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frati spigolisti e spigolistri

■ chi sono costoro? ■ 

All'origine, vicende storiche dei domenicani toscani "filo-imperiali" 1326-1331, d'ispirazione rigorista: →Alla ricerca di Ubaldo da Lucca, «Archivum Fratrum Praedicatorum» 64 (1994) pp. 31-32, 37 ss, "Note di ricerca sugli Spirituali domenicani della Tuscia"; pagine qui da tener presenti. Ora torno alle testimonianze lessicografiche di "spigolista" e sinonimi, stimolato dai commenti e contributi dei lettori di quelle pagine.

E gli spigolisti della vita quotidiana? Li scopri rileggendo (specie in allusioni ed omissioni!) le cronache conventuali della medesima geografia.

Emilio Panella, dicembre 2014

 

absentia | 1321 | 1323 | 1341 | 1351 | 1565 |

 

GDLI | Parenti, Parole e storie | 2013 | 2014 | 2017 | 2018

 

..\nomen1\ubaldo42.htm | eretici

 imperseveranti | carcerati | vagabondi


Il lessema "spigolist(r)a" non compare nel grande dizionario del tempo, Uguccione da Pisa [ 1210], Derivationes, ed. E. Cecchini, Firenze 2004; lunga trattazione invece su spica -ce (da cui il volgare spiga, spigola), suoi derivati ed ampia ricaduta metaforica (II, pp. 1156-1157, §§ 11-16). Pressoché idem nel dizionario biblico Guillelmus Brito OFM, Summa Britonis sive Guillelmi Britonis Expositiones vocabulorum biblie [1250-70], ed. L.W. Daly and B.A. Daly, Padova 1975; cf. II, 741-742. Ma anche il silenzio rilascia informazioni!

E per le... ascendenze greco-latine del tempo (vere o presunte!) non ignorare l'altro manuale: Eberardo da Béthune, Graecismus [1212], ed. J. Wrobel, Breslau 1887.

Firenze, 18 giugno 1321: lettera del maestro generale dell'ordine domenicano acclusa agli atti del capitolo generale tenuto in Firenze:

«Noverint universi presentes literas inspecturi, quod nos frater Herveus[1], magister ordinis fratrurn Predicatorum, Petrus de Palude, magister in theologia, diffinitor Francia, Recuperus de Guardavalle Senensis, diffinitor provincie Romane, (...) auditis et eciam receptis in scriptis delacionibus contra fratres aliquos de Romana provincia, qui spirituales ab aliquibus vocabantur, diligenti prius inquisicione premissa, examinando delatos per sentenciam excommunicacionis et per preceptum et eciam iuramentum, non invenimus in predictis esse probatum contra eos aliquid contra fidem seu eciam bonos mores, nec eciam in eis invenimus singularitatem vite fundatam in aliqua heresi vel errore. Volentes igitur finem povere in predictis et quos non invenimus nocentes per aliquod contra eos probatum, seu eciam confessatum, salvare et excusare, ut de iure tenemur, ac in posterum precavere ne in nostro ordine et maxime in Romana provincia de predictis et circa predicta aliqua scandala oriantur, fecimus que sequuntur:

Primo determinamus omnes - nemine discrepante - et ex consciencia et de iure nichil esse probatum contra eos qui spirituales vocantur, seu confessatum per eos contra fidem et bonos mores et contra singularitatem vite in aliquo errore seu secta fundatam.

Secundo publice inhibemus et districtius ne aliquis frater singularitatem habeat in modo vivendi que de se induceret in scandalum vel errorem; et nullus frater singularis in oracionibus sive abstinenciis et modo vivendi quantumcumque eciam virtuoso, alios pro secta et colligacione fienda ad se trahere audeat quoquomodo, et penas imponimus contrarium facientibus valde graves.

