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fra Giordano da Pisa
■ OP 1280 ca.
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■ † Piacenza, agosto 1310 ■
■ suoi parenti: fra Giovanni da Rivalto († 1318 ca.) e fra
Ranieri di Giordano da Rivalto († 1348) ■ | ||
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■ Raccolgo e rielaboro testi da mie precedenti pubblicazioni nelle quali mi ero imbattuto in questo esimio predicatore. Predicatore sì, perché a noi son pervenute le sue prediche, ma anche e principalmente lettore (lector = insegnante). Compito del lettore domenicano infatti era insegnare, disputare e predicare: lectio, disputatio, predicatio. Di grande interesse, questo religioso domenicano, per gli studiosi di linguistica italiana delle origini. ■ Primitiva versione su "talune dibattute questioni", marzo 2017: → https://www.academia.edu/31893287/ Emilio Panella OP San Domenico di Fiesole, luglio 2020 | ||
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Cronica Sancte Katerine de Pisis = Cronica conventus antiqua Sancte Katerine de Pisis, Pisa, Biblioteca Cateriniana (Seminario Santa Caterina) 78 (xiv-xv sec.).
D. MORENI, Prediche sulla Genesi recitate in Firenze nel MCCCIV dal beato f. Giordano da Rivalto OP, Firenze per il Magheri, 1830, pp. 266. D. MORENI, Prediche del beato fra Giordano da Rivalto OP recitate in Firenze dal MCCCIII al MCCCVI, Firenze per il Magheri, 1831, due tomi, pp. 320, 352. Bibl. di SD di Fiesole, scaffale 191.
L. ORLANDINI, Genealogia del B. Giordano da Rivalto, Pisa (Tipogr. Orsolini-Prosperi) 1900, pp. 74. Bibl. di SD di Fiesole, scaffale 191.
Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, Romae 1970-80, vol. III, p. 52; vol. IV, Roma 1993, pp. 177-178.
S. BARSOTTI, Il beato Giordano da Pisa. Note critiche, nel settimo centenario della sua morte, «Memorie domenicane» 13 (1911) pp. 294-311.
Delcorno, Profilo biografico di Giordano = C. Delcorno, Premessa: Profilo biografico di Giordano da Pisa, in GIORDANO DA PISA, Prediche sul secondo capitolo del Genesi, a c. di S. Grattarola, Roma (MOPH XXVIII) 1999, pp. 7-16.
■ → http://www.treccani.it/enciclopedia/giordano-da-pisa
«Vixit in Ordine hic pater annis xxxj, cuius felicissimus transitus fuit M°ccc°xj° de mense augusti, infra octavas Sancte Marie matris Dei et virginis gloriose», attesta la Cronica pisana nella notizia biografia su fra Giordano (Cronica Sancte Katerine de Pisis, f. 15r, n° 107).
Usavano contare, a quel tempo, anche l'anno di partenza; cosicché i 31 anni di vita religiosa di Giordano rispetto al decesso in agosto 1311 (stile cronologico pisano) riconducono all'anno 1281 (stile pisano). Giordano entra pertanto in religione tra 25 marzo 1281 e 24 marzo 1282; ridotto al nostro computo moderno (allora in vigore anche nel territorio del patrimonio di San Pietro!), Giordano entra in religione tra gli estremi massimi 25 marzo 1280 e 24 marzo 1281.
Minuscola precisazione: «Vixit in Ordine hic pater annis xxxj» non specifica i due distinti atti legali "accepit habitum" e "suam professionem emisit". La sequenza di vestizione e poi di professione (= emissione dei voti) comporterebbe qualche anno di distanza. Più verosimile la prima ipotesi: "vestì l'abito religioso dell'ordine domenicano", ovvero "entrò in noviziato, visse in religione"; che digià implica vita religiosa. Vedi le procedure testimoniate nel Libro di vestizione e professione di San Domenico di Fiesole (1636-1761).
