per circa un mese. In Firenze, per la medesima circostanza, era senz’altro fr. Aldobrandino dei Cavalcanti OP vescovo d’Orvieto, cui il papa, su proposta di Carlo d’Angiò, commette la presidenza d’una commissione delle due fazioni col compito d’applicare le clausole concordatarie, specie in materia di risarcimento dei danni. Il 20 agosto il papa nomina Aldobrandino suo vicario nei territori pontifici.

■ Da Firenze 30.VII.1273, fr. Aldobrandino vescovo d’Orvieto scrive al vescovo di Siena perché ingiunga alle autorità senesi, o ai loro procuratori, di comparire alla sua presenza entro il 15 agosto. Trascrive lettera di Gregorio X, Firenze 13.VII.1273, in cui s’impone ai senesi, che avevano aggredito e rapinato il castello Radicofani (diocesi di Chiusi) «quod est ecclesie romane», di provvedere al risarcimento dei danni, stimati in 2.000 marche di sterlini (ASS, Concistoro 1773, inserto 62).

Les registres de Grégoire X, 131b n° 335 (12.VII.1273); Bullarium romanum IV, 23b.

Bullarium OP I, 517 (20.VIII.1273, da Santa Croce nel Mugello). Negli anni 1275-78 fr. Bonaccorso da Lucca OP è vicario e camerario, fr. Giovanni di Falco d’Oltrarno OP cappellano, d’Aldobrandino vescovo d’Orvieto: RD Umbria I, nn. 10724, 10865, 10866, 11024, 11164, 11264; 10509, 10656, 11543.

Doc. III documenta la composizione conventuale di San Domenico d’Orvieto in luglio 1276. I capitolari del convento orvietano cedono ai procuratori di San Romano di Lucca tutti i diritti che potrebbero avere sui beni ereditari del notaio lucchese Iacopo di Rapetta spettanti a fr. Benedetto, figlio di Iacopo, frate conventuale d’Orvieto ma nativo del convento lucchese.

■ Tra i testi di doc. III il canonico orvietano «Mohigano» (d’incerta lettura) è Molganus o Mulganus in RD Umbria II, 94b, 195b-196a.

5. Prigioniero pisano evade dal carcere lucchese e si rifugia in San Romano

Gregorio X muore in Arezzo, 10 gennaio 1276, di ritorno dal concilio di Lione. Guglielmo continua nell’attività di penitenziere papale anche durante il pontificato di Giovanni XXI (Viterbo settembre 1276 - maggio 1277), come mostra doc. IV (Viterbo 20 novembre 1276).

L’episodio del prigioniero pisano, evaso dalle carceri lucchesi, rifugiatosi nel convento domenicano San Romano fidando nel diritto d’immunità, qui catturato dalla rabbia popolare e ricondotto alla pubblica galera, ha tutto il sapore delle passioni comunali. Con tutta probabilità era uno dei molti pisani fatti prigionieri dai lucchesi in giugno 1276 nello scontro presso Castel Rinonico (o fosso Arnonico), sulla riva sinistra dell’Arno a pochi chilometri da Pontedera:

Villani  VIII, 51 Come i Fiorentini e’ Lucchesi sconfissero i Pisani al fosso Arnonico (giugno 1276): «onde molti <pisani> ne furono morti e in grande quantità presi». Tolomeo da Lucca, Annales (giugno 1276): «Tunc Lucani devicerunt Pisanos ad foveam dictam de Arnonicho et ceperunt multos» (ed. B. Schmeidler, Berlino 1930, 18t). Davidsohn III, 175-78.

[■ (2006) un'altra lettera del penitenziere Guglielmo: Roma 26.III.1278!]

6. Ultimi anni di Guglielmo arcivescovo di Corinto e decesso presso la curia romana (1284-1286)

Da febbraio 1280, quando fr. Guglielmo da Moerbeke OP traduce in Corinto (di cui era arcivescovo dal 9 aprile 1278) i tre opuscoli di Proclo, fino al 26 ottobre 1286, quando Onorio IV provvede alla sede di Corinto vacante in seguito alla morte di Guglielmo, non si aveva alcuna notizia del traduttore brabantino.

