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IGNAZIO (SALVATORE) CAMPOREALE |
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P. Ignazio – Salvatore per amici e colleghi – è partito in punta di piedi, senza dare alcun fastidio: un signore anche nella morte. Se ne va improvvisamente la sera del 17 dicembre 2002. Di ritorno da Villa I Tatti (Settignano) - centro della Harvard University per lo studio del Rinascimento - in Firenze, nel cortile antistante il portone del convento Santa Maria Novella, sorpreso da fulminante colpo al cuore, sul punto di riaprire la porta conventuale. A nulla vale l’intervento medico ed infermieristico della Misericordia. Da Villa I Tatti al convento, e viceversa, quotidianamente. Quasi il percorso intellettuale ed evangelico d’Ignazio. Rigorosa ricerca storica e filologica di testi umanistici, ricomposti nella loro naturale collocazione biblica ed elaborazione teologica (Lorenzo Valla, Umanesimo e teologia, Firenze 1972; Lorenzo Valla. Umanesimo, Riforma e Controriforma. Studi e Testi, Roma 2002). A lui si deve la ‘nuova via’ di studio e discernimento dell’Umanesimo, della Riforma e Controriforma attraverso la messa in opera da parte di Lorenzo Valla (e poi d’Erasmo) della filologia del Nuovo Testamento. Senz’ombra d’intenti strumentali. Da Villa I Tatti ad Harvard University, alla John Hopkins, alla Tell Aviv University, - attraverso molteplici centri culturali e contatti personali -, la rilettura di fasi cruciali della storia culturale del Quattro e Cinquecento fa la sua strada con audace sorpresa e compiaciuto consenso. Fede e società, parola di Dio e presenza nel mondo, evangelismo e laicità, - senza concessioni e senza scarti ad entrambi i poli -, sono i luoghi consueti del mondo interiore e mentale d’Ignazio. E della sua proposta apostolica di domenicano. Fin dal suo primissimo insegnamento in Pistoia alla riapertura dello Studium della Provincia Romana (1955), protratto fino al 1977, segnato da acuta capacità didattica d’arricchire la tradizione con differenti mondi culturali (aveva rifinito la propria formazione nello studentato della Holy Name Province in California). Poi - a partire da autunno 1977 - la continuata residenza fiorentina, intervallata da periodi d’insegnamento e tutorship in remoti centri di studio. Radicamento e mobilità. Impronte di famiglia d’origine (residente in Molfetta, dove Salvatore è nato), esposta all’emigrazione e al nuovo. Egli è stato attivo nel dialogo con gli ambienti universitari, e nella presa di posizione a favore della classe dei poveri, suscitando viva ammirazione la sua acuta intelligenza nel discriminare nel crogiuolo degli eventi il fermento dei segni del tempo e nel prospettarne l’orizzonte evangelico e teologico. La comunità domenicana ne serba qualificatissima memoria nei periodici «Vita sociale» e «Memorie domenicane»; dono fecondo, specie per i giovani in formazione. I suoi studenti ne serbano la capacità mentale di chiedersi i “perché”, per rinnovare assensi consapevoli. I suoi amici il piacere della convivialità. Requiescat in pace. <Convento SMN> |
►Mito di Enea e crisi mendicante (1999) ►Alle origini della "teologia umanistica" (2000) ►Lorenzo Valla. Umanesimo, Riforma e Controriforma. Introduzione (2002) |
Ignazio (Salvatore) Camporeale domenicano «Memorie domenicane» 33 (2002) V (E. Panella, febbr. '03). |
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Necrologium «Dominican history newsletter» 11 (2002) 8-9. |
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Studia Humanitatis: Special Supplement to «Modern Language Notes», Edited by Walter Stephens
