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dissoluzione del dialogo | a proposito | Nostra aetate | troppo religioso

 Un’interpretazione cristiana dell’Islam
ovvero la dissoluzione del dialogo
,

«Vita sociale» 31 (1974) 236-59.

 

Il «caso Basetti-Sani» nel dialogo islamo-cristiano

i

Un’interpretazione dell’islâm alla luce del Cristo | conclusioni

ii

L’“interpretazione cristiana” dell’islâm è la dissoluzione del dialogo islamo-cristiano

 1 discendenza da Abramo

4

dissoluzione del dialogo

2

falso ermeneutico   conclusione

3

Storia e trans-storia

 

Appendice: letture di base | ë
 

Giulio Basetti-Sani OFM, n. Firenze 1912, † Fiesole 2001

Archivio SMN I.C.102 B 74r Locutus est Dominus (resp. dom. Quinquag., la fede d'Abramo). Racconto per immagini della historia salutis dall'alto in basso lungo il tracciato verticale della L, muovi a destra nella base, e richiudi verso l'alto a sinistra.Introduzione: Il «caso Basetti-Sani» nel dialogo islamo-cristiano.

Non mi era mai occorso, durante gli anni di studi islamici, d'imbattermi nel nome di Basetti-Sani. Più tardi un amico m'inviò a Lahore (Pakistan) il libro Per un dialogo cristiano musulmano. Mohammed Damietta e La Verna, autore Giulio BASETTl-SANI o.f.m.

Una situazione di vita può secondare la "comprensione". Ma può causare altresì "distrazioni". La quotidiana frequenza con amici musulmani mi aveva reso consueto l'islàm così come questo si presenta nella sua realtà di fatto o come, nei conflitti delle occasioni storiche, vuole diventare. L'islàm, diciamo così, dei musulmani - coi loro conflitti e le loro aspirazioni, con la memoria d'un passato glorioso e la frustrazione d'un presente umiliante, con la voglia di riasserire la propria identità sociale e religiosa e l'angustia di rendersi credibili - a se medesimi e agli altri - nella congiuntura storica della post-colonizzazione. Questa gettava immense popolazioni musulmane (dal Marocco all'Indonesia), nel breve scorcio di tempo tra le due guerre mondiali, in un mondo per loro inopinatamente post-medievale. Il musulmano si dibatte oggi entro, le strettoie di questa violenza sociale e culturale. Il valore religioso ed il mes­saggio dell'islàm trova qui - pensavo - il suo unico banco di prova, e la capacità nel contempo di dialogare col mondo moderno, con altre culture, con altre tradizioni religiose. E condividevo, con gli amici pakistani, drammi e speranze. E questo nel rispetto della loro identità.

Il libro di Basetti-Sani non riuscì a scavalcare i confini della mia "distrazione". Ma non bisogna fargliene addebito. Nel fitto d'un temporale chi udrebbe la voce del pronostico più rincorante?

In Italia invece P. Basetti-Sani sta rendendo - a suo modo - un utile servizio. La teologia del nostro paese, nel gran dimenarsi del dopo-concilio, ha scoperto l'interesse per le culture e religioni non-cristiane, ed in particolare per l'islàm. E il P. Basetti-Sani è pressoché l'unico impegnato, in Italia, a scriver di dialogo islamo-cristiano. Ci sono invero pochi altri nomi: M. VOERZIO (L'Islam e il Cristianesimo, ed. Mame 1962), DALLA LIBERA (Dialogo con l'Islam, ed. OMI 1971). Si tratta di tentativi benevoli nelle intenzioni, ma frettolosi ed inclini al concordismo. Dalla Libera sfiora addirittura l'involontaria ironia d'intrattenere il dialogo islam-cristianesimo sull'effusioni del turista di ritorno dal suo primo viaggio in oriente. C. GASBARRI (Cattolicesimo e Islam oggi, Città Nuova ed. 1972) ha realizzato un'inchiesta giornalistica su quanto si scrive e si dice oggi sull'islàm da parte dei cattolici. Del medesimo A. va anche ricordato La via di Allah, Milano 1942-XX, parte V: Islam e Cristianesimo, pp. 289-319; Cristianesimo e Islam. Lineamenti per una storia dei rapporti ideologico-umani fra i due mondi, Milano («Bibbia e Oriente») 1962. F. PEIRONE, Cristo nell'Islam, Torino 1964; Islam e Vangelo in «Clero e Missioni» 46 (1965) 535-546.