Tercio prohibemus districte sub penis determinatis et gravibus ne aliquis ex proposito vel deliberacione et ex certa sciencia fratrem aliquem |p. 138| vel aliquos in communi spirituales vel de spiritu seu eciam spigolistas - vel quovis nomine significante sectam vel colliganciam singularem - appellare presumat.

Inoltre proibiamo severamente, e con specifiche e gravi punizioni, chiunque chiami volutamente un frate o un gruppo di frati col nomignolo di "spirituali", "dello spirito", "spigolisti", ed osi impiegare qualsiasi parola connotativa di "setta" o "congrega".

Datum Florencie, post capitulum generale, anno Domini m° ccc° xxi°, die xviii° iunii» (MOPH IV, pp. 137-138).

MOPH IV, pp. 228-236: lettere del maestro generale Hervé de Nédellec ai frati domenicani, 1321-1323. Nessun esplicito riferimento agli spigolisti toscani. Ma... taluni paragrafi sembrano sussurrare ai religiosi del tempo fatti e implicanze a loro familiari. Lettera da Firenze, in occasione del capitolo generale 1321: «Nec erubescatis evangelium, sicut quidam qui a veritate auditum avertunt et ad fabulas convertuntur, de quibus timendum est - quia non habent scienciam Dei - ne in periculosam insipienciam prolabantur» (MOPH V, p. 229, § secondo). Ancor più significativo è un brano della lettera del 1323, scritta in Barcellona in occasione del capitolo generale là celebrato; fa esplicito riferimento ai conflitti politici in terra d'Italia - papato incluso -, e loro ricadute sulla condotta dei frati italiani:

«Specialiter autem - quia sic ad presens requirit materia - presumptuosos illos ad rectitudinis viam per punicionem condignam intendo reduci, qui vocacione qua vocati sunt a Domino, non contenti, suave iugum religionis proiicere satagunt; et per amicorum potenciam - cum ordinis scandalo - ascensiones in hac lacrymarum valle sibi procurant abiecti esse, in domo Domini renuentes.

Ceterum, quia in diversis Italie partibus - guerrarum nimia concussione gravatis dirisque flagellis expositis - sanctissimus pater summus pontifex tanquam bonus pastor, toto posse pacem requirens, laborare non cessat oves sibi commissas de luporum ore salvare dispersasque ad caulas proprias revocare[2], decet ut tam pium, tam sanctum, tam Deo placitum studium, armis spiritualibus - quorum usum habetis - pro viribus adiuvetis. Ideoque vos exhortor in domino Ihesu Christo, et in remissionem peccatorum vobis iniungo quod ipsum communem sanctissimum patrem, cum suis fratribus dominis cardinalibus, in oracionibus vestris recommendatos habentes, Dei misericordiam imploretis, ut tempestuoso procellarum turbine quietato, rebellium cordibus induratis hactenus emollitis, tempora tranquilla desiderate serenitatis proveniant, et hostilis crudelitas ad se rediens, obediencie sancte matris ecclesie collum subdat» (MOPH V, p. 236, rr. 3-25).

- Cf. «Archivum Fratrum Praedicatorum» 64 (1994) pp. 31-32, 37-38, 50-51.

Lapina da Firenze (casa in borgo della Noce), eretica del Libero Spirito (1327); suo figlio era il domenicano fra Filippo del fu Lapo († 7.VII.1348). Inquietudini spirituali dei laici nella Firenze del '300.

Domenico Cavalca da Vicopisano OP (fl. 1300-1341).

Volgarizzamento del Dialogo di San Gregorio e dell'Epistola di S Girolamo ad Eustochio, a cura di G. Bottari, Pagliarini, Roma, 1764, p. 382:

«Piena è la lor casa di lusinghieri e di falsi spigolistri, piena è di conviti. È da piangere che li cherici, e monaci, che doverebbero a se medesimi vacare, e nelli loro monasteri segreti in orazione e in istudio stare, visitano le matrone e queste così fatte vedove, e fanno ad esse reverenza, e commendanle per alquanti danaruzzi e presenti che da loro ricevono» (da Parenti, Parole e storie p. 134).

