precedente successiva

De bono comuni

Il bene comune

originale latino

volgarizzamento (2007) di EP

(... 18. Argumenta directe contra questionem, et eorum solutiones)

(... Capitolo 18. Obiezioni conto la tesi - bene comune precede bene privato -, e loro solusione)

15. Quinto decimo sic. Puer naturaliter plus amat matrem quam patriam.

Obiezione 15. Per natura il bambino ama  più la madre che la patria.

Et dicendum quod puer, in quantum est quoddam individuum et quoddam totum per se subsistens, sic naturaliter plus diligit matrem quam patriam tamquam sibi magis coniunctam. Licet enim Porfirius[2] dicat quod «patria est |105ra| principium uniuscuiusque generationis quemadmodum et pater», tamen pater est principium intrinsecum et magis coniunctum quam alii de patria. In quantum autem est pars patrie, sic magis diligeret ipsam nisi peccati originalis infectio impediret; tum etiam quia amor fertur in solum cognitum. Ergo distinctio facienda est ex parte pueri et ex parte cognitionis et ex parte nature integre vel corrupte.

Risposta. In quanto individuo e tutto in sé sussistente, il bambino per natura ama più la madre che la patria, madre a lui più intimamente congiunta. Benché Porfirio (ca. 233-305 d.C.), Isagoge 2,4, dica sì che «la patria è |105ra| principio d'ogni generazione al modo di padre», tuttavia il padre è principio intrinseco e maggiormente congiunto rispetto ad altre persone della patria. Ma in quanto parte della patria, (il bambino) amerebbe di più la patria se non glielo impedisse il contagio del peccato originale; perché inoltre l'amore si porta solo verso il termine conosciuto. Bisogna dunque articolare la quesione: da parte del bambino, da parte della conoscienza, da parte della natura integra o corrotta.

16. Sexto decimo sic. Secundum iura primo diligendus est Deus, secundo parentes, tertio patria. Ergo se plus quam patriam debet quis diligere.

Obiezione 16. Secondo il diritto, bisogna prima amare Dio, poi i genitori, al terzo posto la patria. Dunque uno deve amare se stesso più della patria.

Et dicendum quod iura loqui intelliguntur secundum quod homo diligens consideratur ut quoddam totum per se subsistens et non ut pars patrie. Sic enim tota patria computatur pro proximo. Inter proximos autem magis coniunctus magis diligendus est.

Risposta. Il diritto parla dell'uomo che ama come un tutto per sé sussistente e non come parte della patria. In questo senso la patria intera vale per prossimo; e nella sfera del prossimo, va più amato chi ci è più congiunto.

17. Septimo decimo sic. Christus, cuius natura erat sine omni vitio, voluntate naturali plus dilexit se quam totum genus humanum, iuxta illud Mt. 26[,39] «Pater, si fieri potest, transeat a me calix iste; non tamen sicut ego volo sed sicut tu vis».

Obiezione 17. Il Cristo, la cui natura era senza difetto, per volontà naturale amò più se stesso che l'intero genere umano, secondo Matteo 26,39, «Padre, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu».

Et dicendum quod in Christo non fuit nisi una voluntas rationis[3] que et naturalis est, quia ratio fuit quedam naturalis potentia anime eius. Tamen interdum agens voluntarium dividitur contra agens naturale in quantum natura est determinata ad unum, non autem voluntas. Unde et voluntas distinguitur in actu suo quia potest accipi ut natura, et sic fertur in aliquid absolute, et sic Christus nolebat mortem quia omnis mors est contra naturam; et potest accipi ut voluntas, et sic fertur in aliquid in ordine ad aliud, et sic Christus volebat mortem pro salute generis humani, iuxta illud Ysa. 53[,7] «Oblatus est quia ipse voluit». Prima est voluntas incompleta et secundum quid, secunda est completa et simpliciter.

