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Rilettura del
“De operibus sex dierum”
«Archivum Fratrum Praedicatorum» 63 (1993) 51-111. | ||
Premessa | 7 | Il titolo | De operibus sex dierum, non Exaemeron | |
1 | Il codice | Roma, Bibl. Casanatense 22 | 8 | Datazione 1280-1323 |
2 | Il prologo | 9 | Datazione 1285-1295? | riassumo |
3 | La tabula | discrepanza tra tabula e testo | 10 |
Un trattato sull'appetito razionale | progettato, mai realizzato? | in II vel III De anima: leggi “vetus” latina o "recognita" |
4 | Le glosse | marginalia d'autore | ||
5 |
Storia del codice | Vat. lat. 1060 > Casanat. A.V.26 > Casanat. 22 | più nomi, un solo ms |
11 |
Quadripartita e Tripartita
b | Quadripartita historia | Tripartita historia | conclusione |
6 | L'edizione | Masetti 1880 | ||
→Autografia di Tolomeo! |
Trasmesso da un solo manoscritto, dato alle stampe a fine '800, concordemente letto nell'edizione ottocentesca, il De operibus sex dierum è tra i meno studiati degli scritti di Bartolomeo dei Fiadoni da Lucca OP († 1327), personaggio che riscuote notevole interesse nella storiografia contemporanea. Più frequentemente in aferesi, Tolomeo, nelle testimonianze coeve e autorevolissime; dai copisti latini ricondotto a Pt(h)olomeus (per suggestione, è da credere, dell'omonima “auctoritas” in scienza astronomica), iperetimologismo che ha sedotto anche studiosi moderni (Ptolémée, Ptolemy).
■ Più recente letteratura: Ch.T. Davis, Dante's Italy and other essays, Philadelphia 1984, 224-89, 338b. M.C. Laurenti, Tommaso e Tolomeo da Lucca “commentatori” d'Aristotele, «Sandalion» 8-9 (1985-6) 343-71. Priori di SMN..., MD 17 (1986) 259, 263-65, 276-77; Livio in Tolomeo da Lucca, «Studi petrarcheschi» 6 (1989) 43-52; G. Billanovich, ib. 6 (1989) 87-9. E. Panella, «Dictionnaire de spiritualité» 15 (1990) 1017-19: Tolomée. L. Schmugge, DBI, s. v., in corso di stampa.
ASL (= Arch. di Stato di Lucca), Dipl. S. Romano 22.IX.1288: Niccolò IV dà licenza all'arcidiacono della diocesi lucchese di confermare una transazione tra convento domenicano della città e frati di San Pellegrino in Alpi. A tergo del diploma una mano coeva ha annotato in scrittura corsivo-documentaria di modulo minuto: «frater Tolomeus prior Predicatorum pre(sentavit) eidem archidiacono has licteras in hospitali Sancti Martini, pre(sentibus) Guido Caldovillani notario et presbitero Ubaldo cappellano hospitalis et presbitero Dainese a(nno) Mcclxxxviij die xxx octubris», che potrebbe ben risultare autografa di Tolomeo, allora priore in San Romano, se solo potessimo ricongiungerla con una testimonianza parallela. ASF, SMN (= Dipl. S. Maria Novella) 11.VIII.1301 (giunta del 14.VIII.1301): «fr. Bartolomeus de Luca ordinis fratrum Predicatorum necnon prior capituli et conventus fratrum Predicatorum de Florentia». Ib., SMN 17.VIII.1301: «fr. Tholomeo priore fratrum Predicatorum florentini conventus». Aveva ben visto J. Échard (SOP I, 541a), senza offrirne tuttavia decisivo argomento (ebbe sentore dei nostri documenti, allora nei rispettivi archivi conventuali, in occasione delle visite di studio fatte in Firenze e Lucca nel 1681?), cosicché A. Dondaine se ne disimpegna sbrigativamente: AFP 31 (1961) 157 n. 28.
