M. Di Cesare, studiosa della tradizione islamica nell'Europa latina; in SMN 24/05/2010. Originaria di Bugnara (bugnarese!) in prov. dell'Aquila, presso Sulmona!
17/11/2010. Chiara Casali mi comunica per e-mail: si è laureata (tesi triennale), facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Statale di Milano, con tesi in Letteratura Latina Medievale sulla redazione del Liber peregrinationis di Riccoldo contenuta nel ms. Torino, BN, H.II.33. Mi dice anche: «I suoi studi e il suo sito sono stati per me strumenti utilissimi alla mia ricerca, colgo solo ora l'occasione per ringraziarla». Intende proseguire nelle ricerche riccoldiane. Auguri e grazie!
30/11/2010. Chiara Casali viene a trovarmi a Firenze e mi fa dono, con dedica autografa, d'un esemplare della sua tesi: Il "Liber pregrinationis" di Ricoldo di Montecroce: la redazione del manoscritto Torino, BN, H.II.33. Univ. degli Studi di Milano, Fac. Lettere e Filos., Corso di laurea triennale, relatore prof. P. Chiesa, anno accademico 2008-2009, pp. 153. - Grazie di cuore!
■ Introduz., pp. 4-5: 1.
L'oggetto. Il presente
lavoro ha come oggetto di studio e di ricerca il manoscritto (T) Torino, BN, H.II.33, nel quale è tramandata
un'abbreviazione del Liber peregrinationis di Ricoldo di Montecroce.
L'opera contiene il racconto del viaggio in Oriente compiuto dall'autore
nell'ultimo decennio del XIII secolo. Essa rientra a pieno titolo fra quelle
relazioni di viaggio che si diffusero nel basso Medioevo presentando, però, non
pochi tratti originali ed interessanti.
2. Il metodo. Trattandosi di un'abbreviazione non
studiata, l'obbiettivo della nostra ricerca consiste nell'analisi della
redazione del manoscritto T, con l'intento di conoscere meglio sia il testo
contenuto nel codice, sia i criteri utilizzati dal suo compilatore. Per fare
ciò, per prima cosa è stata fatta la trascrizione del testo di T e,
successivamente, questa è stata collazionata con il testo del Liber
peregrinationis dell'edizione di Kappler. Dal confronto sono emersi
cambiamenti numerosi e di diversa natura (tagli, abbreviazioni, rielaborazioni
etc.); tali modificazioni sono state poi analizzate dettagliatamente.
Al fine di approfondire la conoscenza della storia del
manoscritto T, è stato necessario indagare la tradizione e la ricezione del
Liber peregrinationis e delle altre opere di Ricoldo, a volte soggette a
fraintendimenti e studi poco accurati.
■ Articolazione del lavoro: cap. 1, vita e opere di Riccoldo, pp. 7-39; cap. 2, tradizione manoscritta del Liber pregrinationis, pp. 40-55; cap. 3, redazione del ms Torino, BN, H.II.33, pp. 56-90. Biblogr. pp. 91-94. Appendice I, collazione tra testo di ed. Kappler e testo torinese, pp. 95-148; II, cartine dei viaggi orientali di Riccoldo, pp. 150-53 (in p. 153 quello dalla Palesina su verso la Turchia, poi verso oriente a Tabriz in Persia, e discesa nell'Iràq da Mousul a Barghàd).
Capitoli 1-2 (pp. 7-55) riassumono, con chiarezza e concisione, i consolidati risultati dei moderni studi riccoldiani. Importanti ed originali i contributi che seguono, pp. 56 ss. In particolare, in Torino, BN, H.II.33, ff. 235r-246v: una versione contratta del Liber peregrinationis (pp. 57-81, con elenco delle varianti) e frammenti (ff. 246r-246va, partire da riga 14 di 246r) di Epistola I e III (pp. 81-87: ma nella lista degli estratti perché la Chiara non indica il numero di pagina di ed. Röhricht?), di un'unica mano umanistica. Importanti, i frammenti, per la mia riproposta del testo delle Epistole ad ecclesiam triumphantem, qui in edizione web, perché testimoni di distinta tradizione, sebbene parziale; li studierò con attenzione e ne riproporrò possibili varianti per migliorare il testo originale. Nel frattempo, sincere congratulazioni a Chiara (e al professore suo relatore), per qualità del lavoro, rigore filologico e sobrietà linguistica. Senza adulazioni di sorta! Riprenda, anzi, il tema per la sua laurea magistrale. Se tesi di tale qualità si dànno nelle nostre Università, non c'è che rallegrarsi e... superare le nostre depressioni culturali!