I frutti della lingua, a cura di G. Bottari, Silvestri, Milano 1837, pp. 108-109:

«Ché chi volesse seguitare oggi la vita e la via di molti che tengono luogo delli santi, male capiterebbe. Perocché veggiamo che in luogo delli santi patriarchi sono oggi certi prelati e pastori, li quali le pecorelle di Dio non pascono, ma iscorticano [...]. Così in luogo delli santi profeti di Dio, sono oggi alquanti spigolistri ed ipocriti che si fanno profeti ed ingannano le genti semplici, dicendo loro sogni e visioni false. In luogo delli santi apostoli ed antichi religiosi e monaci, sono oggi alquanti incapucciati goditori, malcontenti degli voti della povertà e della castità, alli quali obbligati sono. In luogo delli martiri valenti e ferventi, sono oggi alquanti accidiosi ed oziosi spigolistri, e che non vogliono fare se non mangiare. In luogo delli santi antichi romiti del deserto di Egitto, sono oggi certi fraticelli, e sarabaiti, li quali ingannano le feminelle ed i semplici con loro falsi segni e sermoni ipocriti» (da Parenti, Parole e storie p. 134).

La esposizione del Simbolo degli Apostoli, a cura di F. Federici, Silvestri, Milano 1842, vol. II, pp. 102-103:

«Tutti sono tenuti a lavorare, se non quelli ministri della Chiesa, li quali sono molto occupati in ministrare li sacramenti, ed in ammaestrare li popoli. E questo lavorar si dee fare sì per domare lo corpo, sì per vivere di propria fatica, e sì massimamente per fuggir l'ozio e il pericolo dell'accidia. Onde si legge che sentendo s. Antonio nella solitudine grande molestia di cogitazioni e di accidia, pregò Dio e disse: O Signore, insegnami quel che io faccia. E incontinente gli apparve l'angelo in persona di un romito, che lavorava, e poi dopo un certo spazio si levava e orava. E poi che ebbe così fatto più volte, disse: Antonio, così fa' e scamperai. E poi disparve. Or generalmente dico che il lavoro è necessario, e come pessimi eretici sono da cacciare questi cotali oziosi spigolistri, che vogliono in ozio trovar chi dia loro le spese. Or questo sia qui detto in breve; ma chi di questa materia vuol più largamente trovare, legga nelli Instituti delli santi Padri nel trattato dell'accidia, e in quella opera che io feci contra li falsi spirituali» (da Parenti, Parole e storie p. 136).

1349-1351. Giovanni Boccaccio († 1375), Decameron V 10, 55-57:

«La donna, veggendo che egli nella prima giunta altro male che di parole fatto non l'avea e parendole conoscere lui tutto gongolare per ciò che per man tenea un cosí bel giovinetto, prese cuore e disse: «Io ne son molto certa che tu vorresti che fuoco venisse da cielo che tutte ci ardesse, sí come colui che se' così vago di noi come il can delle mazze; ma alla croce di Dio egli non ti verrà fatto. Ma volentieri farei un poco ragione con esso teco per sapere di che tu ti ramarichi; e certo io starei pur bene se tu alla moglie d'Ercolano mi volessi agguagliare, la quale è una vecchia picchiapetto spigolistra e ha da lui ciò che ella vuole, e tienla cara come si dee tener moglie, il che a me non avviene. Ché, posto che io sia da te ben vestita e ben calzata, tu sai bene come io sto d'altro e quanto tempo egli ha che tu non giacesti con meco; e io vorrei innanzi andar con gli stracci indosso e scalza e esser ben trattata da te nel letto, che aver tutte queste cose trattandomi come tu mi tratti».

