Primo e Secondo Maestro dei corali di SMN, ■ ASMN I.C.102 corale E ■
Secondo Maestro dei corali di SMN ■ ASMN I.C.102 corale F ■ Miniatore fiorentino; 1290-1295 Museo di San Marco Ms. 621, Lezionario |
Membranaceo; cc.1-291; mm.565 x 382
Antifonario Temporale dalla festa della SS.Trinità alla domenica XV dopo la Trinità (cc.1-60v). Proprio dei Santi dalla Traslazione di San Domenico all’Assunzione della Vergine (cc.61r-199v). Comune dei Santi (cc.201r-282r). Ufficio della Beata Vergine (cc.282r-291v).
Descrizione: Coperte in cuoio con borchie metalliche. Sulla costola e sulla coperta posteriore sono due cartellini bianchi con la lettera “E”. Sulla retrocoperta anteriore è incollato un foglio di reimpiego da corale, su cui è stampato in caratteri rossi: “S.M.N. 1354”. Un foglio analogo è incollato sulla retrocoperta posteriore. Numerazione in cifre arabe rosse, nel margine destro di ogni foglio recto, da 1 a 291. Sistema di sei tetragrammi. Incipit: “In festo sancte trinitatis ad vesperas”.
17 iniziali istoriate: c.3r “Benedicat nos” Cristo Benedicente e Madonna con il Bambino; c.34v “In principio deus” Cristo Benedicente e santo apostolo; c.63r “Fulget deus” San Domenico; c.70v “Fuit homo missus” Zaccaria con Elisabetta e il piccolo Battista, l’angelo dà l’annuncio a Zaccaria; c.83v “Beati martyres” Cristo Benedicente, i Santi Giovanni e Paolo reggono una croce astile; c.92r “Symon petre” San Pietro; c.109r “Qui operatus est” San Paolo; c,126v “Letetur omne seculum” San Lazzaro; c.149r “Gaude felix” San Domenico e quattro frati domenicani in coro; c.151v “Mundum vocans” Sogno della beata Giovanna e battesimo di San Domenico; i santi Pietro e Paolo consegnano a San Domenico il vangelo e il bastone; c.165v “Levita Laurentius” San Lorenzo; c.185v “Vidi speciosam” Madonna con il Bambino; c.203v “Ecce ego mitto vos” Missione degli apostoli; c.219r “Iste sanctus” Figura di santo entro un’edicola; c.234v “Absterget deus” Cristo e un gruppo di tredici santi; c.251r “Euge serve bone” Cristo benedice un santo vescovo inginocchiato; c.267r “Veni sponsa” Cristo benedice una santa inginocchiata. 4 iniziali decorate: c.19r D; c.149v T; c.160r A; c.162r O. Numerose iniziali filigranate.
Alla decorazione del terzo Antifonario della serie di SMN, partecipano cinque diversi artisti. L’alternarsi di più mani in imprese di ampio impegno illustrativo è, com’è noto, una prassi frequente all’epoca, e, nel caso dei corali domenicani, in anticipo di qualche anno rispetto alle analoghe circostanze operative del ciclo liturgico per il Duomo di Siena (Labriola, 2002, p.31).
Continua, come nei precedenti Antifonari A e B, la collaborazione tra Primo (cc.70v, 83v, 92r) e Secondo Maestro, a cui si deve l’iniziale istoriata ad apertura del corale (c.3r) ed una decorata (c.19r). Aspetti dissonanti dalla cultura illustrativa fiorentina rivela l’artista che dipinge un gruppo di cinque iniziali, due istoriate (cc.149r e 151v) e tre decorate (cc.149v, 160r, 162r). Il cromatismo di queste immagini è acceso (arancione, verde scuro, rosso vinaccia), l’espressività dei volti, dagli occhi infossati, caricata, le composizioni affollate. Si tratta di un miniatore aretino, in rapporto con il più arcaico nucleo di corali del Duomo e della Pieve di Santa Maria di questa città (Ciardi Dupré Dal Poggetto, 1980, pp.11-12, 17). La sua presenza, limitata alla decorazione di due soli fascicoli, non sembra comunque aver influito sulle diverse scelte decorative dei colleghi che lo affiancano nel corale.