Pt(h)olomeus: ne fa frequentissimo uso il nostro stesso frate, per il quale anzi Claudio Tolomeo è il «magister astrologie», fonte precipua, insieme col suo divulgatore Alfragano (al-Farghânî † 863 ca.), in materia astronomica. De operibus sex dierum VI, 6 (De ordine planetarum): «De ordine vero et situ traditur nobis a magistro astrologie Ptolomeo, videlicet in IX dictione Almagesti, et Alfagrano eius imitatore, differentia XII» (Roma, Bibl. Casanatense 22, f. 56rb). Nel nostro codice Casanatense la grafia è costantemente Ptolomeus; Alfagranus e Alphagranus.
Ipercorrezzione e banalizzazione percorrono la medesima strada in direzione opposta; fenomeno di elevata frequenza là dove l'interferenza tra volgare e latino è quotidiana e intensa. Un solo esempio ad illustrarne i sottesi percorsi: Lotto o Guidalotto da Settimello OP († Firenze 1331) diventa «frater Loth de Septimello» sotto la penna del cronista conventuale in tributo all'onomastica biblica (Necr. I, 46); il medesimo antroponimo ha più probabilità di restar ancorato ai connotati d'origine in un atto legale che fa pubblica fede, in un protocollo notarile: «fratris Lotti de Septimello» (ASF, NA 3141 (già B 2127), f. 3v: 23.XI.1304). Il teologo colto, padrone d'embrambe le lingue e impegnato in scritture divulgative, non ha remore a fare il tragitto inverso: «Lotto in Sodoma era santo, e innel luogo mutato, innebriato, colle figliuole peccòe» (Simone da Cascina, Colloquio spirituale, ed. F. Dalle Riva, Firenze 1982, 95).
Del casato lucchese dei Fiadoni, di recente formazione tra la piccola borghesia mercantile in ascesa nel corso del secondo Duecento. Formale l'attestazione notarile in Arch. Arcivescovile di Lucca, Dipl. *0 n° 94 (29.VI.1289): «Acta furent hec omnia apud Guamum… coram fr. Leo ordinis Predicatorum de Narni et fr. Tholomeo de Fiadonis de Luca dicti ordinis».
Risalire alla fonte manoscritta e ripercorrere il lungo trattato riserva sorprese che meritano d'esser messe a frutto negli studi critici dell'opera del frate lucchese.
Roma, Biblioteca Casanatense 22 (già A.V.26; BAV, Vat. lat. 1060).
Membranaceo, mm 158 x 120, ff. III-170-I; tredici sesterni (ff. 1-156) e un unico setterno (ff. 157-170), il cui foglio supplementare è calcolato a perfezione per contenere la residua porzione da trascrivere. Coperta in pelle su piatti lignei; rilegatura, alquanto allentata, a brachette di cuoio; non recenti, verosimilmente ottocentesche. Due foliazioni, coincidenti nella numerazione: una ottocentesca a penna nel margine superiore destro, e una recente, meccanica, in quello inferiore.
Scrittura a due colonne di 24 righe ciascuna; regolarissima nel tracciato, nell'incolonnamento e negli spazi dello specchio scrittorio. Rubricazione dei titoli dei trattati e capitoli. Nessun altro elemento decorativo. Titolo corrente «Tractatus I, II…» nel margine superiore delle carte. Due copisti scrivono il tutto, ma per un unico progetto librario, come testimoniano l'uniformità nella confezione fisica dei fascicoli e negli spazi strittorii, e la prossimità cronologica delle grafie. La prima mano (A) scrive ff. 1ra-118vb fino a rigo 4° incluso, con inchiostro color marroncino; numera con cifre romane nel margine inferiore del verso dell'ultima carta i singoli sesterni (I-X); annota in margine delle carte a mo' di notabilia le autorità citate o usate nel testo (ff. 8v-102v, carte estreme tra primo e ultimo ricorso). La seconda mano (B) porta a termine il resto del manoscritto, da f. 118vb rigo 5° a f. 170vb, usa inchiostro nero. Subentrata alla prima nel corso del decimo sesterno (ff. 109-120), nel verso dell'ultima carta di ciascun fascicolo mano B, anziché numerare il sesterno, verga la parola di richiamo; non annnota in margine i richiami delle autorità. Mano A verga il numero del suo ultimo sesterno, il decimo, a f. 120v, quando il lavoro di B inizia due carte avanti, a f. 118v. I due copisti lavorano di concerto? almeno nel corso della trascrizione del decimo sesterno? Non necessariamente. Incastro topico non temporale, se copiavano in fascicoli sciolti, prima d'esser rilegati in libro, come il caso si dava. Il copista A avvia il decimo sesterno, lo numera nel verso dell'ultima carta e ne scrive i primi dieci fogli; qui gli subentra nel lavoro il copista B.
