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c. Caso di Giordano da Pisa.

Di fr. Giordano da Pisa la Cronaca scrive:

«vocatus per obedientiam a fratre Americo de Placentía, nostri ordinis tunc magistro, ut iret Parisius ad legendum et deberet magistralibus infulis insigniri, in Placentia inter manus dicti magistri et aliorum proborum cum summa devotione emisit spiritum…, cuius felicissimus transitus fuit M°ccc°xj° de mense augusti, infra octavas Sancte Marie matris Dei et virginis gloriose» (Cr Ps n° 107, ed. 452).

Americo da Piacenza, maestro dell’ordine dal 1304, dette le dimissioni nel capitolo generale Napoli 1311, convocato per la domenica tra l'ottava dell'Ascensione e celebrato, come d'abitudine, nella settimana di Pentecoste («Admittimus cessionem magistri ordinis, quam a nobis humiliter postulavit, ipsum a magisterio ordinis absolventes», MOPH IV, 55/20-2; convocazione del CG Napoli 1311: MOPH IV, 50/17-19).

La Pentecoste 1311 cadeva il 30 maggio, e la settimana di Pentecoste andava dal 30 maggio al 5 giugno. In agosto 1311 fr. Americo non era più maestro dell’ordine; gli era succeduto quale vicario generale dell’ordine Berengario di Landorra, provinciale di Tolosa, dal capitolo Napoli 1311, e quale maestro dell’ordine eletto dal capitolo generale Carcassona 1312 (MOPH IV, 56/2). Il 1311 della Cronaca non può che essere dello stile pisano. Giordano da Pisa morì in Piacenza entro l’ottava dell’Assunta, cioè tra 16 e 21 agosto 1310. Nel 1310 il capitolo generale fu tenuto proprio a Piacenza: convocato tra l’ottava dell’Ascensione, celebrato nella settimana di Pentecoste, 7-13 giugno 1310 (MOPH IV, 45/8-10; IV, 45-50). I dati si ricongiungono eccellentemente e si confortano a vicenda. A fine capitolo Americo si trattiene in Piacenza, sua città natale. Giordano, sulla strada di Parigi per leggervi le Sentenze del Lombardo in ordine al magistero in teologia, fa sosta a Piacenza, tappa obbligata lungo la via francigena per chi proveniva dalla Toscana attraverso monte Bardone (passo della Cisa: R. Stopani, Guida ai percorsi della via Francigena in Toscana, Firenze 1995; La Via Francigena. Una strada europea nell'Italia del Medioevo, Firenze 1996); lì, tra 16 e 21 agosto 1310, è colto dalla morte. Il maestro dell’ordine Americo assiste al trapasso.

Da settembre 1309 a maggio 1311 priore provinciale della provincia Romana era Remigio dei Girolami. Giordano l’aveva sostituito nel lettorato fiorentino (1303-1307 circa) quando maestro Remigio era stato chiamato a insegnare in San Domenico di Perugia, studium curiae perché la città perugina ospitava la curia romana. Alla decisione d’inviare Giordano a leggere le Sentenze in Saint-Jacques di Parigi in ordine al conseguimento del magistero in teologia, non poté essere estraneo Remigio; la presentazione del candidato spettava per costante tradizione al capitolo provinciale presieduto dal priore provinciale, ed era confermata dal capitolo generale o maestro dell’ordine. Al capitolo generale dei priori provinciali tenuto in Piacenza 1310 partecipò anche il provinciale Remigio. E in Piacenza, con tutta verosimiglianza, costui scrisse il 12 giugno 1310 la lettera alla confraternita San Pietro Martire di Milano.

Per lo studio di fra Remigio dei Girolami († 1319), Pistoia (MD 10) 1979, pp. 226-27; Unintroduzione alla filosofia in uno “studium” dei frati Predicatori del XIII secolo. “Divisio scientie” di RdG, MD 12 (1981), pp. 64-56.