■ Note di lettura. Antroponimo Ricoldo di Montecroce: lo ritiene l'A. più attendibile e documentato rispetto alla formula Riccoldo da Monte di Croce? Quali le prove? →..\riccoldo\nome1.htm
■ Il meticolo studio del codice torinese non ridefinisce, né restringe, gli estremi cronologici della confezione del codice medesimo: "sec. XVI" (p. 50).
■ Riccoldus Ebron Theologus: tale denominazione compare solo nel cod. torinese (pp. 51, 89-90). Origine? In attesa di scoprire altre tracce della tradizione manoscritta (di nessun valore ai fini biografici di Riccoldo!), teniamo presente quel che i dizionari del tempo dicevano di Ebron: Uguccione da Pisa [† 1210], Derivationes II, 357: «Ebron, civitas Iudee que et Arbe dicitur a numero, quia ibi tres patriarche sepulti sunt...» eccetera. Che ne pensa la Chiara?
EP, Firenze, dic. 2010.
02/12/2010, risposta di Chiara Casali, per lo più consenziente con le precedenti mie note di commento. | → L'immagine dell'Islam...
18/07/2011. Mi scrive Guido Bartolucci, Dipartimento di Sociologia e Scienza Politica, Università della Calabria; sta concludendo l'edizione critica del De christiana religione di Marsilio Ficino. Fa domande sul manoscritto Torino, BN, H.II.33, "Riccoldo Ebron", Marsilio Ficino e Riccoldo. Lo rinvio a Chiara Casali.
09/12/2011, e-mail da Michelina Di Cesare: Caro padre Emilio, sono molto felice di annunciarle la pubblicazione del mio volume sulle biografie latine "pseudo-storiche" di Muhammad. Appena avrò il pdf glielo farò avere...
C. Longo [† 10.V.2017], Sull'autore della "Legenda" del beato Pietro Crisci, «Bollettino storico della Città di Foligno» 31-34 (2007-2011) 345-69: nella cartella "Longo"; ne rivevo esemplare 6.III.2012.
Ricerca sui molteplici "fra Giovanni da San Gimignano OP" trecentechi. Giovanni di messer Coppo da San Gimignano, fl. 1290-1333, (pp. 348--50). Poi in particolare, su fra Giovanni Gorini (di Gorino) da San Gimignano (pp. 360-69), estremi cronologici attestati 1338-1391; autore della Legenda del beato Pietro Crisci Foligno († 1323), composta in Foligno, 1375 ca. (p. 366).
«Abbiamo condotto la nostra ricerca per delineare le tappe della sua esistenza sul materiale, soprattutto di carattere diplomatico, proveniente dalla sua città natale di San Gimignano – pergamene del Comune, dello Spedale di Santa Fina, del convento dei domenicani e delle altre istituzioni ecclesiastiche locali – e dai conventi domenicani dell'area umbro-toscana, Firenze, Siena, Perugia, Arezzo, Montepulciano, Pistoia, Prato, Lucca, San Miniato, Orvieto. Non sono giunte fino a noi le Chronica fratrum del suo convento originario, che avrebbero potuto fornirci, anche se stereotipato, un suo breve profilo e le date della sua nascita e della sua morte. Non si ha notizia, come già notato, dell'esistenza di carte trecentesche del convento di San Domenico di Foligno, che non sappiamo, se giunte fino a noi, dove possano celarsi; in esse si potrebbero scoprire altri particolari sull'esistenza di questo benemerito frate, altrimenti ignoto, che, proprio perché non classificato nei repertori bibliografici, per secoli è stato confuso col confratello e conterraneo più celebre, fr. Giovanni dì ser Coppo, noto a tutti i cultori di letteratura medievale, al quale fece omaggio, tramite gli eruditi seicenteschi, del suo appellativo e della sua opera, facendolo divenire fr. Giovanni Gorini» (p. 369).
Michelina Di Cesare, The Pseudo-Historical Image of the Prophet Muhammad in Medieval Latin Literature: A Repertory, Göttingen (W. de Gruyter) 2012, pp. XIV-542. Su e da Riccoldo pp. 381-434.