Risposta. In Cristo non vi fu che una sola volontà di ragione, che è anche naturale, perché il principio razionale fu come una potenza naturale della sua anima. Talvolta tuttavia l'agente volontario si distingue da quello naturale: la natura infatti è determinata ad una singola azione, non così la volontà. Ne segue che la volontà si diversifica nel suo agire, perché può essere intesa come natura; e in questo caso si porta ad un suo oggetto in modo assoluto; di conseguenza il Cristo non voleva la morte in quanto tale, perché ogni morte è contraria alla natura. Ma può essere intesa anche come pura volontà, e in questo caso si porta verso un oggetto, a sua volta ordinato ad altro; e in questo senso il Cristo voleva la morte per la salvezza degli uomini, secondo Isaia 53,7, «Offerto, perché egli ha voluto». Nel primo modo, si tratta di volontà incompleta e relativa, nel secondo di volontà completa e assoluta.

18. Octavo decimo sic. Ordine caritatis plus debeo amare caritatem in me quam in toto alio mundo, et similiter beatitudinem.

Obiezione 18. In forza dell'ordine di carità devo prima amare la carità in me che in un tutto esterno; stessa cosa vale anche per la beatitudine.

Et dicendum quod hic facienda est duplex distinctio: una ex parte subiecti idest diligentis, et alia ex parte principalis obiecti idest Dei.

Prima est quia potest considerari ut quoddam totum vel sicut pars multitudinis civitatis ecclesiastice militantis vel triumphantis. Primo modo procedit argumentum quia tota alia multitudo creaturarum consideratur ut quidam proximus.

Risposta. Dobbiamo qui premettere una doppia distinzione: una da parte del soggetto ossia della persona che ama, e un'altra da parte dell'oggetto principale ossia di Dio.

Prima distinzione, quanto al soggetto. Questo lo si può considerare come un tutto, oppure come parte della moltitudine della città ecclesiastica militante (ossia del mondo terreno) o trionfante (dell'aldilà). Nel primo significato, l'argomentazione tiene, perché l'intera altra moltitudine delle creature viene considerata come un prossimo.

Secundo modo non procedit, quia sicut pars in quantum huiusmodi non habet esse nisi a toto ita non potest habere nec caritatem nec beatitudinem nec omnia alia que |105rb| presupponunt necessarie ipsum esse. Et per istum [istam cod.] modum potest exponi quod dixit Moyses Exo. 23 et Apostolus Rom. 9, ut dictum est supra. Unde Eph. 2[,19] «Iam non estis hospites et advene sed estis cives sanctorum et domestici Dei», Glosa: «Interroget se unusquisque quid amet et inveniet unde civis sit».

Nel secondo significato, l'argomentazione non tiene. Infatti poché la parte in quanto tale non ha essere proprio se non dal tutto, ne segue che non può avere né carità né beatitudine né qualsiasi altra cosa che |105rb| presuppone necessariamente l'essere. E in questo senso si possono esporre le parole di Mosè in Esodo 23, 2, e dell'apostolo Paolo in Romani 9, 3-4, come detto sopra. Cosicché a proposito di Efesini 2,19, «Voi non siete più ospiti né stranieri, ma concittadini dei santi e familiari di Dio», la Glossa maggiore (di Pietro Lombardo; PL 192, 186 A) dice: «Ciascuno si chieda "Chi amo?", e troverà la propria cittadinanza».

Secundum ordinem igitur caritatis est ut quis preamet Deum; secundo civitatem Dei tam militantem quam triumphantem, iuxta illud Ps. [86,3] «Gloriosa dicta sunt de te, civitas Dei»; tertio se ipsum; quarto quemlibet concivem in se.

L'ordine di carità vuole che uno ami prima Dio; al secondo posto la città di Dio, sia militante (ovvero del mondo terreno) sia trionfante (dell'aldilà): Salmo 87,3, «Cose stupende si dicono di te, città di Dio»; al terzo posto se stesso; al quarto posto ogni cittadino in sé.

