De nativitate beate Marie, sermo VIII: Bene omnia fecit et surdos fecit audire et mutos loqui, Mr. 7 [,37], de evangelio hodierno; et tamen sollempniçamus octavas nativitatis Virginis gloriose que quidem, secundum representationem ecclesie, hesterna die nata fuit (cod. D 284va). Bene omma fecit. Hoc verbum quod dictum est singulariter de prole, absque dubio dici potest specialiter de matre, que quidem sicut tali die, computando non solum crastinam sed totam oetavam pro una die vel sicut hesterna die, ipsa bene facta est sancta nascendo, ita hodie idest in sequenti tempore... (284va; tutto il sermone 284va-289rb).
Mr. 7, 31-37 è vangelo di domenica XII dopo la Trinità (XIII dopo Pentecoste nel calendario romano); il sermone è stato predicato il 9 settembre («de evangelio hodierno», «hodie») quando il giorno precedente («hesterna die») era la ricorrenza della Natività della Vergine, 8 settembre. Entro gli estremi cronologici di Remigio la concorrenza di dom. XII dopo la Trinità col 9 settembre si dà negli anni 1291 e 1302 (Pasqua 22 aprile).
Certamente anteriore al sermone Bene omnia fecit (almeno al 9.IX.1302), così come a Quolibet II (1304-07) e a De bono comuni (fine 1301), è il tratto Contra falsos ecclesie professores; il quale, per altre ragioni, risulta molto verosimilmente anteriore e all’Unam sanctam (1302) di Bonifacio VIII e alla promulgazione (1298) del Liber sextus decretalium (cf. Tratt. pol. 29-33). Divisio scientie (1285-1295 ca.) frutto d’insegnamento nei corsi filosofici; così come ai corsi di discipline filosofiche vanno rimessi il commento all’Ethica nicomachea, di cui abbiamo soltanto il prologo (cod. G4 344va-345ra, ed. Un’introduzione 122-24), e il Prologus super scientia in generali (ib. 341vb-344va). Non vi sono ragioni per sottrarre a Remigio lettorati filosofici, al pari d’altri frati del corpo insegnante, la cui carriera ricostruibile dagli Atti dei capitoli inizia con corsi sulla logica, prosegue con l’insegnamelito d’altre discipline filosofiche, approda al lettorato sentenziario o biblico in teologia. Sfortunatamente i copisti degli Atti (pervenutici in esemplari d’uso conventuale) trascrivono le liste di nomina dei lettori soltanto a partire dal 1287 e non sempre sistematicamente.
Divisio scientie 14, 16-19: «Secunda pars eius [scil. scientie moralis] dicitur ychonomica grece, latine vero dispensativa, de qua determinat Aristotiles in libro Ychonomicorum, qui nondum habetur in patulo apud Latinos translatus, quamquam ego viderim eum» (MD 1981, 99-100).