John Hopkins University Press 2004 ARTICLES Walter Stephens. Preface, pp. 1-3 William A. Wallace. An Encomium for Salvatore Camporeale - A Tale of Two Dominicans, 6-15 Cesare Vasoli. Ricordo del P. Salvatore Camporeale: lo studioso di Lorenzo Valla, 16-40 Michele Ciliberto. Salvatore Camporeale e gli studi sull'Umanesimo, 41-46 Nancy Struever. Garin, Camporeale, and the Recovery of Renaissance Rhetoric, 47-55 Jean Dietz Moss. Rhetoric, the Measure of All Things, 56--65 Christopher S.Celenza. Lorenzo Valla, "Paganism", and Orthodoxy, 66--87 Pauline Moffitt Watts. The Donation of Constantine, Cartography, and Papal Plenitudo Potestatis in the Sixteenth Century: A Paper for Salvatore Camporeale, 88-107 Guglielmo Gorni. Filologia materiale, filologia congetturale, filologia senza aggettivi, 108-119 Susanna Barsella. The Myth of Prometheus in Giovanni Boccaccio's Decameron, 120-141 Thomas M. lzbicki. The Origins of the De ornatu mulierum of Antonius of Florence, 142-161 Christine Smith. The Apocalypse Sent Up: A Parody of the Papacy by Leon Battista Alberti, 162-177 Melissa Meriam Bullard. Storying Death in the Renaissance: The Recapture of Roberto di Sanseverino (1418-1487), 178-200 Walter Stephens. When Pope Noah Ruled the Etruscans: Annius of Viterbo and his Forged Antiquities, 201-223 Marjorie O'Rourke Boyle. Machiavelli and the Politics of Grace, 224-246 Charles Dempsey. Sicut in utrem aquas maris: Jerome Bosch's Prolegomenon to the Garden of Earthly Delights, 247-270 Giancarlo Fiorenza. Fables, Ruins, and the "bell'imperfetto" in the Art of Dosso Dossi, 271-298 Gérard Defaux. Facing the Marot Generation: Ronsard's giovenili errori, 299-326. |
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Michele Ciliberto, Salvatore Camporeale è conosciuto anzitutto come un importante studioso dell'Umanesimo e del Rinascimento, ma, nella sua lunga e feconda vita è stato anche qualcosa di altro e di diverso. Da giovane fu, ad esempio, assai impegnato nella discussione che investì la Chiesa cattolica, e in generale il mondo cristiano fra la seconda metà degli anni '50 e gli anni '60, nel quadro di una discussione che trovò un suo punto di approdo fondamentale nel Concilio Vaticano Il promosso da Giovanni XXIII. Furono gli anni della sua assidua partecipazione a «Vita sociale», una rivista che diede un contributo assai importante al dibattito religioso e più in generale politico di quegli anni per tanti aspetti decisivi. Furono, quelli, anche gli anni del suo soggiorno a Pistoia, così importanti sia per la sua maturazione religiosa che per la sua formazione di studioso, grazie anche alla possibilità di consultare un'importante biblioteca dotata sia di fondi antichi che moderni. Negli anni successivi, dopo la crisi di quell'esperienza, Camporeale non amò tornare con il ricordo sull'esperienza pistoiese, ma essa fu, da molti punti di vista, un passaggio decisivo di tutta la sua vicenda intellettuale e anche umana: fu in quegli anni, ad esempio, che stabilì un'amicizia destinata a durare fino alla fine della sua vita con Armando Verde, autore del fondamentale lavoro sullo Studio fiorentino. Ma non meno significativa è stata, per almeno un trentennio, il rapporto di studio e di lavoro che Camporeale ha avuto con Villa I Tatti e, in generale, con il mondo culturale americano (era stata peraltro ordinato sacerdote proprio negli Stati Uniti). A questo |42| proposito credo si possa dire senza tema di essere smentiti, ma registrando quella che è stata la pura verità, che Camporeale è stato una sorta di vero e proprio trait d'union tra due mondi, consentendo agli americani di avere un rapporto meno scontato e senza pregiudizi con l'Italia e agli italiani di guardare con interesse e attenzione a quello che gli americani venivano producendo in un campo di studi così europeo - anzi italiano - come fl Rinascimento. Ma Camporeale è stato capace di svolgere un lavoro di questo genere, perché è stato un profondo conoscitore di entrambi questi mondi così vicini e al tempo stesso così lontani da risultare per molti aspetti reciprocamente indecifrabili. Formatosi alla scuola di Garin, cioè nel centro più importante degli studi sul Rinascimento in Italia e in Europa negli ultimi cinquant'anni, ha avuto rapporti profondi cori studiosi come Gilmore, Craig Smith, Trinkaus, muovendosi sempre con piena libertà sia con gli uni che con gli altri, muovendosi con sicurezza in una sorta di territorio di frontiera di cui conosceva tanto l'importanza