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Iacopo di Talento da Nipozzano
in Santa Maria Novella di Firenze dal 1316

■ Note di cronologia edilizia

1Articolo biografico di Iacopo († 1362) 5 Riconsiderando
2 "A partire dal 1332"?6 Esempio dei chiostri
3 A partire almeno dal 13167 Mazzetto, Borghese e Albertino
4 Giovanni da Campi († 1339)8 campanile di SMN
 

9 Monastero Santa Caterina al Vetriciaio

1. Articolo biografico della Cronica fratrum

«Frater Iacobus Talenti de Nepoçano conversus, magister lapidum et edificiorum bonus in tantum quod comune florentinum in suis edificiis per multos annos eum requirebat, et alii magni cives. Per manus istius, operam et consilium, magna pars ecclesie Sancte Marie Novelle constructa est, et capitulum et multa pri<n>cipalia opera in conventu. Fuit bone et honeste vite et çelator sui ordinis. Fuit in ordine quasi per annos  .  . (lac.)  . Tandem post multos labores anno Domini 13°62° die 2a octobris devote transivit ad requiem quam optavit» (ASMN I.A.1 = Cr SMN n° 423).

Fra Iacopo di Talento da Nipozzano converso, qualificato maestro nell'arte della pietra e degli edifici al punto che e comune fiorentino per molti anni e altri notabili cittadini lo richiedevano nelle loro fabbriche. A lui si deve, per lavoro personale e pianificazione, la costruzione di gran parte della chiesa SMN, del capitolo e di molte principali opere edilizie in convento. Di lodevole ed onesta vita, amante del proprio ordine. Visse in religione anni  .  .   .   Dopo molte fatiche passò al desiderato riposo il 2 ottobre, anno del Signore 1362.

Testo alquanto evanito, ricontrollato con lampada di Wood. Dopo et capitulum, una mano cinquecentesca interpola in soprarrigo le parole et sacristiam. Mano di fra Raffaele di Francesco da Monte Morello († 24.IX.1550, Cr SMN n° 868), come si ricava con certezza da ASMN I.A.5 Libro de’ consigli A, f. 21r (10 e 15.VII.1527), verbali consiliari con sottoscrizione autografa «Ego fr. Raphael Francisci baccalarius confirmo ut supra».

Comitadino della repubblica fiorentina fra Iacopo, originario di Nipozzano: chiesa-popolo San Niccolò a Nipozzano, allora nel piviere San Lorenzo a Diacceto, diocesi Fiesole (M. Giusti - P. Guidi, Rationes decimarum Italiae. Tuscia, II, Città del Vat. (Studi e testi 98) 1942, 51 n° 937); oggi comune di Pelago, in bassa Val di Sieve, poco a monte di Pontassieve. Ma non cittadino fiorentino, come voleva lo statuto legale del tempo. Ricordiamolo: è cittadino fiorentino, o lo diviene: a) chi è nato da genitori cittadini; b) chi, o i suoi genitori o nonni, ha versato per dieci anni l’imposta in città; e) chi, emigrato in città con tutta la famiglia, vi ha dimorato ininterrottamente per cinque anni, senza allontanarsene più di due mesi l’anno (J. Plesner, L’emigrazione dalla campagna alla città libera di Firenze nel XIII secolo, Firenze 1979, 164). Cose familiari ai cronisti del tempo, a noi meno. «Frater Nicholaus de Trebio comitatus florentini» (Cr SMN n° 141, † 1289) non è cittadino fiorentino bensì da Trebbio, piviere San Giusto in Salce, contado fiorentino; esclude perentoriamente origine urbana "Trebbio, incrocio di strade prossimo a S. Maria Novella" (Orlandi, “Necrologio” I, 240), sesto cittadino San Pancrazio.