P. Basetti-Sani può vantare altro curriculum e altra dedizione. Professore di teologia al seminario francescano di Ghiza (Egitto) ebbe i primi contatti con l'islàm nel 1939. Fin da quei tempi B.-S. aveva una "sua" visione del1'islàm - sebbene non la medesima di oggi. Eccone qualche squarcio dalla ricostruzione che ne fa lo stesso A.:

«Ma io mi chiedo: un uomo, sia pure sull'inizio in buona fede, soggettivamente e intimamente convinta di avere una missione divina, con grande sforzo d'ingegno e di astuzia, ma al tempo stesso con ristretta formazione culturale, può riuscire a coniare un'opera ed un movimento così terribile e che tanto doveva influire sul corso della storia dell'umanità?

No! (...) Muhammad, quale personalità attiva ed influente nella storia, l'opera sua, l'islam, quale fatto storico e contenuto dottrinale, non possono avere cause unicamente umane e naturali...» (B.-S., Il Corano nella luce di Cristo, ed. EMI, p. 17 in nota; e altre cose, qui, che mi astengo dal riportare, ma se le legga il lettore!).

L'incontro col grande islamologo francese L. Massignon (1883-1962) segnò 1'«ora di grazia» (ib., p. 22) per P. B.-S. Questi si prefisse «di comunicare agli altri, in nome di san Francesco, questo amore di carità che il Signore aveva acceso nel mio [di B.-S.] cuore» (ib., p. 25). L'amore gli aveva dato «nuovi occhi» con i quali rivedere il corano, Muhammad e l'islàm (ib.). B.-S. racconta con amabile effusione personale (e non senza interiezioni) il capovolgimento della sua valutazione teologica dell'islàm, fino ad approdare alla «nuova visione» (p. 24) centrata nell'islàm «mistero abrahamitico: realizzazione della benedizione per Ismaele» (p. 31). La missione cristiana presso l'islàm è stata un insuccesso perché l'ulteriore sviluppo storico e dottrinale dell'islàm «non ha trovato chi lo comprendesse e lo aiutasse a continuare questa marcia, sulla retta strada la quale avrebbe dovuto condurre alla casa del Padre, l'islam, rimasto sino ad oggi catecumenato dei figli di Abramo della discendenza d'Ismaele» (p. 38).

La passione personale in cui B.-S. ha maturato la "sua nuova visione dell'islàm" non doveva restare infruttuosa. «Più urgente si faceva in me... la necessità di cominciare a riscoprire la vocazione speciale che l'ordine francescano ha avuto provvidenzialmente per 1'apostolato nel mondo musulmano, proprio per il posto speciale che san Francesco ha avuto nella chiesa per compensare con la sofferenza e la preghiera quello che ancora manca all'islam, mediante la stimmatizzazione sulla Verna» (p. 40).

E P. B.-S. non è restato né insensibile né inoperoso. Sulla scia di talune intuizioni-ipotesi di L. Massignon (cf. Les trois prières d'Abraham. Seconde prière, in «Dieu Vivant» 13 (1949) 15-28; Le Signe marial in «Rythmes du Monde» 3 (1948) 7-16; Opera Minora, Beyrouth 1963) e delle esplicitazioni di Y. Moubarac (Abraham dans le Coran, Paris 1958; L'Islam et le dialogue islamo­chrétien, Beyrouth 1972-73), i suoi scritti sono apparsi in pubblicazioni tanto numerose quanto ripetitive. Eccone una succinta recensione bibliografica.

