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dissoluzione del dialogo | a proposito | Nostra aetate | troppo religioso

A proposito di
"Un’interpretazione cristiana dell’Islam?",

«Vita sociale» 31 (1974) 437-46.

 

INTERVENTI DEI LETTORI

i

lettera di Basetti-Sani, Providence 10 agosto 1974

ii

BASETTI-SANI: OSSERVAZIONI circa «L'interpretazione cristiana del corano»,
Providence, 24 febbr. 1974

 iii

Commento di E.P.

 

Conclusione ë  
 

Giulio Basetti-Sani OFM, n. Firenze 1912, † Fiesole 2001

I) «Vita sociale» 31 (1974) 437.

Molto Rev.do Padre Panella

ho ricevuto gli estratti da «Vita Sociale» spediti da Pistoia, e la ringrazio per avermi dato modo di conoscere un po' le reazioni alle mie posizioni.

Sono completamente tagliato da qualsiasi contatto, non soltanto col «Mondo Musulmano» ma anche con la produzione scientifica di studi islamici.

Ho letto la sua critica, che riafferma quella di cari amici: P. Anawati, De Berceuil [= Beaurecueil], Jomier, Caspar e Gelot, etc.

Per quanto alle reazioni di qualche amico musulmano devo dire che sono state «simpatetiche». Un amico che è professore qua negli USA, ed aveva letta la mia traduzione inglese, renendomi il dattiloscritto mi disse: La prima parte rivela uno spirito che non si riscontra in molti sacerdoti cattolici, di simpatia etc. La terza parte se fosse vera dovrei chiedervi: Ora devo diventare «Cristiano»...

Il Prof. Muhammad Ali, direttore del Centro di Edizioni Islamiche di Roma, mi ringraziava e mi chiedeva se poteva tradurre in arabo alcune pagine, e diceva che quello era un libro da mettersi nelle mani dei cristiani e dei musulmani che realmente vogliono il dialogo...

Il mio amico Prof. Suat Sinanoglu dell'Università di Ankara mi scriveva pure la sua sorpresa dello spirito e delle interpretazioni del Corano.

La prima preoccupazione che sempre ho trovato nei musulmani è quella di sapere se riconosciamo o No l'autenticità di Muhammad come Profeta mandato da Dio; e se riconosciamo come loro che il Corano è «Sì» o «No» di origine divina. Le risposte sino ad oggi sono state negative. Sino ad oggi i cristiani non hanno mai riconosciuto il Corano come Libro di origine divina. Io parto dall'accettazione del dato musulmano che rispetto ed assumo (ipoteticamente) come vero. E' come libro rivelato che sino ad oggi i cristiani «rigettano in blocco il Corano».

Un anno di studi rabbinici al Dropsie University di Philadelphia mi ha sempre più convinto dell'analogia di situazione che vi è con il Giudaismo di oggi, e storico, sviluppato si dopo Gesù Cristo. Gli ebrei rifiutano di riconoscersi nel «Mistero d'Israele della Lettera ai Romani» e la coscienza che essi hanno di sé stessi non permette loro di accettare la coscienza della Chiesa di «essere il vero Israele».

In ogni modo forse tornando in Italia avremo modo di conoscerci ed incontrarci, e continuare il Dialogo. Quì le unisco delle note preparate in risposta alle critiche di un sacerdote di Pavia. Non erano per la pubblicazione; ma se lei crede potrà chiedere a «Vita Sociale» di pubblicarle, insieme a questa mia fraterna risposta.

In unione di preghiere
suo summo in Corde Jesu Regis
f. GIULlO BASETTI-SANI o.f.m.
Providence, 10 agosto 1974

II) «Vita sociale» 31 (1974) 438-43.

BASETTI-SANI: OSSERVAZIONI circa «L'interpretazione cristiana del corano», Providence, 24 febbr. 1974.

III) «Vita sociale» 31 (1974) 444-46.

L'intervento di P. BASETTI-SANI ofm è in relazione con quanto scritto da me in «Vita Sociale» 31 (1974) pp. 236-59: Un'interpretazione cristiana dell'islam ovvero la dissoluzione del dialogo. A questo articolo si rinvia il lettore.

Le «Osservazioni...» di Basetti-Sani che qui pubblichiamo sono state composte prima dell'articolo suddetto e, ovviamente, con diversa prospettiva. Esse non rispondono pertanto - così almeno mi sembra - alla specifica angolatura da cui prendon le mosse le mie critiche. Le quali peraltro sono collocate su un terreno opposto (da una sinistra teologica...?) a quelle dei «cari amici: Anawati, De Beaurecueil, Jomier, Caspar, Gelot etc... ». Resterebbero senza risposta se fossero con queste omologate.

In ogni modo il testo inviatoci dall'A. conferma i dubbi di fondo e, direi, mette allo scoperto la trama d'avvio.

1. Bisogna «sapere se riconosciamo Sì o No l'autenticità dt Muhammad come Profeta mandato da Dio; e se riconosciamo come loro (i musulmani) che il Corano è Sì o No di origine divina» (v. sopra Lettera).