«Literis quas liberales vocant funditus aprehensis, et doctis studiis Bononie et parisino discursis, librum Sententiarum theologicum legit eleganter Florentie in studio generali...» (Cronica Sancte Katerine de Pisis, f. 15r, n° 107).
Delcorno, Profilo biografico di Giordano, pp. 7-16. Fra Giordano «dopo avere seguito i corsi di arti e filosofia, previsti dall'organizzazione scolastica domenciana, fu mandato dai superiori agli studia generalia più famosi dell'Ordine, Bologna e Parigi, in data imprecisabile, ma probabilmente tra il 1284 e il 1286» (pp. 8-9).
Capitolo provinciale Roma 1287, celebrato nel convento di Santa Sabina, sezione assegnazione dei lettori (ovvero insegnanti): «in conventu Senensi lector Sententiarum fr. Iordanis Pisanus» (MOPH XX, 78/21-79/1).
■ Sententiae, o Liber Sententiarum, opera di Pietro Lombardo († 1160): testo ufficiale, oltre alla Bibbia, dei corsi di teologia.
Capitolo provinciale Lucca 1288, sezione assegnazione dei lettori: «Adsignamus lectores: ... in conventu Perusino lector fr. Angelus de Viterbio» (MOPH XX, 83/13.17). A tale assegnazione del lettore principale segue nomina dei lettori subordinati: «Assignamus cursores Sententiarum: in conventu Pisano legat Sententias fr. Bernardinus de Peciolis; ... in conventu Perusino fr. Iordanus Pisanus» (MOPH XX, 84/15.18-19).
■ lectura cursoria. Suo compito precipuo: corso sommario della bibbia, 2 anni di lettura, un libro del Vecchio e uno del Nuovo Testamento a sua scelta, un capitolo per seduta. Nelle cattedre dei religiosi si legge cursorie tutta la bibbia in 2 anni. Legere cursorie, ad cursum, biblice, legere bibliam biblice (più frequente tra i mendicanti), in opposizione alla lectura ordinaria. Rapida e sommaria, di natura introduttiva al testo e al senso letterale, usufruendo della Glossa; deve dare una conoscenza seria ma generale dei libri bibbici, senza diffondersi nella divisio, né passare alla expositio né introdurre quaestiones. In ore e tempi che non concorrano con la lectio ordinaria né con le dispute. La lettura è inaugurata, tra l’Esaltazione della Croce (14 sett.) a San Dionigi (9 ott.), con un principium (o introitus, ingressus, prologus, inceptio) centrato essenzialmente nella commendatio sacrae scripturae. Tale lettura cursoria si applicava per complemento anche all'insegnamento delle Sententiae di Pietro Lombardo († 1160).
■ Cf. A. Maierù, Les cours: "lectio" et "lectio cursoria" (d'après les status de Paris et d'Oford), AA.VV., L’enseignement des disciplines à la Faculté des arts, Turnout 1997, pp. 373-391.
Capitolo provinciale Siena 1295, convocato per l'ottava della festività degli Apostoli Pietro e Paolo, 6 luglio (MOPH XX, 118/11-12): «Assignamus lectores: in conventu Pisano leget fr. Dyonisius de Sancto Geminiano;... in conventu Viterbiensi fr. Iordanis Pisanus» (MOPH XX, 121/8.13-14).