Iacobus Talenti ossia Iacopo figlio di Talento. La corrente volgata “Iacopo Talenti” presta spunto a trasformare il patronimico in cognome o nome di casato (che in latino sarebbe comparso de Talentis); e a trasformare un'omonimia in consanguineità. “Francesco Talenti” (fl. 1325-1369) è capomastro medio-trecentesco del duomo fiorentino. “Francesco Talenti” entrato in religione muta nome in “fra Iacopo Talenti”? Eliminiamo sì tale ipotizzata identità (V.  Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani, Genova 18693, I, 181), ma i due sono almeno parenti stretti (Marchese, Memorie I, 181: «possa... essere un suo stretto parente»), anzi fratelli (C. Guasti, Santa Maria del Fiore. La costruzione della chiesa e del campanile secondo i documenti, Firenze 1887, LI: «potevano... essere fratelli»; Orlandi, “Necrologio” I, 525 «dovevano essere fratelli», §1).

Nessuna consanguineità è presumibile dalla sola comunanza del patronimico tra
a) il comitadino Iacopo di Talento (= figlio di Talento) del popolo San Niccolò a Nipozzano, e
b
) Francischo Talenti populi Sancte Reparate (Guasti, Santa Maria del Fiore 127 doc. 75, nov. 1356), Francischo olim Talenti capomagistro (ib. 209 doc. 197, 30.XI.1367), e guidòl poi Francesco di Talento (ib. LI, 62: verso dal Centiloquio d'Antonio Pucci † 1388, frequentatore del cantiere: Guasti 120 doc. 34), ossia il cittadino Francesco di Talento (= figlio di Talento) da Firenze, del popolo Santa Reparata; «suo figliuolo» è Simon Francisci Talenti (Guasti 116 a c. 49, 231 doc. 252, ecc.).

Né Iacopo di Talento né Francesco di Talento -  per fare solo qualche esempio  -  trattiene alcuna parentela con un Iohannes Talenti (mastro che dall'Arno trasporta pietre per l'armario bibliotecario di SMN, 1340: ASMN I.A.26, f. 362a) né con un ser Berto di Talento (capitano della compagnia della Vergine Maria del Duomo, dic. 1359) a motivo della sola condivisione del patronimico augurativo Talenti; a decine nella Firenze del tempo.

2. "A partire dal 1332"?

Fra Iacopo di Talento «fuit in ordine quasi per annos  .  .  . ».  il cronista di turno al lavoro nella Cronica fratrum redige la notizia biografica immediatemente a ridosso del decesso, 2 ottobre 1362; ignora gli anni trascorsi in religione (bisogna attendere metà '500 perché il convento metta su un registro di noviziato e professione); lascia spazio in bianco. Coscienzioso.

Nel 1574 fra Teofilo di Rosso dei Fedini da Firenze (OP 1547, † Roma 3.IX.1576; Cr SMN n° 930) trascrive la Cronica fratrum, riempie il vuoto e vi scrive 30, senza dirci su quale informazione. Orrore del vuoto? Iacopo sarebbe allora entrato in religione nel 1332. Gli storici moderni di SMN sanno che i “trent’anni di vita religiosa” è tardiva interpolazione. Ma il termime post quem 1332 (arrotondato 1330) del lavoro di Iacopo nel complesso architettonico di SMN, subintrodotto dalla cronachistica conventuale, si trasmette sotterraneo e tenace, rilanciato per indiscussa convenzione (vedi Necrologio I, 524-50, e corrente letteratura a questo debitrice). Quando fu realizzato il primo chiostro? "a partire dal 1332 ca."; la scala delle quattro porte? "a partire dal 1330"; il domitorio superiore orientale? "a cominciare dal 1330", eccetera eccetera.

Vi si argomenta anzi per trarne l’anno di nascita di fra Iacopo: «Suppongo che quando prese l’abito domenicano [1332] avesse oltre 20 anni d’età, e perciò dovremmo porre la sua nascita circa il 1310» (Necrologio I, 524; vedi anche ib. p. 550 §3); nonostante le difficoltà di concordare attribuzione del nuovo campanile, tempo di erezione, anni di fusione delle “tre antiche campane” (Necrologio I, 357-58; ASMN I.A.28, f. 378bis, perizia su Iscrizioni trovate impresse nelle campane vecchie di mano Fineshi 1764).