28/05/2012. Rvdo P. Emilio Panella OP. Sabiendo de su interés por Riccoldo da Monte di Croce me permito enviarle una copia de la presentación de las glosas del ms. 384 de la BNF que Burman ha identificado como autógrafas de nuestro autor que hicimos en l'Academie des Inscriptions et Belles lettres de París. En este texto solo aparece la presentación de la glosas. Todo el Corpus de las glosas lo hemos transcrito con conocimiento del prof. Burman y está a punto de apaarcer en el Journal des Savants de la propia Acedemie francesa.
Estomos
trabajando en la edición de las traducciones
latinas del Corán y otros textos de contenido islámico en latin. Si tiene
curiosidad puede dar una mirada a la web
http://hipatia.uab.cat/islamolatina/
Por mi parte le envio mi felicitación por su estupendo trabajo de divulgación en la web.
Reciba un cordial saludo
José Martínez Gázquez
Departament de Ciències de l'Antiguitat i de l'Edat Mitjana
Universitat Autònoma de Barcelona - 08193 Bellaterra (Barcelona) Spain
Ulisse Cecini, Alcoranus Latinus. Eine sprachliche und kulturwissenschaftliche Analyse der Koranübersetzungen von Robert von Ketton und Marcus von Toledo, Berlin/Münster 2012, pp. 248.
Di questa lavoro mi dà notizia Michelina Di Cesare, 29.V.2012.
26.VI.2012. Viene a trovarmi a Firenze Andrea Celli, giovane ricercatore su temi islamci. Abbiamo una lunga e ricca conversazione. Mi fa dono dei due titoli successivi. Grazie e auguri per il lavoro futuro! →23.IX.2013
A. Celli, Miguel Asín Palacios, Juan de la Cruz e la cultura arabo-ispanica, «Rivista di storia e letteratura religiosa» 43 (2007) 69-122. In Appendice, pp. 97-122, trad. ital. di: M. Asín Palacios, Un precursore ispano-musulmano di San Giovanni della Croce, 1933.
ABSTRACT (p. 95) - «First
of all the article deals with a debate on Juan de la Cruz which took place in France at the beginning of the 20th century. In this historical context we discuss an essay of Spanish Orientalist Asín Palacios [† 1944], whose translation we propose here. The essay, entitled Un precursor bispanomusulman de San Juan de la Cruz (1933), supports the strong analogy between one Andalusian Sufic brotherhood, the Šādilīya, and the mystic's concepts of Carmelitan Juan de la Cruz. In particular Asín Palacios analyzes the ascetic-mystic vocabulary of Ibn 'Abbād of Ronda (1332-1394), one of the Šādilīya's most important masters. According to Asín Palacios, the "charismas renunciation" is the more relevant trait d'union between these two Spanish spiritual experiences. Ibn 'Abbād of Ronda accords his preferences to the "contraction" (qabd) and refuses its technical antonym bast (expansion). Briefly analyzing the most recent developments of Aljamiado's and Morisco's studies, we focus on the spiritual and theological view which emerges in the text of Asín Palacios and in his preference for this Muslim-Christian mysticism».Louis Massignon [1883-1962], Il soffio dell'Islam. La mistica araba e la letteratura occidentale. Traduzione e cura di Andrea Celli, Milano (Edizioni Medusa) 2008, pp. 200.
Dalla quarta pag. di copertina: «Formatosi nella Parigi di Huysmans, di Maritain, di Charles de Foucauld e di Claudel, è in Nord Africa e nel Vicino Oriente, dove giovanissimo realizzò le sue prime missioni geografiche e archeologiche, che Louis Massignon, uno dei maggiori orientalisti del secolo scorso, fece l'incontro decisivo con la parola araba e la spiritualità musulmana. Furono, come dirà, esperienze travolgenti e brucianti. A partire da queste esperienze il rapporto tra il mondo occidentale e quello musulmano verrà da lui interamente ripensato ponendo al centro di tutto l'itinerario mistico. Ma cogliere il destino comune della spiritualità islamica, ebraica e cristiana, implicava un cammino diverso da quello, per esempio, del sacerdote spagnolo Asín Palacios: si trattava anzitutto di apprezzare l'assoluta differenza di ciascuna storia, di distinguere la genesi spirituale dei simboli dell'islam e del cristianesimo, ma anche di cogliere le differenze fra l'ispirazione poetica e l'esperienza mistica, tra la filosofia e il misticismo. Ovvero, distinguere Dante da Ibn 'Arabi. Dai saggi raccolti in questo volume che esaminano i rapporti e le differenze fra mistica e poesia nell'islam e nel cristianesimo, emerge come per Massignon sia indispensabile riconoscere l'unicità delle diverse storie umane, individuali e collettive. Soltanto praticando questo discernimento spirituale, secondo il grande islamista, si può incontrare veramente l'Altro. E tale modo di conoscenza si scioglie, appunto, nell'esperienza mistica».