G. MEERSSEMAN, Études sur les anciennes confréries dominicaines, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 20 (1950) pp. 5-113. A proposito dell'origine della confraternita della Croce: «Le nécrologe du couvent attribue son érection au b. Jourdain de Rivalto, entré dans l'ordre en 1280 et mort en 1311. «Disciplinatos in Pisis primus invenit, quorum initium fuit bonum; et Sotietas Salvatoris per eum inventa fuit prima in civitate pisana» [Cronica Sancte Katerine de Pisis, f. 15v]. Le chroniqueur appelle la compagnie: "du Sauveur", parce qu'elle se réunissait dans un oratoire dédié au Saint-Sauveur; en réalité, elle s'appelait "de la Croix" à raison de la petite croix en étoffe rouge et blanche que les confrères portaient sur l'épaule droite en souvenir du Sauveur crucifié. Elle était la première compagnie pisane de Disciplinés, mais l'intervention du bx. Jourdain ne pouvant guère être antérieure à l'année 1287, il semple l'avoir réformée plutôt que fondée"» (p. 32). «Quoiqu'il en soit, il semble établi qu'à Pise même la congrégation primitive de Saint-Dominique ait adopté, aprés 1260, le programme de la Discipline. Réformée ensuite par le bx. Jourdain de Rivalto, on l'appelait compagnie de la Croix, à raison de la petite croix en étoffe que les confrères portaient comme insigne. On l'appellait aussi compagnie du Sauveur, à raison de la chapelle de ce nom qui leur servait d'oratoire» (p. 34).
Delcorno, Profilo biografico di Giordano, p. 16: «In questo periodo, circa il 1300, egli riforma la Compagnia della Croce, detta anche di S. Salvatore, dal titolo della cappella presso il convento domenicano dove i confratelli si riunivano. Un anno appena dopo la morte di fra Giordano, la Compagnia stabilisce che tra le feste di agosto venga celebrata, tra la Vigilia e l'Ottava dell'Assunta la Vigilia beati Giordanis».
Delcorno, Profilo biografico di Giordano, p. 12: «Qualche altra notizia biografica si ricava dalla predicazione stessa di fra Giordano. È certo che egli fu a Colonia, sede di un rinomato studio generale dei domenicani. Il 6 gennaio 1305 egli ricorda di avere visto con i propri occhi le reliquie dei Magi ("tre bellissimi capi") nel duomo della città renana. Nella predica del 9 novembre del 1304, egli ricorda che "non è ancora quattro anni", all'incirca nel 1301, egli si trovava in Germania quando ebbe inizio il pogrom guidato da Rindfleisch».
Pisa 17.V.1301, testamento di donna Betecca Villani. Molte donazioni ai frati domenicani, ed in specie soldi cento «fratri Jordano de suprascripto ordine»; venti soldi «fratri Johanni de Rivalto de suprascripto ordine»: S. BARSOTTI, Il beato Giordano da Pisa. Note critiche, nel settimo centenario della sua morte, «Memorie domenicane» 13 (1911) pp. 309-310.
■ Su fra Giovanni da Rivalto vedi sotto alla data 1318 circa.
Testo da: Ricerche su Riccoldo da Monte di Croce, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 58 (1988) pp. 43-46.
Come matura fra Riccoldo OP († 1320) la decisione di comporre il Contra legem Sarracenorum (Firenze 1299-1300 ca.), quando in un primo momento né vi pensava né si riteneva capace di condurre una «efficax impugnatio»? È del tutto arbitrario pensare che nel fervore della missione orientale coltivata da tanti frati del convento fiorentino e della medesima provincia, Riccoldo sia stato sollecitato dai confratelli a mettere a loro disposizione le proprie conoscenze, persino a superare le remore circa le proprie capacità?
Ipotesi, benché non sprovvista di ragionevoli indizi; ma fra Giordano da Pisa ci ha lasciato un’inequivoca testimonianza che le conoscenze di Riccoldo venivano messe a frutto nel convento fiorentino. Lettore in SMNovella da autunno 1302 fino al 1307, Giordano si dedica alla pubblica predicazione, raccolta e trasmessaci da entusiasti uditori. Il 15 marzo 1306 nella chiesa SMNovella predica sul tema Nemo ex vobis facit legem (Io. 7, 19). Perché i cattivi sopravanzano i buoni? Delle quattro ragioni della risposta, la prima è la battaglia mossa agli uomini dai potentissimi demoni; dei quali Paolo dice: «Non est nobis colluctatio adversus carnem et sanguinem, sed adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum» (Eph. 6, 12). Potentissimi sono i demoni perché principes et potestates. È quanto Giordano intende illustrare agli uditori chiosando il testo paolino.
