Divisio scientie ö |
Divisione della scienza |
originale latino |
volgarizzamento (2007) di EP |
⌂ <17. sermocinales scientie: dyaletica, gramatica, rethorica> |
<17. scienze sermocinali o del linguaggio: dialettica, grammatica, retorica> |
Sequitur de scientia sermocinali. Ubi notandum est quod cum sermo sit propter rem, hec sermocinales scientie potius dicuntur adminiculative scientie quam vere scientie[1]; propter quod et Commentator dicit super II Methaphisice quod logica est modus sciendi[2]. Et Aristotiles dicit, in I Topicorum, dyaleticam valere ad disciplinas secundum philosophiam. Frequenter dividit etiam dyaleticum contra philosophum, quasi scilicet dyaletica non sit pars philosophie. Quia tamen signum quedam res est, ut dicit Augustinus libro I De doctrina christiana, ideo ars que instruit de sermone, qui quidem est signum rei, potest aliqualiter dici scientia. Unde et Plato posuit eam partem philosophie, et Ysidorus ut patet ex dictis. |
E passiamo alla scienza del linguaggio. Da notare: la parola rinvia alla cosa significata; dunque le scienze sermocinali o del linguaggio sono più correttamente denominate scienze ancillari o di sostegno, anziché scienze in senso proprio. Difatti Averroè il Commentatore, in Metafisica II commento 15, dice che la logica è tecnica d'apprendimento. Per Aristotele, Topici I, 2 (101a 25-28), la dialettica è utile alle discipline ordinate alla filosofia; e frequentemente egli oppone il dialettico al filosofo, quasi che la dialettica non sia parte della filosofia. Tuttavia il segno (che rinvia ad altro da sé) possiede anche una realtà propria, dice Agostino, Dottrina cristiana I, 2 (CCL 32, 7, rr. 12-13); e in questo senso l'arte che insegna il linguaggio, che a sua volta rinvia alla realtà, può esser considerata scienza. Cosicché e Platone e Isidoro da Siviglia († 636) la vollero parte della filosofia, come risulta da quanto detto sopra (vedi cap. 4,20). |
Boetius autem dicit in Commento super Porphirium quod logica et pars et instrumentum philosophie dici potest[3]. Quod et forte innuere voluit Aristotiles in I Topicorum cum dicit: «Problema dyaleticum est speculatio contendens ad electionem vel fugam, veritatem vel scientiam, aut ut ipsum aut ut adminiculans»[4]. Ubi dat intelligi quod dyaletica deservit active philosophie in hoc quod dicit electionem vel fugam, et deservit |5ra| speculative in hoc quod subdit veritatem vel scientiam. Et sic est instrumentum philosophie. Innuit et rursus quod aliquo modo potest dici pars philosophie et non solum philosophie adminiculativa in hoc quod ultimo ponit aut ut ipsum aut ut adminiculans. |
Secondo Boezio († 524), Commento alle Isagoge di Porfirio libro I (PL 64, 73 C - 74 A), la logica può esser detta parte e strumento della filosofia. Che è forse quanto Aristotele intendeva laddove dice, Topici I, 11 (104b 1-3): «Il problema dialettico è un'attività mentale contesa tra assenso e negazione, tra verità e processo conoscitivo; attività o ordinata a se stessa o subordinta ad altro». Dove fa capire che la dialettica presta servizi all'esercizio filosofico quando dice assenso e negazione, e presta servizi |5ra| alle speculazione laddove soggiunge verità e processo conoscitivo. In questo senso la dialettica è strumentale alla filosofia. Insinua inoltre che può esser ritenuta parte della filosofia, e non soltanto ancillare ad essa, quando termina dicendo o ordinata a se stessa o subordinta ad altro. |
Hec autem a quibusdam[5] dividitur quia alia est de sermone significativo noti, et hec dicitur gramatica; alia est de sermone inquisitivo ignoti; et hec dividitur quia alia est circa thesim et hec dicitur dyaletica, alia est circa ypothesim et hec dicitur rethorica. Et hec ultima divisio babetur a Boetio ibidem[6], qui et dicit quod thesis est questio sine circumstantiis, ypothesis autem est questio cum circumstantiis, que sunt septem secundum eundem ibidem, scilicet quis, quid, ubi, quibus adminiculis, cur, quomodo, quando. |
