In pessime condizioni è
l'unico manoscritto quattrocentesco, Vaticano lat. 7317, ff. 249r-267r, che ci trasmette le Epistole ad ecclesiam triumphantem, scritto che potrebbe apparire con dignità in un'antologia delle più belle pagine della spiritualità tardomedievale. L'infelice composizione chimica dell'inchiostro ha letteralmente divorato il supporto cartaceo in vaste proporzioni. Attualmente una velina incollata sulle carte protegge il testo. Non si può non esser grati a Reinhold Röhricht che nel 1884 lo trascrisse e pubblicò («Archives de l’Orient Latin» t. II, Documents, II Lettres, Paris 1884, 264-96).Qual è l'attendibilità dell'edizione Röhricht? Un sondaggio effettuato su talune carte o brani ancora leggibili di Vat. lat. 7317 dà i seguenti risultati. I numeri indicano pagina e rigo dell'edizione (a p. 264 la numerazione dei righi inizia da Incipit prephatio); a fine testo si dà la carta del codice.
264,1 causa monens ] causa movens (249r)
264,2 scribendum epistolas ] scribendum subiectas epistolas
264,22-23 et sinceritate fidei
confirmaret et legi ymmo perfidie sarracenorum finem cito imponeret et christianos maxime captivos (f. 249r; omesso quanto in corsivo)264,27 [R]egi seculorum immortali invisibili... (f. 249r; è citazione di I Tim. 1.17)
266,4-5 et istis temporibus fortuna Machometi et fortuna Christi ad invicem pugnaverunt et fortuna Machometi fortunam Christi totaliter superavit (f. 250r; omesso quanto in corsivo)
266,5-6 ubi est Deus christianorum (f. 250r; est Deus iter. ed.)
266, 7-8 quod Iesus filius Marie (f. 250r; omesso filius)
266, 15 Quare igitur nunc dormis (f. 250r; omesso igitur)
266, 66, 22 salva nos, fac ed.] salvos nos fac (f. 250r)
266, 25 quia [quod ed.] peccatores (f. 250r)
266,40-41 quod ex magna Circini parte ed.] quod ex magna círcuiví parte (f. 250v; in nota a Circini: «C'est le nom antique des montagnes voisines du Taurus»)
266,41 - 267,1 et montes ed. ] scilicet montes (f. 250v)
266,27-28 et eciam pro maiori contemptu stabulaverunt sequaces eius et mechitas fecerunt. Quot christianos occiderunt (f. 251r; omesso quanto in corsivo)
277,12 Et ecce modo bestia (f. 256r; omesso modo)
279,16 contemplaticii ed. ] contemplativi (f. 257v)
283,6-9 Nam in alchorano non iam uno loco set in pluribus legi quod dicit infrunitum verbum. Ita enim dicit, ut suo verbo utar, «futigate mulieres, futigate, et non erit vobis peccatum dummodo dederitis eis precium» (f. 259v; fatigate... futigate ed.; v. sopra brano parallelo del Liber peregrinationis)
283,12 et repetit: fatigate ed.] et repetit dicens « f(u)tigate» (f. 259v; la u di futigate non è più leggibile ma va certamente restituita in base a quanto in 283, 6-9)
286,24 motus et potentia in fine ipsius lentesceret (f. 261v; omesso ipsius)
287,4 tu scis quid [quod ed.] cogito (ff. 261v-262r).
Lo studioso di Riccoldo dovrà ricontrollare l'edizione sul codice Vaticano, là dove ancora leggibile, e prima che l'inchiostro divori irreparabilmente carta e testo.
Il codice Vaticano lat. 7317 non dà un titolo esatto alle Epistole. L'incipit, scritto da mano diversa da quello del testo, dice: «Incipit prephatio operis qua fuit causa movens fratrem predicatorem ad scribendum subiectas epistolas de prosperitate sarracenorum in temporalibus et deiectione christianorum. Alph.» (f. 249r, marg. sin. e destro). Quanto premesso in ed. p. 264 (« Ricoldi... Acconis 1291») è dell'editore. Il nome dell'autore, «frater Ricoldus», è dato in Ep. IV, f. 263r (ed. 289, 11). L'inventario (1512 ca.) della biblioteca del convento domenicano di Ravenna registrava: «[10] Riculdi ord. praedic. libar peregrinationis de regnis, provinciis, legibus; ínc. Cum ego minimus. [11] Eiusdem tractatus quare motus fuerit ad scribendum infrascriptas epistolas de prosperitate Sarracenorum in temporalibus et eiectione christianorum» (T. KAEPPELI, Antiche biblioteche domenicane in Italia, AFP 36 [1966] 58). Formulazione del titolo data dallo stesso Riccoldo: «scripsi quasdam epistolas ad ecelesiam triumphantem per modum querele amaricati animi» (CLS prol. 64-65).