Nella parte finale del codice, il Comune dei Santi è miniato dall’artista più noto agli studi, tra tutti quelli coinvolti nell’impresa domenicana. Stefano Orlandi (1965, pp.194-198, 222-224) lo ha chiamato Maestro Geometrico, a causa del tipico repertorio di nodi, sfere, triangoli che caratterizza il profilo delle sue iniziali (cc.203v, 219r, 234v, 251r, 267r). Interventi successivi (Conti, 1971, p.123 e 1979, p.16; Garzelli, 1974, pp.341-346) hanno consentito di riunire la sua attività a quella della bottega del Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano (si veda la scheda successiva): denominazione che meglio oggi identifica in sede critica la vasta produzione dell’artista (Neri Lusanna, 1998, pp.289-290).
Un piccolo nucleo di sei iniziali figurate (cc.34v, 63r, 109r, 126v, 165v, 185v) presenta aspetti del tutto nuovi nel contesto illustrativo dei corali domenicani, con esiti di notevole impatto figurativo. Orlandi (1965), che univa i due artisti attivi nella decorazione degli Antifonari A e B in un’unica personalità, chiama l’autore di queste sei miniature Secondo Maestro, contraddistinto “dalla mano più delicata, corretta nel disegno delle figure”. Ma il gruppo di iniziali a lui associato da Orlandi non risulta omogeneo, così egli è ritenuto responsabile di scene miniate dal Primo Maestro (cc.70v, 83v), e a due diverse mani sono assegnate le sue miniature con San Paolo (c.109r) e San Lazzaro (c.126v). L’intervento dell’artista è stato meglio puntualizzato da Angelo Tartuferi (1990, p.51), che riconosce influenze duccesche nel suo stile, in anticipo sul “linguaggio arcano e solenne di Lippo di Benivieni”. Morbidezze epidermiche negli incarnati, sottolineate dalla tenerezza espressiva delle fisionomie (c.34v, c.165v), caratterizzano le sue immagini, affidate a un cromatismo chiaro e luminoso, nei toni del celeste, del rosa, dell’arancione. Vi si colgono i precoci riflessi della pittura del giovane Duccio di Buoninsegna, che fu attivo a Firenze nella stessa chiesa di SMN già prima del 1285, anno in cui gli venne commissionata la Maestà Rucellai oggi agli Uffizi. Analoghi interessi si notano in questo periodo nell’opera di Cimabue: il riferimento più immediato è alla sua Flagellazione presso la collezione Frick di New York, un dipinto databile intorno al 1280, un tempo appartenente ad un complesso più ampio (di esso si conosce un ulteriore pannello, con la Madonna e il Bambino tra due angeli, recentemente passato nella National Gallery di Londra). Così, l’intensità espressiva della bella figura di San Paolo (c.109r), che può assurgere al ruolo di miniatura eponima del maestro, trova puntuali riscontri in un altro dipinto della prima maturità del pittore fiorentino, anch’esso intorno al 1280, la Maestà del Louvre, di cui ricorda alcuni dei santi nei medaglioni della cornice (Bellosi, 1998, p.114).
L’attività del Maestro di San Paolo per i domenicani di SMN fu forse più esteso di quanto le miniature oggi rimaste consentano di accertare, come potrebbe indurre a credere l’iniziale G con Santa Elisabetta d’Ungheria (c.113r), inserita nel miscellaneo corale H (n.1357) dell’Archivio conventuale. La miniatura (spostata da Orlandi – 1966, pp.43-46 – troppo avanti nel tempo, dopo il 1344), presenta aspetti espressivi molto vicini a quelli di San Paolo (c.109r) o di San Lazzaro (c.126v), insieme ad una più compatta, ormai giottesca, definizione plastica della figura, dopo il 1290.
Membranaceo; cc.1-316; mm.550 x 377
Antifonario Temporale dalla prima domenica di settembre alla domenica XXII dopo la Trinità (cc.1r-57v). Proprio dei Santi dalla festa di Sant’Agostino alla festa di Santa Caterina (cc.58r-208r). Comune dei Santi (cc.209r-291v). Ufficio della Beata Vergine (e aggiunte posteriori) (cc.292r-315v).