«Tutte le dette cose si mostrano qui apertamente. Potentissimi sono: ecco che gli chiama principi. Principe sì è detto lo ’mperadore, quegli è il diritto principe; così il demonio, principe di queste cose di sotto secondo la volontà di Dio. Dice in altro luogo nel vangelo: «Il principe starà di fuori». Chiamagli podestadi: questo nome è nome grandissimo, e è nome novello alle podestadi de le cittadi. Non è appena cento anni, era lo ’mperadore segnore del mondo; oggi n’ha poco del mondo: la Magna e Italia e alcun’altra provincia. Onde, quando lo ’mperadore era, sì mandava suoi vicari alle cittadi, sì che le podestadi è nome novello. Ma egli è nome troppo alto: questo è il nome del soldano, podestade; onde soldano in nostra lingua è podestade. Onde dice il vangelo, il quale fu iscritto in quella lingua de’ saracini, quando dice «Io hoe podestade di porre l’anima mia etcetera», sì dice «soldayn» etcetera (fra Giordano il disse in quella lingua egli)» (GIORDANO DA PISA, Quaresimale fiorentino 1305-1306, ed. C. Delcorno, Firenze 1974, p. 277).
Non avrà durato fatica, Giordano, a cimentarsi con la pronuncia araba di sulṭân, cui faceva da supporto il volgare soldano. Ma non è questa civetteria del predicatore che rende prezioso il brano. Il predicatore sa che soldano significa potere. Meglio, podestade. Il lessema volgare podestade trattiene una serrata anfibologia e presta un’eccellente controparte all’arabo sulṭân. Podestade significa potere, e significa persona che lo detiene, il podestà (potestas nei testi latini, la podestade in quelli volgari) del modello costituzionale dei comuni italiani. Parimenti in arabo, insinua Giordano, sulṭân significa podestà (= soldano), e significa potere. Cosicché potestas dell’autorità evangelica «potestatem habeo ponendi eam [scil. animam meam] et potestatem habeo iterum sumendi eam» di Io. 10, 18 è resa nella traduzione araba con la parola sulṭân.
سلطان = sulṭân
Questo incontestabilmente implica il brano giordaniano. Le informazioni sono esatte: sulṭân significa in arabo classico potere e persona che lo detiene, per antonomasia il sultano; le traduzioni arabe del nuovo testamento documentano lî sulṭânun (letteralmente mihi est potestas) per «potestatem habeo» di Io. 10, 18. Oltreché esatte, le informazioni sono altamente specialistiche per un predicatore del XIV secolo sprovvisto di conoscenze linguistiche e islamologiche. Quel che Giordano dice, non è farina del suo sacco. Almeno a partire da marzo 1301 Riccoldo è in SMNovella, e per più anni convive con Giordano nel medesimo convento. Soltanto Riccoldo può render ragione delle informazioni della predica giordaniana. Conosce l’arabo, e verosimilmente anche un pò di siriaco; a più riprese asserisce che ha controllato il nuovo testamento in arabo e in siriaco; solo così può scalzare la tesi islamica della falsificazione cristiana dei vangeli. «Ita enim legi in alchorano capitulo lxi: “Dicit Iesus filius Marie: Ego sum nuncius Dei, o filìi Israel, et sum nuncius verax; ego evangelizo vobis quod legatus veniet post me et nomen eius Machometus”. Ego vere ista non invenio in evangelio, nec in latino nec in caldeo nec in arabico, quod quidem diligentissime in oriente perlegi» (Riccoldo, Epistola III, f. 259r; ed. 282).
Fra Giordano «aveva cominciato a predicare a S. Maria Novella all'inizio del 1303, come attesta la rubrica della prima predica del corpus giordaniano». E «la prima predica datata che ci è giunta è quella dell'Epifania 1303». Delcorno, Profilo biografico di Giordano, p. 10 e n. 18.