■ Qui non si fa parola dell'altra opera riccoldiana Super II Peryhermenias dell'unico codice di Šibenik. Vanno espunti dal catalogo delle opere riccoldiana i Sermones dominicales di cui KAEPPELI III, 310 n° 3487 e ORLANDI, Necrologio I, 316. Il testo che ha provocato la falsa attribuzione è l'Inventario (1489) di Tommaso Sardi: «Sermones dominicales fratris Ricardi de Florentia, ordinis predicatorem» (POMARO II, 334 n° 560) letto «fratris ricordi» da S. ORLANDI, La biblioteca di S. Maria Novella in Firenze dal sec. XIV al sec. XIX, Firenze 1952, 57 n° 566. La Cronica di S. Maria Novella registra un Riccardo converso († 1334), a cui non potrebbero essere attribuiti dei sernonari, e un Riccardo «sacerdos et predicator» († 1363) (ORLANDI I, 49 n° 274; 105-06 n° 450). Ma è esistito anche fr. Riccardo di Alberto del popolo S. Stefano a Ponte, frate di S. Maria Novella non registrato dalla Cronica; costui anzi fa un lascito di lire 10 di fiorini piccoli al nostro fr. Riccoldo: «Itero fratri Riccoldo de ordine Predicatorum civitatis Florentia l. 10 f. p.» (ASF, Dipl. S. Maria Novella 21.VII.1302); lo si ritrova in liste capitolari degli anni 1304 e 1311. I Sermones dominicales dell'Inventario non hanno alcuna relazione con fr. Riccoldo, e vi sono almeno due fr. Riccardo cui eventualmente attribuirli. Vedi ora SOPMÆ IV, 262.
■ È curioso che, per vie indipendenti, Riccoldo ridivenga Riccardo dei Sermones quando era già una volta divenuto Riccardo del CLS di Demetrio Cydones e Bartolomeo Piceno.
I codici F e B, a motivo della loro tradizione idiografica, permettono di raggiungere il sistema linguistico di Riccoldo; utile sia a dissuadere da interventi emendatori su sospette corruttele sia a proporre attendibili emendazioni di guasti certi. Il disastrato testo delle Epistole ad ecclesiam triumphantem ne beneficerà non poco.
Abbiamo già incontrato brani che tradiscono errori di copia su cui ci si attendeva un intervento correttivo di Riccoldo. I copisti - sia detto per dissipare ogni equivoco - fanno un ottimo lavoro. Ma anche i copisti più attenti commettono errori. Quel che sorprende è che Riccoldo, nel rivedere i suoi testi, abbia sorvolato su molti degli errori di trascrizione. E come non attendersi che rícontrollasse un brano così tecnico quale quello su aqânîm e aškhâs nel Liber peregrinationis sopra analízzato? Ai casi già noti, aggiungiamo tre esempi.
L’Alpholica aveva scritto:
Et iterum in capitulo Prophetarum fingit Deum dicentem sibi: «Non destinavimus te nisi misericordiam sapientibus» [Cor. 21,107]. Et íterum in capitulo Seba: «Non misimus te nisi ad universitatem gentium» [34,28]. Respice et attende presumptionis tue mendacium quod te fingis nuntíum Dei: vadis ad universitatem gentium in septuaginta linguis, nescis tuum nuntium recitare nisi in arabica lingua (Paris BN lat. 3394, f. 248v1-6).
Riccoldo in CLS 6,74-77:
Vnde in capitulo Prophetarum dicit quod Deus dixit ei: «Non misimus te nisi ad uniuersitatem gentium». Sed quomodo ibit ad omnes gentes in septuaginta linguis qui nescit suum recitare sermonem nisí in lingua arabica?
Si tratta veramente d’un errore specificamente di copista? La tipologia dell’errore occorso in citazione non esclude che possa risalire all’autore stesso, a Riccoldo, che nell’atto di trascrivere la propria fonte avesse saltato il testo citato dalla sura dei Profeti (Cor. 21,107) cosícché a questa fa indebitamente seguito quanto è citazione della sura Sabâ (Cor. 34,28). Ma a chiunque dei due l’errore vada imputato, Riccoldo nel rivedere il lavoro dei copisti non è intervenuto: né ha ricontrollato il suo testo con la fonte da cui attinge né ha ricontrollato le citazioni coraniche. L’una delle due operazioni gli avrebbe permesso d’individuare l’errore.
Se Elmir di CLS 12,68 è banale scorso di penna per Elnur a motivo dell’affinità paleografica di nu e mi nella gotica libraria, Elmetaharrem di CLS 12,50 è più difficilmente addebitabile a errore del copista. Considerate le consuetudini riccoldiane nel traslitterare i titoli delle sure coraniche, ci si attendeva Eltaharrem per al-tahirîm della sura 66. Dov’è occorso l’errore? Pochi righi prima, Riccoldo aveva citato due volte dalla sura Elmeyde (CLS 12,40 e 12,43): in fase compositiva, per attrazione di persistenza con Elmeyde, scrive Elme-, poi s’avvede dell’errore e ripara vergando -taharrem, ma si dimentica d’espungere -me-; né correggerà a trascrizione finita.