quanto le difficoltà. Ho avuto il piacere di conoscere Camporeale da studente, nella Facoltà di Lettere di Firenze, prima a San Marco (per un solo anno), poi a Piazza Brunelleschi, dove nel 1963 si trasferì l'attività della Facoltà in cui avevano insegnato Pasquali, Limentani, Paoli e altri grandi maestri. Camporeale in quegli anni, non era mai solo, ma era sistematicamente affiancato da Armando Verde: costituivano, si potrebbe dire, una sorta di 'coppia fissa'. Se si vedeva l'uno, voleva dire che l'altro era sicuramente nei paraggi. Eravamo tutti noi assai colpiti da quei due domenicani, con la loro veste bianchissima; e soprattutto ci incuriosiva vedere questi due 'cucullati' che come una sorta di gendarmi, affiancavano Garin, con il quale erano soliti discutere in modo molto intenso. Ci colpiva molto il fatto che il nostro amatissimo maestro mostrasse di apprezzarli e di discutere con loro con molto piacere. Ma anche quello era un segno, se si vuole, dei tempi che stavano cambiando. Antiche diffidenze si erano ormai consumate ed era più facile ormai, a tutti i livelli, un fecondo colloquio fra laici da un lato, 'chierici' dall'altro. Non che Garin non avesse avuto altri allievi sacerdoti (era stato per esempio correlatore della tesi di laurea di Ernesto Balducci), ma certo in quegli anni del 'dialogo alla prova' (come si chiamava un importante libro curato da Mario Gozzini) il dialogo, pur sempre esistito, era diventato più facile, più scorrevole, un fatto naturale. Ma alla base della considerazione che Garin aveva per quei due 'cucullati' c'era un elemento particolare, messo agli atti dallo stesso Garin nella sua edizione delle Intercenali di Leon Battista |43| Alberti: erano stati proprio Camporeale e Verde che gli avevano segnalato il codice nel quale Carin aveva 'riconosciuto', come egli scrive, i testi albertiani ai quali egli avrebbe dedicato da allora in poi molte delle sue cure, ridelineando in modi per certi aspetti nuovi la sua interpretazione complessiva del Rinascimento. è sempre sbagliato stabilire corti circuiti tra situazioni storiche e contributi di carattere culturale; ma non credo ci siano dubbi nel fatto che nei lavori di Camporeale e in modo particolare in quello su Valla, Umanesimo e teologia (Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1972) siano individuabili dei collegamenti effettivi fra il nuovo clima politico e soprattutto religioso che si stava creando in Italia, come sopra si è accennato, alla svolta degli anni '60 del secolo scorso. Furono anni di discussioni assai ampie, che coinvolgevano molti problemi che sarebbero poi esplosi nel '68, e ai quali oggi occorrerebbe saper guardare con occhio da storico, alla giusta distanza. Furono anni di trasformazioni profonde, che investivano sia lo Stato che la Chiesa e soprattutto quello che con termine ambiguo si usa chiamare 'società civile' ma - e anche su questo si è già richiamata l'attenzione - fu un periodo nel quale entrarono in una nuova fase assai più feconda i rapporti fra laici e chierici, fra Stato e Chiesa, qualcosa che poi successivamente si è perduto, per reciproche responsabilità, forse o, più precisamente, per un complessivo esaurirsi di tradizioni culturali e politiche e per certi aspetti anche religiosi. è stato, questo, del resto, uno dei tratti specifici di tutta la storia nazionale italiana, dal Rinascimento al Risorgimento, fino a noi: in un saggio molto bello del 1987 Carlo Dionisotti, discorrendo di questi temi, concludeva con una battuta che ancora colpisce per lucidità e radicalità: «Era, e ancora è in Italia - egli scriveva - uno stato vicario della Chiesa». Se si tiene conto di tutto questo - e dello snodo che quegli anni hanno comunque rappresentato nella nostra storia - si capisce bene che per Camporeale sia la sua attività di redattore di «Vita sociale», sia i suoi lavori su Valla e sull'umanesimo italiano erano aspetti di una sola ricerca che, muovendo da preoccupazioni di quel presente, si sforzava di gettare luce su problemi che da sempre angustiavano la coscienza