3. A partire almeno dal 1316

Almeno da maggio 1316 Iacopo di Talento da Nipozzano viveva già nel convento fiorentino; in qualità di familiare, come consueto per aspiranti conversi; non ancora formalmente religioso, cosa irrilevante per l’esercizio o apprendimento dell’arte muraria. Ben sedici anni prima del tradizionale 1332.

Atto notarile rogato in chiesa SMN 22.V.1316, testi «Maruccio Germie (populi Sancte Marie Maioris), Gardo Grigori (pp Sancti Michaelis Vicedominorum), Iacobo Talenti familiar(i) fratrum Predicatorum florentini conventus et Dore Rossi (pp Sancti Nicholay de Vico). Domina Nese vidua uxor condam Bertini Baldovini populi Sancti Martini de Farneto», ottiene per mundualdo suo figlio Brogio. Subito dopo, medesimi luogo giorno e testi: «Cum domina Nese prefata sit et fuerit allibrata in dicto populo Sancti Martini ac etiam in populo Sancti Stephani de Pitella dicti plebatus, et occasione libre et extimi dicte domine», denuncia lite esistente tra lei e comune San Martino. ASF, NA 3142, ff. 14v-15r.

Topografia comitadina: Sancti Nicholay de Vico = Vico Panzanese (Rationes decimarum Italiae. Tuscia, II, n° 438); San Martino a Farneto (ib. II, n° 435); Sancti Stephani de Pitella (ib. II, n° 436; II, 386b “Patello”); chiese nei pivieri contigui San Giovanni a Montefiesole e Sant'Andrea a Doccia; triangolo Doccia Pontassieve Nipozzano, sui confini delle diocesi Firenze/Fiesole.

Almeno da maggio 1316! Verrebbe da credere che Iacopo non risiedesse in qualità di familiare nel convento fiorentino giusto da ieri, se può far da intermediario conventuale ed ospitare in SMN negozi notarili di donna Nese, proveniente dal medesimo contado. Ma viveva in SMN un altro nipozzanese, frate chierico di eminente curriculum scolastico, fra Uberto di Guido da Nipozzano (OP 1298, † 1.V.1348), baccelliere fiorentino nell'anno accademico 1314-15 (Cr SMN n° 331; SOPMÆ IV, 414-15); rimosso tuttavia da Firenze in agosto 1315 e assegnato in punizione a Pistoia (MOPH XX, 197/32-34).

4. Fra Giovanni di Bracchetto da Campi Bisenzio

«Frater Iohannes, conversus, filius olim Bracchetti de Campi fuit morum maturitate nec non et precipua honestate prepoIlens. Hic effectus est in ordine bonus carpentarius et índustrius in edificiis construendis. Unde contigit quod post diluvium quod inundavit Florentie anno Domini M°ccc°xxxiij° ad rehedificationem del Pont’a la Carraia, quod prefatum diluvium dissipavit, ipse factus est per comune totius illius operis principalis et unicus architector. Tandemque ipsum cum honore ordinis et suo laudabiliter consummavit, ita ut postmodum etiam in aliis operibus comunitatis continue et avide peteretur. Vixit autem in ordine annis xxijbus vel circa. Tandemque longa egritudine paulatim ad extrema deductus, obiit anno Domini M°cccxxxix° in die Assumptionis beate Marie virginis» (Cr SMN n° 284).

Fra Giovanni, converso, figlio del fu Bracchetto da Campi, maturo nei costumi, eminente per onestà di vita. In religione divenne qualificato carpentiere e abile costruttore edile. Devastato Ponte alla Carraia dall'alluvione di Firenze dell'anno 1333, il comune lo nominò architetto unico e principale alla sua riedificazione. Portò lodevolmente a termine il compito, con onore suo e del nostro ordine; cosicché in seguito fu insistentemente richiesto anche in altre fabbriche cittadine. Visse nell'ordine circa 22 anni. Lentamente consunto da lunga malattia, morì nell'anno del Signore 1339 il giorno dell'Assunzione della beata vergine Maria.