Arch. di Stato di Milano, Archivio generale del Fondo di Religione, cartella 1104 (voce d’inventario «Eustorgio... scuola dei Signori quaranta crocesignati della Compagnia di S. Pietro Martire: 1310-1741»), foglio volante di mano settecentesca recante la nota: «1310, 12 Giugno, Patente di F. Remigio dell’Ordine de’ Predicatori nella Provincia di Roma Priore Provinciale, con quale concede alli scuolari della scuola del B. Pietro Martire presenti e futuri, la participazione di tutto il bene che si fà in tutta la sua religione, et come da essa autentica». La pergamena («come da essa autentica») da cui l'anonimo autore del foglio trae le notizie non è più rintracciabile tra quelle del fondo diplomatico di Sant'Eustorgio né del fondo Consiglio degli orfanotrofi e del Pio Albergo Trivulzio, Orfanotrofio maschile, Inquisizione Milano. Confrontando il testo del foglio volante surriportato con la notizia data dal Caffi nel 1841 nella parte relativa a fr. Remigio, propendo a credere che il Caffi non attingesse direttamente dalla pergamena (forse già andata perduta) ma dal medesimo foglio volante: «Questa appunto ritengo fosse quella società del beato Pietro Martire, alla quale frate Umberto [da Romans], generale dell'Ordine dei Predicatori, nel giorno 8 giugno dell'anno 1255 concede (secondo la pergamena del museo Trivulzio) la comunione delle buone opere e de' suffragi che si facevano nella sua religione; e alla quale in particolare frate Remigio provinciale della Provincia Romana dell'Ordine stesso concede (secondo altra pergamena in data 12 giugno 1310 ch'era già nell'archivio di Sant'Eustorgio) la partecipazione di tutto il bene spirituale» (M. CAFFI, Della Chiesa di S. Eustorgio in Milano, Milano 1841, p. 106). Dal Caffì G. MEERSSEMAN, Les confréries de Saint Pierre Martyr, «Arch. Fr. Praedic.» 21 (1951) 69 n. 44; ID., Ordo Fraternitatis. Confraternite e pietà dei laici nel medioevo, Roma 1977, vol. II, p. 773. Il capitolo generale di Piacenza fu celebrato, come ricordato, nella prima settimana di giugno 1310; verosimilmente Remigio inviò la lettera del 12 giugno 1310 da Piacenza stessa, dietro richiesta dei capitolari della provincia della Lombardia superiore, cui apparteneva il convento milanese.

Il provinciale e maestro Remigio, già molto avanti negli anni, preparava in fr. Giordano il nuovo maestro in teologia per la provincia Romana. Morto Giordano, sarà il romano fr. Matteo degli Orsini a succedere a Remigio nel magistero in teologia nella provincia Romana.

MOPH IV, 75/6-7; XXII, 135; AFP 8 (1938) 28 n. 12, 30-31, 35, 63. J. KOCH, Die Jahre 1312-1317 im Leben des Durandus de Sancto Porciano O.P., in «Miscellanea F. Ehrle», vol. I (Studi e Testi 37), Città del Vaticano 1924, pp. 277-78. Ricordo che, prima dell'inflazione del magistero in teologia che prende il via nell'ultimo quarto del xiv secolo, i maestri in teologia sono soltanto eccezionalmente più d'uno in ciascuna provincia dell'ordine dei Predicatori: cf. HINNEBUSCH, The history..., vol. II, New York 1973, pp. 59, 65, 68-70.

Nuove congruenze temporali generano significati e rapporti storici prima insospettati.

d. «Frater Angelus de Lanfreducciis… dum in studio generali esset Florentie, transivit ad flores et fructus amenitatis eterne. 1341 aprelis» (Cr Ps n° 164, ed. 506). Computo pisano, in incastro con fonti fiorentine: Angelo tra le vittime della peste 1340 (Necr. I, 365; II, 524b).

e. In ottobre 1406 Firenze sottomette definitivamente la città rivale. A ridosso dell'occupazione taluni notai e amministratori pisani adottarono le consuetudini dei padroni. Innovazione senza seguito. Ma talune testimonianze documentano l'esitazione degli inizi. Cr Ps ff. 39r-40v, ripresa 1411 di Simone da Cascina, dalle poche carte e pochissime date annuali, si lascia andare in fatto di cronologia allo stile fiorentino. Cronica di Santa Caterina in Pisa..., MD 27 (1996) 263-64, 291.

4. Gli Annali

Gli Annali del convento pisano, iniziati nel 1550, rielaborano nel libro primo il materiale della Cronaca. Il proemio così annuncia il contenuto del libro primo:

«Primus gesta omnia ab ipso conventus ortu usque ad annum dominicae incarnationis 1489 more pisano continet, quem in omnibus enumerandis annis servaturi sumus» (Pisa, Biblioteca Cateriniana 42, prime due pagine non numerate).