italiana, sforzandosi di proiettarli in un'altra prospettiva. La stessa rivista «Memorie domenicane», alla quale dedicò molte di queste sue energie, fu uno dei punti di convergenza di questo suo lavoro. Nell'introduzione di Garin al libro su Lorenzo Valla si sottolineavano due meriti di |44| Camporeale: anzitutto la capacità di leggere i testi valliani nell'autenticità delle loro stesure, con una particolare attenzione alla diacronia - e alle varianti - degli scritti valliani; in secondo luogo la capacità di ricollocare questi scritti nel contesto degli interessi e delle discussioni reali da cui esse emersero. In altre parole, Camporeale aveva il merito di inquadrare Valla nella storia dell'Umanesimo italiano, ricollegandosi a quelle che erano state le linee di forza della migliore storiografia intorno a Valla. E questo Garin lo sottolineava in modo particolare. Da questo punto di vista Camporeale con il suo lavoro veniva inserito nel quadro della storiografia fiorentina sul Rinascimento, quale si era venuta delineando da Tocco a Gentile fino allo stesso Garin. Sul filo di questa riflessione di carattere più strettamente storiografico, forse può essere interessante approfondire questo lavoro di contestualizzazione del libro di Camporeale da una diversa distanza, cercando di dire come ci appare oggi quel lavoro, all'inizio del XXI secolo, quando molte cose cominciano ad apparirci più chiare. Di fatto - ed è questo che mi preme sottolineare - quel libro stava al centro di un complessivo ripensamento e riconcettualizzazione degli studi umanistici e rinascimentali, ai quali proprio in Italia in quegli anni si stava dando mano. Se si considera quale fosse stato fino a quel momento la linea dominante sul piano interpretativo dell'Umanesimo e anche del Rinascimento, non c'è dubbio che si debba fare riferimento all"Umanesimo civile' di Garin o al 'Civic Humanism' di Hans Baron. Non che non fossero attive altre linee interpretative, soprattutto in America - da Kristeller, anzituttto, a Trinkaus - ma in Italia, a quella data, dominante era il principio - verrebbe da dire - dell'Umanesimo civile quale era stato delineato nella monografia di Garin sull'Umanesimo italiano uscita prima in tedesco nel '47, poi in italiano nel '49. Tanto era forte quella impostazione, che lo stesso Garin, in un libro del '65 si sforzò di mettere alla prova il rapporto tra Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano, cercando di mostrare quanto fosse stata decisiva la nuova concezione del mondo elaborata dagli umanisti nella costituzione della scienza moderna. Se, su questo sfondo, consideriamo gli anni '70 del secolo scorso, ai quali risale il primo libro di Camporeale su Valla, è facile constatare che si produce allora una profonda trasformazione di criteri interpretativi destinati a cambiare in profondità il punto di vista sul Rinascimento. Per venire all'Italia, e allo stesso Garin, nel 1975 e nel 1976 vengono pubblicati due volumi: il primo, Rinascite e Rivoluzioni, il secondo, Lo zodiaco della vita, nei quali il problema dell'Umanesimo civile è trattato in modi e toni per molti aspetti diversi e addirittura nuovi. Non che Garin si |45| distacchi da quanto aveva detto in tanti libri precedentemente pubblicati, ma, certo, ne delimita la centralità, concentrando la sua attenzione su tematiche su cui già si era soffermato, ma che ora assumono valore del tutto centrale e in ogni caso sovrastano l'antico interesse per l'Umanesimo civile. In primo piano risalgono i problemi della magia e dell'astrologia sui quali si era già soffermato nei primissimi anni '50 e fondamentale diventa il problema dell'ermetismo del Rinascimento, sul quale Garin pubblica un prezioso libretto nel 1987. Né si tratta solo del lavoro di Garin, ma di un più ampio svolgimento degli studi che mette al centro, attraverso il richiamo alla magia e all'ermetismo (due nodi teorici e storiografici che vanno accuratamente distinti, pur nella consapevolezza di tutto ciò che li connette), il problema del rapporto tra Rinascimento e rivoluzione