Descrizione: Coperte in cuoio con borchie metalliche. Sulla costola e sulla coperta posteriore sono due cartellini bianchi con la lettera “F”. Sulla retrocoperta anteriore è incollato un bifoglio di reimpiegio da corale, su cui è stampato in rosso “S.M.N. 1355”. Un analogo bifoglio è incollato sulla retrocoperta posteriore. Numerazione in cifre arabe rosse, nel margine destro di ogni foglio recto, da 1 a 315 (la c.67 è ripetuta due volte). Sistema di sei tetragrammi. Incipit: “Dominica prima septembris sabbato precedenti ad vesperas”.
18 iniziali istoriate: c.2r “Si bona suscepimus” Giobbe con il corpo piagato; c.11r “Peto domine” Tobia addormentato e la rondine; c.20v “Adaperiat dominus” Un santo cui appare Dio Padre e un gruppo di domenicani; c.30v “Vidi dominum sedentem” Cristo Benedicente e il profeta Isaia; c.62r “Invenit se augustinus” Sant’Agostino e San Domenico; c.86v “Hodie nata est” Madonna Benedicente e Natività della Vergine; c.101r “Dulce lignum” Croce con la corona; c.116v “Factum est” San Michele Arcangelo e il drago; c.134r “Summe trinitati” Cristo e un gruppo di tredici santi; c.152v “Credo quod redemptor” Resurrezione dei morti; c.167v “Hic est martinus” San Martino e il povero; c.182v “Cantantibus organis” Santa Cecilia; c.201v “Nobilis et pulchra” Santa Caterina; c.211v “Ecce ego mitto vos” Missione degli apostoli; c.230v “Iste sanctus” Figura di santo entro un’edicola; c.245v “Absterget deus” Cristo con un gruppo di dieci apostoli; c.261v “Euge serve bone” Cristo benedice un santo vescovo inginocchiato; c.276v “Veni sponsa” Cristo benedice una santa inginocchiata. Numerose iniziali filigranate.
La decorazione dell’ultimo tra gli Antifonari duecenteschi di SMN è opera di due soli artisti. Rispetto alle sue miniature nei corali A e B, svolte in maggiore sintonia con lo stile lineare del Primo Maestro, il Secondo Maestro ora ricerca esiti di consistenza plastica più accentuati, affidati, come sempre, a effetti pittorici quali i toni rosati degli incarnati, piuttosto che a veri e propri contrasti chiaroscurali. Il suo intervento consiste in tre sole iniziali istoriate (cc.62r, 86v, 101r). Il protagonista della decorazione del corale è il miniatore che Stefano Orlandi (1965, pp.198-200, 207-211 e 1966, pp.46-52) chiama Maestro Geometrico. Egli, nelle restanti miniature, prosegue il suo racconto dalla narrazione piana e fluente, già avviato nell’Antifonario E. Pochi elementi ambientali (semplici parapetti lignei o alberelli dalle fronde verdi aperte a ventaglio) collocano nello spazio le sue figure slanciate, delineate da un disegno non particolarmente accurato, ma efficace nel sottolineare la spontaneità dei gesti. I colori stesi a tinte piatte sono brillanti (arancione, verde, celeste, rosa) e trovano un precedente, sulle pagine dei corali domenicani, nell’analoga luminosità cromatica delle iniziali del Primo Maestro.