B.-S., Muhammad et Saint François, Ottawa 1954: raccoglie conferenze dell'A. e costituisce il primo abbozzo delle idee di B.-S. Queste furono riprese nell'art. Mohammed et Saint François, pour compréhension plus chrétienne des nos frères musulmans, in «Nouv. Rev. de Sc. miss.» 10 (1954) 180-193; in ingl. apparve in «Muslim World» 46 (1956) 345-53, «World Dominion» Oct. 1957, pp. 239-46, in ital. in «Concilium» 7 (1968) 23-40. Il tutto fu ripreso e sviluppato nel libro Per un dialogo cristiano musulmano. Mohammed Damietta e La Verna, Milano (Vita e Pensiero) 1969, pp. 464 (= Dial.). L'esposizione sistematica dell'interpretazione del corano è consegnata nel libro Il Corano nella luce di Cristo. Saggio per una reinterpretazione cristiana del libro sacro dell’Islam, ed. EMI (s.d.; pref. 4 ago 1972).
Contemporaneamente il pensiero di B.-S. otteneva ampia circolazione nella letteratura teologica italiana attraverso le riviste:

- «La Scuola Cattolica» 4 (1966) 267-89: Per un dialogo tra cristiani e musulmani.

- «Renovatio» IV-3 (1969) 440-53: Gesù nel Corano; 2 (1972) 217-38: Hosayn lbn Mansour al-Hallaj, martire mistico dell'Islam; l (1973) 42-72: Francesco d'Assisi e l'Islam; 4 (1973) 606-24: Su alcune interpretazioni cattoliche di Muhammad.

- «Studi Francescani» 3-4 (1971) 417-41: I Religiosi e il dialogo con l'lslam; 3-4 (1972) p. 377: molti musulmani sono ancora vittime di pregiudizi nei riguardi della dottrina cristiana perché «vista nella forma mentis musulmana determinata al riguardo dalla falsa comprensione dei testi coranici».

-  «Vita sociale» 29 (1971) 384-86: Per un dialogo tra cristiani e musulmani; recensione a firma di Samuele Olivieri OFM.

- Altri articoli in «Vita Minorum»,  «Mondo e Missione», «Missioni Francescane»...

Negli scritti di P. B.-S. ricorrono, frequentemente e parallelamente, due particolarità, una linguistica l'altra polemica.

Quella linguistica. L'A. introduce o conclude il suo pensiero in inseparabile compagnia col possessivo di prima persona: «1a visione dell'islam... la mia lettura, la mia interpretazione del corano...» eccetera.

Quella polemica. L'A. si rammarica più volte del fatto che la «sua» visione, la «sua» interpretazione eccetera non sono accolte né dagli orientalisti di chiara fama né dagli islamologi cristiani. Anzi - riconosce l'A. - neppure i musulmani son disposti ad accettarla. La nuova interpretazione dell'islàm, infatti, si distacca dalla tradizione musulmana e dall'esegesi coranica fatta dagli stessi musulmani (Reint. 112); è tale da cogliere profondità «che sino ad oggi i musulmani non sono riusciti a scoprire» (113); il nuovo metodo, anzi, permette ai cristiani «di comprendere più profondamente e nel suo vero senso e nel pieno significato [il messaggio coranico], più di quello che non l'abbiano compreso i musulmani» (p. 118).