Taluni la dividono in scienza del linguaggio connotativo d'oggetto conosciuto, e chiamata grammatica; e in quella del linguaggio inquisitivo o argomentativo d'oggetto ignoto. Di questa, una è relativa alla tesi, e chiamata dialettica; l'altra relativa all'ipotesi, e detta retorica. Divisione data da Boezio, Il quale dice che tesi è un asserto senza circostanze. mentre ipotesi comporta circostanze; che, a detta del medesimo, sarebbero sette: chi, che cosa, dove, con che cosa, perché, come, quando. |
Et dicit ibi quod dyaletica et rethorica differunt in tribus, scilicet in materia, in usibus et in fine. In materia quidem quia thesis est materia dyaletice, ypothesis vero rethorice. In usibus vero quia dyaletica interrogatione, rethorica vero perpetua oratione disceptat; et dyaletica sillogismis integris, rethorica vero entimematibus gaudet. In fine autem differunt quia rethorica iudici persuadere, illa vero quod vult ab adversario extorquere conatur. |
E dice ancora che dialettica e retorica differiscono in tre punti: materia, modalità e fine. La dialettica ha per materia la tesi, la retorica l'ipotesi. La dialettica ha per modalità l'interrogazione, la retorica il discorso continuo; e laddore la prima usa sillogismi integri, la retorica utilizza entimèmi ossia sillogismi contratti. Quanto al fine, la retorica mira a persuadére il giudice, la dialettica ad estorcere quanto vuole dall'avversario. |
Et licet sermo inquisitivus sit etiam significativus, tamen dicunt[7] quod alia consideratio de sermone est ut inquisitivus est, et alia ut significativus est. Unde quia uterque sermo significativus est, possumus sic dicere ad presens, omissis etiam quibusdam aliis divisionibus que fieri consueverunt. Scientia itaque que est de sermone dividitur quia alia est de sermone significativo absolute considerato, alia est de sermone ad affectum relato. |
Certo, il discorso argomentativo è in qualche modo anche connotativo; si ritiene tuttavia che differente è la natura argomentativa del linguaggio da quella connotativa. Poiché dunque entrambi i tipi di discorso sono connotativi, omettiamo altre tradizionali sottodivisioni e diciamo: la scienza del linguaggio si divive in quella del linguaggio connotativo in senso assoluto, e in quella del linguaggio ordinato ai sentimenti. |
Prima dividitur quia alia est de sermone
significante intellectum vel rem, alia est de sermone significante modum
intelligendi vel rei. |
La scienza del linguaggio connotativo in senso
assoluto, si suddivide: connotativo dell'oggetto conosciuto, o connotativo del modo
conoscitivo. |
Est autem non pretermictendum quod logicam et dyaleticam
dupliciter possumus considerare; uno modo quantum ad originem significatorum,
alio modo quantum ad usum vocabulorum. |
Inoltre, logica e dialettica possono considerarsi o quanto all'origine delle cose significate,
o quanto all'uso delle
parole. |
Quantum vero ad usum vocabulorum interdum pro eodem accipiuntur; unde et Ysidorus libro II: «Dyaletica que et logica dicitur». Interdum autem ad diversa significata diriguntur, quia aliquando logica accipitur pro toto trivio eo quod totum sit sermocinalis scientia. Dyaletica autem ad unam illarum trium artatur, eo quod ipsa sola disputationem inter duos consideret. Aliquando vero logica dicitur tota predicta inter tres una scientia. Dyaletica vero apropriate vocatur “Liber topicorum” eo quod non solum utitur sillogismo dyaletico ut instrumento, sicut tota illa scientia, sed etiam ipsum constituit, et est de ipso tanquam de proprio subiecto. Item aliquando nomen logice ad partem alterius scientie, puta medicine vel alterius scientie, adaptatur, ut patet ex dictis. Hoc autem de nomine dyaletice non contingit. |
