Iacopo di Ranuccio da Castelbuono OP «Memorie domenicane» 19 (1988) 369-95. | |||
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Oxford, Lincoln College lat. 95 | In I Sent. di Tommaso d’Aq | Frater Iacobbus Ray. perusinus |
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Biografia di fra Iacopo di Ranuccio da Castelbuono (Perugia) |
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Talune questioni sollevate dall’alia lectura
fratris Thome | magister legge le Sentenze? |
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Episcopato fiorentino 28.V.1286, |
I |
Cronica di Perugia |
IX |
Firenze, Santa Reparata 8.VI.1286 |
II |
Firenze SMN 31.I.1245 |
X |
Firenze 30.VI - 4.VII.1286 |
III |
Roma, Santa Sabina 1273 |
XI |
Firenze 30.VII.1286 |
IV |
Città di Castello 11.V.1274 |
XII |
Firenze SMN 12.VIII.1286 |
V |
Firenze 1281 |
XIII |
Firenze 13.VIII.1286 |
VI |
Siena, San Domenico 26.X.1282 |
XIV |
Onorío IV, Roma 29.XII.1286 |
VII |
Onorio IV, Roma 28.V e 9.VI.1286 |
XV |
Firenze 1274-1341 |
VIII |
Onorio IV, Roma 28.V.1286 |
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lectura romana? ↔ Adriano Oliva (2006) |
Nella Historia ecclesiastica nova, portata a termine tra 1313 e 1316, Tolomeo da Lucca, dopo aver dato la lista degli opuscoli e un breve sommario d’altre opere di Tommaso d’Aquino, annota che costui aveva scritto un secondo commentario al I libro delle Sentenze quando, già maestro in teologia, risedeva in Roma; ne esisteva un esemplare in Lucca; ma Tolomeo, partitosi dalla città natale, non ebbe più modo di vederne copia altrove.
Historia ecclesiastica nova XXIII, 15: «Scripsit etiam eo tempore quo fuit Rome, de quo dictum est supra, iam magister existens, primum super Sententias, quem ego vidi Luce sed inde subtractus nusquam ulterius vidi» (ed. A. Dondaine in «Arch. Fr. Praed.» 1961, 155); in XXII, 21 aveva menzionato il commentario parigino ai quattro libri delle Sentenze, «infra magisterium» (ib. p. 150).
■ Dal 1287 al 1307 la presenza di fr. Tolomeo in San Romano di Lucca, salvo il priorato fiorentino (luglio 1300 - luglio 1302), è abbondantemente documentata nei fondi archivistici di Lucca; dal 1309 Tolomeo risulta essere in Avignone fino al 1318; nominato vescovo di Torcello in marzo 1318, è in Torcello almeno da novembre 1319, dove muore tra marzo e giugno 1327.
Recentemente è stata data notizia del codice di Oxford, Lincoln College lat. 95 (fine XIII s.), che in margine all’In I Sententiarum parigino di Tommaso baccelliere, dà un centinaio d’articoli d’un secondo commentario al libro I, nel corso del quale si rinvia più volte all’«alia lectura fr. Thome» (al commentario parigino, per il copista del commentario marginale). Si è di fronte ad una reportatio dell’insegnamento romano (1265-68) di Tommaso sul I libro delle Sentenze di cui parlava fr. Tolomeo? Le prime analisi condotte sul testo del commentario marginale, sua interdipendenza redazionale col commentario parigino, brani comuni con altre opere di Tommaso, dottrina e stile tomasiani, fanno credere di sì.
■ H.-T. Dondaine, Alia lectura fratris Thome? (Super I Sent.), «Mediaeval Studies» 42 (1980) 308-36, da integrare con L.E. Boyle, Alia lectura fratris Tbome, ib. 45 (1983) 418-29. H.V. Shooner, Codices manuscripti operum Thomae de Aquino III, Montréal-Paris (Vrin) 1985, 128-29.
Vedi ora ed. Boyle, Toronto 2006 | Adriano Oliva (dic. 2006)
A f. 2r del codice oxoniense, in uno dei due fogli di guardia che precedono il testo del commentario parigino, c’è una nota di possesso erasa, leggibile solo in parte con l’ausilio della lampada di Wood:
Frater Iacobbus Ray. perusinus debet recipere de fratre <Nicola de Mediolano> xlij. sol. pro isto libro. Et pro predicta pecunia predictus frater <Nicola promisit>...
(secondo lettura di Boyle, Alia lectura 428; in corsivo la parte erasa che ha risposto alla lampada di Wood, tra parentesi acute le parole di lettura incerta; il resto (...) è del tutto illeggibile)
Iacopo di Ranuccio, frate domenicano del convento di Perugia, della medesima provincia religiosa di Tommaso, muore nel 1286. Era stato possessore del codice prima di venderlo a fr. Niccolò da Milano, anch’egli domenícano. Il caso si fa appassionante. Il nome di Iacopo vale un marchio d’autenticità tomasiana sul commentario marginale di Oxford? Iacopo era stato uditore di Tommaso in Santa Sabina (1265-68)? Capitolo provinciale Anagni 1265: «Fr. Thome de Aquino iniungimus in remissionem peccatorum quod teneat studium Rome, et volumus quod fratribus qui stant secum ad studendum provideatur in necessariis vestimentis a conventibus de quorum predícatíone traxerunt originem. Si autem illi studentes inventi fuerint negligentes in studio, damus potestatem fr. Thome quod ad conventus suos possit eos remittere» (ACP 32)[1]. Aveva raccolto la lettura romana del maestro sul I libro delle Sentenze? Ne aveva trascritto parte ai margini del suo codice, che già conteneva il commentario parigino di Tommaso al I libro?