Ha ragione B.-S. quando confessa che nessun musulmano riconoscerebbe o accetterebbe mai l'islàm e il corano come «visti ed interpretati» dall'A. Eppure come non sentire una punta d'amicale solidarietà con B.-S. emarginato cosi com'è e dagli orientalisti e dagli islamologi cristiani e dagli stessi musulmani? E questo dopo «trent'anni di sofferenze e di studio, di preghiera e di meditazione per scoprire... quelle misteriose e provvidenziali relazioni tra Mohammed e san Francesco» (Dial. p. 460). E non c'è persino qualche confratello francescano che rimprovera al buon Padre B.-S. di profanare la figura di S. Francesco con accostamenti «trans-storici» a Maometto? che definisce ancora «misticoide» l'interpretazione della storia della salvezza tentata da B.-S.? (Dial. pp. 432-33).

Bisogna anzitutto rassicurare B.-S. Tra gli islamologi di professione la «lettura cristiana» del corano è più ignorata che osteggiata. E di questo, dopo tutto, non conviene far tragedia. Ma c'è ancora il fatto che gli stessi musulmani non si riconoscono in codesta «nuova visione dell'islam» e rifiutano di dialogare con chi vorrebbe rivelar loro il «vero senso» del corano, rimasto ignoto per quattordici secoli. Rifiutano, in ogni modo, d'essere inseriti - a loro insaputa o loro malgrado - «nel mistero cristiano attraverso la discendenza abrahamitica».

Recentemente è venuta a mancare anche l'unica autorità con cui B.-S. suffragava le premesse del suo discorso. Il prete libanese Y. Moubarac, professore di arabo all'Institut Catholique di Parigi, ha ritrattato (è lui stesso che parla di «rétractations» e di «échecs») talune delle tesi su cui aveva tentato di elaborare e una valutazione teologica dell'islàm e le direttrici dell'incontro spirituale islàm-cristianesimo. L'autocritica («oeuvre de. pénitence») tocca tesi precedentemente sostenute, quali la lettura cristiana del corano, il mistero abrahamitico della fede islamica, degenerato - secondo l'A. - in una sorta di «ismaelitismo» o «ismaelologia» (Y. MOUBARAC, Pentologie islamo-chrétienne, Beyrouth, Cénacle Libanais, 1972-73, vol. V: Palestine et Arabité, Argument général, pp. 225-269. Un'ampia presentazione di Pentalogie a firma di M. BORRMANs uscirà prossimamente nel «Boll. Segretariato per i non cristiani».

A questo punto si chiude il cerchio argomentativo - ed è giocoforza concedere un altro punto a favore di P. B.-S. Il possessivo «mio», premesso con ammirevole costanza a «pensiero », «visione », «interpretazione» ecc., non va imputato all'intemperato desiderio di rivendicare la paternità d'un pensiero originale, ma alla meritevole sincerità di confessare - non senza scoramento ­ la perfetta solitudine di chi siffatto pensiero professa.

Ma P. Basetti-Sani vuole dialogare, se non altro con i musulmani. Ergo stat difficultas. E dialogare vogliono altresì gli islamologi cristiani, da cui B.-S. si ritiene scortesemente ignorato, o ingiustamente incompreso. Gli unici ad ascoltare - con evidente fervore - la parola di B.-S. sono teologi, o diciamo pubblicisti e lettori della letteratura religiosa italiana.

Allora bisogna riconoscere che sorge il «caso Basetti-Sani»: perché B.-S. - onestamente e fervidamente impegnato nel dialogo interreligioso del post­concilio - è, diciamo cosi, boicottato dagli islamologi cattolici, gli stessi che hanno redatto i testi conciliati sull'islàm e che godono il favore del Segretariato per i non-cristiani? perché il musulmano sarebbe furioso alla semplice vista della versione del corano e dell'islàm proposta da B.-S.? e perché le riviste cattoliche italiane si san gettate con tanta voracità quanta impazienza critica sul discorso di B.-S.?