Ha veduto il testo greco? ha veduto la traduzione latina non ancora diffusa e di pubblico dominio? Dove? In mancanza di più circostanziate informazioni, l’area geografica dell’attività remigiana suggerisce d’orientarsi verso i circoli dotti della curia romana. Tra il fondo greco della biblioteca papale del tempo di Bonifacio VIII non compaiono gli Economici; che non equivale a positiva esclusione, se non altro a motivo dei molti item del catalogo del tipo «Item unum librum scriptum de lictera greca, cuius nomen ignoramus»: F. Ehrle, Historia bibliothecae romanorum pentificum tum Bonifatianae tum Avenionensis, Roma 1890; Au. Pelzer, Addenda et emendanda ad F. Ehrle Historiae bibliothecae..., Città del Vaticano 1947; e per importante revisione sull’origine del fondo greco A. Paravicini Bagliani, La provenienza “angioina” dei codici greci della biblioteca di Bonifacio VIII. Una revisione critica, «Italia medioevale e umanistica» 26 (1983) 27-69. Dopo la traduzione dei tre opuscoli di Proclo in Corinto 1280, Guglielmo da Moerbeke OP rientra in Italia; nel 1283-84 svolge una legazione papale a Perugia ed è accompagnato da frati Predicatori. Il perugino fr. Bartolomeo di donna Sparviera OP è socio, cappellano e vicario di Guglielmo arcivescovo di Corinto fino alla morte di costui, avvenuta presso la curia papale poco prima del 26 ottobre 1286, quindi esecutore testamentario. Cf. A. Paravicini Bagliani, Nuovi documenti su Guglielmo da Moerbeke OP, AFP 52 (1982) 135-42; ID., Guillaume de Moerbeke et la cour pontificale, in AA.VV., Guillaume de Moerbeke. Recueil d’études à l’occasion du 700e anniversaire de sa mort, Lovanio 1989, 23-52; E. Panella, Nuove testimonianze su G. da M., AFP 56 (1986) 49-55; Ancora sul penitenziere G. da M., ib. 59 (1989) 5-16. Nella corte papale, Anagni 1295, gli Economici vengono tradotti in latino ad opera d’un arcivescovo e vescovo greci in collaborazione con maestro Durando d’Auvergne procuratore dell’università parigina (G. Lacombe, Aristoteles Latinus. Codices I, Roma 1939, 166-67; R. LAURENTI, Studi sull'Economico attribuito ad Aristotele, Milano 1968, 75: explicit datato Anagni agosto 1295).
■ «qui <liber Ychonomicorum> nondum habetur in patulo apud Latinos translatus, quamquam ego viderim eum»: "non ancora tradotto in latino, il libro degli Economici, sebbene io ne abbia veduto l'originale greco", intendevo allora; oggi, ott. '04, inclino a credere che Remigio intendesse: "la traduzione latina degli Economici [eseguita presso la corte papale, Anagni 1295] non è stata ancora diffusa e messa a disposizione di tutti, sebbene io abbia avuto occasione di vederla"; senza implicanza col testo greco. Cf. Uguccione da Pisa [† 1210], Derivationes II, 913 § 3: «Item a pateo patulus -a -um, diffusus, patens».
■ La divisione delle discipline filosofiche nella Divisio scientie implica relazioni epistemologiche nettamente dissonanti dalla tradizione retorico-ciceroniana a cui si riallaccia la divisione proposta dal fiorentino Brunetto Latini nella Rettorica (1260-65), ed. F. Maggini, Firenze 1968, 43-48.
Capitolo provinciale Spoleto, convocato per il 14 settembre (ACP 96/8-9): nella lista di nomina dei lettori non si provvede al lettorato fiorentino (99, 15-28). «Ponimus studium in theologia: in conventu florentino ubi leget Sententias fr. Iohannes Spoletanus» (100,4). Si dispone che «qui sit diffinitor uno anno generalis vel provincialis capituli, ad idem officium duobus sequentibus annis non resumatur» (104, 28-30). «Electores magistri sunt fr. Remigius Florentinus et fr. Bizantius de Aquila » (105, 15-16). Definitore fr. Cinzio da Roma, suo socio fr. Bartolomeo dall’Aquila (104, 23-24).
Giovanni da Spoleto: in Città di Castello 1274 (ASL, Dipl. S. Romano 11.V.1274), baccelliere sentenzionario in FI 1291 (ACP 100/4), lettore in Spoleto 1292 (106/17-18), predicatore generale 1297 (127/14), priore in Santa Sabina 1314 (193/7), provinciale 1318-22 (217/30; ASPg, Corporaz. relig. soppr., S. Domenico n. 66, Liber privilegiorum f. 11r: «fr. Iohannes Bocchanera de Spoleto»).
Fra Bisanzio dall’Aquila: nominato predicatore generale 1288 (ACP 90/9-10), nel 1290 socio del definitore al CG (96/1-2); nella provincia del Regno di Sicilia creata nel 1294-96; muore prima del 2.X1.299 (AFP 1962, 313 n. 4).