Quanto all'uso dei vocaboli, talvolta li impieghiamo sinonimamente; infatti Isidoro, Etimologie II, 22.1: «Dialettica, denominata anche logica». Altre volte un medesimo vocabolo rinvia a cose diverse; così per logica intendiamo il trivio intero, visto tutto ha a che fare con la scienza del linguaggio. La dialettica è ristretta ad una sola di quelle tre, perché è sola a regolare la disputa tra due persone. Talora logica indica una sola scienza delle tre. La dialettica è detta correttamente “Libro dei topici” (o degli schemi): non solo perché usa il sillogismo dialettico quale proprio strumento, al pari dell'intera disciplina, ma lo costituisce e ne fa proprio soggetto specifico. Capita anche d'estendere il nome logica ad aree d'altre discipline, esempio della medicina o d'altra scienza, come risulta da quanto detto. Cosa che non si dà per il nome dialettica. |
Illa vero scientia que est de sermone significante modum intelligendi vel rei, dicitur gramatica. Gramatica enim considerat congruum et incongruum, que quidem est passio fundata super modos significandi et intelligendi. Unde gramaticus dicit illud significare substantiam quod babet modum substantie in substando, licet in veritate reali non sit substantia, ut color et album et nichil. Nota tamen quod dictio[13] significat et consignificat. Consignificatum autem est modus significandi; qui quidem si generalis est, pertinet ad gramaticum; si autem specialis, pertinet ad logicum. Logicus enim considerat quomodo album et albedo differunt in modo significandi concretive et abstractive. Nota etiam quod large loquendo dictio dicitur significare etiam consignificatum. |
La scienza del linguaggio connotativo del modo di conoscienza, o dell'oggetto, è chiamata grammatica. Essa valuta il congruo e l'incongruo, che è proprietà fondata sui modi di significare e di conoscere. Il grammatico chiama sostanza ciò che appare componente sostanziale, sebbene in verità sostanza non sia, come colore, bianco, nulla. Nota tuttavia che l'elocuzione significa e consignifica. Il consignificato è una modalità di connotazione; che se è indistinta, appartiene al grammatico; se è specifica, appartiene al logico. Il logico infatti considera come bianco e bianchezza differiscano nella modalità connotativa sia in senso concreto che in astratto. E notiamo ancora che l'elocuzione in senso largo è connotativa anche del consignificato. |
Illa vero scientia que est de sermone ad affectum relato, videtur esse rethorica; que considerat passionem ornatus et inornatus per que possit iudici persuaderi, ad quod quidem rethorica ordinatur, secundum Ysidorum et Boetium[14]. |
Quella scienza del linguaggio ordinata ai sentimenti, è la retorica. Essa considera le qualità d'ornamento retorico in quanto capaci di persuadere o no un giudice. A ciò mira infatti la retorica, a parere d'Isidoro e di Boezio. |
Gramatice autem inventor Moyses fuisse videtur, quia prima pars gramatice lictera est; unde et «gramatica a lictera nomen accepit», ut dicit Ysidorus libro I.e. «Gramatha enim Greci licteras vocant», ut dicit. Primus |5va| autem apud Hebreos licteras invenit Moyses, ut dicit Augustinus libro XVIII De civitate Dei, et Ysidorus libro I Ethimologiarum. «Lictere autem grece et latine ab Hebreis videntur exhorte», ut dicit Ysidorus libro I Ethimologiarum. Nam - ut dicit - «primum apud illos dictum est “aleph”, deinde ex simili enuntiatione apud Grecos tractum est “alpha”, inde apud Latinos a». Primus autem apud Syros et Caldeos licteras reperit Abraham. Apud Egyptios autem Ysis regina de Grecia veniens, ut dicit Augustinus libro XVIII De civitate Dei et Ysidorus libro I Ethimologiarum. Latinas autem licteras Carmentis nimpha prima Ytalis tradidit que proprie vocata est Nichostrates. |