 Deceduto il 15 agosto 1339, i “circa 22 anni” di vita religiosa ci farebbero rimontare al 1317. Bisogna anticipare almeno d'un anno. Giovanni di Bracchetto era già frate in settembre 1316, dopo il debito periodo di noviziato. FI, capitolo SMN 24.IX.1316, testi «donno Francischino de Forlivio ordinis Camaldulensis florentini conventus, fratre Iohanne de Pilastris et fratre Iohanne Bracchetti converso de OP. Domnus Raynerius Florentinus <qui olim vocabatur Raynerius filius condam Iohannis Iacobini de Florentia>, monacus ordinis Camaldulensis et heremita heremi Sancti Mathie de Botto siti prope Forlivium», a nome di detto eremo riscuote da delegati del convento SMN fiorini d'oro 10 e soldi 42, «et etiam quendam librum de arte medicine qui dicitur Aliabas scriptum in cartis bombicinis» (ASF, NA 3142, ff. 39v-40r).

Articolata ricerca sull'alluvione 1333: G.J. Schenk, L'alluvione del 1333. Discorsi sopra un disastro naturale nella Firenze medievale, «Medioevo e Rinascimento» 21/18 (2007) 27-54; estratto inviatomi gentilmente dall'A., nov. 2008. Grazie. Era stato in Arch. SMN febbr. 2007.

5. Riconsiderando

Eliminata l’interpolazione Fedini circa anni di vita religiosa di Iacopo di Talento, e sua sotterranea persistente trasmissione, la testimonianza permette:

a) di riconsiderare l'intreccio tra attività edificatoria di Iacopo di Talento e quella di Giovanni di Bracchetto da Campi Bisenzio.

b) d'affrancarci dalla presunta precedenza cronologica del lavoro dovuto a Giovanni rispetto a quello dovuto a Iacopo. Il primo impara l’arte di carpentiere ed edilizia in convento  -  attesta formalmente la Cronica fratrum  -, a partire dal 1316. Iacopo era là, almeno da maggio 1316. Dove Iacopo apprendesse l'arte, la Cronica fratrum tace. La precedenza tuttora accordata a Giovanni dalla corrente letteratura non è che frutto dei rispettivi estremi cronologici finora noti.

c) di poter anticipare rispetto al 1332 o all'arrotondato 1330  -  quando positive testimonianze non vogliano altrimenti  -  la vasta attività edificatoria di Iacopo di Talento nel complesso edilizio di SMN («magna pars ecclesie, et capitulum et multa principalia opera in conventu»: Cr SMN n° 423).

d) di attivare una riflessione, pressoché inesistente nella storiografia novelliana, sul rapporto spazi/bisogni. Quale il rapporto tra popolazione conventuale, famiglia inclusa, e tempi di progettazione del complesso di SMN? tra espansione edilizia e demografia conventuale? Questa raggiunge il suo picco più alto (mai più recuperato in seguito) durante il primo quarto del Trecento. Decresce dagli anni '30, falcidiata dalle successive e ripetute mortalità; ma non sembra compromettere la progettata attività edilizia. Perché? Cf. Quel che la cronaca conventuale non dice. Santa Maria Novella 1280-1330, MD 18 (1987) 290-301, per le liste capitolari, ineludibile base documentaria per assicurare affidabilità ai numeri e suoi significati. 