L’annalista aveva davanti a sé il medesimo nostro documento della Cronaca. È improbabile che la dichiarazione circa l’uso dello stile pisano fosse frutto d’analisi condotta sulle date della Cronaca. L’annalista più semplicemente fa eco a una tradizione di convento, inserito in una tradizione cittadina. L’adeguazione allo stile pisano era spontanea e consona alla convivenza cittadina. Così come spontanea è l’adeguazione allo stile fiorentino della Cronaca di SMN di Firenze e a quello senese (coincidente con quello fiorentino) della Cronaca di San Domenico in Camporegio di Siena.

NB - Rimuovi, qui, ogni riferimento ad Ignazio Manardi. Cf . MD 21 (1990) XXXIII n. 7.

Gli Annali, sulla scia della Cronaca  -  come essi stessi dichiarano  -  si attengono allo stile pisano.

Di fr. Francesco d’Antonio Trombetta fiorentino si dice: «filius conventus Sancti Marci, electus <prior> fuit ..(lacuna).. octubris MCDXC... ; in capitulo autem Congregationis absolvitur, anno uno necdum elapso» (Annali 608). Fr. Niccolò da Catignano riceve l’abito domenicano «decima octava aprilis MCCCCLXXXXI a fratre Francisco Trombettae priore» (p. 614). Il Trombetta «ex hac luce migravit MCCCCLXXXXI» (p. 619). Secondo la Cronaca di San Marco di Firenze, Francesco Trombetta morì il 19 settembre 1490. Subito dopo la registrazione della morte del Trombetta, l’annalista pisano registra «Frater Marcus ab Antilla, patria florentinus, duodecim interpositis diebus, kalendis scilicet octobris, predictum [scil. Francesco Trombetta] sequutus est» (Annali 619), che suppone  -  sotto la penna dell’annalista  -  l’anno «MCCCCLXXXXI» data tre righi sopra, alla morte del Trombetta. Marco dall’Antella morì, secondo la testimonianza della Cronaca di San Marco, in Pisa il 1° ottobre 1490[1]. Tutt’e quattro le date degli Annali (la quarta implicita ma reale) sono dello stile pisano, contro quello fiorentino della Cronaca di San Marco.

[1]A.F. Verde, La Congregazione di San Marco…, MD 14 (1983) 204 n° 12 (il "Trombetta” del cronista pisano è ingentilito in “de Tubicinis” da quello fiorentino), 165 n° 6.
Per i dati relativi agli Annali mi sono avvalso della consulenza di A.F. Verde o.p.

Lista dei priori e termini dei priorati (Annali 608-09):

fr. Francesco d'Antonio Trombetta da Firenze: ottobre 1490/89; «absolvitur anno uno necdum elapso», prima di giugno 1491/0, inizio del priorato successivo. Il Trombetta muore il 19 settembre 1490 (stile fiorentino).

fr. Tommaso di Francesco Busini da Firenze: giugno 1491/0; «sedit anno uno», al massimo fino a maggio 1492/1, inizio del priorato successivo.

fr. Ludovico Calabro: maggio 1492/1; «ante annum expletum absolvitur», prima d’aprile 1493/2, inizio del priorato successivo. Sottopriore fr. Arcangelo Bonetti da Brescia.

fr. Antonio da Cremona: aprile 1493/2; «ultra annum unum non sedit». Sottopriore Arcangelo da Brescia.

fr. Onofrio da Parma: 1494/3 - 15 agosto 1495/4. «Sedit hic pater venerabilis usque ad festum Assumptionis MCDXCV; nam eo die conventus novam passus est mutationem, translatus ad Congregationern Sancti Marci» (p. 609). Sottopriore Arcangelo da Brescia, cui succede fr. Felice da Gardino.

L'ed. degli Annali nel corso della notizia sul priorato di fr. Onofrio da Parma (pp. 608-09) ha un infelice capoverso che può trarre in inganno: «Frater Archangelus supprior. Sedit hic pater venerabilis usque ad festum Assumptionis MCDXCV». «Sedit» ha per soggetto non il sottopriore Arcangelo ma il priore Onofrio; il termine è usato regolarmente dall’annalísta per indicare il periodo della carica dei priori; l’appellativo «pater venerabilis» conviene a Onofrio, di cui l’annalista narra le cariche di prestigio che lo fanno «vir... magni nominis et auctoritatis», non al sottopriore Arcangelo.