Entrambi i copisti scrivono in libraria gotica; più verticalizzata e di modulo leggermente più grande A; dal ductus più tondeggiante B, quale abitualmente si riscontra in scrittoi dell'Italia centrale. Talune caratteristiche grafiche: mano A taglia con trattino orizzontale la nota tironiana per la congiunzione et (tradizione della “littera parisiensis”); scrive q1 (= qui) alla maniera cosiddetta francese; z verticalizzata; prolunga e chiude a occhiello con rientro a destra il tratto inferiore di 9 (= con/cum); quicquid, forma più radicata nella tradizione mediolatina; digressio e disgressio. B verga la nota tironiana in due tratti senza tagliare; scrive q con taglio orizzontale in sottorigo (= qui) secondo la tradizione centroitalica, rarissimamente q1; usa il cedigliato ç (= z); quidquid; soltanto digressio. Tutt'e due le mani concordano nella grafia geminata in oppinio, oppinari e flessioni. Entrambe attribuibili al secondo Trecento, preferibilmente ai decenni mediani del secolo.
Tra f. 119r e f. 161r una terza mano, una corsiva quattrocentesca di modulo minuscolo, richiama in margine (prevalentemente inferiore) i titoli dei capitoli. Intervento di lettore-possessore che si provvede d'una guida alla lettura, anziché lavoro di artigiano del codice.
In somma, un esemplare di libro trecentesco piccolo di formato e sobrio d'aspetto. Quasi povero. Tutto raccolto nel contenuto che ha da trasmettere. Dignitosissimo a motivo dell'abilità professionale nella progettazione e della cura nell'esecuzione. Ci dà un testo del De operibus sex dierum di buona qualità (l'antigrafo del nostro codice non doveva distare di molto dall'originale, come fanno credere le glosse documentarie di cui si dirà ampiamente più oltre). Né contraddice la constatazione che qua e là il testo trascini con sé guasti di trasmissione. Una quota d'errori non la si nega neppure al miglior professionista della trascrizione. E qui il lavoro si estende per ben 170 carte di compendiatissima scrittura.
Nel foglio di guardia IIv nota d'accesso, anno 1782, alla Biblioteca Casanatense vergata da P.-T. Masetti 1884 (di essa più oltre a proposito della storia del codice). In f. IIIr (bianco f. IIIv), di mano settecentesca: «Liber de operibus sex dierum… campilatus a fr. Ptolomaeo Lucano ord. fratrum Praed. (v. Echard T. I)». Altra mano segnala l'edizione del Masetti 1880:
Fr. Tholomaei de Luca Ord. Praed., s. Thomae Aquinatis olim discipuli deinde episcopi Torcellani, Exaemeron seu De opere sex dierum tractatus, quem ex vetusto Codice Bibliothecae Casanatensis in lucem protulit notisque illustravit P. F. Pius-Thomas Masetti s. th. mag. Ord. Praed., Senis 1880. In apertura di frontespizio: «1 Ser. - Biblioteca Tomistica - Vol. 1».
D'ora in poi, dopo testo e folio dell'originale Casanatense del De operibus sex dierum, per comodità del lettore sarà segnalata con “ed.” la relativa pagina della stampa.