Concordiam vero et amorem ita nutriunt ad invicem ut vere videantur esse fratres. Nam etiam loquendo ad invicem. ut vere vídeantur esse fratres. Nam etiam loquendo ad invicem, maxime ad extraneos, dicit unus alteri «O fili matris mee!». Ipsi etiam nec occidunt se invicem nec expoliant, sed homo sarracenus securissimus transit inter quoscumque extraneos et barbaros sarracenos. Semel soldanus... (LP f. 18va-b).
È Riccoldo che reintegra al margine con segno di richiamo l’omissione per omeoteleuto su sarracenus (quanto in corsivo). Ma non corregge la vistosíssima iterazione occorsa appena qualche rigo prima.
Riccoldo corregge i propri codici frettolosamente e distrattamente. Molto più attento il suo confratello Remigio dei Girolami. Il confronto è imposto da convergenze eccezionali. Ambedue i frati vivono in Santa Maria Novella (Remigio muore un anno prima di Riccoldo); lo scrittoio conventuale trascrive e confeziona i codici di entrambi. Il copista A lavora a trascrivere opere dell’uno e dell’altro. Ambedue gli autori rivedono i propri codici, correggono, integrano. Di entrambi abbiamo lunghe sezioni di scrittura autografa. Ora i codici remigiani sono rivisti con estrema cura, al punto che rarissimamente l’editore è costretto al restauro.
E gettiamo uno sguardo agli aspetti specifici della scrittura. Il confronto è di nuovo illuminante, e ci rilascia un tratto del temperamento di Riccoldo. Il mediolatino d’entrambi i frati ha un ampio fondo comune, che va dalla grafia alla sintassi ai volgarismi. Ma mentre Remigio - uomo di scuola per lunghissimi anni - è più consapevole del proprio sistema di lingua, diciamo più formale nella scrittura e nel suo controllo, cosicché interviene a correggere anche minuti elementi grafici, anche d’una sola lettera, e spinge il suo latino a una pur flessibile normalizzazione (Remigiana: note biograficbe e filologicbe, MD 13 (1982) 382-408), Riccoldo non mostra alcun interesse alla forma della lingua. Nessuna delle sue correzioni marginali verte sulla grafia, morfologia, ripulitura lessicale e stilistica. Integra omissioni o verga integrazioni. È tutto. Di acutissima sensibilità (e fors’anche passionalità), come mostrano lo struggente smarrimento delle Epistole e la lucida virulenza del Contra legem, è interamente preso da quanto ha da dire. Deve metterlo per iscritto. Non importa come. Scrive di getto e non torna sui propri passi. Stenta a fissare termini tecnici della sua polemica e lascia ai copisti di variare a loro piacimento, sovrabbonda di volgarísmí, di costruzioni anacolutíche, di contaminazíoni lessicali e morfologiche, di scritture altamente instabili o iperetimologíche (quali il copista A non scrive quando copia per Remigio). Trascorre molti anni in oriente; il che potrebbe aver concorso ad allentare in Riccoldo il controllo linguistico. Ma ciò non spiega interamente il disinteresse sistematico alla propria scrittura né tantomeno la disattenzione con cui corregge i propri codici. La preziosità di F e di B - e non ultima - è anche di portarci vicinissimi alla soglia del mondo interiore dell’uomo Riccoldo; forse dei suoi sentimenti; certamente dei suoi tratti temperamentali.
R (mano di Riccoldo), C (copista di CLS), A (copista di LP e
ADNO).
La titolazione dei capitoli in CLS è di mano R.
volgarismi
osseruare: CLS 3,124 (R); e tutti di R: 17,43; 17,44; 17,63; 17,68; cappellum, tafferia (vassoio), groffolaret, truffative, catabriature, pellicciatum, cristas, sclavus, massaria, nova (= notizia), Belleem (= Betleem) per assimilazione progressiva, facile avverbio, dexitu (= de exitu), scelore... Si notino i titoli delle sure in CLS, d’abitudine inizianti con el- (articolo arabo al-); ma si hanno scritture del tipo delnemele (4,41), del Kamar (4,53) contro Elcammar (9,78; cf. 9,218), delbachara (6,20) contro Elbachera (10,8; 15,72) e Ilbachera (15,9), delteube (9,38; 9,60); il d in concrezione non può esser spiegato se non come volgarismo italiano d’el-.