S'intrecciano con questi priorati pisani taluni fatti della biografia di fr. Girolamo Savonarola. Di fr. Stefano da Codiponte gli Annali dicono che entrò in religione «aprilis MCCCCLXXXXII, priore fratre Thoma Busino. Anno probationis currente, ad saeculum redire, a diabolo tentatus, tentavit; iamque vestes suas sibí reddi petierat, quum praedicationibus venerabilis patris fratris Hieronymi Savonarolae, qui in ecclesia nostra praedicabat, commotus, in sancto proposito confirmatus est; et kalendis maii MCCCCLXXXXIII, in manibus fratris Archangeli Brixiensis supprioris, professionem fecit, et usque ad mortem perseveravit» (Annali 615). Una lettera di Girolamo Savonarola, che conferma Stefano nella vocazione, è datata Firenze 22 maggio 1492.

Girolamo Savonarola, Lettere e scritti apologetici, a c. di R. Ridolfi, V. Romano, A.F. Verde, Roma 1984, 24-26. Confrontato col testo degli Annali di Pisa il Gherardi propone di correggere la data della lettera savonaroliana, intendendola  -  sebbene data a Firenze  -  in stile pisano: 22.V.1492/1 (A. Gherardi, Nuovi documenti e studi intorno a Girolamo Savonarola, Firenze 1887, 384; a p. 383, dove si riporta il documento pisano sulla professione di fr. Stefano, si scrive «in manibus fratris Archangeli Brixiensis superioris» in luogo di supprioris). Il Ridolfi (Vita di Girolamo Savonarola, Firenze 1981, 70, 718-19 n. 12) e gli editori delle Lettere (op. cit. pp. 343‑44) mantengono la data fiorentina 22.V.1492.

Stefano (messer Spina al secolo) di Bartolomeo da Codiponte (dioc. Luni) entra in religione in aprile 1492/1 durante il priorato di Tommaso Busini; il priorato di costui termina non molto dopo, perché in maggio 1492/1 inizia quello di Ludovico Calabro. Durante il noviziato («anno probationis currente»)  -  entro gli estremi massimi aprile 1492/1 e 1° maggio 1493/2, data della professione  -  Stefano è tentato di recedere dalla vita religiosa, ma viene confermato nel proposito dalla predicazione del Savonarola in Santa Caterina di Pisa. Il 1° maggio 1493/2 Stefano emette professione nelle mani del sottopriore Arcangelo da Brescia durante il priorato di Antonio da Cremona. Da Firenze 22 maggio 1492 (dunque stile fiorentino, bisogna supporre) il Savonarola scrive a fr. Stefano esortandolo a perseverare nella vocazione. La lettera non fa menzione del noviziato o altro stato giuridico del destinatario né suppone che la crisi di dimettere l’abito sia ancora in atto; ma è indirizzata a Pisa «dilectissímo novitio Stephano Codiponte», quando costui aveva professato ventun giorni prima. Difficile contestare la sequenza intrecciata dei priorati e degli anni dei priorati dati dagli Annali, visto che la morte di Francesco Trombetta del documento fiorentino avvalora la fine del priorato del documento pisano, e la fine del priorato di Onofrio da Parma è confermata da altre testimonianze: Onofrio termina l'ufficio di priore il 15 agosto «MCDXCV» (= 1495/4), giorno in cui il convento pisano aderì alla Congregazione San Marco; l'annessione di Santa Caterina di Pisa alla Congregazione fu trattata e conclusa nel 1494, secondo documenti ufficiali rilasciati in stile della curia romana (Gherardi, Nuovi documenti 61-64). Il noviziato di Stefano è incontestabílmente da collocare tra aprile 1492/1 e  1°maggio 1493/2; tra i medesimi estremi cade di conseguenza la predicazione písana del Savonarola.