6. Esempio dei chiostri

Un esempio, i chiostri. Tempi di succesione nella progettazione e almeno avvio edificatorio, articolando i molteplici elementi (orientale dormitorium, dormitorium novum iuxta ortum, occidentale dormitorium ecc.). Il «primo chiostro… realizzato a partire dal 1332 ca.», architetti in successione Giovanni da Campi e Iacopo di Talento (R. Lunardi, Arte e storia in Santa Maria Novella, Firenze 1983, 30). «Questo magnifico Chiostro [= chiostro grande], iniziato credo vivente ancora fr. Giovanni da Campi, dev’essere stato iniziato da lui, e certamente terminato da Fr. Iacopo Talenti» (Necrologio I, 400, voce “Giovanni degli Infangati”).

ASF, NA 3140, f. 140r (FI 5.IX.1304): «Anno ab eius incarnatione millesimo trecentesimo quarto, indictione secunda [in cima alla carta]. Die quinto mensis septembris. Actum in secundo claustro ecclesie SMN, presentibus testibus fratre Guarnerio de Vecchiettis et fratre Ubaldo Calderugi OP. Ser Raynerius Orlandi populi SMN et Puccius Manetti de Tornaquincis, tutores Margherite, Ciute et Lape, filiarum condam Tieri Zati», riscuotono utensili domestici ad esse restituiti tramite «donno Bartholomeo monacho monasterii Sancti Pauli de Ripa Arni de Pisis»; roga il notaio Uguccione di messer Ranieri di Bondone, a disposizione del convento per l'intero primo ventennio del Trecento. I frati: Guarnieri di Bernardo dei Vecchietti da Firenze (OP 1246, † 1310; Cr SMN n° 195); Ubaldo di Nardo dei Calderugi da Firenze (OP 1282, † 1315; Cr SMN n° 214). «secundum claustrum»: medesima denominazione impiegata nel 1348 dalla Cronica fratrum, notizia biografica di Giovanni degli Infangati: «Hic eam partem claustri secundi testudinatam que infirmarie decumbentium heret perfecit suis su<m>ptibus et expensis» (Cr SMN n° 330; OP 1308, † 1348). «Dardanus de Acciaiolis fecit fieri pro infirmis cappellam sancti Nicholai in claustro secundo, in qua ipse expendit M aureos et conventus etiam expendit in ea ultra ottingentos aur(eos)» (ASMN I.A.3, f. 15r, redazione 1365-71). Il "secondo chiostro" è dunque il cosiddetto chiostro grande; il primo è il chiostro capitolare, volgarmente "chiostro verde"; mentre le fonti antiche sono concordi nel denominare "cimitero dei frati" quel che modernamente passa per “chiostro/chiostrino dei morti”; e a lungo: «prior patribus proposuit utrum ostium quoddam quod a cemeterio fratrum in sacrarium hispanorum sacelli seu capituli fratrum ducit, absque eius ac patrum assensu factum, occludi deberet» (ASMN I.A.7, Liber consiliorum A, f. 30v: 9.VII.1592). Che cos’erano dunque primo e secondo chiostro in settembre 1304? Una data topica di negozio notarile non intende descrivere edifici. Ma primo e secondo chiostro erano già progettati e almeno avviati, al punto da giustificare corrente denominazione conventuale; quella accolta dal notaio nel protocollo quando verbalizza la transazione.

7. Mazzetto, Borghese e Albertino

Nuova cronologia. Che restituisce tempi e ruolo a frati artieri immediatamente precedenti, conversi anch'essi, pressoché sorvolati:

Mazzetto da Firenze (OP 1298, † Prato 11.X.1310), "architetto" impiegato da Cr SMN solo per lui. A quanto in Orlandi, “Necrologio” I, 261 (ma si elimini il riferimento ai frati Sisto e Ristoro, tardiva interpolazione sulle carte della Cr SMN ), aggiungi: ASF, NA 3140, ff. 104r-106r (29.IV.1303), vedi subito sotto; NA 3141, ff. 3v-4r (23.XI.1304), tra i procuratori eletti dai frati capitolari «(fratrem) Mazzettum» (cf. MD 18 (1987) 292-93).