Secunda distinctio est quia Deus potest considerari in quantum est immediatum principium omnis caritatis, omnis beatitudinis et omnis esse spiritualis et naturalis; unde et Eçech. 18[,41 «Omnes anime mee sunt». Hoc enim maxime consideratur in spiritualibus creaturis que sunt per creationem. Et sic amor quo aliquid amat se ipsum consideratur ut amor Dei, quasi primi et immediati principii factivi, propter quem scilicet se ipsum amat; «iustum est autem omnia appellari a fine», ut dicitur in II De anima[4].
Alio modo potest considerari in quantum est principium predictorum quodam ordine, scilicet ut a toto conferatur parti. Et hec quasi redit in idem.

Seconda distinzione, quanto all'oggetto principale. Dio lo si può considerare come immediato principio d'ogni carità, d'ogni beatitudine, e d'ogni essere spirituale e naturale; Ezechiele 18,41: «Tutte le vite sono mie». Massimamente vero in rapporto alle creature spirituali, termine di creazione. In questo senso l'amore col quale uno ama se stesso, lo si considera amore di Dio, primo e immediato principio causale, ovvero in forza del quale uno ama se stesso; «è giusto denominare ogni cosa dal fine», dice Aristotele, Dell'anima II,4 (416b 23-24).
In altro modo lo si può intendere come immediato principio che dètta l'ordine di carità qui sopra proposto, che cioè a partire dal tutto si dispieghi alle parti componenti. Che poi è termina a dire la medesima cosa.

Vel dicatur sic melius. Solutio potest accipi dupliciter. Uno modo ex parte Dei, qui est primum amatum et primum beatificans; et sic ex ordine ad ipsum, omne aliud diligendum est. Unde in hoc prefertur amor et beatitudo Dei amori et beatitudini totius, non amor et beatitudo sui.
Secundo modo ex parte subiecti, ut predictum est, in quantum est quoddam individuum in se etc.; et sic beatus Augustinus
[5] comune reposuit sub proximo in suo quaternario quando dixit «Quatuor esse diligenda ex caritate». Alio modo in quantum est pars quedam totius; et sic Augustinus comune comprebendit sub eo quod nos sumus.

Risposta alternativa, e mi auguro più perspicua. Soluzione in rapporto a Dio: essendo Dio il primo amato e il primo beatificante, ogni altra cosa va amata in ordine a lui. E qui, è l'amore e la beatitudine di Dio che vanno anteposti all'amore e beatitudine del tutto, non l'amore e la beatitudine di se stessi.
Soluzione in rapporto al soggetto, ovvero a una individua persona in sé, eccetera.  A questo proposito sant'Agostino nella sua lista quaternaria colloca la comunità politica sotto la categoria di prossimo, laddove dice «Quattro sono gli oggetti d'amore di carità» (Dottrina cristiana I, 23, 6-9). Oppure, sempre in rapporto al soggetto ma in quanto parte d'un tutto: in questo senso Agostino include la comunità politica sotto la categoria di noi stessi.

19. Nono decimo sic. Homo non potest non appetere suam beatitudinem amore naturali, et tamen potest appetere in nullo alio comuni esse.

Obiezione 19. L’uomo non può non desiderare la propria beatitudine in forza dell’amore naturale, e tuttavia può desiderare di non esser cittadino d’alcun comune.

Et dicendum quod non potest in quantum ipse est pars comunis, quia sic etiam non appeteret suam[6].

Risposta. Non può (non desiderare la propria beatitudine) in quanto parte del comune o comunità politica, altrimenti non desidererebbe neppure la propria personale beatitudine.


[2] PORFIRIO, Isagoge 2,4; traduz. Boezio (Arist. Lat.  I/6-7,6); cf. ed. a c. di G. Girgenti, Milano 1995, 140 [SMN-Campo 61.4].
Cf. BARTOLOMEO DA SAN CONCORDIO, Gli ammaestramenti degli antichi 1,75: «La cagione di questo amore pare che tocchi Porfirio quando dice la patria è nostro cominciamento siccome è il nostro padre» (ed. Parma 1859, 13).