Inventore della grammatica è ritenuto Mosè, perché la prima parte della parola grammatica significa lettera; «grammatica deriva da lettera», dice Isidoro, Etimologie I, 5.1; «Gràmmata chiamano i greci le lettere». Il primo |5va| presso gli ebrei a inventare le lettere fu Mosè, dicono Agostino, La città di Dio XVIII, 39, e Isidoro, Etimologie I, 3.5. «Le lettere greche e latine sembrano originare dagli ebrei. Per la prima volta da loro si disse “aleph”, divenuto per pronuncia affine “alpha” tra i greci, e di qui ai latini», Etimologie I, 3.4. Presso siri e caldei fu Abramo a trovar per primo le lettere; presso gli egizi la regina Iside proveniente dalla Grecia, dicono Agostino, La città di Dio XVIII, 39, e Isidoro, Etimologie I, 3.5. Agli ìtali dette le lettere la ninfa Carmente, il suo vero nome Nicostrate (Etimologie I, 4.1). |
«Partes autem orationis - ut dicit ibidem - primus Aristotiles duas tradidit, nomen et verbum. Deinde Donatus octo diffinivit. Sed omnes - ut ait - ad illa duo principalia revertuntur, idest nomen et verbum». |
«Le parti del discrorso, nome e verbo, le trasmise Aristotele. Donato (fl. 350 d.C.) ne definì otto. Tutte riconducibili alle due principali, nome e verbo», Etimologie I, 6.1. |
Rethorica autem, ut dicit Ysidorus in libro II, «a Grecis inventa est, a Gorgia, Aristotile et Hermagora, et translata in latinum a Tullio videlicet et Quintilliano; sed ita copiose ut eam lectori admirari in promptu sit, comprehendere impossibile». Sed ut Philosophus dicit in fine Elenchorum, Gorgias non docendo artem utebatur rethorica, quem secuti sunt - ut ait - Tysias, Trisimachus et Theodorus et multi alii. |
La retorica, dice Isidoro II, 2.1, «fu inventata dai greci - Gorgia, Aristotele, Ermagora - e trasmessa ai latini da Tullio Cicerone e Quintiliano; tanta la sua dovizia che ognuno può ammirarla, contenerla impossibile». Aristotele, Confutazioni sofistiche c. 33 (183b 29-39), annota che Gorgia fece sì uso della retorica ma non ne elaborò la dottrina; lo imitarono Tisia, Trisimaco, Teodoro e molti altri. |
De inventione autem dyaletice sic loquitur Ysidorus in libro II: Dyaleticam quidam «primi philosophi in suis dictionibus habuerunt, non tamen ad artis redigere peritiam. Post hos Aristo<ti>les ad regulas quasdam huius doctrine argumenta perduxit». Et hoc ipsum fatetur Aristotiles in fine Elenchorum. Unde et in fine concludit: et de «inventis multas habere grates». Et in principio Topicorum dicit: «Propositum quidem negotii est methodum invenire etc.». |
Circa l'invenzione della dialettica, Isidoro II, 22.2: «Gli antichi filosofi ne fecero uso nei loro scritti, ma non ne elaborarono la disciplina. Fu Aristotele a dare regole alla materia di questa scienza». Lo confessa lui stesso, Confutazioni sofistiche c. 33 (184b 7-8), e termina sollecitando a «nutrire grande riconoscenza per le scoperte». E a inizio Topici I, 1 (100a 1): «L'intento di questo trattato è trovare un metodo». |
Et sic habemus de omni scientia humana que dicitur philosophia. |
E così poniamo fine alla trattazione della scienza umana detta filosofia. |
[1] Cf. ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum c. 48 (ed. Judy pp. 153-60), c. 57 § 564 (ed. cit., pp. 193-94).
[2] AVERROÈ (Ibn Rushd, † 1198), In Metaphysicam II, comm. 15: «Propterea Aristoteles praecipit ut nemo simul logicam discat et scientiam, cuius est modus sciendi, quoniam nec hanc discet nec illam, quoniam malum est quaerere scientiam et modum sciendi» (in ARIST., Opera omnia cum Averrois expositione, ed. Venetiis 1560, t. VIII, f. 56a C). [Pistoia, Forteguerri II.L.124.34; BNF, Cons. Rinasc. A.233]. Le poche volte che il nome del Commentatore compare in extenso in Remigio: Averois, Averoem (con una sola r).
[3] Cf. DOMENICO GUNDISALVI, De divisione philosophiae, Prol.: «Sed pars et instrumentum simul est logica. Grammatica vero instrumentum est philosophiae...» (ed. Baur p. 18; cf. ib. p. 69). TOMMASO D'AQUINO, In Boethii De Trinitate q. 5, a. 1 ad 2: «Unde et secundum Boethium in Commento super Porphirium, non tam est scientia quam scientiae instrumentum» (Opuscula omnia IlI, ed. Mandonnet, Parigi 1927, p. 101; ora in ed. critica, Super Boetium De Trinitate, Leonina t. 50 (1992) p. 139: «Unde secundum Boetium in Commento super Porphirium, non tam est scientia quam scientie instrumentum»).