A Basetti-Sani piace, evidentemente, l'argomentazione ineluttabilmente bicornuta, l'epica in bianco e nero. Ci sembra invece, se s'ha da smettere il gioco a nascondino, che Basetti-Sani deve dirci:

a) quale sia la sua nozione di «rivelazione» e di «missione profetica» (risâla, profetismo, apostolato? = «essere di origine divina»);
b) se la sua nozione d'ispirazione coincida con quella della teologia classica islamica (nazala: «rivelazione = discesa», dettatura), o con quella della teologia classica cattolica (per es. nell'interpretazione tomistica o secondo le encicliche Spiritus Paraclitus (1920) e Divino afflante Spiritu (1943)), o con nessuna delle due;
c) se una nozione d'ispirazione e di rivelazione, quale che sia, coincida con o esaurisca l'ancor più vaga formula «essere di origine divina» oppure se una presenza salvifica di Dio nell'agire dell'uomo si esplichi in forme e modi soteriologicamente multiformi e graduali, in occasioni storiche analogicamente molteplici e differenziate - ed eventualmente anche in realtà umane tradizionalmente non incluse nella categoria del «religioso».

2. Se B.-S. accetta l'ispirazione o l'origine divina del Corano secondo la nozione di nazala (discesa-dettatura dell'arcangelo Gabriele a Muhammad), perché non accetta l'esegesi che ne fanno i musulmani? Una nozione di ispirazione genera e determina un tipo d'esegesi. La nazala esclude, ad esempio, ogni partecipazione strumentale del profeta o agiografo alla composizione del libro sacro. Argomentare esegeticamente in qualsiasi modo da fonti extra coraniche (fosse pure dalla Bibbia) contravviene alla nozione islamica di ispirazione e suscita la repulsa - l'A. lo sa bene - di qualsiasivoglia musulmano. Questi è disposto metodologicamente a fare il passaggio inverso: dal Corano alla Bibbia, e ad interpretare questa alla luce di quello, perché la nozione islamica di rivelazione impone che il Corano sia ritenuto parola divina finale e discriminante d'ogni altra rivelazione precedente; rende anzi superfluo il testo cristiano della Bibbia perché gli autentici contenuti rivelati dalla Bibbia sono stati accolti e preservati nel Corano.

3. Su quale base l'esegesi coranica del sufismo (mistica musulmana) e quella dello shî'ismo dovrebbe aver la precedenza e marcare la pista all'esegesi sunnita, o a quella classica dei tafsîr? Oppure B.-S. ha in animo di proporre: alle diverse teologie islamiche e alle varie sette musulmane una supernozione di rivelazione, e quindi d'esegesi, su cui e sunniti e shî'iti e sufi si stringano la mano?

4. Se B.-S. intende la nozione cattolica di rivelazione (poniamo nella versione tomistica di prophetia o come nell'incicliche succitate), come può volare diritto alla conclusione di «accettare» la profezia di Muhammad e l'ispirazione del Corano, quando il musulmano - almeno per ora - rifiuta di ammettere ogni mediazione strumentale dell'agiografo, con quanto ne segue: influsso dello stile, linguaggio, psicologia dell'autore umano, dell'ambiente culturale, delle fonti umane ed extra-coraniche... (di cui ha irrinunciabilmente bisogno 1'«interpretazione cristiana del Corano» alla Basetti-Sani)? come può correttamente affermare di «riconoscere» la missione profetica di Muhammad (che nella fede islamica si pone come discriminante e finale delle missioni profetiche) quando l'A. intende mantenere la centralità del Cristo nella storia della salvezza («Cristo re della storia»)?

La precipitazione verso un'indistinta somma totale brucia anzitempo le unità degli addendi. B.-S. o bara col musulmano quando gli confessa di credere all'ispirazione del Corano e gli tace d'intendere la dottrina cattolica, o ha da sottoporre il problema dell'ispirazione alla regola del dialogo. Non può, in alcun caso, né scavalcarlo, né ignorarlo, né presumerlo risolto per «... ipotetico» assenso (cfr. paragr. seguente).

5. B.-S. a) ammette l'ispirazione divina del Corano come l'intende il musulmano (cfr. sopra «Osservazioni »), o b) la suppone («ipoteticamente» « se... »: cfr. Lettera e Osservaz.) vera?

Se a)  -  e per di più secondo la nozione islamica di rivelazione-nazala  ­ allora il musulmano avrà tutto il diritto di porger la mano a B.-S. come fratello nella fede (e il dialogo la cederebbe, con buona grazia di tutti, alla collatio); se b), allora la restrizione mentale in fatto di «ispirazione» spingerebbe l'A. ad un'imperdonabile scorrettezza nei riguardi del musulmano dialogante; o comunque che senso avrebbe per questi il fatto che il cristiano ammetta solo «ipoteticamente» l'ispirazione del Corano?