Nell'anno 1303 la festività liturgica dell'Epifania cadeva il giorno 6 gennaio: cf. A. CAPPELLI – M. VIGANÒ, Cronologia, Cronografia e Calendario perpetuo, Milano 1998, p. 68.
Testo da: Nuova cronologia remigiana, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 60 (1990) pp. 216-218.
Capitolo provinciale Spoleto 1303, convocato per la festa della Natività della Beata Vergine, 8 settembre (MOPH XX 145/15-17): «Facimus predicatores generales: fr. Stephanum de Sezia, ... et Iordanem lectorem Florentinum» (148/1.5).
Fra Giordano da Pisa «librum Sententiarum theologicum legit eleganter Florentie in studio generali; deinde ibidem tribus annis lector principalis existens ut stella candida corruscavit» (Cronica Sancte Katerine de Pisis, f. 15r). Poiché Giordano è detto lettore fiorentino nel capitolo provinciale 1303 (che non porta provvisioni per i lettorati conventuali) e predicava in Firenze già da gennaio 1303 (C. Delcorno, Giordano da Pisa e l’antica predicazione volgare, Firenze 1975, pp. 13, 293 qui in stile fiorentino), l’insegnamento fiorentino deve risalire almeno ad autunno 1302. Il 4 marzo 1306 Giordano dice: «quelle cose, le quali io v’hoe predicate già è tre anni, sono cose grossissime» (Quaresimale fiorentino p. 171/159-60). Predica in Firenze, ed è detto lettore, nel 1304 (DELCORNO, Giordano 15); Avventuale fiorentino 1304 [29.XI.1304 -7.II.1305], «quando stava in Firenze per lettore de' frati», ed. a c. di Silvia Serventi, Bologna 2006, 61; nel 1305, ciclo quaresimale su Gen. c. 1 (ed. D. Moreni, Firenze 1830, p. 1: 7.III.1304/5; DELCORNO, Giordano pp. 305 ss; nel 1306, ed è detto lettore (Prediche inedite, ed. E. Narducci, Bologna 1867, pp. 246, 252, 261, 262; Quaresimale fiorentino p. 3 nell’accluso foglio d’«errata corrige», pp. 33, 35, 75, 81, 138, 173, 232, 240, 272, 347, 354, 367, 419, 428, 429, 433).
■ Per l’anno 1307 le datazioni in DELCORNO, Giordano pp. 335 ss, relative al ciclo su Gen. c. 3 di Bibl. Laurenziana di Firenze, Acquisti e Doni 290, vanno riviste dopo l’identificazoine dell’altro ciclo su Gen. c. 2 di Bibl. Laurenziana, Calci 21 (C. DELCORNO, Nuovi testimoni della letteratura domenicana del Trecento, «Lettere italiane» 1984, pp. 577-87). Ma permangono non sufficientemente accertati sequenza luogo e anno dei cicli su Gen. c. 2 e c. 3 ed il loro intreccio con i lettorati fiorentini di Giordano; mentre è verosimile che la predicazione quaresimale sulla Genesi costituisca il versante omiletico della lettura scolastica sul medesimo libro biblico: a motivo della tenuta dottrinale del ciclo, benché riversata in più volgato registro linguistico; e a motivo di quanto si legge in Bibl. Laurenziana, Calci 21 (su Gen. c. 2), f. 58r:
«Vedete apertamente che nel paradiço della gloria e nel paradiço delitiano sarebbono state tante operationi, e sono in vita eterna. E noi miçeri che siamo in tanta tempestate e non operiamo a dDio né ai prossimi, che sarà di noi? Unde preghiamo Dio che cci dea grasia di fare operationi in amare e contemplare e laudare lui, perciò che delectassioni somme sono. Queste prendete, e lassate l’altre che sono nulla. Or in questa predica è co[m]piuto lo paradiço, tutto così bene come io l’exponesse mai in iscuola».