A proposito dei curdi: «nullo modo potest homo confidere de... » col significato riflessivo «non ci si può fidare di» loro (LP f. 12ra). «Unus alius» (LP f. 20vb; CLS 8,135) sta per «un altro». Geminazione preposizionale del fonetismo volgare testimonia addextris (= a dextris) (ADNO ff. 224r, 231v). Firmare per «fermarsi, arrestarsi» (Ep. IV, ed. 292,14).
Anacoluti, cambiamenti di persona, concordanze ad sensum, ridondanze pronominali, proposizioni condizionali ellittiche:
«Inter alia boc notaví quod mare Tyberiadis tota aqua et in omni loco dulcissíma est et suavissíma ad potandum, cum tamen ex multis partibus intrent in eo aque fetentes et sulfuree et amarissime» (LP f. 2ra). «Et ideo quando exeunt ad seminandum vel ad silvam vel ad aliquod opus, unusquisque portat secum suum capistrum quo ligetur; et síc vere completur in eis...» (f. 6va). «Occisíonem vero multi eorum sic horrent quod nec occiderent gallinam nec pulicem, sed quando volunt comedere gallinam tenet eam in manibus vívam in via et rogat...» (f. 19ra). «Nam de necessitate salutis non est eis aliquid nisi quod dicat...» (f. 19rb). «Vadunt igitur perfectiores ex sarracenis ad postribulum et dicit meretrici...» (f. 19vb). «Eodem etiam modo fatiunt illi qui volunt inter eos prestare ad usuram sine peccato; nam tenet apotecam de pecunia et tenet ibi alíqua venalia vílía» (f. 20ra). «Tactum panem ab homine alterius rítus non commedunt; quando veniebant Baldaccum vel ad aliam civitatem, emit farinam in foro et aurit aquam de fluvio...» (f. 24ra). «Inde redeuntes versus Iherusalem invenimus locum ubi fuit incisa arbor magnum [per attrazione d’anticipo del seguente lignum] ex qua factum est lignum crucis» (f. 4va). In CLS 4,3-6 Alchoranum regge gli aggettivi metrica e rithmica per attrazione di ritardo di lex. «Tu fecisti venire frigus provocando ipsum eum cum multis pellíbus et pannis superfluis» (LP f. 7ra). «Hic qui vocantur henefa - et isti reputantur aliis perfectiores - isti si intrarent in forum et tangeret eos cata vel canis vel asínus vel aliquid ímmundum, non potest lavari ut oret nisi...» (f. 17va). «Sed facilius omnium per ipsum alcoranum, qui suam ipsius falsitatem abhominabilem se legentibus manífestat» (f. 22vb). «Dicunt ei quod turchymannus statim occidit eum, non ínveniat ei capistrum paratum; si autem portat capistrum, ligat eum et vendit eum sclavum» (f. 6va). «O cecí! Non sufficit vobis ad credendum Maccomettum mendacem et suum librum quia non solum dixit mendatium sed et scripsit et dimisit vobis in eodem libro duodecim milia mendatia. sit vobis solis liber ille auctenticus et verax qui testimonio sui auctorís continet duodecim milia mendatia» (f. 20rb; cf. CLS 9,249-55); potrebb’esser letto: «Non sufficit... milia mendatia? Sit vobis solis...», oppure: «<Si> non sufficit... milia mendatia, sit vobis solis... », così come nel testo immediatamente precedente bisogna intendere «<si> non inveniat ei...».
contaminazíoni lessicali e morfologiche
avertere per advertere; auxerunt per hauserunt (LP f. 1ra), contaminazione propiziata da scrittura inaspirata aurit (= haurit) (f. 24ra); hos (= os oris) (f. 8rb, 10va), ma ora e ore in CLS 14,38-39 in citazione; corrumpimus (= corrupimus) (f. 21vb); exurit per esurit (ADNO f. 228r, marg. ínf., mano R).
«Et in eodem loco, suptus, est mansio ubi sero erant discipuli» (LP f. 2vb); «vidi... partem columpne, sumptus, ad quam flagellatus est Dominus» (f. 5rb); «in eadem autem ecclesia est alia ecclesia sumptus, quam fodit Elena ubi invenit cruces» (f. 5vb): prossimità di lessemi omofoni e omografi hanno indebolito in Riccoldo subtus? o il grafema riccoldiano, a motivo dei ricorrenti suptilitas, suptiliter, era suptus (per subtus), che il copista, arrischiando una maldestra correzione, deprava in sumptus?
scritture instabili o iperetimologíche
Assisinos, Assassini, Assissini a brevissima distanza in CLS 10,88-93; Adsessini in LP f. 6ra. Iherusalem, Ierusalem, Iehrusalem a breve distanza in LP ff. 2va, 4va. Loquo (= loco), habire, eri (=heri), sogdomia e sodomia, epylenticus, herrare, herror, adscendo, adsignare, admodo...