«Frater Maççettus conversus, religiosus pariter et devotus, verecundus exstitit [sic] et pudicus, pauciloqus. Carpentarius fuit peritus et in ipsa arte industrius et architectus. Devitans otium et operosus ubique, et fratribus omnibus gratiosus. Obiit Prati operi ecclesie fratrum nostrorum presidens et insistens, anno Domini M°ccc°x°, v° idus ottobris. Vixit in ordine annis xij vel circa» (Cr SMN 197).

Fra Mazzetto converso, religioso e devoto, riservato e pudìco, taciturno. Esperto carpentiere, e nel suo mestiere abile costruttore. Evitava l’ozio, dappertutto operoso, gentile verso tutti i frati. Morì in Prato, quando lì soprintendeva con tenacia alla costruzione della chiesa dei nostri frati, nell’anno del Signore 1310, 11 d’ottobre; dopo circa 12 anni di vita religiosa.

Borghese di maestro Ugolino dei Broccoli da Firenze, popolo San Felice in Piazza (OP 1273, 20.II.1313/4), carpentiere nella tradizione di famiglia. A quanto in Orlandi, “Necrologio” I, 266, aggiungi: NA 3140, ff. 104r-106r (29.IV.1303) testamento di «Verius filius condam Ugolini populi Sancti Felicis in Piacça» in casa di Corso di Romeo sita nel medesimo popolo. Dispone sepoltura in SMN, nomina esecutore testamentario suo fratello fra Borghese OP, che dovrà tra l'altro procurargli l'assoluzione dai voti inadempiuti d'andare «ad mansionem seu ecclesiam Sancti Iacobi de Galitia et ad ecclesiam Sancti Petri de Urbe et ad montem Sancti Michaelis et ad ecclesiam Sancti Francisci de Assisio». Tra i testi «fratribus Iohanne de Ultra Arnum et Maççetto Florentino et Fatio Pisano OP»; fra Fazio è «conversus, magister sculpture», attesta la Cronica pisana (n° 160). Formale attestazione del cognome Broccoli (ignoto a Cr SMN 210) in NA 3140, f. 123r (9.XI.1303): «In capitulo ecclesie SMN …, testibus fratribus Iohanne de Bosticis, Petro de Urbeveteri et Borghese Ugolini de Broccolis OP», atto di quietanza a favore di fra Giovanni del fu Falco d’Oltrarno OP.

«Frater Burgensis conversus, filius olim magistri Hugolini carpentarii de populo Sancti Felicis, et ipse carpentarius, utilis et sedulus circa opera [correggi operam di ed.] tam ecclesie tam conventus. Otium devitavit, in nullo corpori suo parcens. Fuit solide vite et bone religionis, secutus antiquorum fratrum vestigia. Vixit in ordine annis xl et vij mensibus. Obiit anno Domini M°cccxiij°, xx die februarii» (Cr SMN 210).

Senza dimenticare l'altro converso Albertino detto Mazzante, figlio di Cambio, del popolo Orsanmichele. In religione dal 1267, muore nel 1319 anno fiorentino. Anello di congiunzione tra i due precedenti e i successivi Giovanni di Bracchetto e Iacopo di Talento. «Frater Albertinus dictus Maççante filius Cambii populi Sancti Michaelis in Orto, carpentarius, et in edificiis et oficinis fratrum construendis perutilis et subtilis. Obiit anno Domini M°ccc°x°ix° et vixit in ordine circa quinquaginta et tres annos» (Cr SMN n° 219). L'ed. Orlandi, “Necrologio” I, 35, omette l'importante fratrum dopo edificiis et oficinis.

Si lasci definitivamente cadere invece il nome di “fra Sisto e fra Ristoro architetti massimi e costruttori della chiesa”, insospettatamente pertinace nella letteratura compilatoria, anche corrente, anche di professionisti di storia dell'arte; pasticciata interpolazione nelle carte di Cronica fratrum f. 7r marg. inf., dovuta a Raffaele di Francesco da Monte Morello OP († 24.IX.1550 72enne, Cr SMN  n° 868).