■ Introduzione, nota del curatore, fonti (pp. 5-29).
Il soffio dell'Islam, pp. 31-198:
Elia e il suo ruolo transtorico nell'Islam.
Le ricerche di Asín Palacios su Dante: le inflenze musulmane e le leggi dell'imitazione.
Mistica musulmana e mistica cristiana nel Medioevo.
Testi musulmani riguardanti la notte dello spirito.
Il "cuore" (al-qalb) nella preghiera e nella meditazione musulmane.
L'aridità spirituale secondo gli autori musulmani.
A proposito dei sogni e dei racconti di Nerval.
Un quadro di Poussin.
L'esperienza mistica e i modi di stilizzazione letteraria.
Introspezione e retrospezione. Il sentimento letterario e l'ispirazione mistica.
Avicenna, filosofo, è stato anche un mistico?
Ricerche su Šuštarī, poeta andaluso sepolto a Damietta.
Il soffio nell'Islam.
30.VIII.2012. «Dominican history newsletter» 18-19 (2009-2010) p. 15 n° 27: Rachel Graf, Views of the Other in Riccoldo da Montecroce's "Liber Peregrinationis". Ib. p. 20 n° 43: Pier Mattia Tommasino, Testimonianze sulla traduzione quattrocentesca del Corano del beato Antonio Neyrot da Rivoli OP. Thomas Burman, Las traducciones latinas del arabe hechas en España en la obra de Ricoldo de Montecroce. Raúl Platas Romero, Ramon Martí y la renovación de la literatura latina de controversia. Ib. p. 31n° 72; p. 75 n° 289.
Iris Shagrir, The Fall of Acre as a Spiritual Crisis: The Letters of Riccoldo of Monte Croce (2012):
→ https://www.academia.edu/5950869/
30/10/2012. Chiara Casali viene di nuono a trovarmi a Firenze e mi dona, con dedica autografa, un esemplare della sua nuova tesi: L'immagine dell'Islam nel basso medioevo latino: il "Libellus" di Giovanni di Sultania. Univ. degli Studi di Milano, Fac. Lettere e Filos., Corso di laurea magistrale, anno accademico 2010-2011, pp. 235. - Grazie!
■ Cap. I: L'Islam nelle fonti occidentali: una panoramica, pp. 7-47.
Cap. II: Giovanni di Sultania e il "Libellus de notitia orbis" [1404], pp. 48-170; edizione del testo latino, pp. 87-131, con traduzione italiana, pp. 132-65. Giovanni di Sultania = Giovanni da Castamon [oggi Castamonu in Turchia], armeno, fratre domenicano, vescovo di Nakhchivan, e dal 1398 di Sultania, deceduto ante 1423. MOPH III, 18-19; IV, 172.
Cap. III: Il "Libellus" e la tradizione, pp. 171-213.
Bibliografia, pp. 212-231; Appendice, pp. 232-234 (cartine).
30.XI.2012. Matthew Lubin (Facoltà di Storia moderna, University of North Carolina at Chapel Hill) mi consulta circa testo delle Epistole di Riccoldo. «Adesso porto a conclusione una traduzione in inglese del Contra Legem, del Itinerarium o Peregrinatio e delle Epistolae». Congratulazioni e buon lavoro!
A. Parenti, Parole e storie. Studi di etimologia italiana, Milano (Mondadori Education S.p.A.) 2012, p. 14: su Gog et Magog.
9.IV.2013. Ricevo dall'editore Brepols notizia della pubblicazione: R. (=Rita) George-TvrtkoviĆ, A
Christian Pilgrim in Medieval Iraq. Riccoldo da Montecroce's Encounter with Islam, Brepols Publishers, Turnhout (Belgium) 2013, pp. XVII+248.«This book analyses the events of a decade long encounter between an Italian Dominican, Riccoldo da Montecroce (c. 1243-1320), and the Muslims of Baghdad, as recounted by the friar himself. While many of Riccoldo's views of the Muslims are consonant with those of his medieval confrères, the author examines the much more ambivalent sections of his writings, such as his praise-filled descriptions of Muslim praxis, his obvious love of Qur'anic Arabic, his frequent references to personal encounters with Muslims, and his candid descriptions of the wonder and doubt which these confrontations often elicited. The author argues that the tensions and inconsistencies inherent in Riccoldo's account of Islam should not be viewed as defects. Rather, she contends, their presence illustrates the complex nature of interreligious encounter itself. In addition to a criticai discussion, this volume provides - for the first time - English translations of two remarkable Riccoldian texts: The Book of Pilgrimage (Liber peregrinationis) and Letters to the Church Triumphant (Epistolae ad ecclesiam triumphantem)».