Il rapporto con la cultura pittorica fiorentina del terzo quarto del secolo, rappresentata in primo luogo da Meliore, è stato giustamente puntualizzato da Angelo Tartuferi (1990, p.51), e indica i dati in un certo senso arcaizzanti dello stile del miniatore, non aggiornato sui recuperi di gusto neoellenistico che interessano invece altri suoi colleghi, quali gli artisti responsabili della decorazione del Messale di Santa Felicita (Bibl. Medicea Laurenziana, Conv.Soppr.233) e dell’Evangeliario di Santa Maria Nuova (Bibl. Nazionale Centrale, Fondo Nazionale II.I.167). Se il rapporto con la pittura di Meliore sembra dunque connotare in particolar modo il suo intervento nella serie liturgica di SMN, le radici del linguaggio illustrativo del miniatore sono state individuate da parte della critica (Degl’Innocenti Gambuti, 1977, pp.38-39) nella produzione libraria di ambito aretino-cortonese del terzo quarto del secolo, mentre un’interpretazione in chiave ‘bolognese’ è affermata in proposito da Alessandro Conti (1971, p.123; 1979, p.16), sulla base di aperture già avanzate da Stefano Orlandi (1965; 1966). Conti dapprima distingue l’attività del Maestro Geometrico di SMN da quella dell’autore del Graduale in due volumi proveniente dal convento agostiniano di Sant’Alessio in Bigiano presso Pistoia (dove ora è diviso tra l’Archivio Diocesano, n.CXXV.15 e il Museo Diocesano, n.61). In seguito, il Graduale pistoiese diventa l’opera eponima di un’unica, prolifica, bottega, quella appunto del Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano, a cui lo studioso riferisce inoltre un gruppo consistente di codici e di miniature ritagliate: l’Annunciazione (M) e la Presentazione al Tempio (A) a Venezia (Fondazione Cini, nn.2011, 2014), Cristo e Davide (B) a Colonia (Wallraf-Richartz Museum, n.182), il Giudizio Finale (A) della Pierpont Morgan Library di New York (Ms.273), l’Antifonario n.231 del Museo Civico di Pistoia (Bibl. Comunale Forteguerriana), un Antifonario francescano già presso Hoepli a Milano (1926) e quindi venduto a Londra da Sotheby’s (8 luglio 1974, n.85), la Bibbia Vat.Ross.183 della Bibl. Apostolica Vaticana e quella Reid Ms.55 del Victoria & Albert Museum di Londra, il Salterio Calci 9 della Bibl. Medicea Laurenziana a Firenze, il codice con il commento di Tommaso d’Aquino alle Sentenze di Pietro Lombardo a Cracovia (Bibl. Jagiellonska, Ms.Rps 1719), i corali del duomo di Grosseto. Garzelli (1974, pp.341-346) aggiunge alla produzione di quest’atelier a suo avviso toscano, forse fiorentino, il Graduale di Santa Maria Assunta a Prata, la Bibbia della Walters Art Gallery di Baltimora (Ms.W 151) e quella della Bibl. Nacional di Madrid (Ms.Vitr.21-4) datata 1272 dal copista Giovanni di Jacopino. L’intero corpus di opere è stato infine riconsiderato da Norris (1993, pp.260-262, 281-286), e riferito con convinzione ad un’unica bottega bolognese, a cui collega anche il San Paolo miniato sul foglio di una Bibbia (Londra, Sotheby’s, 25 aprile 1983, n.20).
Delle Bibbie di Madrid e di Baltimora è stata ribadita l’origine bolognese da Massimo Medica (2000, p.248), ed ugualmente ad un artista di questa città appartiene il San Paolo citato da Norris, eseguito, insieme ad altri fogli compagni, intorno al 1270 (Bollati, 1994, pp.13-15). A queste opere si avvicina la Bibbia Vat.Ross.183 (e l’affine iniziale del museo di Colonia), che presenta un disegno calligrafico e volti dai lineamenti appuntiti diversi da quanto il Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano mostra nel gruppo dei suoi codici toscani. Questo fu forse il punto di partenza emiliano del nostro artista, in contatto anche con i centri della Romagna, zona che, come nel caso del Primo Maestro dei corali di SMN, dovette svolgere un ruolo primario negli scambi con la Toscana. In proposito, vorrei aggiungere che all’autore del corale III del Duomo di Imola (Lollini, 1994, pp.178-180), intorno al 1270, va restituita l’iniziale ritagliata G con l’Assunzione della Vergine (Firenze, collezione privata), per cui avevo proposto un riferimento al Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano (Labriola, 1997, pp.104-107).