Vedi ora GIORDANO DA PISA, Prediche sul secondo capitolo del Genesi [Pisa 1308?], a c. di S. Grattarola, Roma (MOPH XXVIII) 1999; Sul terzo capitolo del Genesi [Pisa 1309], a c. di C. Marchioni, Firenze 1992.
Tenendo da parte la questione dello studio «generale» (il redattore della Cronica pisana, fra Domenico da Peccioli, muore in dicembre 1407 e potrebbe aver retrodatato lo statuto giuridico dello studio fiorentino) e considerato che laddove la terminologia non distingua esplicitamente lettorati principali dai sentenziari, lector denota qualsiasi frate (finanche maestro in teologia: MOPH IV, 104/19-21) insegnante non importa quale disciplina, la sequenza dei lettorati fiorentini di Giordano potrebb’essere così ricostruita:
a) lettura delle Sentenze, anni accademici: 1302-1303; 1303-1304;
b) triennio di lettorato principale, anni accademici: 1304-1305, 1305-1306, 1306-1307.
■ A proposito d’un importante, e in parte frainteso, testo di Remigio, De bono comuni c. 18, vv. 161-175 («Memorie domenicane» 1985, p. 160), dov’è posta la questione «Quilibet magis tenetur velle, ut videtur, quod suum comune in inferno dampnetur et non ipse quam quod ipse dampnetur et non comune, immo et totus mundus» (c. 18, vv. 161-163), Giordano da Pisa nel contesto dell’ordo caritatis (prima Dio, poi la propria anima sopra ogni altra cosa): «E pero v’ammonisco che l’anime vostre mettiate innanti e amatela sopra tutte le cose e sopra tutte le persone. Or vedi, e’ suole essere questione se tu dei commettere uno peccato mortale per iscampare una città e tutto lo mondo e tutti li homini. Frate, dico che no, però che tu dei amare più l’anima tua ke tutte l’altre cose del mondo, e uno peccato mortale farebbe perdere l’anima tua. Unde non dei volere perdere l’anima tua per tutto lo mondo. Or che fructo ti sarebbe se tutto ’l mondo per uno tuo peccato mortale fusse in paradiço e l’anima tua fusse dannata? Nullo. Unde però innanti dei lassare una città e tutto lo mondo perire che fare uno peccato mortale. E se tu mi dicessi ‘Or non si dee lo maggiore bene più amare che ’l minore?’, frate rispondoti che sì. E se tu mi dicessi ‘Maggiore bene è che si salvi tutto ’l mondo che una anima’, e io ti rispondo che ben dici vero, ma non è lo meglio per te, ché saresti dannato e sarebbe la morte tua. E Iddio ti comanda che tu ami più l’anima tua che tutte l’altre cose e che tutte l’altre creature del mondo. Unde tu per nullo caso dei amare li altri sopra l’anima tua, ma dei lassare andare male ogni cosa innanti che gravare in alcuna cosa l’anima tua» (Bibl. Laurenziana di Firenze, Calci 21, f. 38r; vedi ora GIORDANO DA PISA, Prediche sul secondo capitolo del Genesi, a c. di S. Grattarola, Roma 1999, p. 104). Salvi in entrambi, Remigio e Giordano, gli estremi teologici della tesi (che nessun atto implicante colpa teologale sia legittimato dal fine, quantunque buono), l’argomentazione divide altrettanto nettamente i due lettori di SMNovella: sul repertorio dialettico delle distinzioni (tra colpa e pena, ad esempio); sulla precedenza della comunità nell’ordine dell’amore, cosicché l’individuo sia disposto, benché innocente, all’oblazione vicaria di sé nella pena in riscatto della comunità medesima; e sulla sensibilità all’estensione sociale dell’atto virtuoso del cristiano-cittadino.