Son domande legittime, che coinvolgono cose troppo preziose per il credente impegnato nel dialogo inter-religioso perché possano essere impunemente sorvolate. Solo a questo titolo mi son risoluto ad entrare in un discorso che altrimenti rischierebbe di apparire marcatamente personale. Ma P. B.-S. sta dando prova da tempo di francescaria pazienza e non me ne vorrà se ha da registrare un ennesimo oppositore della «sua» visione cristiana dell'islàm. E' assicurato altresi che le mie intenzioni non toccano minimamente le persone coinvolte nella disputa, ma mirano unicamente ad illustrare «un caso» di teologia delle religioni (è questo il mio interesse di fondo al di là dei contenuti specifici del dialogo islamo-cristiano); ad illustrare, cioè, i propositi e le angustie dell'intellectus fidei nell'atto di scrutare, all'interno della storia dell'uomo, le occasioni della salvezza.

Ma completiamo il quadro introduttivo.

Gli orientalisti laici sono conosciuti, qua e là citati, spesso criticati da B.-S. Il quale, alla fine, riconosce che la sua visione dell'islàm si discosta, e a volte è in evidente contrasto, dalle acquisizioni ritenute le più assodate della islamologia occidentale; per esempio in fatto di Arabia pre-islamica, fonti della predicazione di Muhammad, problemi critici del corano, letteratura degli hadìth ed esegesi coranica...

Gli islamologi cattolici impegnati nel dialogo islamo-cristiano - e dai quali B.-S. si discosta in molti punti fondamentali - sono rintracciabili, se non vado errato, tra:
a) il gruppo che fa capo al Segretariato per i non-cristiani e responsabile del Guidelines for a dialogue between muslims and christians (Rome 1969; ed. franc. e it.). Il suddetto opuscolo (in cui si dissuade il cristiano dal fare una lettura «cristiana» del corano e dal voler dare ai musulmani lezione d'esegesi coranica: ed. ingl. p. 45) è criticato da B.-S. (art. in «Renovatio» 4 (1973) p. 622, n. 35), come fu criticato da Y. Moubarac (Orientations pour un dialogue entre Chrétiens et Musulmans, in «Eglise Vivante» 22 (1970) 453-75);
b) il gruppo dell'Institut Dominicain d'Etudes Orientales (IDEO, Cairo). P. J. Jomier o.p. è espressamente chiamato in causa e criticato da B.-S. (Reint. pp. 111-112; «Renovatio» 4 (1973) pp. 606-609);
c) gruppo dell'Inst. Pont. d'Etudes Arabes dei PP. Bianchi (IPEA, Roma). Insieme ai Gesuiti di Beirut, sono i centri principali di studi islamici a scopo pastorale. I testi conciliari sull'islàm sono stati elaborati dai membri dei centri suddetti (cfr. R. CASPAR, La religion musulmane, in Les relations de l'Eglise avec les religions non chrétiennes, Paris, Cerf 1966, pp. 201-236; G. C. ANAWATI, La religione musulmana, in Le Rel. non crist, nel Vat. II, Torino LDC 1966, pp. 171-197).

E veniamo alle tesi di B.-S.

Parte I esporrà le tesi di Giulio Basetti-Sani (= BS) OFM, con quanta obiettività possibile e dando precedenza ai testi dell’Autore. Parte II suggerirà talune osservazioni critiche circa la “visione” dell’islàm e del dialogo islamo-cristiano proposta dall’A. In esame i due libri principali: Il Corano nella luce di Cristo. Saggio per una reinterpretazione cristiana del libro sacro dell’Islam, ed. EMI (s.d., pref. ag. 1972)  (= Reint.); Per un dialogo cristiano musulmano. Mohammed Damietta e La Verna, Milano (Vita e Pensiero) 1969, pp. 464 (= Dial.). Gli altri scritti ripetono, in sostanza, quanto esposto in queste due opere. La presentazione fatta in Parte I s’avvale d’una numerazione al solo scopo di facilitare i richiami interni. Le oscillazioni ortografiche della translitterazione dall’arabo sono lasciate come nell’originale dell’A.

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