23.IX.2013, messaggio per e-mail da Andrea Celli. «Gentile padre Panella, spero che l'estate sia stata per Lei di riposo e ristoro. Mi permetto di inviarLe un testo che raccoglie alcune riflessioni maturate anche in rapporto alla discussione per me molto importante avuta con Lei. Temo alla fine di aver tentato di tirare alcune linee di congiunzione tra il canto XXVIII dell'Inferno e alcune tradizioni islamiche. Maggiore severità intellettuale e prudenza filologica avrebbero forse richiesto di astenersene, ma le somiglianze rimangono a mio avviso molto interessanti e se non altro da indagare. La saluto molto cordialmente, Andrea Celli». E in allegato, copia digitale del saggio: A. Celli, “Cor per medium fidit”. Il canto XXVIII dell’Inferno alla luce di alcune fonti arabo-spagnole, «Lettere Italiane» 65 /2 (2013) 171- 192.
pp. 175-76: Nella prima <parte> si proverà a verificare come la narrazione di Dante sia stata interpretata e ricondotta dai commentatori ai più tradizionali topoi della “letteratura di refutazione dell’islàm” (...). Nella seconda parte, verrà proposto invece l’esame di una narrazione mistica riguardante Muhammad, che ebbe una certa circolazione anche in latino già a partire dalla metà del 1100. Il testo, intitolato Liber de generatione Mahumet et nutritura eius nella traduzione latina di Ermanno di Carinzia (1100-1160 circa), ha avuto circolazione anche in Italia, essendo parte costitutiva del Corpus toletanum. Dalla comparazione del canto XXVIII e del De generatione Mahumet emerge un sorprendente parallelismo tra il racconto mistico islamico e la narrazione dantesca. Tale somiglianza suggerisce una possibile e sino a oggi solo superficialmente indagata interpretazione del supplizio di Maometto.
pp. 190-92: Si tratta di testi che circolano in latino molto tempo prima della redazione
della Commedia. Tutte queste narrazioni, quelle islamiche e di conseguenza le traduzioni latine, vanno riconnesse a una Sura coranica, intitolata Sùra al-šarh (Qur’àn, 94:1), ovvero della purificazione. Il titolo, che riprende la radice del verbo impiegato nel primo versetto, šaraha, significa anche apertura, spiegamento, spiegazione. L’apertura è cioè anzitutto un processo di chiarificazione. È detto nel versetto coranico: «A lam našrah sadrak?» («non abbiamo forse aperto/purificato il tuo petto?»). La purificazione del cuore, procurata dall’angelo Gabriele, è preliminare sia alle rivelazioni coraniche, sia al viaggio celeste. La visione di Dio avviene infatti non attraverso gli occhi ma attraverso il petto. Ma nei racconti della devozione popolare, così come nelle vite del profeta, šaraha viene sostituito in molti casi da altri verbi da quello coranico, più espressivi ed intensivi, come šaqqa o faraja, che significano appunto spezzare, lacerare, fendere.«Cor per medium
fidit», traduce Ermanno Dalmata il corrispondente passo arabo del Kitàb al-anwàr. Il fanciullo viene aperto nel mezzo del petto e le sue viscere vengono tirate fuori e il cuore viene a sua volta tagliato, per estrarne un grano nero, la parte del diavolo. La Commedia usa identici termini; «a pectore usque ad umbilicum nichil ledens aperuit», «con le man s’aperse il petto» [Inf. XXVIII, 29]. Molte sono le attestazioni latine e romanze di questa narrazione, anche posteriori alla composizione della Commedia. La più estesa a noi nota è forse una versione aljamiada, risalente all’epoca della controriforma spagnola: essa è arricchita di efficaci dettagli narrativi. Si tratta di una versione in lingua spagnola ma affidata a caratteri arabi, trascritta e tramandata in ambienti cripto-musulmani.