Giordano da Pisa, Avventuale fiorentino 1304 [29.XI.1304 -7.II.1305], ed. a c. di Silvia Serventi, Bologna (il Mulino) 2006. Dalla premessa, pp. 11-12:
«Il ciclo di prediche tenuto da Giordano da Pisa a Firenze nel corso dell'Avvento del 1304 era sinora solo parzialmente noto nell'ormai rarissima e obsoleta edizione del Manni. Rispetto a quell'edizione, che ha un suo non trascurabile valore nella storia della filologia italiana, si dà ora un nuovo testo fondato sullo stesso manoscritto scelto dal Manni – il codice Riccardiano 1268 – ma integrato con dieci prediche trasmesse da un altro testimone: il Canoniciano It. 132 della Bodleian Library di Oxford. Il ciclo risulta così composto da quarantasei sermoni che il «lettore di S. Maria Novella» tenne a Firenze dal 29 novembre – prima domenica d'Avvento – al 7 febbraio – quinta domenica dopo l'Epifania – del 1304 (secondo lo stile ab incarnatione). Il testo è stabilito sul fondamento dell'intera tradizione manoscritta finora nota, che include oltre ai due testimoni maggiori altri tre codici: il manoscritto Ashburnham 532 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, testimone di dieci prediche dell'Avventuale, il Gaddiano 117 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze e il codice 1338 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, cíascuno dei quali trasmette una sola predica del presente ciclo. Come spesso accade nella trasmissione delle scritture religiose, il testo è sottoposto all'iniziativa di lettori e copisti, sicché anche in questo caso l'editore deve tenere conto di una tradizione dinamica attivissima, al punto da presentare una vera e propria doppia redazione della reportatio fissata da un unico ascoltatore delle parole pronunciate dal frate domenicano.
L'interesse e la ricchezza delle prediche di fra Giordano sono sempre meglio apprezzate, via via che si estendono e si approfondiscono gli studi sulla predicazione medievale, e in particolare sulla predicazione rivolta al pubblico delle città. Val la pena di ricordare, sia pur brevemente, l'impegno dottrinale del predicatore, che volgarizza ardui problemi della dottrina di s. Tommaso (quel «savio uomo», come lo definisce nella predica del 30 giugno 1303), e discute tutti i più vivi e spinosi problemi dell'etica, così come sono imposti dallo straordinario sviluppo sociale e culturale di Firenze. L'efficacia della predicazione gíordaniana è certo dovuta in gran parte all'abilità con la quale sa variare i contenuti dottrinali, suggeriti dalla liturgia, con le digressioni di costume, gli «esempi», le variazioni sui racconti biblici. Basti ricordare il problema degli influssi astrali sul destino dell'uomo trattato nelle due prediche per l'Epifania, la riflessione sulla corruzione delle Arti fiorentine, ed in particolare di quella della lana, gli accenni al «maestro di coraze» di Napoli o ai falconieri della Corsica e della Sardegna e le innumerevoli immagini utilizzate per descrivere la natura dell'anima, tra le quali la più efficace è senz'altro quella che l'accosta al camaleonte...».
“Predicò da.llato” ricorre nei testi delle prediche giordaniane. Che significa? Giordano da Pisa, Avventuale fiorentino 1304 [29.XI.1304 -7.II.1305], ed. a c. di Silvia Serventi, Bologna 2006, p. 42 n. 16: l'Autrice conviene con l'interpretazione a suo tempo da me proposta al prof. Delcorno e da costui condivisa (mio carteggio alle date 8 e 23 marzo 1998).
▪ 2 febbraio 1305, festa della Purificazione. Distinte quattro ragioni della perfezione della Vergine, Giordano annuncia e tiene quattro prediche nel medesimo giorno: 1a in SMNovella stamane, 2a in orto San Michele dopo desinare, 3a a nona in SMNovella, 4a dopo nona alle donne del Prato, in sul prato d'Ognessanti (Avventuale fiorentino 553-601). Tutte sul tema della liturgia del giorno, Expleti sunt dies; tutte e quattro dette "da.llato, da lato, a.llato".