Sono le questioni che il codice oxoniense solleva. I contributi di H.-F. Dondaíne e di L.E. Boyle, oltreché presentare il caso, hanno abbozzato talune risposte. Gli editori di Tommaso riprenderanno a suo tempo le questioni, specie quelle attinenti all’autenticità tomasiana del commentario marginale del codice oxoniense e all’identità di esso con la lettura romana di Tommaso sul I libro delle Sentenze di cui fa parola Tolomeo da Lucca. Ma la persona di fr. Iacopo, com’è facile intravedere, acquista un ruolo, seppur non decisivo, di notevole importanza. Il presente contributo è strettamente confinato alla biografia di Iacopo. Perché se è stato giustamente messo in risalto l’importanza del frate perugino per trarre in chiaro i misteri del codice di Oxford, ci si è scontrati con la frammentarietà dei dati biografici di Iacopo e con la loro interpretazione: il lettorato di Città di Castello nel 1273 tramandato dagli Atti dei capitoli provinciali fu il primo lettorato assoluto della carriera di Iacopo? fu un lettorato sentenziario? fu l’occasione per Iacopo di trascrivere la lettura romana di Tommaso ai margini delle carte che contenevano quella parigina? la nota di possesso è anteriore al 1281, anno in cui Iacopo fu nominato predicatore generale? la vendita del codice a fr. Niccolò cade fra 1281 e 1283?[2]
S’impone una recensione sistematica delle notizie sul frate perugino, un vaglio delle fonti che le trasmettono e della loro attendibilità. I risultati qui presentati non sono entusiasmanti. Ma permettono di fissare qualche caposaldo cronologico, d’eliminare errori pervenuti fino ai moderni repertori; d’intravedere molteplici passaggi della carriera accademíca; d’utilízzare con più attendibílità i dati disponibili. La scarsità dei risultati presenta il vantaggio della perentorietà. Ulteriori ritrovamenti potranno inserirsi senza contendere con tradizioni sospette. L’interpretazione potrà controllare se stessa a confronto con i dati certi.
■ Abbreviazione (oltre le comuni): Necr. can. fior. = Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze, I.3.6, Obituario di Santa Reparata.
[1] A proposito si veda l’eccellente contributo di L.E. Boyle, The Setting of the «Summa tbeologiae» of Saint Thomas, Toronto 1982.
I capitolari demandano a Tommaso d’organizzare a sua discrezione lo studio romano in Santa Sabina; non a suo piacimento, ché bisogna supporre restassero salvaguardate le strutture didattiche di base acquisite dagli studi della provincia e le condizioni affinché gli studenti meritevoli potessero accedere all’università parigina. In definitiva l’unica competenza delegata a Tommaso è di poter rispedire ai propri conventi gli studenti che non avessero dato prova di profitto scolastico. Non pare esatto denominare tale studio uno studium personale di Tommaso (Boyle, The Setting... p. 9; Alia lectura.. p. 422 r. 3); esso resta uno studio istituzionale, di diritto pubblico, appartenente cioè ed emanante dalle pubbliche istituzioni della provincia, la quale ne conserva in radice la competenza giuridica. Similmente nel 1272 il capitolo definisce la competenza: delega a Tommaso autorità in materia di luogo, persone e numero degli studenti (ACP 39 rr. 28-29). Quando nel 1308 taluni lettori osarono sostituire la Somma di Tommaso al libro di testo che erano le Sentenze del Lombardo, il capitolo provinciale bloccò la cosa sul nascere (ACP 169/ 5-6); non era competenza del lettore mutare il libro di testo; probabilmente i capitolari non lo ritenevano nemmeno di propria competenza. L’istituzione - qualsiasi istituzione - non mette facilmente da parte se stessa, la propria forza e la propria storia, di fronte all’índividuo; neppure di fronte all’individuo di genio.
[2]
Boyle, Alia lectura 427-29 su fr. lacopo. Annoto soltanto che la sede fiorentina ottenne il titolo arcivescovile nel 1419: cf. La chiesa fiorentina, Firenze (Curia Arcivescovile) 1970, 10: note storiche a firma di C.C. Calzolai.
Il riallaccio di fr. Iacopo al casato «de Alexiis», ignoto alle fonti coeve, lo si
ritrova in elaborazioni tardive dei cronografi del convento perugino: AGOP XIV lib. C, II, p. 978 (relazione settecentesca): «Il P.F. Giacomo di Rannuccio Perugino fu Vescovo di Firenze...»; al margine superiore dopo Rannuccio scrive Alessi, lo cancella e poi lo riscrive di nuovo; dopo Perugino segue aggiunto in margine: «da altri detto da Castelbuono». Ai margini della Cronica perugina è
riscontrabile la medesima tendenza a mettere i frati sotto il nome d’illustri casati.