«Un
certo giorno, venne Damrata,
mio figlio, correndo, sudando, piangendo, chiamando: “Yà madre, corri
in soccorso di mio fratello Muhammad (SAW), che altrimenti non lo vedrai se non
morto”. Gli dissi: “Cosa succede?”. Mi rispose: “Stava giocando con noi, quando
giunsero tre uomini e uno di loro lo agguantò e portò in cima al monte, e
potemmo vedere come gli aprì il petto fino all’ombelico [surra: arabismo] e non
sappiamo che fece poi, ma credo che sia morto, e morto lo troverai”.
Disse
Halìma: “E andammo lì di corsa io e suo padre, e lo trovammo in cima allo
spuntone di un monte, seduto, guardando il cielo, ridendo. Mi gettai su di lui
baciandolo e gli dissi: Amico, ti possa io essere di conforto con la mia persona
per tutto il male. Che ti è accaduto?” Mi rispose: “Stavo giocando qui con i
miei fratelli e sono giunti tre uomini di una bellezza tale che mai ho visto
prima, con volti, vesti e colori puri, e uno di loro teneva in mano un
acquamanile d’oro, mentre l’altro un bacile di pietre preziose, verde e ripieno
di neve. E mi presero dal mezzo dei miei fratelli e mi portarono qui: mi
legarono a terra, con molta delicatezza, e mi aprirono il petto da qui
all’ombelico, mentre io guardavo, senza sentire alcun dolore o sofferenza. E mi
mise la mano nel ventre e tirò fuori le trippe e le lavò accuratamente con
quell’acqua e quella neve, e quindi le ritornò al loro posto”.
Quindi giunse il
secondo e disse. “Fatti da lato tu, che hai già compiuto quello che Allàh ti
ha ordinato”. Si chinò e mise la sua mano nel mio ventre e ne estrasse il cuore.
Lo tagliò e ne estrasse delle gocce di sangue nero avvolte in sangue, e le
lanciò via e disse: “Questa è la parte di te compromessa con Satana, o tu amico
di Allàh”. E quindi lo coprì con una cosa che aveva con sé e lo rimise nel suo
posto. E venne il secondo con un sigillo e mi premette i polsi e le membra»
[traduzione nostra].
La
narrazione ha in definitiva una estrema diffusione in quella Spagna da cui
l’Italia di Dante deriva gran parte delle proprie conoscenze sull’islàm. Basti
pensare che
Riccoldo da Monte di Croce, missionario fiorentino dell’epoca di
Dante, conoscitore dell’arabo e che intorno al Trecento si trovava a Santa Maria
Novella, a Firenze, studia il Corano consultando la traduzione di Marco da
Toledo commissionata da Rodrigo Jiménez de Rada, autore della
Historia arabum,
in cui è contenuto il riassunto della narrazione. Riccoldo parafrasa inoltre un
altro testo di origine spagnola, la
Contrarietas Alfolica
o
Liber denudationis
di Petrus Alphonsi. È
d’altronde stato opportunamente segnalato (cfr.
C.
Delcorno,
Giordano da Pisa e
l’antica predicazione volgare,
Firenze, Olschki, 1975;
E. Panella,
Ricerche su Riccoldo da Monte di Croce,
«Archivium Fratrum Predicatorum », LVIII, 1988, pp. 5-85.) che il domenicano Riccoldo ha avuto
diretta influenza su di un predicatore come
Giordano da Pisa, alcune delle cui
prediche pubbliche citano letteralmente testi sull’islàm del confratello. Si
può quindi ipotizzare che molti elementi di informazione venissero divulgati e
circolassero nella Toscana di Dante anche e soprattutto per la via dell’oralità.
Se, come ammoniva Bruno Nardi, «a posse ad esse non datur illatio», è certo che
una sorprendente analogia va notata tra la narrazione dantesca e il racconto
della purificazione del petto di Maometto. Non è insensato supporre che in Dante
si possa essere prodotta una inversione di segno di questo racconto di elezione
mistica. Si tratterebbe di un tipo di inversione che è una costante nell’uso
delle fonti arabo-islamiche in ambito cristiano.
Allo stesso tempo tale
deformazione si presenterebbe come un singolare esempio di appropriazione dei
simboli da parte di comunità antagoniste. Per quanto le immagini mutino di
valore e significato, sino al punto di far perdere le tracce delle proprie
origini, stanno a confermare una estrema connessione tra mondi culturali che
hanno continuato a tradursi reciprocamente, a leggersi e a fraintendersi.