Procli Diadochi, Tria opuscula latine Guilelmo de Moerbeka vertente, ed. H. Boese, Berlino 1960; ed. D. Isaac, Paris (Les Belles Lettres) 1977, I, 136: «expleta fuit translatio huius libri Corinthi a fratre Guilelmo de Morbeka, archiepiscopo corinthiensi, anno Domini 1280, quarto die februarii»; II,  84 (10 febbr.); III, 110 (21 febbr.). M. Grabmann, Guglielmo di Moerbeke O.P. il traduttore delle opere di Aristotele, Roma (Miscellanea Historiae Pontificiae XI) 1946, 55-56; G. Fedalto, La chiesa latina in oriente, II. Hierarchia latina orientis, Verona 1976, 88.

Recenti sintesi bio-bibliografiche su Guglielmo: L. Minio-Paluello, William of Moerbeke, «Dictionary of Scientific Biography» 9 (1974) 434-40; SOPMÆ II, 122-29; IV, 103-05; M. Clagett, Archimedes in the Middle Ages, II. The translations from the Greek by William of Moerbeke, Philadelphia 1976, 5-13.

Le traduzioni moerbekane s’infittiscono in coincidenza con le vacanze della sede papale (Grabmann, Guglielmo di Moerbeke 49; a. Paravicini Bagliani, Nuovi documenti su G. da M., AFP 52 (1982) 136 n. 5)? In verità un considerevole numero di traduzioni sicuramente datate cade durante la lunga vacanza di nov. 1268 - sett. 1271; ma troppe sono le traduzioni la cui data rimane o ignota o ampiamente oscillante perché se ne possa asserire una generale e diretta correlazione col rallentamento degli affari curiali in periodo di vacanze papali.

La prima permanenza di Guglielmo presso la curia include anche gli anni 1261-65 e dunque il pontificato d’Urbano IV (Grabmann, Guglielmo di Moerbeke 41, 43, 48; P. Michaud-Quantin in Aristoteles latinus XXIX/1, Bruges-Paris 1961, p. xii; Paravicini Bagliani, Nuovi documenti, 136 n. 5, 140 n. 17)? Non ne abbiamo alcuna attestazione positiva; vi sono anzi buone ragioni per escluderlo: cf. R.A. Gauthier, Quelques questions à propos du commentaire de S. Thomas sur le ‘De anima’, «Angelicum» 51 (1974) 442-43 n. 35.

I tre documenti perugini, pubblicati recentemente da A. Paravicini Bagliani, Nuovi documenti su G. da M., AFP 52 (1982) 135-43, attestano il rientro in Italia di Guglielmo arcivescovo di Corinto e la sua legazione a Perugia in gennaio 1284. La data di morte oscilla ancora con i tempi necessari alla nomina (26 ottobre 1286) del successore all’arcivescovato di Corinto (preceduta a sua volta dalla rinuncia dei due candidati eletti da un capitolo canonicale discorde), e con i tempi reali della formula dudum («or non è molto...») di Onorio IV (Roma 26.X.1286: «Dudum siquidem Corinthiensi ecclesia, per obitum bone memorie G. Corinthiensis archiepiscopi, pastoris solatio destituta...»: Grabmann, Guglielmo di Moerbeke 55); ma era lecito concludere dai documenti perugini al decesso di Guglielmo presso la curia romana (AFP 52 (1982) 139-40) e qui porre la traduzione del Parmenide di Platone col commento di Proclo, ultimo e incompiuto lavoro di Guglielmo. Si ricongiunge eccellentemente la testimonianza di Enrico Bate da Malines:

«Verum in Parmenide Platonis, qui liber nondum apud nos communiter habetur, plura forsan de his continentur, prout ab interprete illius seu translatore dudum intellexi, qui mihi promiserat eum transmittere, sed morte preventus non transmisit» (R. Klibansky, Plato’s Parmenides in the Middle Ages and the Renaissance, reprint New York 1984, 289 n. 1).

Lazio e Umbria luoghi di residenze della curia durante Martino IV (1281-85) e Onorio IV (1285-87): Paravicini Bagliani, La mobilità della curia 240-41.
Non si può più sostenere: «He died there [Corinth in Greece] in 1286» (
B.G. Dod, Aristoteles latinus, in AA. VV., The Cambridge History of Latin Medieval Philosophy, Cambridge 1982, reprint 1984, 63).