scientifica moderna, intorno a cui si apre negli anni '70 un amplissimo dibattito sia in Italia e in Europa che in America. Né si tratta solo dell'ermetismo e della magia; da quella reimpostazione complessiva del campo critico e storiografico discendono nuovi e originali letture di autori classici, per non dire canonici, come Machiavelli o Leon Battista Alberti, nel vivo di un ripensamento del rapporto tra Rinascimento e mondo moderno che si situa, con grande consapevolezza, al di là dei modelli critici burckhardtiani, messi in discussione anche attraverso una ripresa e una rielaborazione di classiche - e troppo trascurate - linee di ricerca indicate da Konrad Burdach. Da questo punto di vista è significativo anche lo spostamento di asse interno alla ricerca dello stesso Vasoli, per quanto riguarda gli studi italiani, come risulta chiaro dall'affiorare e dall'imporsi nella sua ricerca di temi concernenti l'esperienza religiosa, apocalittica, il tema cosi decisivo e cruciale alla fine del '400 della fine del mondo. Ad essere più espliciti, è lì che comincia a definirsi quella interpretazione in chiave tragica del Rinascimento italiano che si è progressivamente imposta nell'ambito dei nostri studi. Su questo sfondo di problemi un punto oggi ci appare sempre più chiaro, proprio dal punto di vista degli studi di storia della storiografia: voglio dire lo stretto rapporto fra l'interpretazione in chiave civile dell'Umanesimo e la storia degli intellettuali italiani e europei del XX secolo, nel fuoco dell'esperienza dei totalitarismi moderni, con particolare riferimento a quello fascista in Italia e a quello nazista in Germania, sempre più appare chiaro come la rivendicazione della Florentina libertas sia stata qualcosa che aveva a che fare, oltre che con la Firenze dei grandi cancellieri fiorentini, con eventi e scadenze essenziali della storia contemporanea europea, dal configurarsi in |46| termini drammatici del problema così tipicamente rinascimentale dell'individuo e dell'individualità in una situazione storica nella quale, come aveva, negli anni '40 dell'800 profetizzato Tocqueville, eguaglianza e libertà nella pluralità delle loro accezioni, si erano drammaticamente e drasticamente contrapposte. è in quest'ampia reimpostazione delle ricerche sul Rinascimento, è in questo radicale mutamento di punto di vista che si situano le ricerche di Camporeale su Lorenzo Valla, e più complessivamente tutte le ricerche che egli viene svolgendo: dell'Unianesimo civile si parla ma in genere senza enfasi; mentre invece si insiste sul nesso tra Umanesimo e teologia, tema già di per sé originale e interessante, ma particolarmente innovativo in una tradizione come quella italiana. E tutto ciò facendo forza su un personaggio eccezionale, e pur tanto a lungo studiato, come Lorenzo Valla. Se si volesse misurare l'importanza del lavoro di Camporeale, basterebbe mettere a confronto le sue ricerche con quelle pur così significative di Giorgio Radetti e Franco Gaeta, autore quest'ultimo di un libro tuttora assai interessante sull'Umanesimo italiano e su Valla. è da questo nucleo di problemi, concentrato sul nesso tra teologia e umanesimo, che si diramano negli anni successivi quelle che sono state le linee di ricerca più notevoli e significative della ricerca di Camporeale, a cominciare dagli studi su Savonarola, nelle quali si è espresso, come in quelle su Valla, un nuovo punto di vista complessivo sul Rinascimento italiano, maturatosi in quel crogiolo di esperienze civili, culturali e storiografiche che furono gli anni '60 e '70 sia in Italia che nel resto del mondo. Università di Pisa |
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PAOLO VITI, Ricordo di Salvatore Ignazio Camporeale, «Memorie domenicane» 35 (2004) 1-9. MARIANGELA REGOGLIOSI, Il contributo di Salvatore Camporeale alla teologia e alla storia della Chiesa, ib. 35 (2004) 11-22. VALERIO DEL NERO, La Riforma e le origini della Controriforma negli studi di Camporeale, ib. 35 (2004) 23-27. |
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