Resta l'incongruenza (se di reale incongruenza si tratta)[11] di «novizio» attribuito dalla lettera savonaroliana a Stefano quando costui aveva già professato. Bisogna pensare che la lettera, promessa a Stefano quando ancora novizio, fosse stata differita a motivo d’impegni più urgenti del Savonarola, e poi scritta a professione avvenuta? Le battute d’avvio sembrano dar plausibilità a tale tentativo di spiegazione: «Multis curis implicatus, non potui tuo desiderio satisfacere: quía et mei aliquando oblitus, non valeo cogitata ac desiderata implere». Si noti: cogitata ac desiderata. Il convento pisano non era ancora aggregato alla Congregazione San Marco, e non sorprende che il Savonarola non fosse al corrente della sopravvenuta professione di Stefano. Ma a rigore, se gli studiosi savonaroliani volessero a tutti i costi e per altre vie salvare la congruenza di «novizio» nella lettera in questione, potrebbero contestare il mese assegnato dagli Annali alla professione di Stefano; non certamente l’anno, che si conferma esatto e  -  con gli altri della sequenza priorale  -  in stile pisano.

MD 21 (1990) 347-48. C. Vasoli, Stefano da Codiponte: una breve vicenda savonaroliana, MD 29 (1998) 267-68; lettera del Savonarola a Stefano: Firenze 22.V.1492 (p. 263). DHN 15 (2006) 100, 152 n° 695.

[11] Sotto la spinta d'un processo d'omologazione del sistema formativo dei novitii e iuvenes iam professi nell'ordine domenicano, già avviata nel xiv secolo, l'antico e ben attestato novitius improfessus (abilitato a dettare il testamento) creerà per legge di polarità il novitius professus, distinzione attestata nel xvi secolo e stabilizzatasi in quello successivo. Uno spoglio sistematico delle fonti (specie delle cronache conventuali) potrebbe fissare con meno approssimazione i tempi dei trapassi. Soltanto qualche spigolatura: «Insuper et noviciis aliisque iuvenibus iam professis» (CG 1344: MOPH IV, 296). Un «magister competens» è preposto alla formazione «de noviciis acque adolescentibus fratribus», ma «eciam professi novelli non sacerdotes habeant magistrum et informatorem» (CG 1405: MOPH VIII, 118-19). E' raccomandata diligenza nella formazione «in noviciis quam in professis iunioribus fratribus» (CG 1468: MOPH VIII, 307). Cf. CG 1491 e 1494 (ib. VIII, 398, 419-20); CG 1501 (ib. IX, 13-14). Nel xvii secolo si stabilizzerà la categoria giuridica di novitius simplex e novitius professus (cf. V. FONTANA - G. LOCICERO, Constitutiones, declarationes et ordinationes capitulorum generalium sacri ordinis fratrum Praedicatorum, Romae 1862, pp. 318-25).

5. In consonanza con la tradizione conventuale e cittadina i frati del convento Santa Caterina di Pisa continueranno a usare lo stile pisano fino all’unificazione del computo nel Granducato di Toscana.

«Repertorio grande dell’Archivio di S. Caterina di Pisa nel quale vi sono notate tutte le Scritture, Bolle e Libri che in esso si contengono fatto al tempo del P. Maestro Orlendi priore del medesimo Convento quest’anno 1729 pisano». «Inventario dell’Archivio del Convento di S. Caterina di Pisa, fatto l’anno MDCCXXIX pisano»: R. Paesani, L’arcbivio e il fondo pergamenaceo di S. Caterina in Pisa, «Bollettino Storico Pisano» 42 (1973) 81, 86; cf. p. 99 n. 91 n° 352.

Il Liber vestitionum et professionum B (1713-1914) del convento fiorentino (ASMN I.A.20), dopo una fase d'esitazione durante i primi decenni del '700, passa stabilmente allo stile comune a partire dal 1750.