Conclusione dell'autore § 5: «E se forse pure alcuna particella è in quella, alcuna paroletta più liberale che forse a spigolistra donna non si conviene, le quali più le parole pesano che' fatti e più d'apparer s'ingegnano che d'esser buone, dico che piú non si dee a me esser disdetto d'averle scritte che generalmente si disdica agli uomini e alle donne di dir tutto dí "foro" e "caviglia" e "mortaio" e "pestello" e "salsiccia" e "mortadello" , e tutto pien di simiglianti cose».

Remigio Nannini da Firenze [OP 1540 ca.,† 1580], Rime, a c. di D. Chiodo, Torino (Res) 1997.

Pgg 128-129, nota del curatore a proposito d'una lettera del Nannini, datata Venezia 18.V.1565 (dove il lessema spigolistri sembra suonare "presuntuosi", "intransigenti", "fanatici"):

«Si tratta di una lettera molto interessante per più di una ragione. Innanzi tutto rivolgendosi al Bartoli [= segretario del granduca di Toscana], le cui simpatie per lo spiritualismo valdesiano sono ben note, Remigio pare alludere alle sue composizioni poetiche giovanili, cioè al canzoniere per il Fiore [= nome simbolico della donna amata], definendole come compositioni spirituali, prova che già di per sé avvalora l'interpretazione qui data delle stesse; ma ecco il passo in questione:

"Havendo mostrato a V.S. già sono alquanti anni, certe mie compositioni spirituali, sopra le quali havendo havuto il parer suo, di cui ho fatto sempre quella stima ch'io debbo, ho preso ardire di farli vedere ancora la presente sestina, pur anch'essa spirituale, e prima ch'io la mandi fuori ne voglio il suo giudicio".

In secondo luogo la lettera è interessante perché Remigio vi discute le regole della sestina, polemizzando con quanti "dicono che i verbi e gli aggiontivi non si debbon tolerar nelle desinenze de sestine, né sanno addurre altra ragione se non perché il Petrarca non l'ha usato; della qual ragione, se ben fondata nell'autorità d'un tant'huomo, ho sempre fatto poca stima, perché il Petrarca non potette dir ogni cosa né usar ogni parola, o per non venirli in proposito o per non sovvenirli all'hora di qualche voce, che poi usata d'altri è stata tenuta per buona".

Continua poi citando l'uso di un verbo in rima (s'arriva, III 2) in una sestina petrarchesca (R.V.F, xxx) e difendendo nella propria l'uso di un aggettivo: "Non vedo ancora per che cagione un aggionto debba esser escluso dalla sestina, tornandovi bene, e non guastando il senso, & essendo la parola usata e buona: né so perché s'habbia tolerar l'aggionto e 'l verbo nelle desinenze del sonetto e della canzone e non della sestina, essendo pur anco quell'orazioni gravi. Io n'ho messo uno in questa, ch'è bianco [cf. p. 100: sestina XXIV, III 4], & voglio che vi stia, & dichino questi cimatori di rime - o come si dice spigolistri - ciò che vogliono"».

«Grande dizionario della lingua italiana» 19 (1998) 909-910 [me ne fanno copia in Bibl. di Parte Guelfa, 26.XI.2014; tieni conto dell'ultimo volume "Indice degli autori citati"], voce "Spigolistrerìa" = atteggiamento bigotto, sotterfugio.

"Spigolistro" (spegolistro, spigolisto, spigolistra), agg. Bacchettone, bigotto. - Per estens.: falso, ipocrita. - Anche sostant.