[3] «nisi una voluntas rationis»: cf. Tommaso d'Aquino, Summa theologiae III, 18,3.

[4] De anima II,4 (416b 23-24). Florilège 6,93: «Omnia appellare a fine iustum est». Coincidono traduz. Giacomo da Venezia e traduz. Guglielmo da Moerbeke: «a fine appellari omnia iustum est» (AM 7,94; EL 45/1,102).

[5] De doctrina christiana I, 23, 6-9: «Cum ergo quattuor sint diligenda, unum quod supra nos est [sciI. Deus], alterum quod nos sumus, tertium quod iuxta nos est [sciI. proximus], quartum quod infra nos est [sciI. corpus], de secundo et quarto nulla precepta danda erant» (CCL 32, 18; PL 34,27). Testo frequentissimamente dibattuto dagli scolastici a proposito dell'«ordo caritatis», nei commentari biblici a Cant. 2,4 «Ordinavit in me caritatem», o nei commentari a PIETRO LOMBARDO, Sententiae III, dist. 29, cc. 1-2. Remigio stesso in Postille super Cantica: «Ordinavit in me caritatem, idest fecit me habere ordinatam caritatem, sicut dicit Glosa, ut scilicer primo diligatur Deus, deinde proximus, et inter proximos prius diligantur magis coniuncti et magis sancti; et inimicus diligatur natura non culpa» (Bibl. Laurenziana. Conv. soppr. 516, f. 229rb). Vedi sopra 1,13. Ma né Agostino né - a quanto mi risulti - autori medievali inseriscono la comunità politica (qui il comune) quale soggetto distinto dell'ordo caritatis; si introduce semmai la nozione di socialità come elemento estensivo del terzo soggetto, il prossimo: «Et sic beatus Augustinus comune reposuit sub proximo in suo quaternario», come "interpreta" lo stesso Remigio (c. 18, 284-85). Là dove la socialità viene formalmente distinta dal prossimo, Agostino non è menzionato: «Deus super omnia diligatur, deinde bonum comune, deinde proximi magis coniuncti» (sermone De pace VIII, in Appendice). Il contributo d'Aristotele è decisivo: vedi sopra c. 18,189-91. Per la letteratura sul soggetto: C. SACO ALARCóN in NICOLA D'OCKHAM, Quaest. disp. de dilect. Dei, op. cit. pp. 107,144 e passim. Matteo d'Acquasparta enumera 5 soggetti dell'ordine della carità: Dio, anima nostra, anima altrui, corpo nostro, corpo altrui (Quaest. disp. de anima separata, ed. Quaracchi 1959, 203). Nel De misericordia cc. 18-22 Remigio applicando alla misericordia l'ordine della carità stabilisce 5 specifici soggetti nell'ordine: Dio, comune (città), noi stessi, prossimo, corpo nostro; v. Introd. III, n°4.

[6] Avevo scritto in MD 16 (1985) 120-21:

Segnalo un dubbio testuale in De bono comuni c. 18 ob. 19. Il dettato è fortemente ellittico. Inoltre il codice ha: «et tamen potest potest appetere in nullo alio...». Quale errore di copia è occorso? iterazione di potest o sostituzione d’un originario non con uno dei due potest? Il brano potrebb’essere così inteso:

Ob.: L’uomo non può non desiderare la propria beatitudine in forza dell’amore naturale, e tuttavia può desiderare di non esser cittadino di nessun altro comune (o di non esser cittadino d’alcun comune).

Risp.: In quanto parte del comune, non può desiderare di non esser cittadino di nessun altro comune (o di non esser cittadino d’alcun comune), altrimenti ne seguirebbe che non desideri la propria beatitudine.


precedente successiva