▪ 16 febbraio 1306 mercoledì delle ceneri. «Predicò frate Giordano... mercoledì matttina in SMNovella il primo dì di Quaresima» (GIORDANO DA PISA, Quaresimale fiorentino 1305-1306, ed. C. Delcorno, Firenze 1974, p. 3). «Predicò frate Giordano... questo dì da.llato ad locum intus» (Quaresimale p. 5).
▪ 28 febbraio 1306. «Predicò frate Giordano lunidì... la matttina ad locum in platea» (Quaresimale p. 129). «Predicò frate Giordano questo dì da.llato in sero intus» (Quaresimale p. 136).
▪ 1 marzo 1306. «Predicò frate Giordano... martedì mattina ad locum intus» (Quaresimale p. 139). «Predicò frate Giordano questo dì da.llato ad locum intus in sero» (Quaresimale p. 147).
▪ 2 aprile 1306. «Predicò frate Giordano... martidì santo seguente in platea ad locum in mane» (Quaresimale p. 383). «Predicò frate Giordano questo dì da.llato la sera in SMNovella» (Quaresimale p. 390).
▪ 10 aprile 1306 domenica in Albis. «Predicò frate Giordano... domenica in mane ad locum intus, l'ottava di Risorressio» (Quaresimale p. 428). «Predicò frate Giordano questo dì da.llato, dopo desinare, a le donne da San Gaggio al Poggio, ne l'erbaio» (Quaresimale p. 430).
“Predicò da.llato” delle rubriche incipitarie: che cosa intendono dire i raccoglitori laici delle prediche giordaniane? In «Grande dizionario della lingua italiana» non trovo soddisfacenti riscontri (Lato, Allato…). D'altra parte il significato topografico è assicurato dalle altre esplicite indicazioni circa il luogo dei sermoni: intus, ovvero dentro la chiesa fiorentina di SMNovella (in fase di costruzione la sezione più meridionale); o fuori nella piazza, da intendere "vecchia" (oggi piazza dell'Unità Italiana), vista l'assenza di qualsiasi distinzione tra nuova e vecchia; sebbene la nuova fosse in fase di realizzazione: Arch. di Stato di Firenze, Notar. antecos. 3141 (già B 2127), f. 25v (Firenze 27.VI.1306): «Actum iuxta plateam novam ecclesie SMNovelle...». Come nella tradizione: «nella piazza vecchia della detta chiesa, tutta coperta di pezze e con grandi pergami di legname...» (Giovanni Villani VIII, 56, 46-47: febbraio 1280).
▪ da.llato si accompagna ma si distingue da indicazione topografica (ad locum intus e simili)
▪ da.llato si accompagna ma si distingue da indicazioni croniche (questo dì, in sero, la sera)
▪ da.llato ricorre soltanto nelle prediche tenute nel pomeriggio
▪ il versetto tematico delle prediche da.llato è sempre il medesimo della predica immediatamente precedente tenuta il mattino (in p. 5 di 6.II.306 è della medesima pericope Mt 6,16-21, vangelo di mercoledì delle ceneri); difatto le prediche da.llato sono continuazione, o sviluppo dei membri di divisione, di quelle mattutine.
Proposta d’interpretazione. L’espressione da.llato qui usata troverebbe spiegazione nella prassi della predicazione tardomedievale. Sermone seròtino, più comunemente detto collazione, in ripresa del medesimo versetto tematico di quello mattutino: da.llato retroversione mentale di “predicavit a latere”, ovvero dopo e a complemento del sermone mattutino. Volgarizzamento (a quanto pare infrequente) di collatio in sero, di fatto prosecuzione complementare (abitualmente fatta dal baccelliere) del sermo matutinus (del magister). Diciamo insomma "sermone collaterale"!