8. campanile di SMN

Remigio del Chiaro dei Girolami da Firenze (OP 1267-68 ca., † 1319), Questione Utrum caritati vie possit prefigi aliquis terminus vel potìus augumentari in infinitum (BNF, Conv. soppr. G 3.465, ff. 60va-62vb).

Nel corpo della questione: «Et dicendum quod Dominus [in riferimento a Io. 15, 13 “Maiorem caritatem nemo habet...”] loquitur in genere vel in specie non in singulari, in quantum scilicet dicimus quod magna caritas idest magnum signum caritatis est dare sua, sed maior dare suos sed maxima dare se ipsum. Sed tamen hec ipsum [sic] potest habere singulares gradus infinitos in potentia secundum modum qui dictus est. Quemadmodum habet bonos oculos vel bonum visum qui a remotis videt civorium campanilis nostri, sed meliorem qui videt pomum, sed optimum qui videt etiam crucem; tamen contingit crucem unum melius et limpidius alio videre. Sicut et dicimus quod homo vel angelus est excellentissima creatura, que tamen in singularibus diversitatem excellentie habet» (62rb). Il testo è anteriore alla trascrizione di cod. G3 (anni 1315-16).

la palla (pomum) sulla cuspide del campanile di SMN la si ritrova nell’Inventarium de libris nostris delll'anno 13??: brandello di glossa libraria erasa a fondo (in febbr. 1998 ho ricontrollato il codice con lampada Wood, senza molto frutto oltre quanto in Pomaro I, 418), da chiudere entro il primo ventennio del ’300: «enim feci deaurari pomum cum cruce quod est in campanili». Cf. Note di biografia domenicana tra XIII e XIV secolo, AFP 54 (1984) 243-45.

9. Monastero Santa Caterina d'Alessandria (suburbio del Vetriciaio, presso l'antico corso del Mugnone, popolo Santa Lucia d’Ognissanti), SMN, i frati Giovanni da Campi e Iacopo da Nipozzano

Arch. Capitolo del Duomo di Firenze (= ACDF), Pergam. 1020 (1303 G) cassa 25: FI 28.iv.1304, Niccolò da Prato OP, vescovo ostiense e legato papale, alla badessa e monache «monasterii Sancte Karharine in Vetriciario prope Florentiam ordinis sancti Augustini». Concede indulgenza di 100 giorni ai visitatori della chiesa del monastero Santa Caterina.

ACDF, Pergam. 1039 (1321 L), cassa 19: FI 3.VII.1321, frater Herveus fratrum OP magister licet indignus concede alla badessa e monache del monastero Santa Caterina di Firenze la partecipazione ai beni spirituali dell'ordine (= littera fraternitatis ). «In cuius concessionis testimonium sigillum nostrum duxi presentibus apponendum. Datum Florentie anno Domini M°ccc°xxj° die iij° mensis iulii». Diploma originale, manca sigillo. Capitolo generale OP 1321 tenuto in FI.

ACDF, Pergam. 610 (1328 B), cassa 20: FI, monastero Santa Caterina 21.III.1328/9 «presentibus testibus ad hec vocatis religiosis et honestis viris fratribus Iohanne de Petrorio et Masino Veronese de conventu fratrum Predicatorum SMN de Florentia et etiam presente Gerio Federighi de populo Sancte Lucie Omnium Sanctorum familiar(i) hospitalis de Scalis». Donna Tancia, vedova di Naddo di messer Gherardino dei Cerchi, ottenuto mondualdo, vende a donna Agnese badessa del monastero Santa Caterina tre parti di terreno sito in San Piero a Monticelli al prezzo di 400 fiorini d'oro.