Nelle miniature che si possono assegnare ai suoi inizi (1275-1280), nel codice di Cracovia e nel Salterio laurenziano, è possibile riconoscere il linguaggio corsivo e accostante che percorre tutta la sua produzione successiva. In un momento forse precedente alla serie di SMN, si colloca anche la decorazione del corale n.231 del Museo Civico di Pistoia, dalla locale chiesa di San Francesco, che credo possa in origine aver fatto parte del medesimo ciclo liturgico francescano dell’Antifonario apparso presso Sotheby’s nel 1974 e di quello venduto a Milano dalla Libreria Antiquaria Hoepli nel 1953 (Catalogo di libri rari, 1953, n.3). Ma la provenienza dalla chiesa francescana di Pistoia non risulta quella originaria. Qui infatti si trovava anticamente una diversa serie di cinque Antifonari duecenteschi, deturpati da un furto recente (dopo il 1987) e privati di tutte le miniature istoriate (i corali sono ora custoditi presso l’Archivio Diocesano di Pistoia: Murano, 1996, pp.65-82). L’identificazione delle pagine da essi asportate è stata avviata da Enrica Neri Lusanna (1996, pp.208-212; 1998), che ha riconosciuto pertinenti alcuni fogli miniati dall’anonimo maestro: la Predica di San Francesco agli uccelli (La Spezia, Museo Civico Amedeo Lia) e la Pentecoste (Milano, collezione Longari; Bollati, 1997, pp.102-103). Al ciclo pistoiese proporrei quindi di ricollegare anche il Giudizio Finale della Pierpont Morgan Library (che poteva raffigurare l’”Aspiciens a longe” della prima domenica d’Avvento nel corale CXIV.84, dove la carta iniziale manca ab antiquo), il foglio con la Tentazione di Cristo della collezione Bernard H.Breslauer di New York e quello con la Caduta di Adamo ed Eva, recentemente apparso presso Jörn Günther ad Amburgo (entrambi dal corale CXIV.86). Se questo gruppo di miniature, connotato da una nuova scioltezza pittorica, non oltrepassa il penultimo decennio del secolo, intorno al 1290 si collocano quei codici illustrati da figure alte e sottili, delineate da un segno pittorico più liquido e sommario: il Graduale di Sant’Alessio in Bigiano (di cui va ribadita l’originaria destinazione agostiniana, per la chiesa cittadina dell’ordine, intitolata a San Lorenzo), il ciclo di corali del duomo di Grosseto (da cui provengono le due miniature Cini a Venezia; Seravalle, 1996, pp.118-122) e il corale di Prata, recentemente riconsiderato da Cristina De Benedictis (2000).
La bottega del Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano, dalle consuetudini decorative ormai antiquate, non toccate dai più attuali esiti della cultura pittorica fiorentina, trovò dunque committenti al di fuori delle mura cittadine: a Pistoia, a Grosseto e a Prata. Lo stile di queste ultime imprese svolse, mi sembra, un’influenza non secondaria sull’artista che illustrò alla fine del Duecento il celebre codice con le Rime Antiche (Firenze, Bibl. Nazionale Centrale, B.R.217), già ricondotto da Pietro Toesca (II, 1927, p.1095) in ambito fiorentino, e ora collegato, sotto il profilo della redazione del testo, ad un atelier scrittorio pistoiese (Bertelli, 2002, pp.111-113).
Miniatore fiorentino; 1290-1295
Firenze, Museo di San Marco, Lezionario, Ms.621
Membranaceo; cc.1-290; mm.430 x 305
Lezionario dalla prima domenica d’Avvento fino alla domenica XXV dopo la Trinità. Festa della dedicazione della chiesa e sua ottava.
Descrizione: Coperte in cuoio con borchie metalliche. Nella retrocoperta iniziale è scritto a matita: “17 settembre 1867 da S.Maria Novella”. In un cartellino stampato: “R.Museo di S.Marco. Inventario 1918 no.621”. Numerazione a matita in cifre arabe nell’angolo inferiore destro di ogni foglio recto, da 1 a 290. 26 righe di scrittura su due colonne. Il codice è mutilo alla fine. Incipit: “Modus legendi lectiones ".
1 iniziale istoriata : c.3r “Visio ysaye” Il Profeta Isaia a mezzo busto. Numerose iniziali filigranate.
Il codice proviene dalla chiesa di SMN, dove era classificato come Lezionario B, ed è passato al Museo di San Marco il 17 settembre 1867 (Inventario del Museo di San Marco, 1915, n.621). E’ probabile che abbia fatto parte dell’antico corredo librario della chiesa domenicana sin dall’origine, affiancando la serie dei grandi corali destinati alla sacrestia, realizzata già da alcuni anni. A c.1v, la rubrica che precede il testo esordisce così: “Iste est liber lectionarius ordinis fratrum predicatorum diligenter compilatus et correctus et punctatus et versiculatus”. Il computo delle feste nel periodo estivo, parte – come previsto dalla liturgia domenicana – dalla Trinità, piuttosto che dalla Pentecoste (secondo il rito della chiesa romana).