7. Bartolomeo di donna Sparviera da Perugia (OP 1265, † 1330), cappellano di Guglielmo

Doc. V non è del tutto sconosciuto. Fu parzialmente pubblicato dal Kaeppeli, AFP 17 (1947) 293-94, contributo sfuggito al Paravicini Bagliani. Fr. Bartolomeo da Perugia OP è cappellano, socio e vicario dell’arcivescovo di Corinto fino alla morte di costui. Il quale non muore «ab intestato» ma fa regolare testamento e nomina fr. Bartolomeo esecutore testamentario, oltreché legatario di taluni beni. Fr. Bartolomeo è per qualche tempo familiare di fr. Latino d’Angelo Malabranca cardinale ostiense (1285-1294). Nel 1295 gli è affidata la cura del convento di Foligno («fr. Bartholomeo de Spanera [= Sparveria] Perusino»: MOPH XX, 121/16). In agosto 1310 depone («fr. Bartholomeus domine Sparverie») a favore dell’indulgenza che a suo tempo Benedetto XI avrebbe concesso alla chiesa domenicana di Perugia (ASPg, CRS, S. Domenico 1.VIII.1310, n° 25; AA. VV., Indulgenza, città, pellegrini. Il caso della perdonanza di San Domenico di Perugia, Perugia 2001, 86b). Entrato in religione nel 1265, muore centenario tra 16 e 21 agosto 1330.

■ Non «Bartolomeo Sparviera» (AFP 17 (1947) 294) ma Bartolomeo (figlio) di Sparviera. Casi di matronimici, concorrenti coi i più frequenti patronimici e toponimi, non sono estranei nelle cronache conventuali: «fr. Benedictus domine Altefeste» (Cr Pg f. 29r); «fr. Petrus, fr. Gulielmus, fr. Marchus, fr. Angelus fuerunt ex eadem matre nomine Savia geniti» (ib. f. 85r-v); «fr. Petrus dominae Frischae», «fr. Franciscus domine Lise» (Cr Ps nn. 243, 259, ed. Bonaini 568, 575); «fr. Iohannes domine Bone» (Cr Ov n° 121); Francesco di donna Albanese da Prato (fl. 1300-1348). Padre deceduto da molto tempo? padre ignoto?

Vero è che la Cronica di San Domenico di Perugia non dice espressamente dove fr. Bartolomeo fosse stato cappellano di Guglielmo e dove quest’ultimo fosse deceduto. Ma la successiva residenza del frate perugino con Latino d’Angelo Malabranca OP (Perugia 1294) cardinale col titolo ostiense dal 1285 e l’assoluto silenzio su un qualsiasi viaggio di fr. Bartolomeo in Oriente  -  che il cronista non avrebbe omesso, a motivo e dell’importanza del dato biografico e della frequente menzione d’esperienze orientali d’altri perugini  -  escludono virtualmente che il decesso di Guglielmo avesse luogo in Grecia. La legazione di Guglielmo a Perugia nel 1284 e la testimonianza di Enrico Bate convergono verso la medesima conclusione insinuata autorevolmente dal testo della Cronica: decesso di Guglielmo presso la curia romana.

■ Frati perugini in Oriente: Cr Pg f. 31v (fr. Andrea da Catarano), f. 44r-v (fr. Pietro dei Baglioni), f. 50r-v (fr. Niccolò di Bartolino), ff. 55v-56v (fr. Franco da Perugia), f. 59r (fr. Paolo dei Guastaferri), f. 89v (fr. Biasiolo).

8. "Nuova e rigorosa traduzione"

Nella Divisio scientie 14, 16-19 del fiorentino fr. Remigio dei Girolami O.P., composta tra 1285 e 1295, si legge:

«Secunda pars eius [scil. scientie moralis] dicitur ‘ychonomica’ grece, latine vero dispensativa, de qua determinat Aristotiles in libro Ychonomicorum, qui nondum habetur in patulo apud Latinos translatus, quamquam ego viderim eum» (ed. MD 12 [1981] 99-100).

Gli Economici dello pseudo-Aristotele non furono tradotti da Guglielmo da Moerbeke (cf. ib. pp. 59-61) né compaiono tra i testi greci nei cataloghi del 1295 e 1311 della biblioteca papale a noi pervenuti (ma il valore delle presenze librarie nei cataloghi è tutt’altro che esclusivo, come avvertono gli editori): F. Ehrle, Historia bibliothecae romanorum pontificum I, Roma 189o; Au. Pelzer, Addenda et emendanda ad F. Ehrle Historiae bibliothecae romanorum pontificum, Città del Vaticano 1947. Non si vede dove, fuorché presso la curia romana e il circolo di Guglielmo, Remigio (che il greco non sa) possa aver preso visione d’un esemplare greco degli Economici. Una traduzione latina, probabilmente la prima, fu terminata in agosto 1295 nella curia romana di Anagni. La mobilità dei frati e dei lettori tra i conventi della medesima provincia domenicana, la Romana, facilitava conoscenze e informazioni.