Vacante la carica di priora del monastero domenicano di San Iacopo a Ripoli, Niccolò IV dà mandato al priore e al lettore di SMN di provvedere all’istituzione della priora, qualora questa non sortisse dall’elezione canonica. «Datum apud Sanctam Mariam Maiorem, xii kalendas ianuarii pontificatus nostri anno quarto» (ASF, Conv. soppr., S. Iacopo a Ripoli 1, n. 49: regestato 21.1.1292).
Dante Alighieri, Convivio II, XII, 7: «E da questo imaginare cominciai ad andare là dov’ella <filosofia> si dimostrava veracemente, cioè ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti. Sì che in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire de la sua dolcezza, che lo suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero»; Ep. XII, 6: «phylosophie domesticus».
G. Petrocchi, Vita di Dante, Bari 1984, 31, 60. Nessuna prova né indizio che Dante abbia di fatto frequentato, tra le scuole degli ordini religiosi in FI, quella di SMN o che sia stato discepolo-uditore di Remigio. Parimenti nessun testo è stato finora prodotto che comporti reale dipendenza o richiamo testuale tra scritti di Remigio e di Dante. Molteplici ovviamente le convergenze su temi filosofico-teologici comuni alla koiné scolastica e alla sua strumentazione categoriale; talvolta anche sulla dottrina del bene comune, specie nel canone (peraltro d’antica tradizione) degli exempla della romanità classica e repubblicana; ma varianti testuali escludono contatto diretto e suggeriscono piuttosto indipendente rielaborazione da fonti comuni; in Remigio, Dante e Tolomeo da Lucca (cf. Ch.T. Davis, Dante’s Italy and other essays, Philadelphia 1984, 259-89). Dante, al pari d’altri personaggi pubblici della FI del tempo, avrà certamente conosciuto prima dell’esilio il lettore di SMN, data la lunga e vasta partecipazione di costui alla vita cittadina. In fasi cruciali delle vicende interne di FI, quali la crisi del guelfismo bianco-nero d’inizio Trecento e la campagna militare d’Enrico VII di Lussemburgo, Remigio e Dante si trovano su sponde opposte, in materia di concrete proposte di politica cittadina e in materia d’elaborazione di dottrine ecclesiologiche ed etico-politiche. Il più straordinario contributo alla storia culturale della città, riversato da circoli laici nei versi della poesia cortese e dello stilnuovo, rimane estraneo al frate fiorentino. Che ne avrà orecchiato a distanza qualche sonorità, risultatagli peraltro tediosa, se si può dar peso a un’annotazione incidentale: «Unde dicitur in vulgari: Gli amadori sono pieni di dolori. Et omnes cantilene eorum vel quasi omnes incipiunt ab interiectionibus et verbis complanctivis et querulosis, scilicet "he lasso!" vel "ome!" et huiusmodi» (cod. C 295rb). Tipo: «Ohimè lasso dolente, / ch’io non posso celare, / ché strigne di parlare lo mio core / lo gran dolore e la grande impietate» (Neri dei Visdomini, L’animo è turbato vv. 7-10). Finanche in inferno il trovatore continua ad esclamare «Oh me!» e «lasso!» (Dante, Inf. XXVIII, 123.140), e sull’«oimè» della poesia cortese Cecco Angioleri impianta il corrosivo sonetto Oimè d’Amor, che m’è duce sì reo. A. Viscardi, Cantilena, «Studi medievalì» 9 (1936) 204-12.
Capitolo provinciale Orvieto 1275: «Ordinamus etiam quod lectores libros physicos non legant in scholis; et ad lectiones philosophie in quocumque loco legerint, non suscipiant seculares» (ACP 45/13-15).
Napoli 1278: «Item quod lectores personas seculares ad lectiones philosophicas non admittant» (49, 10-11).
FI 1281: «Volumus etiam quod nullus legat vel audiat lectiones alias quam theologicas sine licentia prioris provincialis, nisi illi de quibus in capitulo provinciali est aliter ordinatum» (56, 15-17).
Perugia 1308: «Item inhibemus districte ne aliquis secularis ad lectiones alias quam ad theologicas admittatur sine prioris provincialis licentia speciali» (169, 14-15).