Il piccolo volume è menzionato da Renzo Chiarelli (1968, p.68 n.621) come opera della prima metà del Trecento; la sua decorazione è inedita e presenta una sola iniziale istoriata (c.3r), con la figura di Isaia a mezzo busto, entro la lettera V. L’immagine rivela un gusto di eleganza naturalistica che la caratterizza in maniera peculiare nel panorama della produzione illustrativa dell’ultimo decennio del secolo a Firenze. La figura sottile del profeta è delineata da un disegno leggero, e una consistenza epidermica, quasi spumosa, è conferita al modellato. Gli incarnati del volto, del braccio destro e delle mani sono lievemente ombreggiati, la veste rosso-vermiglio e il manto rosa sono percorsi da pieghe leggere. Il volto dell’anziano personaggio, leggermente di tre quarti, ha un’espressione di curiosa pensosità. Entro il profilo panciuto dell’iniziale, la cornice interna di colore giallo afferma una consuetudine decorativa che sarà tipica della miniatura fiorentina del Trecento, a partire da Pacino di Bonaguida.
Il miniatore del Lezionario opera nell’ambito di quel rinnovato recupero di modelli paleologhi, ora interpretato con moderni esiti di fresco naturalismo che, a Firenze dopo il 1290, ha uno dei suoi esempi più interessanti negli affreschi dell’antica chiesa di San Pier Scheraggio. Della chiesa, dal XVI secolo inglobata nella fabbrica vasariana degli Uffizi, sappiamo che nel 1294 si intraprese il restauro e che nel 1299 essa ebbe una nuova consacrazione (Paatz, IV, 1952, pp.662-678). Quel che resta del suo ciclo decorativo, tra cui i clipei con storie di Cristo negli sguanci della finestra absidale, mostra – mi sembra – forti affinità con l’Isaia del codice domenicano. In particolar modo, nonostante le precarie condizioni conservative di questi affreschi, si colgono analogie con la figura allungata ed espressiva di Cristo nelle scene con la Guarigione del cieco o con la Resurrezione di Lazzaro (Sanpaolesi, 1933, fig.11). La cultura dell’ignoto pittore di San Pier Scheraggio è stata messa in rapporto con la ripresa di modelli bizantini che contraddistinse la miniatura bolognese degli ultimi due decenni del Duecento (Marcucci, 1958, pp.47-49; Bellosi, 1979, p.486), il cui protagonista fu – com’è noto - il Maestro della Bibbia di Gerona. E’ lui l’autore dei due splendidi Graduali del convento delle domenicane di San Jacopo di Ripoli a Firenze (Museo di San Marco, Mss.561-562), realizzati tra il 1290 e il 1295, ma forse giunti nella città toscana solo nei primi anni del secolo successivo, come ora prospetta Massimo Medica (2000, pp.325-326). Eppure la forza espressiva e la vivacità cromatica delle loro miniature risultano estranee a quest’immagine di Isaia.
Va infatti riconosciuta, in proposito, la piena autonomia di questa tendenza nella Firenze dell’epoca, dove lo stesso Cimabue, dopo il soggiorno ad Assisi (1288-1290), poteva plausibilmente aver realizzato opere affini ai Santi Abbondio e Crisanto del Museo Civico di Gubbio, le due miniature su pergamena, di gusto ellenizzante, che sono state attribuite al grande maestro fiorentino da Miklos Boskovits (1981, pp.8, 26 n.36; e più recentemente da Luciano Bellosi, 1998, pp.236-239). Ad un contesto toscano di cimabuismo ellenizzante va confermata la notevole serie di disegni acquerellati del codice con le Suplicationes Variae (Bibl. Medicea Laurenziana, Plut.25.3), realizzato tra il 1293 e il 1300 (Ciaranfi, 1929, pp.325-348), nonostante le diverse proposte di localizzarlo in ambito settentrionale (Neff, 2002, pp.22-66). Del resto, la diffusione di suggestioni paleologhe interessò, oltre Firenze, anche altri centri toscani, tra cui Siena, e alcune tra le più antiche prove illustrative oggi note del Maestro dei corali di Massa Marittima, tra il 1290 e il 1300 (Siena, Bibl. Comunale degli Intronati, Ms.F.III.6 e Ms.F.V.26; Labriola, 2002, p.286, figg.98-102, 104-106) possono utilmente essere accostate alla miniatura del Lezionario di SMN.