6. Un’ultima annotazione sul testo della Cronaca. Quando il cronista «elenca i morti durante la grande peste del 1348, egli segue lo stile comune, altrimenti li avrebbe elencati sotto l’anno 1349» (Delcorno, Giordano da Pisa 4 n. 3). Così è difatti. «Frater Iacobus Orlandi. Hic fuit primus qui obiit in anno maxime pestis M°ccc°xlviij°, que pene totum delevit orbem» (Cr Ps n° 182, ed. Cronaca 530 ss). «Pene totum delevít orbem». Il fatto trascende i confini comunali. Il cronista si adegua allo stile comune (da intendere della curia romana) su misura delle dimensioni della sciagura. Al pari del cronista di San Maria Novella, convento del medesimo ordine e provincia amministrativa. Costui usa lo stile di casa, il fiorentino, senza farne esplicita e superflua dichiarazione. Confrontato con la peste del 1348, avvia il doloroso elenco dei decessi con un’insolita rubrica: «Infrascripti fratres defuncti sunt tempore universalis mortalitatis anno Domini Mcccxlviij° usque ad fratrem Andream de Bardis exsclusive» (Cr SMN  f. 32r). L’universalità dell’evento è ribadita subito dopo: «totius orbis excidium», «fere due partes hominum decesserunt». «Hominum» non «fratrum». E puntigliosamente il cronista dichiara:

«anno nativitatis Christi M°ccc°xlviij° secundum modum romane curie, cum distinctione mensium et dierum, ut per hoc posteris pateat luce clarius verum esse quidquid in premissis confictum aut inoppinabile videretur» (ib. f. 32r).

S. ORLANDI, "Necrologio"..., vol. I, p. 65. In consonanza con la tradizione conventuale e cittadina i frati del convento Santa Caterina di Pisa continueranno a usare lo stile pisano fino all'unificazione del computo nel Granducato di Toscana: «Repertorio grande dell'Archivio di S. Caterina di Pisa nel quale vi sono notate tutte le Scritture, Bolle e Libri che in esso si contengono, fatto al tempo del P. Maestro Orlendi priore del medesimo Convento quest'anno 1729 pisano». «Inventario dell'Archivio del Convento di S. Caterina di Pisa, fatto l'anno MDCCXXIX pisano» (in R. PAESANI, L'archivio e il fondo pergamenaceo di S. Caterina in Pisa, «Bollettino Storico Pisano» 42 [1973] pp. 81, 86; cf. p. 99 n. 91 n° 352).

I frati di San Domenico di Pistoia usano lo stile «a circumcisione» nel Libro dei morti (1500-1564): Archivio Curia Vescov. di Pistoia II-A 12r. 1; a f. 13r si ha la sequenza dei decessi: 20.XII.1517, 26.XII.1517, 29.XII.1517, 20.II.1518. In Libro dei morti (1564-1659): Archivio Curia Vescov. di Pistoia II-A 12r. 2; a ff. 13v-14r si ha la sequenza: 1.XII.1566, 27.XII.1566, 29.XII.1566, 3.I.1567, 7.I.1567.

7. Conclusioni.

- L'anno della mortalità 1348 segue lo stile comune; ma non trascina con sé lo stile di tutta la Cronaca pisana. Questa, quando attinge dagli atti dei capitoli provinciali e generali (che usano lo stile comune), tradisce perplessità di comportamento: rispettare lo stile della fonte o adattarlo a quello locale? Talvolta rispetta il modello, talaltra adatta. Esita inoltre, al pari d’altre fonti pisane, nell’adeguazione al computo fiorentino a ridosso dell’annessione a Firenze 1406.

- Nessun altro dato, né della Cronaca né degli Annali, impone la datazione dello stile comune.

- Almeno tre casi espliciti della Cronaca impongono l'interpretazione dello stile pisano.

- Tutte le date degli Annali suscettibili di riscontro esterno sono dello stile pisano.

- L'annalista dichiara, testimoniando una consuetudine conventuale, che la Cronaca usa lo stile pisano e che a questo intende attenersi. E così fa.

- Medesima consonanza con gli usi cronologici locali si riscontra sia nelle cronache che in altri libri documentari dei conventi della medesima provincia Romana.

- Data la natura redazionale della Cronaca pisana, che in moltissimi casi registra decessi remoti al cronista e in sequenze non sempre sicuramente cronologiche, non avrei scrupoli a dar precedenza a testimonianze esterne certe contro quella della Cronaca. Ma in assenza di valida contestazione esterna, ai millenni delle date annuali della Cronaca relative al periodo che corre tra 25 marzo e 31 dicembre va detratta un'unità. E là dove l’indicazione del giorno e mese fa difetto (caso di gran lunga più frequente), le probabilità che l’evento sia occorso tra 25 marzo e 31 dicembre sono molto alte: il 77,26% contro il 22,74%.



finis

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