Arezzo 1315: disputa quodlibetale in SMN di Firenze «in conspectu multitudinis fratrum, secularium, clericorum et aliorum religiosorum» (197, 11-12).
Anagni 1317: «Item volumus et mandamus quod ad lectiones philosophie vel artium exteriores persone absque prioris provincialis speciali licentia nullatenus admittantur» (203, 13-15).
L’argomento dagli atti capitolari, in questa come in altre materie, non può restar chiuso nelle singole disposizioni legali, quasi rappresentative del tutto e sempre della dinamica istituzionale: a) perché i copisti danno prova di non trascrivere sempre e tutte le decisioni capitolari, specie quelle obsolete o non più vincolanti; b) i capitolari governano prevalentemente su materia corrente, e nulla vieta che cambiamenti nel corpo capitolare e del clima culturale producano disposizioni dissonanti di anno in anno; c) la durata legale delle ammonizioni capitolari era materia disputata: durano in perpetuo finché non revocate? durano fino al prossimo capitolo (vedi caso in Dibattito)?; d) mobilità delle persone e delle istituzioni, intellettuali incluse, riflessa sulla mobilità delle disposizioni capitolari, dissuade da ricostruzioni che implichino tacitamente ampia tenuta cronologica e geografica.
Nei nostri testi in particolare, l’inibizione dei secolari dai corsi filosofici ha un lungo e sorprendente ricorso. Residuo d'alternanza dispositiva col suo contrario? Al provinciale è data facoltà di dispensare. Ricordiamo tuttavia che l’inibizione verte sulla lectio, non necessariamente sulla disputatio né tantomeno sulla praedicatio, a pari titolo compiti del lettore. Il brano del Convivio non parla di lezioni, sebbene non le escluda positivamente, mentre fa esplicita parola di disputazioni. I «trenta mesi» non misurano, a rigore di sintassi, la durata di frequentazione delle scuole dei religiosi ma il lasso di tempo trascorso per che filosofia rilasciasse a Dante le proprie dolcezze.
Il capitolo Remigio-Dante è liquidato? Tutt’altro. Sottratti gli studi remigiani a interessi tangenziali, che partano e tornino al campo tomistico o dantesco, e però selettivi di frammenti di comparazione, il capitolo potrebb’esser riscritto all’insegna dell’autonomia dei temperamenti intellettuali e della distanza delle tradizioni formative; dove anche il diverso rivendica valore perché costitutivo della fisionomia culturale d’una città che vive freneticamente la stagione della formazione di se medesima. Prima che la pagina scritta conchiuda i confini dell’identità, lo scambio si dà anche lungo le ambagi del dissimile. Nulla del Divisament dou monde passa a Le città invisibili; eppure tutta la fantasia d’Italo Calvino s’era accesa a quella di Marco Polo.
■ Sylvain Piron, Le poète et le théologien | Maierù, Dante. | Maria Corti, Scritti... | Dante/Riccoldo |
Tradizione celebrativa: SMN 1921
(2007) "Ne le scuole de li religiosi"
Capitolo provinciale Roma, Santa Sabina: «In hoc capitulo fuit diffinitor fr. Cintius Romanus prior Minerve, socius eius fr. Bartholomeus de Aquila, prior provìncialis fr. Iohannes de Polo, electores magistri fr. Remigius Florentinus et fr. Bizantius prior neapolitanus» (Cr Ro 114). Il CG 1292 era stato convocato in Colonia (ACG I, 264-65) ma per disposizione di Niccolò IV fu trasferito a Roma; gravi turbamenti negli organi di governo dell’ordine avevano accompagnato la deposizione del maestro Munio da Zamora (1285-91), condotta a nome del papa dai cardinali Latino d’Angelo Malabranca e Ugo da Billom. Dal capitolo romano uscì eletto maestro dell’ordine Stefano da Besançon (1292-94): MOPH V, 148-57; Mortier II, 251-99.