6. Se il Corano è accettato inizialmente come ispirato non c'è alcun motivo  -  né possibilità, perché questione d'indimostrabile asserto di fede  -  di procedere «a comprovare», «a controllare»... O si pretende di «comprovare» e «controllare» stabilendo le «concordanze imbarazzanti» tra Corano e rivelazione cristiana? (sopra «Osservaz.»)? A partire dalla Bibbia o dal Corano? dall'esegesi islamica del Corano o dall'esegesi cristiana del Corano?
E perché non dall'esegesi coranica della Bibbia?

Conclusione.

Basetti-Sani ha il gusto del gioco alle cassette cinesi e a giocarlo vi trae onestissimo godimento. I pezzi da gioco se li è fatti con trapezi netti negli spigoli e monolitici nella composizione. Sopra vi ha scritto dove Rivelazione, dove Storia della salvezza, dove Origine divina, dove Corano, dove Bibbia, dove Cristianesimo, dove Islam... Nel fervore del gioco i trapezi giostrano, si accavallano, si sostituiscono, s'incastrano, si disconnettono come tra le mani d'un giocoliere.

E i «germi del Verbo» di cui il Vaticano II? La cucina del pasticcio è proprio qui. La dottrina dei «germi del Verbo» invece di segnare il riconoscimento della grazia salvifica nella storia e geografia di tutti gli uomini e nei valori specifici degli «altri» (così come sono in loro, se ci sono, senza «interpretazione» di sorta), è ritorta in un integrismo teologico dalle universali amplitudini: tutto quanto l'azione salvifica di Dio ha compiuto nella storia di tutti gli uomini è solo un riflesso di quanto ha compiuto nella mia storia; quanto di «vero e di buono» si trova negli altri è implicitamente ma specificamente mio; ne sono in radice il legittimo proprietario (benché non ancora riconosciuto) e l'interprete autentico a partire dal mio sistema storico-religioso. Il mio oblò, sia esso del cristianesimo che dell'islam storici, stabilisce la planimetria salvifica della storia.

Potrà esser l'occasione, per il credente, di contemplare con compiacimento le profonde ricchezze della propria fede (il caso delle «tipologie cristologiche» è esemplare di un'esegesi di fede); ma non è - si converrà - una postazione che faccia al caso d'un discorso apologetico e tanto meno d'una proposta di dialogo. Si potrebbe esser magnanimi al punto di gettare uno sguardo al cielo dall'oblò altrui, e finanche di presumere che i due oblò, il mio e l'altrui, puntino sul medesimo pezzo di cielo. Ma finché sarò prigioniero d'una postazione da oblò non sarà saggio ardire tracciare le latitudini e le longitudini del firmamento tutt'intero. Il musulmano interlocutore potrebb'osare a sua volta la medesima impresa e, presumibilmente, concludere con opposta partizione del globo.

La dottrina dei «germi del Verbo» non è stata presa seriamente dai teologi? B.-S. ignora (almeno non ne fa uso nei suoi scritti e nelle sue proposte teologiche) la letteratura della teologia delle religioni come si è venuta sviluppando da Kraemer a Tillich, da Schlette a Thils, da Kiing a Newbigin... (cfr. indicazioni bbliogr. in La missione oggi, «Vita Sociale», Terzo Mondo e Vangelo 4-5 (1973) pp. 99-106 (447-54) . E così tenta un'interpretazione teologica del valore salvifico dell'islam (un'operazione di teologia post-conciliare) con teologumeni (rivelazione, salvezza, ispirazione, profezia ecc.) mutuati pari pari da un terreno gnoseologico a composizione apologetico-confessionale; o comunque non ripensati nelle dimensioni d'una Chiesa in stato di missione, e cioè protesa «fuori di sé», così come nella Dei Verbum, Lumen Gentium, Nostra Aetate...

I superiori, caro P. Basetti-Sani, l'hanno «dissuaso» dal proseguire i suoi studi? Certo, ciascuno fa uso dei propri mezzi per dissuadere. In questo sappia - se le fa piacere - che son dalla sua. Alla fin fine le sue teorie non meritavano tanta inclemenza. Ma se le si permetterà di riprender gli studi - glielo auguro di tutto cuore - non rimetta mano, caro Padre, al commento del Corano, né alle tipologie cristologiche nelle religioni d'altri, né alle «concordanze imbarazzanti» tra Corano e rivelazione cristiana, né alle «relazioni trans-istoriche» tra Muhammad e san Francesco. Sarebbe più fruttuoso, per lei e per noi, intraprendere un'altra ricerca: quali siano i contenuti "attuali" che una teologia cristiana deve dare a nozioni "formali" (potenzialmente onnicomprensive) quali rivelazione, ispirazione, origine divina, attività di Dio nella storia, salvezza, grazia, conversione... nell'atto in cui la Chiesa annuncia oggi un messaggio di salvezza che rivendichi la dimensione storicamente e antropologicamente universale.

Pistoia, settembre 1974

EMILIO PANELLA o. p.

finis

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