I due frati di SMN, entrambi sacerdoti: Giovanni da Petroio (OP 1293, † 1342; Cr SMN n° 303); Tommaso (Masino) di ser Assai da Verona (OP 1283, † 1340; Cr SMN n° 285).
Frequenti i rapporti tra SMN e monastero Santa Caterina
d'Alessandria; questo tuttavia - si noti - in questi anni non è "domenicano" né sub cura ordinis (lo erano i soli due monasteri San Domenico a Cafaggio e San Iacopo a Ripoli). Da non confondere con i monasteri Santa Caterina in San Gaggio né col più tardivo Santa Caterina da Siena (1496).

ACDF, Pergam. 800 (1338): FI 15.X.1338. Quando le monache del monastero Santa Caterina programmano trasferimento dal suburbio del Vetriciaio, proprietà dei Girolami (cf. Pergam. 189 (1299 D), cassa 22) nel popolo Santa Lucia d’Ognissanti, al più centrale Cafaggio di Via delle Ruote, procedono a dare a livello terreni e casolare del Vetriciaio, a farvi costruire un edificio da eseguire «per duos magistros lapidum et lignaminum eligendos per dictas partes» ossia monastero e livellario; arbitro, in caso di lite, il priore dei frati di SMN. «Actum Florentie testibus fratre Iohanne Brachetti de Campi et fratre Iacobo Talenti de conventu fratrum SMN atque Piero Schiatta qui morabatur in populo Sancte Lucie Omnium Sanctorum».

In febbr. 1998 ho a lungo ricercato in ACDF l'originale Pergam. 800 (1338), cassa 11 (così registrato dagli inventari Strozzi e Paur, che assicurano insospettabilità diplomatica del negozio notarile). Introvabile, neppure con l'aiuto dell'archivista mons. A. Casini. Cartolario vol. III (1300-1464) di ACDF (serie di volumi senza segnatura, copia settecentesca dei diplomi) manca delle carte che contenevano trascrizioni degli anni 1320-1342.

Pergam. 800 (1338) ed altre ancora le aveva utilizzate anni prima E. Lombardi, S. Caterina di Cafaggio… di Barbano, Roma (Edizioni Missionari del S. Cuore) 1979, 29 («Il procuratore del Monastero… affitta…  un terreno con casolare delle Monache della misura di braccia 9 x 50, posto al Vetriciaio, con lo scopo di costruire a regola d'arte una casa per abitazione civile di persona onesta, e con la espressa esclusione di finalità ospedaliere o di culto. La costruzione deve essere fatta da due maestri da scegliersi d'accordo tra le parti e, mancando l'accordo, ad arbitrio del Priore di S. Maria Novella. L'edificio non deve passare il valore di 100 fiorini d'oro e deve tornare alle Monache al termine del contratto. Testimoni sono fra' Giovanni Brachetti da Campi e fra' Iacopo Talenti del Convento di SMN, e Pietro Schiatta del popolo di S. Lucia d'Ognissanti»), 32 n. 1.

31/03/98. dietro mia richiesta p. Enrico Lombardi (FI, Via Enrico Poggi 6, angolo Via Santa Caterina d'Alessandria, in sacrestia della nuova chiesa) mi rilascia copia dattiloscritta di trascrizione latina di Pergam. 800 (1338), incompleta, segnata da punti interrogativi, tratta dai suoi quaderni (mi dice) e a suo tempo dalla pergamena originale (mi dice).

I frati Giovanni di Bracchetto (morrà in agosto dell'anno seguente) e Iacopo di Talento compaiono solo come testi nella transazione 15.X.1338. Sono tuttavia i due mastri scalpellini e carpentieri operanti in SMN. Difficile non vedervi i due mastri che hanno in mente le parti contraenti quando daranno il via ai lavori, o comunque i qualificati consulenti. Perché altrimenti nominare arbitro, in caso di disaccordo, il priore pro tempore di SMN?

Emilio Panella OP, luglio 2003

Aggiornamento bibliografico

Elizabeth B. Smith, Santa Maria Novella and the Problem on Historicism/Modernism/Eclecticism in Italian Gothic Architecture, AA. Il mondo degli antichi, Parma 2006, pp. 11-20.