Contenuto: Ptolomeus Lucanus OP, De operibus sex dierum (ff. 1r-170v). Unica opera trasmessa dal codice, suddivisa in quindici trattati, questi a loro volta in capitoli.
ff. 1ra-3ra (Prologus). Incipit prologus super librum de operibus sex dierum secundum tradicionem sacrorum doctorum. «A magnitudine speciei et creature cognoscibiliter poterat horum creator videri», Sap. XIII. Sicut Philosophus dicit in I De anima, rerum notitia sive speculatio inter bona honorabilia consignatur (f. 1ra). Vedi testo completo del prologo più oltre.
ff. 3ra-8rb: 'tabula' dei quindici trattati e relativi capitoli.
ff. 8va-170vb (tract. I-XV). Inc. I, 1: Quia igitur de prioribus prior est speculatio, ut Philosophus dicit, ad sequentium notitiam clariorem, et in operibus sex dierum creatio presupponitur, considerandum est nobis in principio operis quid de ipsa sapientes mundi senserint et que est oppinantium circa hoc ortodoxe fidei consona sententia vera (f. 8va-b).
ff. 8va-15va (tract. I), 15va-19vb (II), 20ra-30va (III), 30va-37rb (IV), 37rb-47rb (V), 47va-59rb (VI), 59rb-66rb (VII), 66rb-72ra (VIII), 72ra-84ra (IX), 84rb-89rb (X), 89rb-94va (XI), 94va-103ra (XII), 103ra-140rb (XIII), 140rb-156ra (XIV), 156ra-170vb (XV).
(XV, 8) Expl.: Hic ergo nostri operis sit finis in fine sine fine, qui est Deus benedictus in secula seculorum, amen. Explicit liber de operibus sex dierum secundum sacrorum doctorum traditionem editus et compilatus a fratre Ptolomeo Lucano ordinis fratrum Predicatorum. Benedictus Deus, amen (f. 170va-b).
A piene lettere
lucano, concordemente con le fonti lucchesi tardomedievali; successivamente il gusto umanistico introdurrà la variante
lucensis. Cf. B. Schmeidler, Die Annalen des Tholomeus von Lucca in doppelter Fassung, Berlin (MGH, Script. Rerum Germ., nova ser. VIII, ed. 2a)
1955, xxxix.
Per testimonianze diplomatiche provenienti dal convento domenicano in Lucca,
vedi:
Livio in Tolomeo da Lucca, «Studi petrarcheschi» 6 (1989) 48-52; A.F. Verde - D. Corsi, La Cronaca del convento domenicano di S. Romano di Lucca, MD 21 (1990), l'intero vol. dedicato al convento lucchese.
Il De operibus sex dierum commenta i primi due capitoli del Genesi (cf. F. Stegmüller, Repertorium Biblicum nedii aevi II, Matriti 1950, 170). Non presenta tuttavia le caratteristiche dello scritto strettamente esegetico della scuola, si sviluppa piuttosto in trattato teologico-filosofico su creazione, cosmogonia, natura, fisica celeste e, nell'ultima parte, antropologia e psicologia filosofica. Una vera somma della speculazione sapienziale dello scolastico medievale. Guida esegetica e cornice tematica è il sant'Agostino del De Genesi ad litteram, che Tolomeo ha costantemente sotto gli occhi; anche quando se ne discosta dottrinalmente o quando ha da aprire «digressiones» per far spazio a tematiche indotte dal nuovo sapere aristotelico. Non vi si riscontrano residui compositivi che facciano pensare a frutto d'insegnamento scolastico. Meditazione sull'intera creatura agli inizi del suo essere quale luogo congruo, per il nostro intelletto, al transito verso la contemplazione delle cose divine: così l'autore motiva la propria opera, convocando a equilibri fecondi l'esercizio della disciplina intellettuale e il proposito della finale contemplazione mistica. Il prologo, qui appresso trascritto per intero, è la migliore introduzione al genere e tenore dell'opera.