■ «qui <liber Ychonomicorum> nondum habetur in patulo apud Latinos translatus, quamquam ego viderim eum»: "non ancora tradotto in latino, il libro degli Economici, sebbene io ne abbia veduto l'originale greco", intendevo allora; oggi, ott. 2004, inclino a credere che Remigio intendesse: "la traduzione latina degli Economici [eseguita presso la corte papale, Anagni 1295] non è stata ancora diffusa e messa a disposizione di tutti, sebbene io abbia avuto occasione di vederla"; senza implicanza col testo greco. Cf. Uguccione da Pisa [1210], Derivationes II, 913 § 3: «Item a pateo patulus -a -um, diffusus, patens».

Un interessante giudizio di Remigio sulla "nova" greco-latina di Guglielmo del De caelo, a contrasto con le traduzioni precedenti arabo-latine di Gerardo da Cremona e di Michele Scoto, nel contesto della tesi che gli elementi non permangono in atto nel misto:

«Remanent autem in potentia ad actum suum primum et per consequens ad omnes alios vel plures eorum, cum ipse primus actus non possit esse existens in rerum natura sine omnibus aliis actibus vel pluribus eorum loquendo in creaturis; licet secundum suam quiditatem, eo modo quo contingit eum habere quiditatem, a posterioribus actibus non dependeat, ac per boc sine eis possit ab intellectu apprehendi. Nichilominus tamen ipse actus primus est in potentia ad omnes alios. Et hoc est quod Philosophus dicit in III libro De celo [III,3: 302a 21-22] secundum novam et veram translationem: "In carne quidem enim et ligno et unoquoque talium est potentia ignis et terra". Quod quidem non est intelligendum de potentia pura, per quem modum etiam unum elementum est in alio et etiam omnes forme naturales generabiles et corruptibiles sunt in materia prima, sed per quandam unionem ipsorum in mixto. Unde ad probandum quod dixerat subdit [302a 22-25]: "Manifesta autem hec ex illis segregata. In igne autem caro aut lignum non inest neque secundum potentiam neque secundum actum: segregarentur enim utique"» (De mixtione elementorum in mixto c. 4: BNF, Conv. soppr. C 4.940, f. 13va).

■ Cf. ARIST., De caelo, ediz. e traduz. di O. Longo, Firenze 1962, XLII-XLIX, sulle traduzioni latine medievali. Bibl. SMN-Campo 61.34. La traduz. di Guglielmo «è condotta sul testo greco con rigore letterale, e si sforza di rendere l'originale fin nei minimi dettagli, laddove il latino lo permette; particelle e congiunzioni sono fedelmente riprodotte, e l'ordine delle parole nella frase è conservato inalterato. Questo permette una ricostruzione quasi completa del testo su cui Guglielmo si basava» (p. XLVII).


[12] Les registres de Clément IV, ed. E. Jordan, Paris 1893, 125-28 n° 427 (18.XI.1266); 207-10 n° 602 (18.X1.1267); 249-50 n° 689 (28.II.1268); 250-53 n° 690 (5. IV.1268). La scomunica si estende a tutti i fautori di Corradino, anche ecclesiastici, i quali inoltre sono dichiarati inabili a qualsiasi beneficio ecclesiastico (cf. p. 126b). In una delle ripetute scomuniche dei senesi si dice: «attendentes quod ipsi [scil. senenses intrinseci]... gravibus suis excessibus graviorem accumulando malitiam, ad seminis dampnati reliquias oculos dirigentes, Conradinum nepotem quondam Fr(ederici) dudum Romanorum imperatoris, missis ad eundem nuntiis, in suum presidium evocaverunt..., nos... ipsos... dudum excommunicationis vinculo duximus innodandos, quique favendo Conradino predicto in sententiam datam in ipsum et fautores ipsius inciderant, de fratrum nostrorum consilio, excommunicatos denuntiantes » (p. 195a, n° 580: 12.II.1268).


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