(...) Sacchetti [† 1400], 158: Egli è lunioco / minioco e spigolistro / e gran salmistro, / e ben centella / e favella per sugomera. Mazzei [1396]. I-159: Voglio sapere com'ella è saccente nella scrittura, e se 'l suo sia dettato di monaca o di romita o di spigolistra, o pur di comune donna. Giovan Matteo di Meglio [1427-57 ca.], LXXXVIII-II-146: Putta e giorgina spressa, / iscalzona aventata al mal ministra, / che troia par vie più che spigolistra. Bandello. 2-2 (I-670): Vi dico che cena né desinare sarà saporito già mai, e slavi pur per cuoco chi si sia, se non vi sono de le belle e leggiadre donne di brigata, intendendomi sanamente, ché io non ci vorrei pinzochere né spigolistre né vecchie, ma de le piacevoli, amorose ed oneste giovani. Marino, XI-6o: Spigolisti muffi, se la moneta è buona, perché non la prendete voi, ancorché 'l pagatore abbia le mani tignose? Giannone, 279: Era partito da Venezia il nunzio Piazza,... savio e discreto prelato,... ed in suo luogo fu rifatto un altro nunzio, monsignor Oddi, d'umor contrario, solenne picchiapetto e spigolistra. T. Valperga di Caluso. 52: Così noi tante tutto dì vediamo, / che fûro a' lor be' giorni Messaline, / poiché già 'l vecchio corpo è grinzo e gramo, / né più le vuole il diavolo, alla fine / divenir spigolistre. Landolfi, 2-64: Quando infine le parve opportuno, la spigolistra venne al fatto... Ma si sentiva che la picchiapetto... aveva qualcosa di inedito, una teoria personale.

2. Pedante, cavilloso, eccessivamente pignolo. - Anche sostant.

Caro, II-100: Il Capassone è di parere che quel favore avesse a dir favone, ma che il poeta fosse forzato dalla rima. Questi grammatici sono troppo spigolistri; a me basta che il favore gli venisse dalla fava, ed isgrammatichi poi chi vuole. Patrizi, 3-291: Non siamo noi così sottili spigolisti che vogliamo sapere per punto quanti sia e che proporzione abbia con l'acqua il limo che da essa è portato, né se ella è minima o massima parte di essa. S. Errico, II-2-I: Quando la lingua latina e greca era in uso nel comun parlare e s'imparava dalla nutrice dentro le fascie, non ci erano tante grammatiche e vocabulari di esse, né tanti satrapi e critici e scrupolosi della lor lingua...: or perché devono esser tanti spegolistri del nostro moderno idioma? F. F. Frugoni, IV-466: Si rinvengono certi filosofacci spigolistri che sminuzzano a segno le dottrine coi pestelli fragorosi degli argomenti mentiti che le riducono in polvere così minuta che si disperge ad un soffio. Bacchelli, 2-V-184: Portò questi scrupoli e tristezze a don Oliviero in confessione, ma non s'aspettava la risposta. Fu trattata duramente di sottilizzatrice, spigolistra, amatrice di singolarità e oziosa.

- Che denota pedanteria o ipocrisia.

Caro, I-35: Me ne starei ancora al vostro [parere], se non fosse così stravolto e così spigolistro come si vede. Bandi, I-I-131: Gli eresiarchi di quel secolo più notevoli per la sottigliezza spigolistra della critica che non per altro, ingegnandosi di dare al mondo documenti di virtù e condannare apertamente agli occhi delle moltitudini il lusso de' prelati e de' papi, ostentavano una codal rigidezza di costumi, la quale, non di rado, rasentava il ridicolo.

3. Seguace ossequioso.

Breme, 2-577: S'io avessi preso a mantenere le anticaglie e le consuetudini e a professarmi spigolistro dei classici, essi sarebbero divenuti romantici. L'essenziale per essi era di cospirare, sotto qualunque vessillo si fosse, contro l'uomo che pensa da per sé.

4. Smunto, emaciato.

Panzini, IV-654: 'Spigolistro e spigolistra': dicesi anche di persona sparuta e dispetta, come sogliono essere gli spigolistri per dare a credere nelle loro macerazioni e digiuni.

= Etimo incerto: forse deriv. da spigolo.


[1]  Hervé de Nédellec Bretone, della provincia di Francia, maestro generale OP 1318-1323. SOPMÆ II, 231-44; IV, 119-20.

[2]  ad caulas proprias...: "... ricondurre dentro i propri recinti le pecore disperse"!


spigoli2.htm

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