[4] Il brano Divisio scientie c. 17, rr. 11-15 (Boetius autem ... adminiculans) si ritrova quasi letteralmente in De modis rerum I, 24 (cod. C 4.940, f. 38va).
[5] «a quibusdam»: cf. ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum c. 49 § 468: «Igitur ex fine potissime accipienda est divisio sermocinaIis scientiae sic: sermo aut est significativus eorum quae iam nota sunt, aut inquisitvus eorum quae adhuc ignota sunt. Primo modo est grammatica, secundo modo logica et rhetorica. Sermo enim inquisitivus ignoti...» (ed. Judy p. 160).
[6] «a Boetio ibidem»: In Isagogen Porphyrii citato or ora; ma quanto qui riassunto da Remigio (rr. 25-34: qui et dicit quod ... extorquere conatur) si legge in BOEZIO, De differentiis topicis I (PL 64, 12051206) non nel Commento alle Isagoge. Remigio attingeva da ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum c. 49 § 468-70 (ed. Judy pp. 160-61)?
[7] «dicunt»: cf. ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum c. 50 § 479: «Ad primum dicendum quod licet sermo ratiocinativus sit significativus, tamen aIiunde significativus est et aIiunde ratiocinativus...» (ed. Judy p. 163).
[8] De interpretatione c. 1 (16a 12-13). Traduz. di Boezio: AL 1I/1-2, p. 5. Annoto che Remigio scrive «Peryerminias», talvolta «Peryrminias» (Περì έρμηνείας).
[9] Auctoritates Aristotelis in locum: «Ab eo quod res est vel non est, oratio dicitur vera vel falsa»: J. HAMESSE, Les Auctoritates Aristotelis. Un florilège méviéval, Louvain-Paris 1974, p. 303 n° 17.
[10] Alla voce "Dia" l'Elementarium di Papia ha: «localis praepositio per significat... vel duo vel de vel trans vel inter» (ed. Milano 1476, rist. anast. Torino 1966). Uguccione, Derivationes II, 314 § 44. La traslitterazione mediolatina contamina διά e δύο.
[11] «ut aliis placet»: cf. Uguccione, Derivationes II, 314 § 44.4: «et a dya et logos quod est sermo vel lexis quod est ratio dicitur hec dyaletica -ce, quasi dualis sermo, quia dialetica disputatio tota versatur et finitur inter duos, scilicet inter opponentem et respondentem». PIETRO DI SPAGNA, Tractatus l, 1: «Dicitur autem dialetica a dia quod est duo et logos quod est sermo, vel lexis quod est ratio, quasi duorum sermo vel ratio, scilicet opponentis et respondentis disputando» (ed. L.M. De Rijk, Assen 1972, p. 1).
[12] GIROLAMO, Ad Paulinum, Ep. LIII, 4 (PL 22, 543), passato ai prologhi accolti nelle bibbie latine o Vulgata. l Prologhi di Girolamo, che accompagnavano il testo della bibbia, erano commentati nella facoltà di teologia, come ricorda Remigio in Prologus XV: «Nullius sententie leguntur in scolis theologie, etiam a magistris in theologia etiam ordinarie... preter Sententias magistri Petri Lombardi. Immo nec aliquis liber alicuius sancti ad hanc gloriam pervenit sed soli Prologi leronimi sic leguntur in scolis» (PANELLA, Il Repertorio dello Schneyer..., «Memorie Domenicane» 11 (1980) p. 637).
[13] Cf. PIETRO DI SPAGNA, Tractatus [1230 ca.] VII, 39: «Quia quod dictio plura significet, aut est ex significatione aut ex consignificatione. quia dictio non est signum plurium quam significationis vel consignificationis» (ed. L.M. Rijk, Assen 1972, p. 105 rr. 14-17; e ib. VII, 55: p. 114, 7 ss).
[14] Cf. ISIDORO, Etymologiae II, 1 (PL 82, 123 C; ed. Lindsay II, 1.1). BOEZIO, De differentiis topicis IV (PL 64. 1206 D. 1208 D). ROBERTO DA KILWARDBY, De ortu scientiarum c. 59 § 591: «... propterea nonnumquam persuasio ponitur finis rhetoricae» (ed. Judy p. 204), dove si cita anche Isidoro e Boezio.