Remigio fu «pluries provincialium ac generalium capitulorum diffinitor, magistrorum nostri ordinis bis elector» (Cr SMN n° 220, 15-16); l’altra partecipazione all’elezione del maestro dell’ordine è di CG Colonia 1301.
Al CG Roma 1292 partecipò anche fr. Bernardo da Trilia, di cui Remigio possedette questioni e quodlibeti in BNF, Conv. soppr. A 3.1153, codice che annotò di proprio pugno (I quodlibeti pp. 4-11).
CP Roma, celebrato subito dopo CG 1292 nella medesima città: nella lista di nomina dei lettori non si provvede al lettorato fiorentino (ACP 106-07). «Ponimus lectores Sententiarum: in conventu florentino lector Sententiarum fr. Francus Perusinus» (107, 3-4).
Franco da Perugia trasferito nel 1293 alla lettura sentenziaria in Napoli (112, 20-21). Cf. R. Loenertz, La Société des frères Pérégrinants, Roma 1937, ad indicem.
Cr Pg 55v-56v: «Fr. Francus Perusinus... cursor Sententiarum fuit in studio generali et lector urbevetanus et perusinus et in pluribus aliis conventibus. Disponens autem ire ultra mare ad predicandum gentibus que ignorant Deum, cum magno desiderio et fervore, ut verisimiliter creditur, hoc a Deo postulans impetravit. Iuxta enim votum suum missus est personaliter et nominatim a domino Bonifacio papa VIII tamquam cius legatus et nuntius spetialis cum privilegio largo et multa autoritate subfulto ad predictum offitium exercendum. Disponente autem Deo venit in Capsa, terram que ad imperium pertinet tartarorum, ibidem locum recipiens a ianuensibus sibi datum. Eclesiam quoque edificavit pulcram cum magna devotione totius populi. Qui fuit profunde humilitatis et magne astinentie, ieiunia ordinis servando peroptime quam etiam alias oservantias regulares, et singularis pietatis et continuate devotionis, et negotium fidei ubertim promovit; erga pauperes et infirmos ferventis caritatis et in quibuscumque aversìs perfecte patientie; circa vero dilatationem fidei ortodoxe, multe et ardentis sollicitudinis; erga delinquentes magni et discreti çeli. Qui etiam summo studio se dedit ad adiscendum ydioma barbaricum pro salute gentium, predicans in lingua tartarica tartaris ut consuevit Perusii predicare perusinis et fratribus nichilhominus legens sacram teologiam. Qui propter industriam suam tam in spiritualibus quam etiam in temporalibus super alios eminebat, et ideo . (lac) . magister ordinis fecit eum vicarium suum super omnes fratres euntes ad nationes. Per dominum autem Iohannem papam. XXII oblatus est ei archiepiscopatus in Soldaria, que regio est in partibus orientis. Qui postquam pastorale offitium longo tempore est executus, propter impotentiam corporis quia longevus erat etate, summo pontifici renuntiavit, nolens amplius honorem nec honus pastoralis regiminis. Cuius sanctitatem et omnimodam humilitatem dominus papa attendens, suam cessionem admisit, et eius autoritate tantum pontificalem sibi retinuit dignitatem, omnibus temporalibus abrenuntians et paupertatem amplectens cum suis fratribus usque ad mortem Christum pauperem imitatus est (...). Suam patriam deserens et notos et propinquos, et perhegrinationem arripiens ad nationes gentium propter Christum sub annis Domini MCCLXXXXVIII. Qui postquam fuit per aliquos annos in regionibus orientis, inter alia que scrissit suo perusino conventui fuit hoc: “Postquam enim incepi studere in lingua barbara predicavi infra annum, et per gratiam Dei et populo predico et audio confessiones et etiam scritta transfero de latino. In quodam autem festo, saracenis proponendo verbum Dei in tantum benivolentiam eorum captavi quod post predicationem ad manuum osculum devotius accesserunt". Qui suam perhegrinationem peragravit in XXXVI annis, ipsam cum mortali vita terminando sub annis Domini MCCCXXXIII».